Concetti Chiave
- Il Risorgimento Italiano iniziò con una fase di sviluppo economico limitata a causa della dominazione austriaca, ma il Piemonte emerse come promotore di riforme liberali.
- Cavour fu una figura chiave nel Risorgimento, sostenendo il liberalismo e promuovendo una politica riformatrice per l'unificazione dell'Italia.
- Le guerre d'indipendenza culminarono nella formazione del Regno d'Italia nel 1861, con il sostegno di figure come Garibaldi e Mazzini e il coinvolgimento di potenze straniere.
- Dopo l'unificazione, l'Italia fu caratterizzata da un sistema politico dominato da piemontesi, con una base elettorale ristretta e tensioni interne tra moderati e progressisti.
- La difficile integrazione del Sud nel nuovo stato unitario portò a un'accentuazione delle differenze economiche e sociali, aggravando le tensioni regionali.
In questo appunto viene descritto il periodo storico conosciuto come “Risorgimento Italiano”. Vengono riportate le fasi salienti di questo periodo che ha portato ad un cambiamento dell’assetto politico, economico e sociale dell’Italia.
Indice
Prime fasi dello sviluppo del Risorgimento Italiano
Dopo il 1848, l’Italia attraversò uno sviluppo economico minore al resto d’Europa.
Il fatto che l’Italia fosse sotto il dominio austriaco non aiutò il processo di sviluppo economico in quanto era presente una politica doganale che non permetteva commerci liberi con l’estero e poi le condizioni delle ferrovie e delle strade erano pessime.Poi c’era l’Impero austriaco che scaricava sul regno lombardo-veneto gran parte dei costi della propria amministrazione e per questo parte dei profitti non poteva essere utilizzata. Quindi gli elementi frenanti dell’economia lombardo-veneta erano la dominazione straniera e l’assolutismo. Solamente la Sardegna aveva un regno con una politica costituzionale. Proprio per merito suo iniziò una politica riformatrice che permise al Piemonte di migliorare la sua situazione economica potenziando ferrovie e strade, abolendo i dazi doganali e potenziando il porto di Genova. Il Piemonte rappresentava la conferma del fatto che le verità del liberalismo, ovvero libertà costituzionali, indipendenza e unità e diritto economico, erano giuste e praticabili. Lo statuto piemontese era inoltre molto innovatore e ciò venne esportato anche fuori dal Piemonte da Cavour, un nobile piemontese sostenitore di un’aristocrazia modernizzatrice.

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Figura di Cavour per l’Italia: rivoluzione politica
Nel 1830 Cavour era favorevole alla svolta rivoluzionaria per la ripresa italiana. Per fare ciò, Cavour fece numerosi viaggi per conoscere anche le situazioni degli altri Paesi: a Londra Cavour conobbe un parlamento e ascoltò i dibattiti riguardo la rivoluzione industriale e il modo in cui essa dovesse essere supportata. Ritornato in Italia, s’accorse che la politica di Carlo Alberto era troppo chiusa allo scambio, rispetto ad altri paesi. Cosi decise di entrare in politica nel 1849 come deputato in parlamento e da subito decise di abolire i privilegi ecclesiastici in tutto il regno. Nel 1850 pronunciò un discorso per difendere questa legge e dire di essere a favore di una politica riformatrice con l’obiettivo di porre il Piemonte in testa a tutte le forze italiane. Egli divenne portavoce del liberalismo moderato e fu proprio questo ad affermare la borghesia come una classe in grado di dirigere l’unificazione di un paese. Cavour voleva uno stato nazionale a monarchia costituzionale, liberista in campo economico e liberale su quello sociale, un paese aperto anche ad un riformismo sociale facendo tornare intorno alla politica tutta la borghesia.
Nel 1857 si formò la Società nazionale italiana di Cavour dove confluirono sia democratici che liberali e dove confluì lo stesso Garibaldi. Cavour nel 1850 venne anche eletto ministro dell’agricoltura e delle finanze sotto il governo di Massimo D’Azeglio. Il governo di D’Azeglio era poco deciso ed andava sostituito. Così Vittorio Emanuele II gli affidò la formazione di un altro governo.
Per approfondimenti sulla figura di Cavour vedi qui
Le guerre per l’indipendenza e formazione del Regno d’Italia
Dopo gli accordi con Cavour, Napoleone III provò ad abbandonare l’alleanza appena formata. Nel regno del Piemonte la politica di Cavour intanto perdeva favori perché non si capiva la ragione della concessione di Nizza e della Savoia alla Francia. Sembrava che tutto stesse per fallire quando l’Austria fece un errore: dopo una serie di scontri, nel 1859 l’Austria dichiarò ostilità agli stati sardi. Così Napoleone III fu costretto ad inviare 100.000 uomini mentre gli austriaci passavano il Ticino. Vi furono una serie di battaglie vinte dai piemontesi, anche per merito di Garibaldi. Per merito di queste battaglie il governo austriaco risultò compromesso. Nel 1859 Napoleone III firmò un armistizio con l’Austria, la pace di Villafranca. Con l’armistizio l’Austria cedeva alla Francia la Lombardia e nei regni dell’Italia centrale dovevano tornare i sovrani spodestati. Cavour rimase deluso dal comportamento di Napoleone e per un breve periodo si allontanò dalla politica, con la formazione di governi provvisori. Cavour, tornato al governo, sfruttò la situazione dandogli Nizza e la Savoia e ottenendo l’annessione degli stati dell’Italia centrale. Questa guerra causò l’inizio del movimento che portò all’Unità d’Italia: i fermenti nelle zone non ancora libere dall’assolutismo crescevano sempre di più per poter accelerare l’unificazione. In questo contesto riprese il movimento democratico guidato da Mazzini. Nell’Aprile del 1860 scoppiò una rivolta a Palermo organizzata da Crispi e Rosolino. Intanto Garibaldi cominciò ad arruolare volontari per una spedizione con il segreto assenso del governo. I volontari arruolati salparono dal porto di Quarto. A Marsala, in Sicilia, si scontrarono con le truppe borboniche e vinsero. L’esercito intanto continuava a crescere e di lì a un mese l’esercito arrivò a Napoli. La paura era che Garibaldi continuasse e invadesse anche lo stato pontificio. Per evitare questo Vittorio Emanuele II invase lo stato pontificio e sconfisse le truppe del papa. Il 17 marzo 1861 venne proclamata la fondazione del regno di Italia e Vittorio Emanuele II ne ebbe la corona. Cavour morì in giugno.
Per approfondimenti sulle guerre di indipendenza e l'Unità d'Italia vedi qui
L’organizzazione ed i caratteri dello stato unitario
Dopo l’unificazione, si svolsero le prime elezioni politiche ma votarono in pochissimi perché potevano votare solo i cittadini abbienti con più di 25 anni di età. La piccola minoranza votante era composta da proprietari fondiari, imprenditori agricoli, industriali, aristocratici, militari di alto grado, funzionari di stato e professionisti. La leva su cui faceva il nuovo stato era una base sociale molto limitata e la maggioranza della popolazione non aveva diritti politici. Nel nuovo Stato il personale politico era prevalentemente piemontese. Si erano tutti formati alla scuola di Cavour e la maggioranza aveva già provato a governare il passato regno di Sardegna nel decennio di preparazione all’unità. Vittorio Emanuele II mantenne il proprio nome, proprio come se non fosse cambiato nulla.
Il gruppo dirigente si divise così in due nel Parlamento: a destra sedevano i moderati ed i liberali conservatori che volevano continuare a seguire i metodi di Cavour mentre a sinistra c’erano i progressisti, democratici di insegnamenti mazziniani e garibaldini. Nel 1861 la legge comunale piemontese fu estesa a tutta Italia e nacque la figura del prefetto. Egli era il rappresentante del governo in ogni provincia e fu l’unico modo per realizzare il controllo amministrativo diretto dal centro. Egli tutelava l’ordine pubblico, dirigeva gli organismi sanitari provinciali, la scuola ed i lavori pubblici, nominava i sindaci e i deputati provinciali. Rispondeva al ministro degli interni. La libertà che i piemontesi avevano proposto non sembrò uguale per tutti: per questo dal 1861 scoppiarono forti insurrezioni contro i piemontesi. A causa di ciò si sviluppò il fenomeno del brigantaggio per cercare di far capire al nuovo stato quali erano i propri bisogni. Anche i democratici rimasero disinteressati a ciò che le masse di contadini chiedevano quindi questo causò una forte sfiducia nei confronti del nuovo governo. È proprio in questo clima che si inserisce lo stato pontificio per far insorgere i cittadini e farli ritornare allo stato borbonico precedente.
La difficile integrazione nazionale
Insieme ai bersaglieri che repressero le rivolte dei briganti, al sud vennero portate anche le ferrovie: lo Stato italiano voleva costruire una rete stradale e ferroviaria su tutto il paese. Vennero abolite le barriere doganali per far diventare l’Italia un unico grande mercato. Questo mercato era dominato dal sistema manifatturiero settentrionale e gli stessi gruppi imprenditoriali investirono anche nella costruzione delle ferrovie. Questo significa che ciò che doveva unire il paese ma in realtà non fece altro che accentuarne le differenze e le distanze. Fu così che il sud fu condannato ad essere una regione prevalentemente agricola. In più il lavoro a domicilio e l’artigianato locale scomparvero a causa delle manifatture meccanizzate, facendo perdere moltissimi posti di lavoro. L’Italia rimaneva comunque un paese prevalentemente agricolo, anche se nel post-unità si andò verso un’industrializzazione. I contadini non erano proprietari delle terre che lavoravano, terre concentrate nelle mani di pochi. Gli italiani erano dunque coloni, mezzadri, braccianti che lavoravano a giornata.
Domande da interrogazione
- Quali furono le prime fasi dello sviluppo del Risorgimento Italiano?
- Qual è stato il ruolo di Cavour nella rivoluzione politica italiana?
- Come si sono svolte le guerre per l'indipendenza e la formazione del Regno d'Italia?
- Quali furono le caratteristiche dello stato unitario italiano dopo l'unificazione?
- Quali furono le sfide dell'integrazione nazionale italiana?
Dopo il 1848, l'Italia subì uno sviluppo economico inferiore rispetto al resto d'Europa, ostacolato dalla dominazione austriaca e da politiche doganali restrittive. Solo il Regno di Sardegna, grazie a una politica costituzionale, avviò riforme economiche significative.
Cavour, sostenitore del liberalismo moderato, promosse riforme per modernizzare l'Italia, abolendo privilegi ecclesiastici e favorendo un'economia liberista. Fondò la Società nazionale italiana, unendo democratici e liberali, e divenne una figura chiave nell'unificazione italiana.
Dopo errori diplomatici dell'Austria, il Piemonte, con l'aiuto di Napoleone III, vinse diverse battaglie. Nonostante la delusione per l'armistizio di Villafranca, Cavour riuscì a ottenere l'annessione degli stati centrali italiani, portando alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1861.
Dopo l'unificazione, il nuovo stato italiano era dominato da una minoranza votante e da un personale politico prevalentemente piemontese. Il sistema amministrativo centralizzato, con la figura del prefetto, suscitò insurrezioni e sfiducia tra la popolazione.
L'integrazione nazionale fu difficile a causa delle disparità economiche tra nord e sud. Le infrastrutture ferroviarie e stradali accentuarono le differenze regionali, mentre il sud rimase prevalentemente agricolo, con conseguente perdita di posti di lavoro e insoddisfazione sociale.