paolodifalco01
di paolodifalco01
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Mikhail Gorbaciov"Possiamo ancora aggrapparci alla convinzione che la guerra è una continuazione della politica messa in atto con altri mezzi? Nonostante tutte le contraddizioni del mondo di oggi, tutte le diversità dei suoi sistemi politici e sociali, il nostro mondo è pur tuttavia un tutto unico.
Siamo passeggeri a bordo della stessa nave, la Terra, e non dobbiamo permettere che faccia naufragio. Non ci sarà una seconda Arca di Noè"
.

Queste parole così attuali, vista da ultima anche la guerra che si sta consumando nel cuore dell'Europa da più di sei mesi, sono state scritte nel 1987 dall'allora Segretario Generale del Comitato Centrale del Partito a capo dell'Unione Sovietica, Mikhail Gorbaciov che si è spento nella notte all'età di 91 anni al Central Clinical Hospital di Mosca.

Un gigante della storia del Novecento che contribuì a traghettare il mondo verso la fine della Guerra Fredda e che, nel tentativo di salvarla, pose fine all'Unione Sovietica. Un uomo acclamato dal mondo per aver contribuito a portare la pace ma dimenticato in quella sua patria che si è imbarcata nell'ennesima guerra sognando i fasti novecenteschi.

La gioventù e la carriera politica

Uno degli ultimi protagonisti di quel Novecento relegato nelle ultime pagine dei libri di scuola, a cui non si arriva mai perché "non è così importante" o si preferisce privilegiare le due grandi guerre, si è spento all'età di 91 anni in un Paese che lo aveva relegato nelle stanze della sua fondazione. Forse avrebbe meritato altro invece che qualche stanzetta in cui passare il resto della vita o qualche riga di sfuggita che lo ricorda come colui che mise fine all'Unione Sovietica e alla Guerra Fredda.

Mikhail era nato in un villaggio di Privolnoe nella regione di Stavropol, nel teatro del paese aveva dato il suo primo bacio ad una ragazza che recitava con lui poi dopo il liceo si era trasferito a Mosca dove si era laureato in Giurisprudenza e in Economia Agraria. Negli anni universitari si incontra e si innamora di una studentessa di un anno più giovane di lui, Raisa Titarenko. Raisa diventerà ben presto sua moglie ma anche la sua inseparabile compagna di avventure, la prima "first lady" sovietica a cui starà accanto fino alla fine dei suoi giorni visto che morirà a 67 anni nel 1999 a causa di una leucemia.

Nel frattempo Gorbaciov nel 1970 a Stavropol diventa Primo Segretario del Comitato del Pcus (Partito Comunista dell'Unione Sovietica) dell'importante regione agricola. Nel 1980, a Mosca, diventerà rapidamente membro del Politburo del Comitato Centrale del Pcus, ovvero la massima autorità del partito e dell'intera Unione Sovietica. Durante una visita ufficiale del partito a Parigi insieme alla moglie affittò una Renault e per 15 giorni viaggiò con lei attraverso la Francia. Poi, appoggiato dal capo del Kgb Jurij Andropov, l'11 marzo del 1985 diventa Segretario Generale del Comitato Centrale del Partito e del Paese di cui quello stesso partito era l'unico padrone.

Gli anni della Perestrojka e della Glasnost

Gorbaciov cammina nella neve con un ombrello insieme alla nipote, poi i due entrano in un locale Pizza Hut sulla Piazza Rossa e si siedono ad un tavolo. Lì vicino è seduta anche una famiglia, un marito, una moglie e un figlio. Il padre nota Gorbaciov e sbotta:"Grazie a lui abbiamo confusione economica" ma il figlio ribatte:"Grazie a lui, abbiamo un'opportunità". Allora il padre ritorna alla carica:"Grazie a lui abbiamo l'instabilità politica" e il figlio, "Grazie a lui abbiamo la libertà". Alla fine interviene la madre:"Grazie a lui abbiamo tante cose... come Pizza Hut".

E' la pizza che alla fine mette tutti d'accordo nello spot pubblicitario di quel locale che venne aperto a Mosca nel 1990 pochi mesi dopo l'apertura del primo McDonald's in Russia. Locali che, dopo le sanzioni inflitte alla Russia di Putin, hanno adesso lasciato il Paese e che fecero la loro comparsa in terra sovietica grazie alle politiche di Perestrojka di Gorbaciov. Questa la parola d'ordine con cui cambiò radicalmente il volto del partito e del suo Paese perché, come confidò al suo futuro ministro degli Esteri Eduard Shevarnadze,"Tak dalshe zhit nelzya" ovvero "Non possiamo continuare a vivere in questo modo". Ma cosa si riferiva Gorbaciov?

Lui parlava di quello che il sistema sovietico si ostinava a portare avanti ovvero una totale chiusura nei confronti di ogni nuova idea. Siamo negli anni della Guerra Fredda è la parola d'ordine della Russia Sovietica era la censura che doveva servire a salvaguardare il potere della casta, del partito che aveva il compito di preservare l'idea di un Paese lontano dalla vita quotidiana, un Paese dove "libertà" e "rivoluzione" erano tra le parole più pronunciate destinate a rimanere degli ideali da mettere in mostra ma non da attuare. Un Paese lontano da quella libertà che il giovane Gorbaciov aveva assaporato con la moglie sulla quella Renault con cui girarono la Francia.

Fu allora che quel segretario piuttosto che perpetuare l'ordine costituito se ne uscì con due parole, perestrojka (ristrutturazione) e glasnost(trasparenza), che puntavano a cambiarlo visto che arrivato al vertice della piramide, come disse lui stesso, non aveva più "mani e piedi legati dagli ordini che arrivano dal centro". Due parole che si tradussero in due importantissime riforme e una grande volontà di cambiamento: tutto questo però non bastò a salvare l'Urss.

La Russia che si aprì al mondo

Il premio Pulitzer David E. Hoffman nel suo “The Dead Hand” ha scritto:"Gorbachev in realtà non si prefisse di cambiare il mondo, ma solo di salvare il suo Paese. Alla fine, non salvò il Paese ma forse salvò il mondo". Di fatti attraverso la Perestrojka, la ricostruzione, la Russia sotto di lui passò dalla contrapposizione al dialogo con l'Occidente dopo 70 anni di totalitarismo.

Da qui nacquero eventi di portata globale che trasformarono la storia contemporanea: le pacifiche rivoluzioni democratiche nell’Europa nell’Est e la riunificazione della Germania con la caduta del muro di Berlino; la rottura dell'isolamento russo grazie, dapprima, alla lady d'acciaio dell'Inghilterra Margaret Thatcher che spinse l'Occidente a fidarsi di Gorbaciov e poi con Ronald Reagan che sbarcò in quello che lui stesso aveva definito "l'impero del male" e venne immortalato dalle telecamere della Cnn mentre stringeva le mani ai passanti increduli dell'Arbat di Mosca.

E poi ancora la storica visita in Vaticano e l'incontro con Papa Wojtyla che disse:"Senza questo leader russo niente di quel che è successo all'Est sarebbe stato possibile". Seguì poi la frenata nella corsa agli armamenti nucleari e la definitiva pace con l’Occidente, non per nulla fu insignito del Nobel per la Pace nel 1990. Dall'altra parte operò invece la Glasnost che si tradusse nella fine della censura, nella libertà di manifestazione, nel film Pentimento sullo stalinismo che riempì le sale cinematografiche per giorni e giorni e poi, nelle immagini del telegiornale "Vremja" che mostrò il ritiro dell'Armata Rossa dall'Afganistan.

Infine arrivò il vento della democrazia che però non attecchì pienamente: lui tentò di spostare l'asse del potere dal partito allo Stato e proprio per questo nel 15 marzo del 1990 viene eletto dal Congresso dei rappresentanti del popolo dell'Urss come Presidente dell'Unione Sovietica. Sarà però l'ultimo leader sovietico visto che l'Urss si stava già iniziando a sfaldare sotto ai suoi piedi.

La fine dell'era di Gorbaciov

Il riformismo di Gorbaciov non piacque proprio a tutti e così nell'agosto del 1991 il primo ministro sovietico Valentin Pavlov, il capo degli Interni Boris Pugo e del Kgb Krjuchkov, tentarono di prendere il potere con un colpo di Stato che fallì ma che segnò il punto di non ritorno per l'Unione Sovietica. Fu allora che il 25 dicembre del 1991 in diretta televisiva Gorbaciov rassegnò le sue dimissioni da Capo dello Stato mentre, alle sue spalle, la bandiera sovietica veniva calata dal tetto del Cremlino ponendo fine ad un'intera epoca.

Così finisce il periodo delle riforme volute fortemente da Gorbaciov per cambiare il volto del suo Paese. Bisogna sottolineare che, in realtà, la situazione dell'Unione Sovietica non era così drammatica visto che il Paese aveva affrontato calamità maggiori ma, non solo, le riforme intentante dal leader sovietico avrebbero potuto correggere l'economia russa se fossero arrivati gli aiuti finanziari e tecnologici chiesti vanamente da quest'ultimo che sognava di costruire una "Casa comune europea". Allora però l'Occidente, piuttosto che di ridisegnare il mondo, si accontentò di aver vinto la Guerra Fredda.

Fu così che dopo il crollo dell'Urss, una trentina di "oligarchi" si spartirono rapidamente circa il 40% della ricchezza nazionale, mentre la maggior parte della popolazione cadeva nella povertà. Boris Yeltsin, il primo presidente post-sovietico, si convinse che le privatizzazioni selvagge avessero aperto alla Russia le porte di un capitalismo moderno ma si sbagliò così la gente fu costretta a reinventarsi: i professori divennero tassisti, le maestre si scuola si avvicinarono alla prostituzione e ci fu un totale crollo del tessuto sociale del Paese dove crebbe il risentimento verso l’Occidente e verso Gorbachev, che come in quello spot televisivo, venne considerato il vero responsabile del disastro.

In quella stessa Russia mentre l'uomo, a cui l'Occidente inneggiava per aver riportato la pace, veniva messo da parte, si faceva strada un altro uomo destinato a riportate in Russia armi e guerre: Vladimir Putin.

Paolo Di Falco

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