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Concetti Chiave

  • Fra Cristoforo è un personaggio complesso, il cui passato violento e la successiva conversione a frate sono descritti attraverso un lungo flashback, svelando le sue motivazioni e il conflitto interiore tra il suo vecchio e nuovo sé.
  • L'Innominato, inizialmente descritto come un temuto criminale, attraversa una profonda crisi di coscienza che lo porta a un cambiamento radicale, influenzato dalle parole di Lucia e dall'incontro con il cardinale Federigo Borromeo.
  • Entrambi i personaggi si convertono dopo eventi significativi: Lodovico/Fra Cristoforo per un omicidio involontario e l'Innominato per una vita di crimini, con le loro conversioni che rappresentano una ricerca di redenzione e pace interiore.
  • Le conversioni avvengono in modi diversi: Fra Cristoforo attraverso un processo spirituale già iniziato, mentre l'Innominato ha bisogno di un confronto con la morte e il giudizio divino per cambiare.
  • Manzoni racconta le due storie di conversione con stili diversi: quella di Fra Cristoforo è narrata in flashback, mentre l'Innominato vive la sua trasformazione nel presente, permettendo ai lettori di assistere direttamente al cambiamento.

Indice

  1. Fra Cristoforo
  2. Lodovico e la sua giovinezza
  3. Il duello e la fuga di Lodovico
  4. La conversione di Lodovico
  5. Fra Cristoforo e Don Rodrigo
  6. Il piano di fuga per Lucia
  7. Fra Cristoforo e l'epidemia di peste
  8. L'incontro con Don Rodrigo morente
  9. L'Innominato e la sua reputazione
  10. Il tormento interiore dell'Innominato
  11. Il rapimento di Lucia
  12. La notte tormentata dell'Innominato
  13. L'incontro con il cardinale Borromeo
  14. La conversione dell'Innominato
  15. Il cambiamento dell'Innominato
  16. Confronto tra Lodovico e l'Innominato

Fra Cristoforo

La vera descrizione di questo personaggio avviene nel capitolo quattro con l’utilizzo da parte di Alessandro Manzoni di un lungo flashback che coprirà così tutto il capitolo.
Esso trova una sua giustificazione nella necessità di approfondire il carattere del personaggio che ha un così importante rilievo nel romanzo. Quindi è importante conoscere la sua storia per capire le motivazioni che lo hanno portato alla scelta di farsi frate.

III Capitolo.

Lodovico e la sua giovinezza

Fra Cristoforo viene nominato per la prima volta da Gertrude, la madre di Lucia, la quale suggerisce a sua figlia di chiedere aiuto a quest’uomo di chiesa.

Il nome del Frate da ragazzo era Lodovico. Era figlio di un ricco mercante di stoffe che aveva fatto il possibile per far in modo che le sue origini non nobiliari non destassero alcun’avversione verso l’aristocrazia. Ma non fu così, Lodovico si trovò sempre a disagio con i nobili aristocratici della sua età e per questo si mise a contrastarli prendendo le difese dei più deboli. Questo compito però, anche se onorevole e che mirava solo alla giustizia nei confronti degli innocenti, era esercitato con i soli mezzi che Lodovico conosceva, cioè con l’aiuto dei Bravi e della violenza. Tutto questo faceva nascere in lui un profondo sentimento contradditorio: come poteva combattere i violenti con la loro stessa moneta? Come poteva difendere i deboli dall’aristocrazia intervenendo per difenderli con altra violenza e altri crimini? E quando si poneva queste domande l’unica soluzione che vedeva ragionevole era quella di farsi Frate.

Fu un fatto imprevisto a condurlo finalmente a quella scelta e fu proprio quel fatto a cambiargli la vita completamente.

Il duello e la fuga di Lodovico

Un giorno mentre camminava per le vie della sua città, viene sfidato a duello da un nobile che per questioni di precedenza non voleva farlo passare. Durante il duello il servitore, Cristoforo, per salvare il suo padrone viene ucciso con un colpo di spada inflittagli dal nobile. Così Lodovico perde il controllo delle sue azioni e senza pensarci più di un secondo uccide il rivale.

Lodovico si rifugia in un convento

La conversione di Lodovico

A questo punto Lodovico si rifugia in un convento di frati cappuccini. In questo luogo riesce a ottenere diritto di asilo. Questa tremenda disgrazia lo porta a ripensare seriamente all’idea di farsi frate e per non dimenticare il suo servitore che si era sacrificato per lui cambia il suo nome in Fra Cristoforo.

Però prima di cominciare una nuova vita il frate si sente in dovere di scusarsi con il fratello e la famiglia del nobile che aveva ucciso. La cerimonia, accuratamente organizzata per metterlo in imbarazzo, si trasforma in una sincera ed emozionante scena di pentimento e di riconciliazione. Il fratello dell’ucciso, commosso dalle parole del frate, quasi come se per un momento si stesse per scusare lui con il frate, accetta il suo perdono. In ricordo dell’avvenuta pacificazione, il frate chiede un pezzo di pane, che gli ricorderà quel giorno negli anni avvenire.

L’arrivo a casa di Lucia

Il lungo flashback si interrompe con l’arrivo del frate a casa di Lucia.

Nonostante siano trascorsi molti anni dalla conversione, Lodovico non è stato completamente sostituito da Cristoforo. Sembra che in lui convivano due anime: una fiera ereditata dall’uomo ‘vecchio’ e l’altra calma dell’uomo ‘nuovo’.

Fra Cristoforo ha un colloquio con Lucia

Fra Cristoforo e Don Rodrigo

Dopo il colloquio con Lucia, Fra Cristoforo si dirige al palazzo di Don Rodrigo per cercare di convincerlo a lasciare in pace Lucia.

Fra Cristoforo ha un colloquio con Don Rodrigo

Arrivato al suo castello viene accolto da Don Rodrigo in una sala da pranzo, nella quale sono riuniti dei commensali.

Dopo il pranzo e i numerosi argomenti affrontati in questo pasto, finalmente Don Rodrigo decide di parlare con Fra Cristoforo.

La visita del Frate infastidisce molto don Rodrigo e per questo provoca il frate con frasi ingiuriose e arroganti che però vengono umilmente accettate dal Frate. Ma quando Don Rodrigo suggerisce di portare Lucia al suo palazzo per farle trovare un rifugio sicuro, il frate perde la calma ed esordisce una profezia divina, cioè quella che Dio in seguito lo punirà per la sua mancanza di rispetto. In questa particolare circostanza ci rendiamo conto che l’uomo ‘nuovo’ è profondamente d’accordo con quello ‘vecchio’.

Il piano di fuga per Lucia

Riferisce a Renzo, Agnese e Lucia l'infelice esito del suo colloquio con don Rodrigo ed esorta a confidare nella Provvidenza.

Nel capitolo otto attende a tarda sera al convento l'arrivo di Renzo, Agnese e Lucia, dopo che il matrimonio per sorpresa era fallito, ma si rallegra di vederli tutti e tre sani e salvi, e li fa entrare nel monastero. Informa i tre dei piani di don Rodrigo, dunque suggerisce loro di lasciare il paese e di rifugiarsi altrove (le due donne a Monza, Renzo a Milano).

Nel capitolo diciotto apprende con preoccupazione che Renzo è ricercato dalla giustizia in seguito al tumulto di S. Martino, quindi scrive al padre Bonaventura per avere ragguagli (il cappuccino non saprà dirgli nulla). Accerta che Renzo è al sicuro nel Bergamasco e informa Agnese e Lucia tramite un pesciaiolo di Pescarenico. È costretto a lasciare il convento per le trame del conte zio.

Nel capitolo successivo viene chiamato dal padre guardiano del convento di Pescarenico, che lo informa dell'ordine da parte del padre provinciale di partire subito alla volta di Rimini. Raccoglie le sue cose e lascia il convento.

Fra Cristoforo e l'epidemia di peste

Incontriamo di nuovo fra Cristoforo nel trentacinquesimo capitolo, dopo l’epidemia di peste. In questo capitolo avviene l’incontro tra lui e Renzo che si reca nel lazzaretto in cerca di Lucia.

All’improvviso Renzo scorge la figura di un di fra Cristoforo tra la folla. La gioia di Renzo nel rivedere dopo molto il frate è offuscata dalla consapevolezza della presenza in lui della malattia, i cui segni appaiono evidenti: il suo corpo è smagrito e affaticato, il viso è pallido, mentre solo lo sguardo ha la vivacità di un tempo. Il cappuccino chiede a Renzo di ragguagliarlo, e il giovane gli comunica di essere alla ricerca di Lucia, raccontandogli la loro storia. Dopo aver mangiato il frate lo informa del lazzaretto precisando che agli uomini è vietato l’ingresso nella zona dove vengono tenute le donne. Gli consiglia di recarsi alla chiesa, dove sarebbero andati i pochi sopravvissuti, per uscire in processione e se non fosse bastato lo autorizzava ad andare nella zona vietata. Ma nello stesso tempo lo ravvede dalla possibilità della morte di Lucia.

L'incontro con Don Rodrigo morente

Renzo dichiara di aver capito, ma non nasconde la sua collera e il suo odio nei confronti di don Rodrigo, dicendo che se la peste non avesse fatto giustizia l’avrebbe fatta lui. Padre Cristoforo sentendo quelle parole piene di rancore riacquista il vigore di un tempo e rimproverando il ragazzo gli scuote forte il braccio facendogli vedere la scena intorno a lui, la quale esprimeva la giustizia divina.

Renzo sentendosi rimproverato si scusa con il frate, lo supplica di non abbandonarlo e dichiara di voler perdonare sinceramente don Rodrigo. Allora il cappuccino ricorda a Renzo il suo passato e appurando che il pentimento del giovane è sincero lo afferra per una mano e lo porta in una capanna.

Appena i due entrarono, Renzo notò un uomo avvolto in un mantello signorile e riconobbe don Rodrigo. Il signorotto era immobile su un materasso, con gli occhi spalancati ma con lo sguardo perso nel vuoto e con il viso stravolto dalla peste. Il giovane fece un passo indietro, ma venne fermato dal frate, il quale lo invita a riflettere sulla volontà divina. Così i due tacquero, giunsero le mani e pregarono fin quando sentirono lo scoccò della campana. Allora si separarono dirigendosi l’uno verso le sue opere di misericordia, l’altro verso la cappella.

Renzo dopo tante peripezie riesce a trovare Lucia che lo congeda dicendogli del suo voto di castità. Sconvolto Renzo torna da fra Cristoforo.

Renzo torna dal frate

Intanto Renzo trovato padre Cristoforo, lo informa sull’accaduto dicendogli di aver trovato Lucia e gli confessa il voto fatto dalla ragazza, a parer suo senza fondamento.

Il frate si rende disponibile nel parlare con la giovane e, dopo essere passati dalla capanna di don Rodrigo, si dirigono nella capanna di Lucia.

L’incontro tra fra Cristoforo e Lucia

Il frate di fronte alla fanciulla le chiede del suo voto, facendole comprendere che non avrebbe dovuto coinvolgere un’altra volontà in un sacrificio del tutto personale e infine dichiara il voto nullo. Il frate prima di congedarsi dona il pane del perdono a Lucia, raccomandandole di farlo vedere ai suoi figli perché imparino a non odiare. Infine dopo aver rassicurato la ragazza, esce dalla capanna con Renzo che però rifiuta la sua ospitalità perché vuole cercare Agnese. Infine il frate lo benedice e si allontana esprimendo la speranza di riversi in paradiso.

L'Innominato e la sua reputazione

La figura dell’Innominato ci viene presentata nel decimo capitolo quando il conte zio consiglia l’intervento di codesta persona. Gli storici non ne rivelano il nome ma sappiamo trattarsi di un personaggio realmente esistito, Francesco Bernardino Visconti, feudatario di Brignano Ghiara d’Adda.

Viene citato in modo allusivo come un personaggio sinistro a cui don Rodrigo medita di rivolgersi per riuscire nella sua impresa, anche se il signorotto ha molti dubbi a coinvolgere un uomo tanto temuto e pericoloso.

L’Innominato fin dalla giovinezza non aveva perso occasione di imporre a chiunque la sua volontà, trasgredendo leggi e compiendo delitti. Suscitato un così grand’odio dopo l’esilio era ritornato a Milano in un castello tetro e isolato, questo rivela la sua intelligenza nel posizionare la sua dimora in un punto dove può commettere reati senza pericolo di venire scoperto.

Il tormento interiore dell'Innominato

Durante l’esilio aveva continuato le sue scorrerie e il suo nome ormai era diventato famoso e veniva pronunciato da tutti con orrore e rispetto insieme. Non commetteva delitti solo per piacere personale cominciò anche a mostrarsi disponibile ad aiutare con la stessa moneta molte persone. Questo quindi l’ho portò a una vera e propria fama.

Dopo la visita di Don Rodrigo e la sua affermazione alla richiesta fatta, l’innominato si sentì quasi indispettito di aver dato il suo consenso. Non era la prima volta però che provava una sensazione del genere, era già da qualche tempo che in cuor suo stava mutando qualcosa e l’innominato, anche se tentava di non curarsene, sentiva questo cambiamento. Quando era giovane queste preoccupazioni non le aveva mai avute perché aveva l’immagine di un avvenire lungo, ma ora che la vecchiaia si faceva sentire pensava alla morte.

La morte che era un avversario che mai avrebbe potuto affrontare e vincere, e anche se si ripeteva che era ancora lontana la sua ora, essa cresceva dentro di lui e lo tormentava, e lui non avrebbe potuto nulla contro il suo volere. Non era solo questo quello che tormentava l’animo dell’innominato, c’era anche la paura di un giudizio individuale che l’avrebbe colpito un volta morto. Pensava a tutte quelle persone che gli avevano parlato di questo Dio onnipotente ma lui essendo, a quel tempo, giovane, non se ne curò.

Ma ora, ora che andava incontro alla morte, ne aveva quasi paura. Per far tacere questi pensieri l’innominato si imbatteva in azioni sempre più pericolose in modo da pensare che nulla fosse cambiato. Per questa riflessione, nasce dentro di lui l’idea di Dio, che tuttavia non può ancora accettare, perché lo condurrebbe a rinnegare il passato, a riconoscere, lui, diverso e più grande di tutti, che vi è Qualcuno che lo supera.

Il rapimento di Lucia

Dopo questi pensieri ordinò al Nibbio (capo dei suoi Bravi) di andare al convento di Monza per rapire Lucia. Lucia quindi viene rapita e portata al castello dell’innominato. L’innominato aspetta con ansia l’arrivo della carrozza che porta con se Lucia e per la prima prova disgusto e timore a rapire un povera e innocente contadina. In un primo momento l’innominato, all’arrivo della carrozza, pensa di mandare subito Lucia da Don Rodrigo;

poi improvvisamente cambia idea e affida la povera ragazza a una vecchia che avrebbe avuto il compito di farle coraggio, senza però alcun reale risultato.

Il Nibbio ritorna dall’Innominato dopo aver parlato con Lucia e gli rivela la sua pietà verso la fanciulla, ma l’innominato rimane esterrefatto da queste emozioni provate dal Nibbio, come può un essere così cattivo e senza cuore riuscire a provare pietà per una ragazza? Quindi per scoprire come sia possibile cambiare una persona così fredda fa visita alla sconosciuta.

Giunto nella stanza della ragazza le intima di alzarsi dicendole che lui è in grado di aiutarla ma la giovane lo supplica comunque di liberarla, ella dice una frase molto importante che cambierà decisivamente la vita dell’innominato ‘Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia!’.

In questo modo Lucia offre all’interlocutore l’immagine di Dio come un padre amorevole e misericordioso, non quella di un giudice implacabile e incline alla punizione dei peccatori. Commosso da quelle parole, l’innominato si congeda, con la promessa che si sarebbe fatto rivedere l’indomani.

Lasciata sola Lucia entra nel panico ma si tranquillizza dopo aver pregato e aver sacrificato la sua felicità con Renzo e la sua verginità per uscire viva da quel’incubo.

La notte tormentata dell'Innominato

La notte dell’innominato invece è molto più intensa e straziante:

dapprima si rimprovera di aver voluto incontrare Lucia, poiché le sue parole lo hanno turbato più di quanto lui stesso voglia ammettere. Nello stesso tempo si sente quasi in colpa, ripensando al passato, e prova tristezza e spavento per gli atti compiuti. Decide quindi di liberare Lucia che è soltanto una povera innocente. Quando pensa che a tutte le sue imprese passate si sente un mostro e vuole mettere fine alla sua vita, ma poi si trattiene pensando a sé stesso cadavere, esposto al dileggio di rivali, e alla possibilità che non esista un’altra vita dopo la morte e che quindi questo atto sarebbe stato inutile. Il mutamento della sua coscienza avviene soprattutto grazie alle parole di Lucia. Si tratta di parole sincere, autentiche, che nascono dalla fede e si appellano a Dio e questo agisce su vie misteriose in un animo che è già turbato e gli prospetta la possibilità di redimersi. Il suo animo è già mutato in profondo, ma non può ancora rinunciare alle proprie contraddizioni.

Le sofferenze della tormentata veglia notturna hanno segnato profondamente l’animo del potente signore, tuttavia hanno fatto nascere in lui una speranza di ricevere aiuto e conforto.

Alla fine si convince a liberare la povera Lucia.

L'incontro con il cardinale Borromeo

Il giorno seguente si reca alla canonica per avere un colloquio con il cardinale Federigo Borromeo.

L'innominato entra nella stanza dove si trova il cardinale, il quale lo accoglie con volto sereno e a braccia aperte, per poi comandare al cappellano crocifero di uscire (questi obbedisce immediatamente). Rimasti soli, i due uomini restano qualche attimo in silenzio e come in attesa degli eventi: l'innominato è roso da una smania interiore e da due sentimenti opposti, ovvero il desiderio di trovare sollievo al suo tormento e la vergogna di essere lì, a supplicare un uomo come un miserabile, anche se guardando il cardinale è indotto a provare una certa venerazione per lui e ciò contribuisce ad attenuare l'orgoglio del bandito. Del resto l'aspetto di Federigo ispira superiorità e, al tempo stesso, si fa amare, dal momento che il suo portamento è maestoso e composto, lo sguardo vivace, l'espressione serena e pensosa;

Il cardinale si rivolge infine al bandito manifestando la sua gioia per quella visita inattesa, anche se, a suo dire, essa giunge come un rimprovero per il prelato: l'altro ne è sorpreso e il Borromeo spiega che sarebbe toccato a lui recarsi dall'innominato e da molto tempo, al che il bandito esprime tutto il suo stupore ricordando al cardinale la sua identità e chiedendogli se il suo nome gli è stato riferito a dovere.

In realtà, ribatte Federigo, la consolazione che lui prova nel vederselo davanti e che esprime col suo volto non potrebbe essere causata da uno sconosciuto, in quanto egli ha spesso pregato per l'innominato, che considera come uno dei suoi figli e che avrebbe da tempo voluto abbracciare. Il cardinale lo esorta con premura a dargli la "buona novella" che è sicuramente venuto a recargli: il bandito ribatte che ha l'inferno nel cuore e non ha buone notizie da dare al cardinale, ma questi si dice certo che Dio gli ha toccato l'animo e vuole convertirlo. L'innominato protesta col dire che non sa dove si trova questo "Dio" di cui sente parlare, ma Federigo gli ricorda che nessuno può saperlo meglio di lui, che lo sente in cuore, ne è tormentato e stimolato e, al tempo stesso, attratto da Lui, nella speranza di una consolazione purché egli ammetta le sue colpe ne chieda perdono. L'innominato dichiara che, in effetti, c'è qualcosa di terribile che lo opprime, ma, posto che Dio esista, si chiede cosa mai potrebbe fare di lui: il cardinale spiega che Dio lo ha scelto per farne un esempio della Sua gloria superiore al male compiuto dall’innominato. L'innominato, prosegue Federigo, si è illuso di compiere grandi imprese al servizio del male, ma esse sono nulla di fronte a quelle che compirà per il bene dopo essersi convertito.

La conversione dell'Innominato

Il discorso appassionato del cardinale commuove l'innominato, il quale sente salire le lacrime agli occhi che, pure, non sono abituati a piangere sin dalla fanciullezza: alla fine delle parole di Federigo il bandito si copre il volto con le mani e scoppia in un pianto dirotto, che rappresenta la risposta più eloquente alle sollecitazioni del prelato. Il Borromeo ringrazia la bontà divina e alza le mani e gli occhi al cielo, facendo poi per prendere la mano dell'innominato il quale, tuttavia, lo esorta a stare lontano per non contaminare la propria mano pura con la sua macchiata del sangue di tanti innocenti; il cardinale vuole invece stringerla, certo che in futuro essa riparerà i torti compiuti.

Il Cardinale infine apre le braccia e prega l'innominato di accettare il suo abbraccio. Il bandito ha un attimo di esitazione, quindi abbraccia il cardinale e appoggia il volto in lacrime sulla spalla del prelato. L’innominato pensa che per porre rimedio a tutti i delitti passati deve riparare all’ultima malefatta liberando la povera Lucia, ed espone i fatti a Federigo.

Sentita tutta la storia, il cardinale chiama subito il cappellano crocifero e gli ordina di far venire il curato del paese di Lucia.

L’innominato si reca in seguito al suo castello in compagnia di don Abbondio, presente fra i parroci in visita al cardinale e a cui il prelato ha affidato il compito di consolare Lucia, e della moglie del sarto del paese. Giunge al castello con la piccola comitiva.

Svegliatasi da poco, Lucia riceve la visita dell’innominato insieme a la donna mandata dal cardinale per assisterla e don Abbondio che cerca come può di consolare la giovane. L’innominato entra nella stanza e si rivolge a Lucia, chidendole perdono: ella glielo accorda volentieri e lo ringrazia per il gesto di misericordia nei suoi confronti. Il gruppo lascia il castello per dirigersi alla volta del paese. Durante il tragitto, la donna rivela a Lucia alcuni particolari della conversione dell’innominato e a quella rivelazione Lucia ha un sussulto e grida al miracolo.

Pranza col prelato e si intrattiene con lui in un lungo colloquio.

Il cambiamento dell'Innominato

L’innominato tornato al castello, aveva convocato nella sala grande della dimora bravi e servitori, tutti già al corrente della sua conversine. Dopo aver chiarito il proposito di cambiare vita, esorta gli uomini a prendere una decisione: potranno rimanere al suo fianco, condividendo le sue scelte, oppure andarsene. Lo sconcerto dei bravi è enorme, ma abituati a ubbidire a una volontà che sembra forte, se ne vanno in silenzio, incerti sul da farsi. Ritiratosi nella sua stanza l’innominato si raccoglie in preghiera, poi si addormenta profondamente.

Fa avere ad Agnese, tramite il cardinal Borromeo, cento scudi d'oro come risarcimento del male compiuto a Lucia e fa sapere alla donna con una lettera che potrà recarsi al suo castello in caso di necessità.

Il Manzoni passa a raccontare la vita dell’Innominato dopo la sua conversione. Il potente signore da allora ha cercato di rimediare al male fatto in passato, aiutando i più bisognosi, girando senza armi e senza scorta correndo il rischio di una vendetta.

Ma, nonostante la sua conversione nessuno si era permesso di offenderlo o di fargli del male, in quanto si era umiliato volontariamente. La maggior parte dei suoi bravi ha lasciato il castello per servire altri signori o per arruolarsi nell’esercito. Quelli che accettano la nuova situazione tornano a lavorare i campi o a servire al castello. Al calare delle truppe tedesche molti fuggitivi cercavano rifugio e protezione nel suo castello. L’innominato accoglie questi e fa spargere la voce che la sua casa è aperta a tutti e che lui è in grado di proteggere l’intera valle. Infatti, crea un esercito, composto dai suoi bravi, e li impegna nella difesa militare della popolazione. Inoltre, fa disporre nel suo castello dormitori e fa portare abbondanti quantità di viveri per tutti. Dunque egli vigila e mantiene l’ordine al castello con la sua sola presenza.

Ad un tratto viene incontro ai tre il potente signore, il quale saluta cordialmente i suoi ospiti. Don Abbondio ricambia con dei saluti ossequiosi e gli presenta Perpetua.

Poi, imbarazzato poiché non vuole nominare Lucia, gli presenta Agnese. È quest’ultima a fare il nome della figlia, suscitando l’intensa commozione dell’Innominato, e con ingenuità si avvicina all’orecchio del signore per ringraziarlo della somma di denaro fattale pervenire. Il signore a testa bassa chiede notizie su Lucia. Dopo, accompagna i tre al castello e ordina di accompagnare Agnese e Perpetua nella stanza riservata alle donne, e don Abbondio nella parte riservata agli uomini.

Dopo il devastante passaggio dei lanzichenecchi ognuno torna alla propria dimora ma gli ultima ad andarsene del castello dell’innominato sono don Abbondio, Agnese e Perpetua. L’Innominato fa preparare una carrozza alla Malanotte per riportare i tre nel loro paese e dona della biancheria e qualche scudo ad Agnese raccomandandole di ringraziare a nome suo Lucia che sta pagando a causa sua.

1.

Confronto tra Lodovico e l'Innominato

Lodovico nella sua giovinezza voleva aiutare gli innocenti che venivano perseguitati dai nobili. Accade in maniera diversa, ma anche simile, nella vita dell’Innominato. Egli infatti dona il suo aiuto a chiunque ne abbia bisogno senza però sapere se quel qualcuno è davvero innocente. Anche se l’Innominato aiuta per lo più i più potenti a sfavore dei deboli, quello che fa è comunque un aiuto verso qualcuno che ne ha bisogno.

2. La somiglianza che noto tra questi due aiuti è quella che entrambi i personaggi utilizzano tutti i mezzi a loro disposizione per arrivare al loro obbiettivo. È resa ancora più simile dal fatto che in entrambi i casi i due personaggi utilizzano i bravi e azioni illegali per compiere il loro scopo.

3. Ho notato una certa somiglianza anche in una scena descrittiva nel romanzo. La scena del frate quando va a chiedere perdono al fratello dell’ucciso e la scena dell’Innominato quando si reca dal Cardinale Borromeo. Entrambi i personaggi chiedono scusa per i loro peccati e entrambi i personaggi commuovono così tanto gli interlocutori che il Cardinale si scusa con l’Innominato per non averlo portato prima alla salvezza mentre il fratello Nobile accetta subito di perdonare il frate e si sente addirittura, quasi, in dovere di chiedere scusa anche lui: “Diavolo d’un frate! Se rimaneva lì in ginocchio, ancora qualche momento, quasi quasi gli chiedevo scusa io, che m’abbia ammazzato il fratello.”.

4. Lodovico appena arrivato dinnanzi al fratello dell’ucciso si getta ai suoi piedi per chiedergli perdono e questo gesto mi sembra come una finale liberazione delle atrocità commesse nel passato da quell’uomo che non sarà più, lo stesso avviene con il pianto dell’innominato e con l’abbraccio con il cardinale. Anche questi gesti sono una finale convinzione da parte dell’innominato a cambiare vita e a lasciare quell’uomo disonesto e pieno di atrocità nel cuore nel passato e a ricominciare una vita piena della grazia di Dio.

5. Entrambi i soggetti si convertono dopo un avvenimento che cambierà la loro vita. Per Lodovico è stato l’omicidio per vendicarsi dell’uccisione di Cristoforo mentre per l’innominato è il colloquio e le parole di Lucia e il successivo colloquio con il cardinale. E mentre Lodovico si converte per un unico fatto l’innominato si converte per un’intera vita di atrocità.

6. Possiamo notare, però, una differenza tra le due conversioni: fra Cristoforo, che già aveva tendenze religiose, si converte dopo il suo primo atto criminale e dimostra il suo pentimento chiedendo perdono; l'Innominato invece, deve arrivare al bilancio finale della propria vita, al ricordo di tutti i suoi crimini al dialogo con Lucia e Federigo Borromeo, alla paura della morte per convertirsi e dimostra il pentimento liberando la protagonista. Notiamo quindi che dal punto di vista di fra Cristoforo la sua conversione è profondamente spirituale invece quella dell’innominato è molto più materialista e se vogliamo anche egoista perché ha paura della fine che potrà fare la sua anima dopo la morte.

7. Comunque in entrambi i casi le due conversioni sono sincere. E ci fanno capire in entrambi i casi che la vera salvezza è nella fede e nella misericordia di Dio.

8. Le due vicende e le due conversioni vengono raccontate in maniera diversa da Manzoni. Quella di Lodovico con un flashback e quindi senza farci vivere direttamente il cambiamento, mentre quella dell’innominato è nel presente e assistiamo al miracolo insieme al cardinale. Mentre assistiamo alla storia della giovinezza e del passato di fra Cristoforo Manzoni ci narra del presente e del futuro e delle opere di carità che l’innominato fa al prossimo.

9. La prima cosa che Lodovico fa per cominciare una nuova vita e cercare di rimediare i torti fatti. La prima è quella di chiedere perdono alla vedova di Cristoforo e di donarle tutti i suoi averi rimasti e la seconda è quella di scusarsi anche con il fratello del defunto.

Alla stessa maniera anche l’innominato vuole trovare un modo per espiare i suoi peccati e lo fa in diversi modi; in primis libera Lucia e poi durante il saccheggio da parte dei Lanzichenecchi mette a disposizione il suo castello come riparo per tutti gli abitanti della valle e utilizza il suo esercito di bravi per proteggere il castello degli invasori. Entrambi, quindi, compiono opere di misericordia dopo la loro conversione.

10. La conversione che spinge il protagonista a entrare in convento non è affatto improvvisa, infatti, l’animo di Lodovico era già predisposto al rinnovamento interiore e il duello con il nobile è l’evento che porta a maturazione un processo ormai iniziato. E infine quando entra nell’ordine dei cappuccini gli consente di vivere quegli ideali di solidarietà e di giustizia che la sua società gli aveva sempre negato. Lo stesso con l’innominato la sua conversione non è assolutamente improvvisa anzi, da molto tempo sentiva nel suo cuore qualcosa che stava cambiando e che non riusciva a definire. Questa maturazione arriva con l’incontro inatteso con Lucia che con la sua provvidenza e la fede cieca in Dio lo induco a riflettere seriamente sulla sua vita e le sue malefatte. Infatti la notte seguente all’incontro con la ragazza si preannuncia tremenda per lui. Ma la vera conversione avviene parlando con il cardinale Borromeo che lo colpisce così tanto con le sue parole da indurgli un pianto che ci dimostra finalmente la sua vera e propria conversione.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il significato del flashback nel capitolo quattro riguardante Fra Cristoforo?
  2. Il flashback nel capitolo quattro è utilizzato per approfondire il carattere di Fra Cristoforo, spiegando le motivazioni che lo hanno portato a diventare frate, un elemento cruciale per comprendere il suo ruolo nel romanzo.

  3. Come avviene la conversione di Lodovico in Fra Cristoforo?
  4. Lodovico si rifugia in un convento dopo aver ucciso un nobile in un duello. Lì, decide di diventare frate, cambiando il suo nome in Fra Cristoforo in memoria del suo servitore ucciso, e si riconcilia con la famiglia del nobile ucciso.

  5. Qual è il ruolo di Fra Cristoforo durante l'epidemia di peste?
  6. Durante l'epidemia di peste, Fra Cristoforo si trova nel lazzaretto dove incontra Renzo. Nonostante la malattia, continua a offrire supporto spirituale e guida, dimostrando la sua dedizione e compassione.

  7. Come si sviluppa il tormento interiore dell'Innominato?
  8. L'Innominato è tormentato dalla paura della morte e del giudizio divino. Le parole di Lucia, che gli presenta Dio come misericordioso, lo spingono a riflettere e a considerare la possibilità di una redenzione.

  9. In che modo l'Innominato cambia dopo la sua conversione?
  10. Dopo la conversione, l'Innominato si dedica a riparare i torti del passato, aiutando i bisognosi e proteggendo la popolazione. La sua trasformazione è segnata da un impegno sincero verso il bene e la giustizia.

Domande e risposte

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