
Noi di Skuola.net abbiamo intervistato i ragazzi del comitato #Iovotofuorisede per chiedere chiarimenti in merito a ciò che la politica ha fatto per cercare di estendere il diritto di voto a tutti i fuorisede che per qualsiasi motivo non riescono a tornare al proprio comune di residenza per votare.
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Cosa ha fatto la politica italiana per il voto dei fuorisede?
È dal 1957 che non avvengono cambiamenti sostanziali per quanto riguarda il voto di coloro che in Italia non possono recarsi al seggio del proprio comune di residenza. Non c’è mai stata una vera opposizione all’introduzione di una norma per permettere ai fuorisede di votare; altresì le proposte di legge che si sono susseguite nel corso degli anni non avevano alle spalle una netta volontà politica che le portasse ad essere discusse e approvate dai parlamentari, per questo, ad oggi non c’è una norma che permetta alle persone di votare al di fuori del proprio seggio di residenza.“È paradossale che si possa votare con più facilità dall’estero che dall’Italia se non si è nel comune di residenza”, racconta Stefano La Barbera, uno dei portavoce del comitato #Iovotofuorisede intervistato da Skuola.net.
Il comitato ha iniziato la sua attività nel 2008, prendendo di volta in volta contatti con diversi parlamentari, partiti e governi, nessuno dei quali ha mai portato avanti fino alla sua approvazione un ddl per il voto dei fuorisede. “C’è fondamentalmente un disinteresse generale da parte della classe politica anche perché nessun partito ha mai messo questo tema tra le priorità”, continua Stefano La Barbera.
Prendendo ad esempio l’ultima legislatura, negli ultimi 5 anni di legislatura, le forze politiche non sono riuscite ad approvare una legge che garantisca il diritto di voto a distanza ai quasi 5 milioni di cittadine e cittadini fuori sede. Ma è stato fatto un effettivo passo avanti con l’ultimo esecutivo. Infatti il Governo Draghi ha prodotto, dopo approfondito studio e analisi sui dati del fenomeno, il Libro Bianco sull’astensionismo, che contiene una proposta organica, completa e risolutiva del problema.
Stefano La Barbera ha quindi spiegato che in seguito alla stesura da parte del Ministero dell’Interno del Libro Bianco, “si era effettivamente raggiunto un accordo di maggioranza per approvare la norma, la cui discussione sul Disegno di Legge sarebbe dovuta iniziare il 24 luglio in commissione. Sappiamo tutti però com’è andata: il 25 luglio cadde il Governo e di nuovo non si raggiunse alcun risultato”.
I politici italiani si stanno impegnando per approvare il voto per i fuorisede
L’Italia è di fatto l’unico Paese in Europa a non permettere il voto a distanza, escluse Malta e Cipro, che per estensione territoriale non hanno bisogno di una legge apposita. In realtà, come già accennato, il voto per i fuorisede non ha mai trovato una vera opposizione in parlamento; nessun partito si è dichiarato contrario alla sua istituzione, e infatti, se la legislatura non stesse per terminare, probabilmente in questi ultimi sei mesi di vita, il Parlamento avrebbe potuto approvare la nuova norma, permettendo agli elettori diverse modalità di voto alle elezioni 2023.Proprio per questo, #Iovotofuorisede e The Good Lobby, comitato e organizzazione che promuovono la petizione in sostegno del voto ai fuorisede, stanno raccogliendo l’impegno - tramite video - degli attuali leader politici, per far sì che questa proposta non venga nuovamente dimenticata fino alle prossime elezioni, ma che si arrivi alla sua discussione già nei primi sei mesi della nuova legislatura.
Anche perché, grazie al lavoro del Ministero dell’Interno, e alla raccolta dati che è stata fatta sull’astensionismo in Italia, è stato testimoniato che la partecipazione al voto è in calo da molto tempo specialmente a partire dai primi anni Ottanta del secolo scorso in tutti i tipi di competizione elettorale.
Ma, cosa molto importante, è stata riconosciuta l’esistenza di una particolare categoria di astensionismo: l’astensionismo involontario, che dipende dall’impossibilità materiale di recarsi alle urne a causa di impedimenti fisici o materiali, o di altro genere. È il caso, ad esempio, dei grandi anziani, dei malati in casa, delle persone con disabilità, ma molto elevato è anche il numero degli elettori impossibilitati a votare a causa di soggiorni temporanei fuori dal Comune di residenza per motivi di studio, lavoro, vacanza, o altro.
Si è osservato, tramite un controllo incrociato che 4,9 milioni di cittadini italiani svolgono la propria attività lavorativa o frequentano corsi di studio scolastici o universitari in luoghi diversi dalla Provincia o Città metropolitana di residenza. Nel report Libro Bianco è quindi presunto che queste persone possano essere più o meno disincentivate al rientro nel Comune dove risultano iscritte nelle liste elettorali. E dunque, il Ministero dell’Interno ha stimato che tra loro si potrebbero recuperare 6 punti percentuali sui 33 attuali di astensionismo complessivo tramite l’introduzione di una norma sul voto per i fuorisede.
Come funzionerebbe il voto dei fuorisede in Italia?
Stefano La Barbera ha quindi spiegato a grandi linee cosa la proposta di legge che ha accompagnato la presentazione del Libro Bianco dell’astensionismo, portato avanti dunque dallo stesso Ministero dell’Interno potrebbe prevedere per il voto per i fuorisede: “Si tratterebbe dell’introduzione di due innovazioni di tipo infrastrutturali, per tutti i tipi di elezioni. La prima prevede l’istituzione di un election day (quindi un unico giorno dove si raccolgono annualmente tutti i quesiti da sottoporre ai cittadini), così da poter gestire tutte le elezioni in un unico giorno durante l’anno - spiega Stefano, e continua - E poi fare un Election Pass, sulla scia del Green Pass, che prevedrebbe un qrcode per digitalizzare la tessera elettorale eliminando quelle cartacee, gestite dai singoli comuni, così da avere i registri aggiornati in tempi più brevi. E per far sì che tramite la scansione del codice, si possa votare in un seggio diverso dal proprio.”Inoltre Stefano ha parlato di “seggi postali”, sia per spostare i seggi fuori dalle scuole, sia per poter votare in seggi presidiati e non tramite corrispondenza, in quanto molti sono ancora i dubbi per i voti tramite posta.
Stefano conclude quindi il discorso sottolineando come, giustamente, non sia il compito del comitato proporre soluzioni al problema, ma sia compito delle istituzioni provvedere affinché i fuorisede possano nuovamente usufruire del loro diritto di voto senza essere costretti alla migrazione verso il seggio del comune di residenza. Infine, invitiamo tutti gli interessati a dare un'occhiata al comitato #Iovotofuorisede per maggiori informazioni sulla petizione e la raccolta firme.