
Un accordo i cui dettagli sono ancora ignoti ma che ha già scatenato le perplessità della Commissione europea: il piano, infatti, non sembra essere in linea con i parametri italiani ed europei concernenti il diritto di asilo.
-
Leggi anche:
- Amazon Black Friday 2023: quando è e come funziona
- Sdraiato sul divano sul tetto di una Panda: centinaia di euro di multa
- Aurora Boreale, che cos'è e perché è visibile in Italia?
Protocollo d'intesa tra Italia e Albania: cosa prevede l'accordo
Ad oggi c'è poca carne al fuoco perché, come anticipato, i punti focali dell'accordo sono ancora ignoti. Sappiamo però che si tratta di un'intesa nata già dallo scorso agosto, quando la Premier si era recata in Albania per un incontro informale proprio con Edi Rama. L'accordo prevede la messa a punto di due strutture situate in territorio albanese ma gestite dall'Italia, sia dal punto di vista logistico che economico. Più precisamente, i due centri sorgeranno nei pressi del porto di Shengjin, a circa 70 chilometri a nord della capitale Tirana, e a Gjader, un piccolo villaggio dell’entroterra dove si trova una famosa ex base sotterranea dell’aeronautica militare albanese.Con una capienza massima di 3mila persone, i due centri ospiteranno solo maschi adulti salvati in mare: questi verranno direttamente trasportati in Albania, senza passare dal nostro Paese. Come si legge su 'Wired.it', le due strutture avranno finalità differenti: a Shengjin si svolgeranno le procedure standard di sbarco, identificazione e prima accoglienza per i richiedenti asilo. Mentre a Gjader finirà chi rischia il rimpatrio. Proprio lì sorgerà una struttura molto simile ai Centri di permanenza per rimpatri (Cpr): punto di ritrovo per tutte quelle persone che non avranno i requisiti per la richiesta di asilo.
Quali sono le problematiche legate all'accordo
E già qui nascono i primi dubbi. In base alle legge italiane ed europee, infatti, i richiedenti asilo possono essere trattenuti in strutture governative solo in via eccezionale. E come specificato da 'Euractiv', la Commissione europea ha fatto sapere che l'accordo potrebbe saltare nel caso in cui non rispettasse le norme europee e il diritto internazionale. A questo si aggiunge un altro cavillo di non poco conto da cui originano diverse questioni legali. L'Albania, infatti, non è un Paese dell'Unione Europea e la sola cessione di sovranità territoriale (nelle due zone dove sorgeranno i centri) alimenta i dubbi dalle parti di Bruxelles.Il timore della Commissione è che il Protocollo di intesa vada a peggiorare le condizioni dei migranti e, al contempo, a gravare inutilmente sulle casse italiane e sui fondi europei per la gestione dei migranti. Infatti, come detto precedentemente, i migranti – cosiddetti 'non idonei' - verranno salvati in mare e, quindi, dirottati in Albania. Con un enorme costo in termini di risorse umane ed economiche: i nostri militari si troverebbero a dover navigare per giorni, facendo avanti e indietro tra Italia e Albania, cariche di persone in precarie condizioni di salute fisica e mentale, già stremate dal lungo viaggio.
C'è poi la questione della capienza dei due centri. Questi potranno ospitare fino a 3mila persone e, anche se dovesse esserci quell'accelerazione nelle pratiche di rimpatrio preventivata dal Governo (28 giorni secondo Giorgia Meloni), in Albania finirebbero a transitare appena 36mila migranti in un anno. Numeri alla mano, sembra una percentuale esigua di fronte alle cifre dell'ultimo anno: 145mila persone sbarcate soltanto nel 2023. Infine, è stata piuttosto singolare la dichiarazione rilasciata dal Primo Ministro Rama a 'La Stampa': ”L'accordo non risolverà nulla, ma l'Italia ci ha chiesto aiuto e noi lo abbiamo dato”.