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di paolodifalco01
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Gloria Peritore

The Shadow, l'ombra. Ombra che sfugge, sempre precisa quando colpisce su quel ring che per lei ha rappresentato l'apertura di un nuovo capitolo della sua vita. Stiamo parlando di Gloria Peritore, 35enne vincitrice di tre titoli mondiali di kickboxing e che ha combattuto in giro per il mondo diventando, nel 2016, la prima italiana ad aver trionfato al "Bellator" di Chicago.

Ombra sul ring ma non nella vita di tutti i giorni dove ha scelto di mettersi in gioco in prima persona raccontando la sua relazione tossica e diffondendo "l'arma" dello sport come mezzo per raggiungere la parità di genere attraverso The Shadow Project. Gloria nella nuova puntata del podcast di Skuola.net, #FuoriClasse, ci ha spiegato come paradossalmente uno sport da combattimento possa essere utilizzato come veicolo della parità di genere. Se ti piacciono storie come questa, segui la nostra playlistsu Spotify.

La consapevolezza della libertà

Figlia d'arte, visto che la madre è una professoressa di educazione fisica, per Gloria lo sport "è stato quello strumento che mi ha permesso di rifarmi una vita, ricostruirmi in un momento in cui mi sentivo molto fragile e debole a causa di una storia che definisco tossica e che mi ha segnata quando avevo 16 anni". Spesso "quando amiamo una persona, quando teniamo ad un amico o un'amica, cerchiamo di vedere solo i loro lati positivi e a nascondere quelle cose che ci comunicano altro. Bisogna sempre ricordarsi che siamo nati liberi e libere".

Il sapore della libertà sul ring

Uscita da questa relazione tossica, è arrivato nella sua vita il mondo della boxe. "Ho recuperato un'immagine di quando ero piccola mentre mi infilavo questi guantoni giocattolo al contrario. Per il resto non ho mai avuto nessun tipo di correlazione con questi sport, anzi quando li vedevo in tv mi domandavo il perché di questa violenza gratuita". "Quando ho deciso di intraprendere questa strada è come se mi fossi catapultata in un universo parallelo che non conoscevo.Avevo bisogno di trovare qualcosa che mi ricordasse il mio coraggio che avevo un po' accantonato e dimenticato. Poi ho trovato una palestra di kickboxing vicino casa mia: la prima volta non sono riuscita ad entrare ma, una volta dentro, nonostante mi allenassi solamente tre volte a settimana non riuscivo più a smettere". Allenamento che poi l'ha fatta diventare per tre volte campionessa mondiale di kickboxing mondiale, "tra l'altro una volta ho vinto anche da dilettante, la prima medaglia internazionale che quasi nessuno si ricorda. Ho vinto tre volte Oktagon, uno degli eventi più importanti a livello europeo, e sono stata la prima donna a vincere il Bellator. Lì ero con una atleta che non perdeva da 42 match quindi diciamo che gli ho rovinato lo score..."

The Shadow Project: la parità di genere passa dallo sport

Dopo aver finalmente ritrovato la sua libertà sul ring, ha cercato di far sì che quella sensazione potesse appartenere a tutte le altre donne che, come lei, si sono ritrovate ad affrontare una relazione tossica o che, quotidianamente, ne sono vittime senza rendersene conto. L'obiettivo principale della sua organizzazione, The Shadow Project, è quello di lavorare sulla parità di genere:"Non vedrete mai fiocchi rosa nella mia associazione o fiocchi celesti. Non vedrete mai roba che divide. Ma roba che unisce. Quindi lo sport. Io faccio uno sport in cui ci alleniamo uomini e donne insieme. Rispettando le proprie differenze: inutile negarlo, siamo diversi ed è questa la bellezza". "Molte volte ho visto dei movimenti contro la violenza di genere dove mancavano gli uomini e, mi sono chiesta: come vogliamo combattere e prevenire la violenza senza coinvolgerli? La sportiva ragiona così. Così con una costola della mia organizzazione, Fight the Violence, andiamo anche nelle scuole a raccontare di come la parità di genere ha bisogno di essere allenata, normalizzata. Sostanzialmente non è un qualcosa che va conquistato con altra violenza". Paolo Di Falco