Concetti Chiave
- Manzoni scrisse "Il cinque maggio" in tre giorni, ispirato dalla notizia della morte di Napoleone, e nonostante la censura austriaca, l'ode si diffuse rapidamente, anche grazie a una traduzione di Goethe.
- L'ode esamina la grandezza e la sconfitta di Napoleone, sottolineando come le sue vicende siano un riflesso della volontà divina, e come la fede abbia portato pace spirituale nei suoi ultimi giorni.
- Contrastando immobilità e dinamismo, il testo utilizza uno stile incalzante per descrivere la vita frenetica di Napoleone, culminando nell'immobilità dell'esilio, simbolo di pace e riflessione.
- Il tempo passato remoto domina l'ode per raccontare le imprese di Napoleone, mentre il presente rappresenta la fede e un tempo eterno, al di là delle vicende umane.
- Manzoni non giudica moralmente Napoleone ma lo inserisce nel disegno divino, affidando ai posteri il giudizio sulla sua gloria, sottolineando la superiorità al servizio dell'umanità.
Indice
L'Esilio di Napoleone
Napoleone dapprima esiliato nell’Isola d’Elba nel 1814, tentò un’ultima volta il potere nella Battaglia di Waterloo del 1815, che si dimostrò fallimentare e lo condusse all’esilio sull’Isola di Sant’Elena dove trascorse gli ultimi anni della sua vita fino alla morte avvenuta il 5 maggio 1821.
Manzoni e la Censura Austriaca
Manzoni non sosteneva la dittatura di Napoleone ma rispettava gli ideali della Rivoluzione francese.
Manzoni lesse la notizia sulla Gazzetta di Milano, giunta il 17 Luglio, e scrisse di getto l’ode in soli 3 giorni.
La presentò alla censura austriaca che ne vietò la pubblicazione ma iniziò a circolarne il manoscritto e fu pubblicato, senza l’autorizzazione dell'autore, nel Lombardo Veneto e tradotta anche in tedesco da Goethe.
La Morte di Napoleone
Egli è morto. Come stava la salma senza memoria, dato l’ultimo respiro, rimase immobile, priva di una così grande anima,
così come la terra alla notizia rimase scossa e incredula,
pensando in silenzio all’ultima
ora dell’uomo che ha segnato il destino;
e non sa quando una simile
impronta di un piede d’uomo
tornerà a calpestare la sua terra insanguinata.
Il Trionfo e la Caduta
Il mio ingegno poetico lo vide trionfante sul trono e rimase in silenzio;
quando, con continui cambiamenti di sorte,
fu sconfitto, tornò grande e fu sconfitto definitivamente,
non ha mischiato la sua voce al suono di mille voci:
immune dalla lode servile
e dalle offese vili,
ora (il mio ingegno poetico) si risveglia commosso dinnanzi all’improvviso
scomparire di un raggio così luminoso;
e innalza sulla tomba un canto
che forse non morirà mai.
L'Eredità di Napoleone
Dall’Italia (Alpi) all’Egitto, (Piramidi)
dalla Spagna (Manzanarre) alla Germania (Reno),
ogni progetto di quell’uomo mai esitante era seguito dalla sua realizzazione;
si manifestò dall’Italia meridionale (Scilla) alla Russia (Tanai: è il fiume Don),
dall’uno all’altro mare.
È stata una gloria reale? Lascio ai posteri
la difficile decisione: noi
ci inchiniamo a Dio, l’Alto
Creatore, che volle imprimere in Napoleone
un’impronta più vasta del suo spirito creatore.
La Gloria e l'Esilio
La tempestosa e trepidante
gioia di un grande progetto,
l’ansia di un animo che, indomabile,
obbedisce, pensando già al comando;
e lo raggiunge e ottiene un riconoscimento
in cui era folle sperare;
egli sperimentò tutto: la gloria,
più grande dopo il pericolo,
la fuga e la vittoria,
il regno e il pesante esilio:
due volte fu sconfitto (a Lipsia e Waterloo),
due volte tornò sul trono.
Egli pronunciò il suo nome (si proclamò imperatore): due secoli (il 1700 e il 1800),
armati l’uno contro l’altro,
sottomessi si volsero a lui,
come aspettando la sua decisione sul loro destino;
egli impose il silenzio e si sedette in mezzo ai due secoli come arbitro.
E scomparve, e finì i suoi giorni nell’ozio, in un’isola così piccola (Sant’Elena),
fatto oggetto di grandissima invidia
e di profonda compassione,
di odio implacabile
e di amore incondizionato.
Il Naufragio dell'Anima
Come incombe e si abbatte sulla testa del naufrago l’onda,
la stessa onda su cui poco prima scorreva lo sguardo del poveretto, alto e proteso ad avvistare
invano rive lontane;
simile scese su quell’anima la grande quantità di ricordi!
Oh, quante volte cominciò a raccontare di se stesso
e sulle pagine destinate a durare eternamente
si posò la sua mano stanca!
Oh, quante volte, al silenzioso
terminare di un giorno ozioso,
chinati gli occhi lampeggianti,
incrociate le braccia sul petto
si fermò e l’assalì il ricordo dei giorni passati!
E ripensò agli accampamenti sempre spostati, alle trincee colpite,
e al lampeggiare delle armi dei soldati,
all’assalto della cavalleria,
agli ordini concitati
e all’immediato ubbidire.
La Fede e il Perdono
Ahimè, forse l’animo spossato si lasciò andare ad uno strazio così grande
e si disperò; ma giunse dal Cielo una mano forte
e, mossa a compassione, lo trasportò in un’atmosfera più serena;
e lo indirizzò, attraverso i fiorenti sentieri della speranza,
ai luoghi eterni, verso il premio (il Paradiso)
che supera tutti i desideri dell’uomo,
dove la gloria terrena, ormai passata, è dimenticata, non conta più.
Bella immortale! Fede portatrice di bene, abituata ai trionfi!
Scrivi anche questo trionfo, rallegrati;
perché nessun uomo più grande di Napoleone
si è mai chinato ad adorare la disonorante Croce (il Golgota è il luogo della crocifissione di Cristo).
Tu (Fede) dagli stanchi resti mortali,
allontana ogni parola cattiva;
quel Dio che fa disperare e fa risorgere,
che dà dolore e consolazione,
sul letto di morte abbandonato da tutti,
riposò accanto a lui.
L'Antitesi della Grandezza
Quali sono le opposizioni presenti nell’ode?
La grandezza di Napoleone non è che riflesso della grandezza di Dio, unico a cui vanno ricondotte le sorti e le vicende umane.
La sconfitta di Napoleone e la sua sofferenza nel solitario esilio, diventano un momento di riflessione e di pace spirituale se vissute attraverso la fede. Napoleone, nei suoi ultimi giorni, doveva essersi rifugiato nella preghiera e questo placò il suo dolore.
Antitesi grandezza e gloria/crudeltà: “tanto spirito”, “cruenta polvere”.
Lo stile è incalzante, rapido e caratterizzato da bruschi cambi di scena che vogliono rendere il vivere frenetico e avvincente di Napoleone.
Nella parte centrale dell’ode l’autore insiste sulla rapidità delle numerose trasformazioni, come nella strofa 14 (mobili, lampo, onda...) concludendo l’ode con l’esilio immobile (ozio, cadde la stanca man, tacito, inerte...)
Antitesi immobilità/dinamismo: “siccome immobile; cadde, risorse, giacque”.
Il tempo dominante è il passato remoto, usato per parlare di Napoleone e delle sue imprese, e serve a segnare una realtà compiuta, terminata.
Il presente fa riferimento al momento presente in cui Manzoni scrive, ma anche al tempo della fede (Dio che atterra e suscita/che affanna e che consola) e indica un tempo immutabile ed eterno.
L'Eternità e il Perdono Divino
Dalle alpi alle piramidi.
Tutte le opposizioni lasciano il posto ad una nuova realtà, fuori da tempo e spazio: l’eternità.
L’opposizione dell’ultima strofa (Dio che atterra e suscita … posò) sottolinea come l’immobilità non è più sinonimo di sconfitta bensì è conquista del perdono divino.
La gloria rappresentata dalla luce e dal rumore (folgorante, raggio, fulmine, di mille voci al sonito …) si annulla nel silenzio e nelle tenebre.
A differenza di Foscolo che ritiene la fama eterna, Manzoni legittima gli individui eccezionali non per il solo nome bensì nel porre la propria superiorità al servizio degli altrui uomini per alleviare miseria e ingiustizia (CFR: Promessi Sposi). Non
Manzoni non giudica moralmente le imprese Napoleoniche: lascio ai posteri l’ardua sentenza, ma afferma che Napoleone ha seguito come tutti il disegno di Dio.
Domande da interrogazione
- Qual è stato il destino finale di Napoleone dopo la Battaglia di Waterloo?
- Come reagì Manzoni alla morte di Napoleone e quale fu l'esito della sua ode?
- Quali sono le principali antitesi presenti nell'ode di Manzoni su Napoleone?
- Come viene rappresentata l'eredità di Napoleone nell'ode?
- Qual è il messaggio finale di Manzoni riguardo alla gloria e al perdono divino?
Dopo la sconfitta nella Battaglia di Waterloo nel 1815, Napoleone fu esiliato sull'Isola di Sant'Elena, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita fino alla sua morte il 5 maggio 1821.
Manzoni scrisse un'ode in soli tre giorni dopo aver appreso della morte di Napoleone, ma la censura austriaca ne vietò la pubblicazione. Tuttavia, il manoscritto iniziò a circolare e fu pubblicato nel Lombardo Veneto e tradotto in tedesco da Goethe.
L'ode presenta antitesi tra grandezza e gloria/crudeltà, immobilità/dinamismo, e la grandezza di Napoleone come riflesso della grandezza di Dio. La sconfitta e l'esilio di Napoleone diventano momenti di riflessione e pace spirituale attraverso la fede.
L'eredità di Napoleone è vista attraverso le sue imprese dall'Italia all'Egitto, dalla Spagna alla Germania, e la sua capacità di realizzare progetti ambiziosi. Manzoni lascia ai posteri la decisione sulla gloria di Napoleone, riconoscendo l'impronta divina nel suo spirito creatore.
Manzoni conclude che l'immobilità non è sinonimo di sconfitta ma di conquista del perdono divino. La gloria terrena si annulla nel silenzio e nelle tenebre, e Napoleone, come tutti, ha seguito il disegno di Dio, lasciando ai posteri il giudizio morale delle sue imprese.