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intervista immaginaria a PitonCi siamo sentiti al telefono. Gli ho chiesto un’intervista e lui, andando contro tutte le mie aspettative, ha accettato. Una sola condizione: non poteva concedermi più di dieci minuti del suo tempo. Io naturalmente ho detto che andava benissimo per poi domandargli quando avrebbe potuto incontrarmi. “Anche adesso”, ha risposto lui. “Adesso?”, ho chiesto io, “e dove?” Severus Piton è rimasto in silenzio per due o tre secondi. Poi è tornato a parlare con la sua voce ferma e nasale: “Facciamo su Zoom”.

La stanza è immersa nell’oscurità. Dalla finestrella alle sue spalle entra solo altro buio della sera. La faccia di Piton, smunta e seriosa, è illuminata dalla luce artificiale dello schermo. Il naso adunco gli ombreggia gli zigomi e la bocca. Il mantello lo avvolge come un pipistrello. “Dunque questo sei tu”, mi dice non appena mi vede. “In carne e ossa, piacere!”. Piton taglia corto sui convenevoli, quasi senza muovere le labbra: “Dieci minuti a partire da adesso”.

Intervista immaginaria a Severus Piton

“Parliamo di scuola”, esordisco io.

“Sono tutto orecchi”, dice Piton, immobile nell’oscurità con le mani giunte.

“Come sono stati i tuoi anni a Hogwarts?”.

“Lo sai già come sono stati i miei anni a Hogwarts”, risponde lui. “Tutti lo sanno. La mia vita è stata sbandierata ai quattro venti.

“Le dispiace?”.

“Beh”, Piton si guarda la punta delle dita, ho moltissimi fan.

Io annuisco in silenzio. Poi mi schiarisco la voce e riprendo l’intervista: “Lei è sempre stato uno studente modello. Cos’è per lei lo studio?.

“Per anni ho insegnato Pozioni, disciplina che mi piace definire rigorosa ed esatta. Per fare una pozione bisogna sporcarsi le mani con gli ingredienti, bisogna provare e riprovare finché il calderone non ci restituisce il risultato voluto. Le pozioni ci insegnano che non si studia tanto per studiare, ma per acquisire un ‘saper fare’, che sarà utile in futuro. Ecco, è questo per me lo studio: un percorso per imparare a fare”.

“Interessante”, commento io. “Cosa ha significato per lei la scuola?”.

“Per rimanere in tema di pozioni”, dice lui, la scuola è l’unico antidoto che abbiamo contro la stoltezza e l’ignoranza.

“Vero”, mi accodo io.

“Ma è anche un posto dove albergano tanti pericoli ignobili e disdicevoli”.

“Per esempio?”.

“Il bullismo.

“Data la sua esperienza, le va di parlarne?”, provo a chiedere io.

Piton non si muove di un millimetro. Guarda dritto in camere e dice: “Meglio mangiamorte che bulli”.

“Oddio”, dico io inclinando leggermente il capo, “non proprio”.

“No, forse no”, ammette lui portandosi le mani sotto al mantello. “Ma comunque il bullismo è una brutta piaga della scuola, e come per tutte le altre brutte piaghe è necessario prendere delle misure adeguate”.

“Lei come interverrebbe?”.

Piton sorride. “Cinque anni ad Azkaban non farebbero male”.

“Addirittura? Non le sembra un po’ eccessivo?”.

Dieci punti in meno a Grifondoro!, urla lui.

“Come?”.

“Scusa, abitudine. È sempre un piacere pronunciare queste parole”.

“Capisco”, dico io, per poi cambiare discorso: Cosa ne pensa dei voti a scuola? Per lei sono importanti o sopravvalutati?”.

I voti non sono altro che specchi rotti: restituiscono immagini frammentarie e ingannevoli. Solo agli sciocchi piace tenerli in mano per ammirarsi nel riflesso”.

“Una risposta drastica, ma pur sempre una bella risposta”, dico io.

“I dieci minuti sarebbero esauriti”, mi fa presente.

“Sì, ha ragione. Un’ultima domanda, allora: tra poco gli studenti di quinto superiore dovranno tornare a scuola per sostenere l’esame di Maturità. Ha qualcosa da dire sull’argomento?”.

“L’esame di Maturità, sì. Spero che vengano bocciati in molti. Poi aggiunge: Soprattutto i bulli.

“Mmh, okay”, dico io. “Le va di aggiungere un pizzico di incoraggiamento facendo un in bocca al lupo ai maturandi di quest’anno?”.

“Posso fare di meglio”.

“Cioè?”, chiedo.

Con uno scatto, Piton solleva una mano da sotto il mantello. Tra le dita ha una bacchetta. Compie due ampi gesti circolari con il braccio e pronuncia: Expecto Patronum.

Io rimango incantato di fronte alla luce azzurra che scaturisce dalla punta della bacchetta. Una luce che, simile a drappi di fumo, assume a poco a poco la forma di una cerva in corsa. La parole mi arrivano spontanee, come un riflesso incondizionato: “Lily… dopo tutto questo tempo?”.

Piton osserva ancora per un istante la cerva, finché non si dissolve oltre la finestrella alle sue spalle. La sua voce nasale vibra nell’oscurità: Sempre.

Data pubblicazione 11 Giugno 2023, Ore 14:43 Data aggiornamento 11 Giugno 2023, Ore 14:53
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