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Concetti Chiave

  • Giovanni Giolitti è stato una figura politica centrale nel Regno d'Italia all'inizio del XX secolo, noto per la modernità delle sue idee e la sua capacità analitica.
  • La politica interna di Giolitti si è concentrata sullo sviluppo economico, sostenendo il "decollo industriale" e attuando riforme come la statalizzazione delle ferrovie e delle assicurazioni sulla vita.
  • Giolitti ha introdotto una riforma elettorale che ha ampliato il suffragio, aumentando significativamente il numero di elettori maschili e favorendo i partiti cattolico e socialista.
  • Nonostante i successi, la politica di Giolitti ha mantenuto il divario tra Nord e Sud e ha visto un aumento dell'emigrazione e un protezionismo che ha penalizzato i più poveri.
  • Giolitti è stato criticato per il suo approccio conservatore e ambiguo, ma la sua comprensione delle dinamiche economiche lo ha reso un politico in sintonia con il suo tempo.

Indice

  1. Giovanni Giolitti e la politica italiana
  2. Successi economici e riforme di Giolitti
  3. Limiti e critiche alla politica giolittiana
  4. Giolitti: un politico tra conservazione e innovazione

Giovanni Giolitti e la politica italiana

La storia del Regno d’Italia dall’inizio del XX secolo allo scoppio della guerra mondiale vede la presenza decisiva di una figura politica sopra tutte le altre: quella di Giovanni Giolitti. Si tratta sicuramente di un uomo nuovo che, senza essere rivoluzionario, si distingue sensibilmente da tutti gli altri per la modernità delle idee e la capacità di analisi della realtà.

Egli resse (in totale) cinque ministeri, che, tranne l’ultimo, che si colloca dopo la Grande guerra, segnarono un vero e proprio successo della sua politica: il primo fra il ’92 e il ’93 e i successivi nel Novecento (1903–5, 1906–9, 1911–14). Quando non fu presidente del Consiglio, fu comunque presente in qualità di ministro.

Successi economici e riforme di Giolitti

La politica interna di Giolitti fu caratterizzata certamente da una serie di successi verso la democrazia, tanto che, se per Cavour si parlava di stato liberale, ora si può usare la definizione di stato liberal-democratico. La sua attività nell’interno fu caratterizzata da un particolare interesse verso l’aspetto economico, che è poi, soprattutto in questo periodo, quello fondamentale. I ministeri Giolitti si collocano infatti all’interno del cosiddetto “decollo industriale” (1896–1913), che richiedeva necessariamente un appoggio da parte della classe politica, volto a favorire l’attività produttiva. Nel primo ministero il governo approvò la statalizzazione delle ferrovie, problema che aveva messo in crisi più di una volta la classe politica, soprattutto quella di Sinistra, per l’opposizione delle sezioni toscane. Ricondurre la gestione delle ferrovie nelle mani dello stato significò rendere possibile una maggior organizzazione del servizio e una sua più accurata manutenzione. Significato profondamente economico ebbe anche la riduzione della rendita nazionale dal 5% al 3.5%, riducendo così gli interessi sui titoli di stato riconosciuti al cittadino-creditore. Questa manovra, estremamente pericolosa, perché i detentori dei titoli avrebbero potuto chiedere la restituzione immediata dei depositi, fu invece un eccellente successo, poiché lo stato poté recuperare facilmente una quantità enorme di denaro. Ma ciò avvenne perché il governo riceveva la fiducia della popolazione, come quest’ultima poté dimostrare in occasiona delle consultazioni elettorali, anche se comunque i creditori dello stato non potevano che essere persone con una certa disponibilità finanziaria, cioè, in definitiva, borghesi. Nel suo terzo ministero, Giolitti mise a segno un’altra manovra economica che era stata proposta già alcuni anni addietro, e cioè la statalizzazione delle assicurazioni sulla vita. Queste, che prima erano gestite da agenzie private, ora diventano monopolio assoluto dello stato, il che significa da un lato vantaggio economico pubblico, dall’altro impossibilità di speculazione da parte di privati. Un ultimo elemento ricorderemo a proposito della politica interna giolittiana, e cioè quello del suffragio “universale”. Con questa riforma elettorale, che garantiva diritto di voto a chiunque avesse compiuto i trent’anni di età e fosse di sesso maschile, oltre che a coloro che già rientravano nelle categorie della riforma di Depretis, segna sicuramente il momento culminante della politica democratica di Giolitti. Gli elettori passano improvvisamente da 3-4 milioni a 9 milioni, con vantaggio soprattutto dei partiti cattolico e socialista.

Limiti e critiche alla politica giolittiana

I limiti della politica giolittiana vanno invece individuati nella conservazione e accentuazione del divario tra Nord e Sud, nel disimpegno e disinteresse verso un ammodernamento dell’amministrazione, che permetteva una facile manipolazione da parte del Governo dei prefetti, che a loro volta eleggevano i sindaci. Non va poi dimenticato che l’emigrazione toccò livelli altissimi proprio durante i governi di Giolitti, e che il protezionismo, attuato anche nel primo Novecento, se da un lato favoriva l’economia interna, dall’altro gravava principalmente sulla popolazione più povera.

Giolitti: un politico tra conservazione e innovazione

Le accuse rivolte a Giolitti, sia all’epoca che oggi, sono quelle che lo ritengono responsabile di una politica conservatrice, inerte di fronte ai gravi problemi sociali e fortemente ambigua. Ma questo, che trova la sua sintesi nella nota vignetta pubblicata sulla rivista “L’Asino”, fu precisamente nelle intenzioni di Giolitti, che cercò costantemente di barcamenarsi fra le diverse forze politiche, avendo compreso che il potere si può mantenere soltanto basandosi su di un vasto e differenziato consenso. Infine, l’acutezza che Giolitti dimostrò nella comprensione di leggi dell’economia che solo oggi appaiono ovvie, come quella della domanda e dell’offerta, della mobilità dei capitali, della necessità di un certo controllo dei mercati da parte dello stato, fanno di lui sicuramente un personaggio all’altezza dei tempi e della situazione in cui operò.

Domande da interrogazione

  1. Quali furono i principali successi della politica interna di Giolitti?
  2. La politica interna di Giolitti fu caratterizzata da successi verso la democrazia, come la statalizzazione delle ferrovie e delle assicurazioni sulla vita, e la riforma del suffragio "universale" che ampliò il diritto di voto.

  3. Quali furono le principali critiche rivolte a Giolitti?
  4. Giolitti fu criticato per la sua politica conservatrice, il disinteresse verso l'ammodernamento dell'amministrazione e l'accentuazione del divario tra Nord e Sud, oltre che per l'alto livello di emigrazione durante i suoi governi.

  5. Come Giolitti gestì le questioni economiche durante i suoi ministeri?
  6. Giolitti attuò manovre economiche come la riduzione della rendita nazionale e la statalizzazione delle assicurazioni sulla vita, dimostrando una comprensione avanzata delle leggi economiche e ottenendo fiducia dalla popolazione.

  7. In che modo la politica di Giolitti influenzò il panorama politico italiano?
  8. La politica di Giolitti portò a un ampliamento del diritto di voto, favorendo i partiti cattolico e socialista, e cercò di mantenere il potere basandosi su un consenso ampio e differenziato.

  9. Quali furono le conseguenze del protezionismo attuato da Giolitti?
  10. Il protezionismo favorì l'economia interna ma gravò principalmente sulla popolazione più povera, contribuendo alle critiche sulla sua politica economica.

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