Concetti Chiave
- Il proemio dell'Eneide introduce Enea, eroe troiano, destinato a fondare Roma dopo aver subito molte avversità per volere degli dèi.
- Giunone, protettrice di Cartagine, ostacola il viaggio di Enea temendo che la sua discendenza distruggerà la sua città amata.
- La tempesta scatenata da Eolo, su richiesta di Giunone, mette a rischio la flotta troiana, ma Nettuno interviene per calmare le acque.
- Enea esprime disperazione durante la tempesta, rimpiangendo di non essere morto eroicamente a Troia invece di affrontare tali pericoli.
- Nettuno rimprovera i venti per aver agito senza il suo consenso e ripristina l'ordine del mare, garantendo la sopravvivenza dei Troiani.
Testo latino del proemio dell'Eneide, versi 1-33
Arma virumque cano, Troiae qui primus ab orisItaliam, fato profugus, Laviniaque venit
litora, multum ille et terris iactatus et alto
vi superum, saevae memorem Iunonis ob iram,
multa quoque et bello passus, dum conderet urbem,
inferretque deos Latio, genus unde Latinum,
Albanique patres, atque altae moenia Romae.
Musa, mihi causas memora, quo numine laeso,
quidve dolens, regina deum tot volvere casus
insignem pietate virum, tot adire labores
impulerit. Tantaene animis caelestibus irae?
Parafrasi v. 1-33 Eneide
Vi fu un’antica città, Cartagine, la occuparono coloni fenici, lontano contro l’Italia e la foce del Tevere, ricca di mezzi e fortissima per le passioni di guerra, che Giunone ha amato più di tutte le terre, anche più di Samo.
Non appena acconsentito, Eolo capovolse la lancia e colpì la grotta nel fianco: e i venti, quasi schierati, in un turbine si slanciano e spazzano la terra ovunque possono. Irrompono sul mare e sui suoi fondali l’Euro e il Noto e il burrascoso Africo rovescia grandi onde sulle rive. Seguono urla di uomini e stridore di funi. Le nubi impediscono la vista del giorno ai Troiani; scende una nera notte sul mare. I tuoni e i fulmini del cielo minacciano agli uomini una morte vicina. Ad Enea cedono le gambe per la paura; geme, e tendendo le mani giunte verso le stelle, dice: “Tre o quattro volte beati coloro che sono morti davanti lo sguardo dei loro padri e sotto le mura di Troia! Oh Diomede! Non potevo anche io morire sui campi troiani e morire per tua azione dove anche il terribile Ettore è morto per il colpo di Achille, e il grande Sarpedone, e dove il Simoenta trascina, afferrati dall’acqua, scudi ed elmi di valorosi guerrieri?”. Ad Enea un colpo del vento Aquilone squarcia la vela della nave e solleva le onde verso le stelle. Si rompono i remi, la nave si ribalta e il fianco è esposto alle onde: si innalza un monte di acqua. Alcune navi pendono in cima all’onda; a queste l’onda mostra il fondale sottostante; infuria una tempesta di sabbia. Il Noto afferra e distrugge 3 navi su degli scogli nascosti dalle onde – che gli Italici chiamano Are -; l’Euro sospinge tre navi nelle dune di sabbia e li sotterra. Una nave che trasportava i Lici e il re Oronte è colpita a poppa da un’enorme onda: il timoniere è sbalzato e precipita a capofitto; l’ondata fa girare 3 volte la nave. Pochi i naufraghi sopravvissuti che nuotano nel mare, e armi di guerrieri, e tavole e tesori troiani sulle onde. La tempesta oltrepassa la nave di Ilioneo, di Acate, quella che portava Abante, quella del vecchio Alete; tutte, con le commessure sconnesse dei fianchi, imbarcano acqua dall’oceano. Nel frattempo Nettuno sentì spaventandosi lo sconvolgersi del mare, una tempesta sfrenata e le acque agitate dal fondo del mare: guardando in alto alzò la testa dalla sommità delle onde. Vede la flotta di Enea dispersa per tutto il mare, i Troiani affondati dalle onde e dalla rovina del cielo, ma non rimasero ignoti a Nettuno gli inganni e le ire della sorella Giunone. Chiama a sé i venti Euro e Zefiro, e dice: “Siete diventati così fiduciosi nella forza della vostra stirpe? Osate sconvolgere senza mio consenso il cielo e la terra e sollevar i mari? Voi che io…? Ma prima plachiamo le onde. Poi mi pagherete il danno con un’altra pena. Affrettatevi a fuggire e dite così ad Eolo: non toccò in sorte a lui il regno del mare e il tridente, ma a me. Egli possiede enormi grotte vostra dimora, Euro; abbia la sua gloria in quella reggia, e governi chiuso nel carcere dei venti”. Disse placa le gonfie acque, caccia le nubi e riporta il sole.
per approfondimenti, vedi anche:
Sintesi del Proemio dell'Eneide
Parafrasi Il proemio e la tempesta
Virgilio - Proemio Eneide
Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale del proemio dell'Eneide?
- Perché Giunone è ostile nei confronti di Enea e dei Troiani?
- Quali eventi naturali ostacolano il viaggio di Enea?
- Come reagisce Nettuno alla tempesta?
- Qual è il destino finale che Enea deve compiere secondo il proemio?
Il proemio dell'Eneide introduce il viaggio di Enea, profugo di Troia, verso l'Italia, e le difficoltà che affronta a causa dell'ira di Giunone.
Giunone è ostile perché teme che una stirpe troiana possa distruggere Cartagine e ricorda l'antica guerra di Troia e l'oltraggio della bellezza sprezzata.
Enea e i suoi compagni affrontano una tempesta scatenata dai venti, che disperde la flotta e mette in pericolo le loro vite.
Nettuno si accorge del caos nel mare, riconosce l'intervento di Giunone e placa le acque, rimproverando i venti per aver agito senza il suo consenso.
Enea deve fondare una nuova città in Italia, portare i suoi dei nel Lazio e gettare le basi per la futura grandezza di Roma.