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Queste le parole del direttore dell'Organizzazione Mondiale della Sanità Hans Kluge nella conferenza stampa di alcuni giorni fa in merito alla rilevazione del virus della poliomielite negli Stati Uniti dopo quella nel Regno Unito e ad Israele. Ma, cos'è la poliomielite, come si trasmette e come si previene? Inoltre, qual è la situazione in Italia? Andiamolo a vedere.
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Cos'è la poliomielite?
Nota anche come "polio", la poliomielite è una grave malattia infittiva che si concentra nel sistema nervoso centrale e colpisce in prevalenza i neuroni motori del midollo spinale. Tra i primi a descriverla ci fu il medico britannico Michael Underwood nel 1789 e la sua comparsa in forma epidemica si ebbe prima nell'Europa del diciannovesimo secolo e poi negli Stati Uniti dove nel 1952 furono registrati oltre 21mila casi.
Causata in genere da tre tipi di polio-virus (1,2 e 3), nel giro di poche ore la poliomielite distrugge le cellule neurali del sistema nervoso causando una paralisi che, nei casi più gravi, può essere totale. Gli effetti più devastati si hanno sui muscoli delle gambe e delle braccia e, proprio per questo, quest'ultima era infatti una delle malattie infettive infantili più temute del ventesimo secolo paralizzando migliaia di bambini fino alla scoperta del vaccino - avvenuta nel 1950 - che ridusse notevolmente i casi.
Come si trasmette la poliomielite e quali sono i sintomi
Il contagio del polio-virus avviene attraverso l'ingestione di acqua o di cibi contaminati o tramite la saliva e le goccioline emesse con i colpi di tosse e gli starnuti da soggetti ammalati o portatori sani. L’uomo rappresenta, in sostanza, l’unico serbatoio naturale del virus della poliomielite che può colpire persone di tutte le età e che principalmente si manifesta nei bambini sotto i tre anni.
I sintomi iniziali della malattia sono la febbre, la stanchezza, il vomito, l'irrigidimento del collo e i dolori agli arti. Dai dati dell'Oms emerge come una piccola parte delle infezioni porta a una paralisi irreversibile, mentre il 5-10% dei malati muore a causa della paralisi dei muscoli dell’apparato respiratorio. Proprio la paralisi è la manifestazione più evidente della malattia, ma solo l’1% dei malati presenta questo sintomo.
Quando e dove il virus ha rifatto la sua comparsa?
Tutto inizia lo scorso 17 febbraio in Africa quando, a nemmeno due anni dalla certificazione dell'eradicazione del virus nel continente, le autorità sanitarie del Malawi hanno annunciato un probabile focolaio nella capitale Lilongwe dopo aver accertato che la bambina rimasta paralizzata nel novembre del 2021 era stata effettivamente infettata dal polio-virus.
Il primo campanello d'allarme è poi scattato lo scorso aprile quando in Israele è stata avviata una campagna eccezionale di vaccinazione contro la poliomielite dopo il primo caso di una ragazza contagiata dal virus e altri sei casi non sintomatici notificati nell'area di Gerusalemme. Come ha poi precisato Ministero della Salute, tutte le persone coinvolte non erano vaccinate.
Il secondo campanello d'allarme è invece suonato a giugno visto che, nell’impianto fognario della città di Londra, sono state rilevate tracce del virus della poliomielite. Dopo l'esperienza della pandemia da coronavirus, infatti, il monitoraggio delle malattie infettive è stato accentuato: quest'ultimo può avvenire attraverso i test di massa alla popolazione, il tracciamento delle catene di contagio o può essere indiretto come nel caso dell'analisi delle acque reflue che hanno portato all'individuazione del virus della poliomielite nel capitale del Regno Unito.
Infine l'ultimo campanello che ha messo in allarme l'Organizzazione Mondiale della Sanità è risuonato il 18 luglio quando quando il Dipartimento della Salute dello Stato di New York ha notificato il rilevamento del polio-virus di tipo 2 nei campioni di un giovane non vaccinato della contea di Rockland, area metropolitana di New York. Prima di questo caso, l'ultima rilevazione del polivirus nel territorio statunitense era stata nel 2013 in un bambino immunocompromesso che aveva ricevuto il vaccino orale in India e si era poi stabilito negli Stati Uniti. Stando alla successiva indagine, si è scoperto che il nuovo paziente non aveva viaggiato all'estero durante l'ultimo periodo ma aveva partecipato a un grande raduno otto giorni prima dell'insorgenza dei sintomi.
I tipi di vaccino contro la polio e la situazione in Italia
Dopo le ultime dichiarazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità si spera in un aumento delle vaccinazioni contro la poliomielite visto che per questo virus non c'è una cura specifica e il vaccino rimane l'unico strumento utile per prevenirla. Proprio per questo la vaccinazione contro la polio in Italia rientra tra le vaccinazioni obbligatorie e difatti la copertura nel nostro Paese è superiore alla media europea.
Due sono i tipi di vaccino che esistono: quello "inattivato" di Salk (IPV), da somministrare con iniezione intramuscolo, e quello "vivo attenuato" di Sabin (OPV), da somministrare per via orale. Il vaccino di Sabin, somministrato fino ad anni recenti anche in Italia, ha aiutato ad eradicare la poliomielite in Europa ed è raccomandato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nella sua campagna di eradicazione della malattia a livello mondiale. In Italia, però, per decisione della Conferenza Stato Regioni nel 2002, dopo l'eradicazione completa della polio in Europa l'unica forma di vaccino che viene somministrato è quello inattivato.
La prima dose di quest'ultimo nel nostro paese avviene nel corso del terzo mese di vita, la seconda nel corso del quinto mese, la terza fra l’undicesimo e il dodicesimo mese e infine la quarta a tre anni. Oltre
ad un piano nazionale di preparazione e risposta a un'epidemia di polio pubblicato nel 2019, presso il nostro Ministero della Salute si trova anche una scorta di vaccino vivo attenuato come misura precauzionale in caso di emergenza e di importazione del virus.
Paolo Di Falco