Concetti Chiave
- Il Dialogus de oratoribus di Tacito esplora la decadenza dell'oratoria, suggerendo che il problema è politico piuttosto che morale o stilistico.
- La discussione nel dialogo, ambientata tra il 75 e il 77 d.C., esamina il confronto tra oratoria e poesia, coinvolgendo figure retoriche e avvocati romani.
- Tacito attribuisce la decadenza dell'oratoria alla mancanza di libertà politica sotto il principato, essenziale per la grande eloquenza dell'epoca repubblicana.
- Quintiliano e Petronio, tra gli altri, avevano già affrontato il tema, criticando l'inadeguatezza dell'educazione retorica e la corruzione morale.
- Materno, portavoce di Tacito, conclude che la politica centralizzata rende superflua la dialettica, riflettendo un cambiamento necessario nel contesto imperiale.
Il Dialogus de oratoribus è probabilmente posteriore alle due monografie, ma è isolato perchè ricorda il modello ciceroniano. Infatti si è ritenuto che l'opera non fosse tacitiana, oggi prevale la tesi dell'autenticità: per alcuni è un prodotto giovanile (anni 80) e pubblicato posteriormente, altri sostengono che risalga al 102 perchè la data del consolato a Fabio Giusto a cui è dedicato.
Questo testimonia l'interesse di Tacito per il tema della decadenza dell'oratoria, un tema già affrontato da Petronio e Quintiliano e da Seneca il retore.
p.402 è una finestra relativa al problema della decadenza dell'eloquenza questo problema comprende sia i romani che i greci perchè il nuovo stile lontano dalla concinnitas ciceroniana e caratterizzato dalla sentenza e dalla brevitas concettuosa provoca una reazione nei letterati della vecchia scuola che hanno come modello cicerone e che giudicano di conseguenza il nuovo stile come una corruzione dello stile ideale e allora esaminano i motivi della decadenza. Seneca il Retore di cui abbiamo le controversie (di caartetere giudiziario) le suasoriae (di carattere mitico) sottolinea come queste esercitazioni fittizie, intorpidiscono la gioventù, che non
QUintiliano parla del fatto che si tratta di studi inadeguati a portare al foro. Un'opera di Quintiliano andata perduta "De causis corruptae eloquentiae" è il punto di riferimento di questo dialogo di Tacito e QUintialiano affronta il problema da una prospettiva morale perchè secondo lui il perfetto oratore è quello di catone il vecchio, cioè il vir bonus dicendi peritus (esperto nell'arte del dire). La corruzione dei costumi che ha intaccato il sistema scolastico romano dal livello elementare alle scuole di retorica è rovinosa per la formazione dell'oratore e l'esercizio delle sue attività. Le scuole di retorica insegnano a stupire l'uditorio con ogni mezzo, da queste scuole possono uscire soltanto avvocati o politici corrotti impari al loro compito, indenni alle attività che svolgono. Petronio ne parla nel satiricon sia attraverso le critiche mosse da Encolpio all'eloquenza ampollosa insegnata nelle scuole di retorica, sia attraverso le osservazioni del retore Agamennone. Encolpio afferma che a scuola i giovani rincitrulliscono e descrive l'insegnamento declamatorio lontanissimo dalla realtà a cui sono sottoposti, quando si esercitano a parlare di pirati incatenati di pestilenze anticipate dai responsi degli oracoli e tiranni che emanano editti. Dice espressamente che i grandi oratori greci hanno imparato a leggere e scrivere perché un maestro ammuffito non ha distrutto le loro menti. Una sregolata loquacitas è passata dall'Asia ad Atene (allusione ) Agamanenone sostiene che siano i genitori che mettono i figli nel foro precocemente (quando non hanno ancora completato gli studi, quando sono impreparati), mentre l'arte forense richiederebbe studi regolari, letture filosofiche imitazione dei grandi oratori.
SENECA In una lettera a Lucilio gli chiede come mai in determinati periodi gli uomini anche di ingegno si lascino andare a un genere corrotto di eloquenza. Seneca usa una serie die espressioni per descrivere questa prosa corrotta. Seneca parla di abruptae sententiae suspiciosae ( frasi rotte ed enigmatiche).
L'ESEMPIO negativo di un'eloquenza di questo genera è Sallustio che fa uso di frasi troncate, parole nuove e di un'oscura brevità. I difetti dello stile di Sallustio sono i difetti che Quintilaino trova in lui.
Tacito in questo dialogo supera l'impostazione moralistica nell'individuare le cause di questa decadenza e sposta il discorso sul piano politico: sotto il principato (che per Tacito è una necessità) non può più esistere la grande eloquenza che aveva caratterizzato l'epoca repubblicana perché ne mancano i presupposti nel senso che in un regime in cui le decisioni più importanti sono prese da un uomo solo è venuto meno quello scontro politico che alimentava la grande oratoria, questo è il prezzo che deve essere pagato alla perdita della libertas repubblicana.
Trama: è un dialogo sul modello del De Oratore di Cicerone, è ambientato nel 75o nel 77. Riferisce una discussione avvenuta in casa del retore e tragediografo Curiazio Materno (ha abbandonato la retorica per darsi alla poesia). A questa discussione partecipano Apro
La discussione prende inizio tra Apro e Materno sul confronto tra oratoria e poesia. Gli altri personaggi sono noti avvocati della Roma del tempo. Quando arriva Messalla la discussione si snoda sulle cause della decadenza del genere oratorio, apro sostiene che non si tratta di decadenza, ma di evoluzione dello stile, Messalla individua le cause in quelle già individuate da Quintiliano, ovvero la decadenza dello stile passato alla frammentarietà sentenziosa di Seneca. Il discorso si allarga all'educazione famigliare e scolastica del futuro oratore che non è più curata come nei tempi antichi. Interviene Materno che è il portavoce di Tacito, che sostiene che la causa del declino dell'oratoria non è né morale né stilistica, ma politica. Secondo il suo parere venuta a mancare la libertà di espressione tipica della repubblica, non si può sviluppare l'arte del discorso, che è legata al poeta manifestare una pluralità di pareri. Materno termina la sua discussione in modo prudente sostenendo che negli stati moderati
(dove le decisioni non sono prese dalla folla ignorante, ma da un uomo sapientissimus et unus, che è un'allusione all'imperatore, non è più necessario l'uso della dialettica anche anche in ambito politico.
Domande da interrogazione
- Qual è la tesi prevalente sull'autenticità del "Dialogus de oratoribus"?
- Quali sono le cause della decadenza dell'oratoria secondo Tacito?
- Come viene descritta l'eloquenza corrotta da Seneca?
- Qual è il ruolo delle scuole di retorica nella formazione degli oratori secondo Quintiliano?
- Qual è la posizione di Materno sulla decadenza dell'oratoria?
Oggi prevale la tesi dell'autenticità dell'opera, considerata un prodotto giovanile di Tacito o risalente al 102, in base alla data del consolato di Fabio Giusto a cui è dedicata.
Tacito individua le cause della decadenza dell'oratoria non in motivi morali o stilistici, ma politici, legati alla mancanza di libertà di espressione sotto il principato.
Seneca descrive l'eloquenza corrotta con espressioni come "abruptae sententiae suspiciosae" e critica lo stile di Sallustio per l'uso di frasi troncate e parole nuove.
Quintiliano critica le scuole di retorica per insegnare a stupire l'uditorio con ogni mezzo, producendo avvocati e politici corrotti e impreparati al loro compito.
Materno, portavoce di Tacito, sostiene che la decadenza dell'oratoria è dovuta alla mancanza di libertà di espressione politica, non a motivi morali o stilistici.