
Dentro casa c’è poca luce e la puzza di chiuso è nauseante. Dopo avermi fatto strada fino a un salottino polveroso, invaso dai mobili infestati dai tarli, va a sedersi su una poltrona di velluto a fiori. Imitandolo, mi siedo sulla prima seggiola che trovo. “Lord Voldemort”, esordisco io, imbarazzato. “Tom”, mi interrompe lui. “Chiamami Tom”.
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Intervista a Tom Orvoloson Riddle, meglio conosciuto come Lord Voldemort
Mi accorgo solo adesso che stringe spasmodicamente tra le dita un bastoncino nodoso e consunto, l’imitazione posticcia di una bacchetta in miniatura.“Allora Tom”, ricomincio io, “Come sta?”
“Brutto periodo, questo”, risponde lui. “Sai, sono Capricorno”.
“Ah”.
“Cose magiche, non puoi capire”.
“Ma veniamo a noi”, dico io, cercando di portare la conversazione sui binari giusti. “Si ricorda perché sono qui?”
Il vecchio Tom solleva un indice ossuto verso di me. “Skuola.net, giusto?”
“Giusto”, confermo io. “Come le dicevo al telefono, vorrei farle qualche domanda sulla Maturità di quest’anno”.
“I consigli agli studenti, mi ricordo”. Il vecchio Tom annuisce lentamente, mandando avanti e indietro la testa glabra e giocherellando con il bastoncino tra le dita. “Chiedimi quello che vuoi, ma facciamo in fretta che devo fare delle cose”. Poi, come parlando tra sé e sé: “Cose molto oscure”.
“Cose oscure, certo”. Tiro fuori dalla tasca la penna e il taccuino con le domande preparate per l'occasione. “Allora partiamo. Come tutti sanno”, inizio a leggere, “lei è stato un ottimo studente quando ancora frequentava Hogwarts. Qual era il suo metodo di studio?”
“Metodo di che?”
“Metodo di studio”.
“E che è? Per caso è qualcosa che si... uccide?”
“No, no, non è qualcosa che si uccide. No. Ma andiamo avanti”. Con la penna barro la prima domanda e passo alla successiva. “Forse da qualche parte avrà sentito che la Maturità è uno degli esami più stressanti per i babbani. Lei cosa si sente di consigliare a chi quest’anno dovrà sedere sui banchi, a giugno?”
“Copiate. Fatevi i bigliettini e copiate”.
Con un sopracciglio alzato gli rivolgo uno sguardo un po’ interdetto. Non so cosa dire, e quindi dico: “Davvero?”
“Che cosa?”, mi chiede lui di rimando, con un’espressione quasi innocente stampata sul volto rugoso.
“Copiare non è proprio il migliore dei consigli. Lei farebbe così?”
“Io non conto, gioco in un altro campionato. Altra categoria proprio, non ce n’è per nessuno. Certe volte, devo ammettere, è stata dura. Tanto che mi è anche capitato di voler essere qualcun altro, sarebbe stato più facile. Codaliscia, per esempio. Anzi no, nemmeno Codaliscia vorrebbe mai essere Codaliscia”. Il vecchio Tom ride a crepapelle, fino a tossire. Dopodiché si schiarisce la gola. “Dicevamo?”
“La Maturità”.
“Già, la Maturità”.
Perplesso, riprendo a leggere dal mio taccuino: “Lei è anche famoso, tra le tante cose, per essere una persona… risoluta, diciamo così. Se uno studente si trovasse in difficoltà, durante una prova dell’esame di Stato, come dovrebbe comportarsi per uscirne, secondo lei?”
“Dovrebbe mollare”.
“In che senso?”
“Dovrebbe alzarsi dal banco e andarsene senza dire niente a nessuno. Poi dovrebbe chiudersi in sé stesso e covare rancore per qualche anno. Facciamolo crescere questo rancore. È importante. Bisogna prendersi cura del proprio rancore”.
“Va bene”, lo interrompo io, barrando altre cinque domande dal mio taccuino. “Lasciamo perdere per un attimo la Maturità. Qual era, a scuola, la sua materia preferita?”
“Arti Oscure”, dice subito lui, senza prendersi nemmeno un secondo per riflettere.
“Difesa Contro le Arti Oscure”, provo a correggerlo io.
“Difesa, sì. Ovvio”.
“E se fosse un babbano, quale sarebbe la sua materia babbana preferita?”
“Non sono un babbano”.
“Okay, lo so. Ma se lo fosse?”
“Sarebbe un incubo”.
Esausto, mi porto una mano alla faccia. Prendo un bel respiro e mi ricompongo. L’aria, attorno, è molto pesante. “Facciamo così, allora. Siamo in un incubo, e lei in questo incubo è un babbano. Mi saprebbe dire, con uno sforzo di immaginazione, qual è la sua materia babbana preferita?”
Il vecchio Tom ci pensa su per un bel po’, mentre continua a rigirarsi il bastoncino tra le mani. “Matematica”, dice alla fine, per poi aggiungere sottovoce: “Oscura”.
“Come?”, chiedo.
“Niente, cose mie”, dice lui. “Matematica, ma comunque non sono un babbano”.
“No, non lo è”.
“No, infatti”. Il vecchio Tom prende a fissarmi con gli occhi socchiusi. “Te l’ho già detto che sono Capricorno?”
“Sì”, sospiro, “me lo ha detto”.
Tom si avvolge il mento con una mano. “Strano”.
“Va bene”. Gli rivolgo il migliore dei miei sorrisi. “Penso che con questo abbiamo finito”.
“Abbiamo già finito?”
Do una rapida un’occhiata al taccuino, ancora pieno di domande. “Direi che abbiamo proprio finito, sì”.
“Sono andato bene?”
Gli sorrido ancora e mi alzo dalla sedia. “Grazie per il suo tempo Tom, è stato un piacere intervistarla”.
“Ti accompagno alla porta”, propone lui.
“No, non c’è bisogno”.
Infilo penna e taccuino in tasca e faccio per andarmene, quando sento un urlo improvviso alle mie spalle:
“AVADA KEDAVRAAA!”
Mi giro. Il vecchio Tom Riddle, piegato in avanti sulla poltrona, mi punta contro il bastoncino nodoso. Tutti e due rimaniamo imbambolati a guardarci negli occhi. Non succede niente e il silenzio è piuttosto imbarazzante. Poi lui abbassa il bastoncino. “Scusa. Ogni tanto mi capita”.
Dopo essermi ricomposto, riprendo a camminare verso la porta, questa volta con un passo più veloce. Quando sto per uscire dal salottino, sento ancora una volta la sua voce stanca raggiungermi alle spalle:
“Dicevo la verità, prima”.
Di nuovo, mi volto. “Prima quando?”
“Quando ho detto che a volte non vorrei essere me stesso. Anzi”, mormora, “la verità è che mi capita sempre di non voler essere come sono”. Il vecchio Tom abbassa la testa. “Ecco, forse è questo l’unico consiglio che mi sento di dare”.
“Quale?”, chiedo io.
Tom Riddle, un tempo Lord Voldemort, solleva la testa e mi guarda con uno sguardo diverso. “Non ascoltate i miei consigli”. Uno sguardo incredibilmente serio e incredibilmente triste. “Fate di tutto per non essere come me”.