Ithaca
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Concetti Chiave

  • Il passo dell'Eneide descrive la discesa di Enea negli Inferi, incontrando anime di eroi troiani e greci.
  • Enea riconosce Deifobo, figlio di Priamo, il cui corpo è stato brutalmente mutilato.
  • Deifobo racconta a Enea del tradimento di Elena, che durante la caduta di Troia lo ha consegnato ai nemici.
  • La Sibilla avverte Enea che il tempo stringe e devono scegliere tra due percorsi: uno verso i Campi Elisi e l'altro verso il Tartaro.
  • La descrizione del Tartaro include una città circondata da mura di fuoco e il fiume Flegetonte, con Tisifone che fa la guardia all'ingresso.

In questo appunto di italiano viene riportata la parafrasi del passo dell’Eneide di Virgilio tratto dal libro VI che si concentra sulla discesa agli Inferi, avendo quale fonte il testo tratto dalla fonte: Eneide - Traduzione dal latino di Annibale Caro.
La discesa agli Inferi, parafrasi presente nell'Eneide

Qui ’l gran Tidèo, qui ’l gran figlio di Marte

Partenopèo, qui del famoso Adrasto

La pallid’ombra incontro gli si fece.

Quinci de’ suoi più nobili Troiani

Un gran drappello avanti gli comparve.

Pianse a veder quei glorïosi eroi,

Tanto di sopra disïati e pianti,

Come Glauco, Tersíloco, Medonte,

I tre figli d’Antenore, il sacrato

A Cerere ministro Polifete,

E ’l chiaro Idèo con l’armi anco e col carro.

Fatto gli avean costor chi da man destra,

Chi da sinistra una corona intorno.

Nè d’averlo veduto eran contenti,

Chè ciascun desiava essergli appresso,

Ragionar, passeggiar, far seco indugio,

E spíar come e d’onde e perchè venne.

Ma degli Argivi e le falangi e i duci,

Quand’egli apparve, e che tra lor ne l’ombre

I lampi folgorâr de l’armi sue,

Da gran timor furo assaliti; e parte

Volser le terga, come già fuggendo

Verso le navi, e parte alzâr le voci

Che per téma sembrâr languide e fioche.

Deífobo, di Prïamo il gran figlio,

Vide ancor qui, che crudelmente anciso,

In disonesta e miserabil guisa

Avea le man, gli orecchi, il naso e ’l volto

Lacerato, incischiato e monco tutto.

Per temenza il meschino e per vergogna

D’esser veduto, con le tronche braccia

Un sì brutto spettacolo celando,

Indarno si facea schermo e riparo;

Ch’al fin lo riconobbe, e con l’usata

Domestichezza incontro gli si fece,

Così dicendo: Poderoso eroe,

Gran germoglio di Teucro, e chi sì crudo

Fu mai, chi tanto osò, cui si permise

Che facesse di te strazio sì fiero?

La notte che seguì l’orribil caso

De la nostra ruina, io di te seppi

Ch’assaliti i nemici e di lor fatta

Strage che memorabile fia sempre,

Tra le caterve de’ lor corpi estinti,

Stanco via più che vinto, alfin cadesti;

Ed allor io di Reto in su la riva

A l’ombra tua con le mie mani un vòto

Sepolcro eressi, e te gridai tre volte:

E ’l nome e l’armi tue riserba ancora

Il loco stesso. Io te, dolce signore,

Nè veder nè coprir di patria terra

Avanti il mio partir mai non potei.

Deìfobo rispose: Ogni pietoso,

Ogni onorato officio, Enea mio caro,

Ha l’amor tuo vèr me compito a pieno.

Ma l’empio fato mio, l’empia e malvagia

Argiva donna a tal m’ha qui condotto;

E tal di sè lasciò memoria al mondo.

Ben ti ricorda (e ricordar ten dèi)

Di quell’ultima notte che sì lieta

Mostrossi in pria, poi ne si volse in pianto,

Quando il fatal cavallo il salto fece

Sopra le nostre mura, e ’l ventre pieno

D’armate schiere ne votò fin dentro

A l’alta ròcca. Allor ella di Bacco

Fingendo il coro, e con le frigie donne

Scorrendo in tresca, una gran face in mano

Si prese, e diè con essa il cenno a’ Greci.

Io dentro alla mia camera (infelice!)

Mi ritrovai sol quella notte; e stanco

Di tante che n’avea con tanti affanni

Vegghiate avanti, un tal prendea riposo

Che a morte più che a sonno era simìle.

Fece la buona moglie ogn’arme intanto

Sgombrar di casa, e la mia fida spada

Mi sottrasse dal capo. Indi la porta

Aperse, e Menelao dentro v’accolse,

Così sperando un prezïoso dono

Fare al marito, e de’ suoi falli antichi

Riportar venia. Che più dico? Basta

Ch’entrâr là ’v’io dormia; e con essi era

Per consultore Ulisse. O dii, se giusto

È ’l priego mio, ricompensate voi

Di quest’opere i Greci. E tu, che vivo

Sei qui, dimmi a rincontro, il caso o ’l fato

O l’errore o ’l precetto degli Dei,

O qual altra fortuna t’ha condotto,

Ove il sol mai non entra e buio è sempre.

Così tra lor parlando e rispondendo,

Avea già ’l sol del suo cerchio diurno

Varcato il mezzo, e l’avria forse intero;

Se non che la Sibilla rampognando

Così li fe del breve tempo accórti:

Enea, già notte fassi, e noi piangendo

Consumiam l’ore. Ecco siam giunti al loco

Dove la strada in due sentier si parte.

Questo a man dritta a la città ne porta

Del gran Plutone, e quindi ai campi Elisi;

Quest’altro a la sinistra a l’empio abisso

Ne guida, ov’hanno i rei supplizio eterno.

Il figlio a ciò di Prïamo soggiunse:

Non ti crucciare, o del gran Delio amica,

Ch’or da voi mi tolgo, e mi ritiro

Ne le tenebre mie. Tu, nostro onore,

Vatten felice, già che scòrto sei

Da miglior fato; e meglio te n’avvenga.

Tanto sol disse, e sparve. Enea si volse

Prima a sinistra, e sotto un’alta rupe

Vide un’ampia città che tre gironi

Avea di mura, ed un di fiume intorno;

Ed era il fiume il negro Flegetonte,

Ch’al Tartaro con suono e con rapina

L’onde seco traea, le fiamme e i sassi.

Vede nel primo incontro una gran porta

C’ha la soglia, i pilastri e le colonne

D’un tal diamante, che le forze umane,

Nè degli stessi Dei, romper nol ponno.

Quindi si spicca una gran torre in alto

Tutta di ferro. A guardia de l’entrata

La notte e ’l giorno vigilando assisa

Sta la fiera Tesífone succinta,

Col braccio ignudo, insanguinata e torva.

Indice

  1. Incontro con le anime dei Troiani
  2. Deifobo e il tradimento di Elena
  3. La Sibilla e la scelta del cammino

Incontro con le anime dei Troiani

Gli vengono incontro Tideo, Partenopeo

glorioso nell’armi e l’immagine pallida di Adrasto,

e i Teucri caduti in battaglia, molto venerati nel mondo:

e guardandoli tutti, una lunga fila, l’eroe

emise un lamento: Glauco, Medonte e Tersiloco insieme,

i tre Antenòridi, Polibete sacerdote di Cerere

e Ideo che reggeva ancora il carro e le armi.

Le anime si dispongono intorno a Enea, a destra e a sinistra;

non sono contente solo di vederlo, tengono a soffermarsi

via via, andare al suo passo e sapere perché sia lì.

Ma i condottieri dei Greci e le falangi di Agamennone,

non appena videro Enea e le armi splendenti nell’oscurità,

ebbero gran paura: una parte di loro gli volta le spalle,

come quel giorno che fuggirono alle navi, un’altra emette un lieve

suono, e tale grido delude la bocca aperta.

Deifobo e il tradimento di Elena

Vide persino Deìfobo, figlio di Priamo, con tutto il corpo dilaniato,

il cui volto e le mani furono crudelmente

sfregiate, le tempie rovinate,

le orecchie mutilate e le narici tagliate da una brutta ferita.

A fatica Enea lo riconobbe, colto da vergogna,

intento a coprire l’orrida carneficina, e con voce familiare

gli disse:

di Teucro, chi bramò di infliggerti pene così severe?

Chi ebbe il permesso? Ho saputo

che l’ultima notte di Troia, stanco nell’uccidere i Greci,

cadesti su un ammasso indistinto di cadaveri.

Allora io stesso costruì una tomba commemorativa

sul lido Retèo e a gran voce invocai per tre volte il tuo spirito.

Lì sono scolpiti le tue armi e il tuo nome; ma non riuscii a trovare

quando partii il tuo corpo e seppellirlo nella nostra patria, oh amico.

Ma le mie sorti e il mortale tradimento di Elena

mi hanno oppresso in questi mali; ella mi ha lasciato

tali ricordi. Tu sai come trascorremmo gioiosi e ignari

l’ultima notte: purtroppo è doveroso ricordare.

Quando il fatale cavallo arrivò trainato sull’alta

Pergamo, racchiudendo nel proprio ventre fanti armati,

Elena, fingendo una danza, conduceva intorno ai templi le

Frigie con sfrenate grida; essa, nel mezzo, reggeva una grande fiaccola

e chiamava i Danai dall’alto della fortezza.

Io, nel mentre, stanco per gli affanni e oppresso dal sonno,

ero nell’infausto letto nuziale e, mentre ero disteso, mi vinse

un dolce e profondo sonno, simile ad una serena morte.

Intanto la mia gentile sposa porta via dalla casa ogni arma,

dopo avermi sottratto la mia spada:

poi chiama Menelao nelle stanze e spalanca la porta,

sperando che questo sarà un grande servigio per Menelao

e che possa concludere così la vergogna delle sue già antiche colpe.

A cos’altro esito? Irrompono in camera: si è unito a loro

Ulisse, consigliere di crimini. Oh dei, rendete ai Greci

tali disprezzi, se io vi chiedo vendetta con devote labbra.

La Sibilla e la scelta del cammino

Ma parlami di te adesso, cosa ti ha portato qui ancor vivo;

sei arrivato qui grazie al tuo errare per mare

o per volere degli dei? O quale sfortuna ti perseguita

da venire in tali luoghi tristi dove non c’è mai sole,

alle terre cupe? >>. Ma mentre parlavano l’Aurora

aveva compiuto già mezzo del suo corso nel cielo

sul suo roseo carro; e così forse avrebbero

trascorso tutto il loro tempo, ma in breve tempo parlò la Sibilla

e avvertì:

le ore a piangere. Siamo nel punto dove la via si divide:

quella a destra conduce alle mura della potente Dite,

andremo all’Elisio attraverso questa; ma quella a sinistra insegue

con le pene i dannati e porta al profano Tartaro>>.

Deifobo disse:

andrò via, tornerò dal mio gruppo, nell’oscurità.

Vai, nostra gloria: che ti assista un destino migliore>>.

Disse solo questo e, parlando, tornò indietro.

Enea si volta e, improvvisamente, a sinistra, sotto una rupe,

intravede una grande città, circondata da tre cinte di mura;

è circondata da un impetuoso fiume ardente di fiamme,

il Flegetonte del Tartaro, che travolge rumoroso i massi.

Di fronte, una grande porta con sostegni d’acciaio

che non riuscirebbero a rimuovere né la forza dell’uomo

né gli stessi dei; nell’aria sta diritta una torre di ferro,

e lì seduto Tisìfone, la cui spoglia veste è sporca di

sangue, che fa guardia all’ingresso senza tregua giorno e notte.

Domande da interrogazione

  1. Quali figure eroiche Enea incontra durante la sua discesa agli Inferi?
  2. Enea incontra figure eroiche come Tideo, Partenopeo, Adrasto e un gruppo di nobili Troiani caduti in battaglia, tra cui Glauco, Medonte, Tersiloco, i tre figli di Antenore, Polibete e Ideo.

  3. Come reagiscono i Greci alla vista di Enea e delle sue armi?
  4. I Greci, vedendo Enea e le sue armi splendenti nell'oscurità, sono presi da grande paura; alcuni fuggono, mentre altri emettono suoni deboli e fiacchi.

  5. Qual è la storia di Deifobo e il suo tradimento?
  6. Deifobo, figlio di Priamo, racconta di essere stato tradito da Elena durante l'ultima notte di Troia. Elena, fingendo una danza, ha permesso ai Greci di entrare, portando alla sua morte e mutilazione.

  7. Qual è il ruolo della Sibilla nella scelta del cammino di Enea?
  8. La Sibilla avverte Enea che il tempo è breve e indica la strada da seguire: a destra verso l'Elisio e a sinistra verso il Tartaro, dove i dannati subiscono pene eterne.

  9. Cosa vede Enea quando si dirige verso sinistra?
  10. Enea vede una grande città circondata da tre cinte di mura e un fiume ardente, il Flegetonte. Di fronte c'è una grande porta con sostegni d'acciaio e una torre di ferro, sorvegliata da Tisìfone, che vigila giorno e notte.

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