Concetti Chiave
- Gaio Petronio Arbitro è associato al Satyricon, un'opera di straordinaria originalità, la cui attribuzione ha suscitato dibattiti; molti filologi concordano che sia stata scritta in età neroniana.
- Il termine "romanzo" deriva dal francese "romance" e si riferisce originariamente a narrazioni in lingua volgare; il romanzo moderno si sviluppa tra il XVIII e XIX secolo, evolvendo da racconti latini e greci.
- Il romanzo picaresco, che presenta un protagonista di bassa estrazione sociale, è una delle prime forme di romanzo moderno; in Inghilterra, il genere si evolve con autori come Swift e Defoe.
- Il Satyricon è uno dei capolavori della letteratura latina, noto per la sua struttura mutila; narra le avventure di Encolpio e dei suoi compagni attraverso uno stile che combina prosa e versi.
- Il Satyricon è un ritratto realistico e ironico della società neroniana, privo di giudizi morali, che esplora temi di decadenza e corruzione attraverso personaggi variopinti e situazioni grottesche.
Indice
Gaio Petronio Arbitro
In un gioco speculare, infinito e labirintico, questo romanzo vede la confluenza e la sovrapposizione di generi letterari diversi, tutti uniti dal fine sottile dell'ironia che l'autore snoda attraverso le peripezie dei protagonisti, rimanendo però sempre dietro un puntiglioso distacco da essi e nel contempo disseminando per tutto il racconto una fitta rete di allusioni alla letteratura alta. Purtroppo l'autore è per noi poco più di un nome intorno a cui si è accesa la nota “questione petroniana” e pare che solo di recente si sia giunti a conclusioni certe e sicure – se, come pare, il Petronius Arbiter citato dai manoscritti che tramandano questo romanzo è da identificarsi con il personaggio di cui Tacito ci dà un indimenticabile ritratto, si può dire che la sua personalità artistica si inquadra nella stagione che ebbe come protagonisti anche Seneca e Lucano e che prometteva di rappresentare l'inizio di una nuova fase della letteratura latina, caratterizzata da innovative forme letterarie e originarie elaborazioni ideologiche.Resta comunque difficile risolvere l'enigma che da secoli propone, in relazione al suo autore, un’opera di straordinaria originalità che la tradizione tramanda con il nome di Satyricon: tutti i codici ne attribuiscono la paternità a Petronio Arbitro, ma mentre una parte della critica, a partire dallo studio del testo, data il Satyricon tra il II e il III secolo, un tempo molto distante da quello di cui ci stiamo occupando, oggi la maggior parte dei filologi conviene che sia stata scritta in età neroniana e che l’autore sia quello descritto dal ritratto che lo storico di età imperiale Tacito fa nei suoi Annales: se noi dovessimo immaginare un ritratto biografico dell'autore del Satyricon, non potremmo trovarne uno più calzante di quello tracciato da Tacito; proprio qui si trova quell'anello di congiunzione con l'appellativo “arbitro” tramandatoci dai codici.
Secondo quanto riporta Tacito, egli era anticonvenzionale nei suoi atteggiamenti ma molto abile e deciso nel comando e nell'azione - soprattutto nel momento della morte, infatti, Petronio manifestò questo suo carattere forte e originale, dissacrando i suicidi dei filosofi modellati sull'archetipo di Socrate; seppe anche proteggere i suoi cari da vendette distruggendo il sigillo personale e rinfacciando al principe le nefandezze e le turpitudini che aveva commesso - del resto, tutti i riferimenti intertestuali e i dati cronologici confermano l'ipotesi di una composizione nell'età di Nerone perché sono troppo chiare le allusioni ai personaggi vissuti nella prima età imperiale, come ad esempio il riferimento al passo poetico in trimetri sulla guerra di Troia che allude ad una tragedia scritta da Nerone.
La storia del romanzo
La parola “romanzo” deriva dal francese romance che è un termine usato in origine per indicare tutte le narrazioni in lingua volgare, cioè romanze, e in particolare tutti i poemi cavallereschi legati al ciclo bretone redatti in versi intorno al XII secolo; il vocabolo è poi passato ad indicare il romanzo moderno, sviluppatosi nei secoli XVIII e XIX come forma di narrazione in prosa, realistica o fantastica, per l’estensione; invece, parliamo di romanzo antico in riferimento ai testi narrativi latini e greci di una certa estensione le cui caratteristiche sembrano richiamare quelle delle opere più moderne.In ambito greco non esiste un vocabolo specifico per designare questo tipo di narrazione di intrattenimento – probabilmente, forse per il suo carattere divulgativo e popolare, non venne considerato un vero e proprio genere letterario come storiografia, tragedia ed epica. A noi sono giunti interi 5 romanzi di contenuto amoroso: queste opere sono caratterizzate da alcuni temi e alcune situazioni ricorrenti – ad esempio i protagonisti in genere sono due giovani innamorati che vengono separati da un evento imprevisto, vivono lontani l'uno dall'altra, sono costretti a superare una serie di disavventure fino a quando si ricongiungono e iniziano un'esistenza felice (a differenza del romanzo moderno, cioè i Promessi sposi, in queste opere manca una vera e propria cornice storica, un vero approfondimento della psicologia dei personaggi, una presenza di riflessioni a carattere etico e sociopolitico); oltre al Satyricon, in ambito latino ha notevole importanza l'opera di Apuleio intitolata Metamorfosi o L'asino d'oro che richiama l’opera di Petronio per il contenuto erotico avventuroso ma se ne distacca per una complessa chiave di lettura magico-misterica.
Il romanzo moderno italiano
Una delle prime forme di romanzo in età moderna è quello detto picaresco, dallo spagnolo picaro che significa “furfante”: per più versi è affine al Satyricon, dato che a narrare in prima persona le disavventure è lo stesso protagonista, un individuo di bassa estrazione sociale e di scarsa moralità. In ambito sempre ispanico vede anche la luce il modello di tutti i romanzi, cioè il Don Chisciotte di Miguel Cervantes, ma il romanzo vero e proprio definito moderno nasce in Inghilterra all'inizio del ‘700 con autori come Jonathan Swift (I viaggi di Gulliver) o Daniel Defoe (Robinson Crusoe). I secoli XIX e XX sono dominati dal romanzo in tutte le forme: quello per eccellenza, che viene studiato e analizzato nel periodo dell'800, è il romanzo storico, come quello di Hugo, Stendall, Manzoni e Scott: quando di parla di romanzo storico, c'è una realtà storica veramente esistita - quando Manzoni scrive i Promessi sposi prende in esame un dato storico realmente accaduto, cioè la dominazione spagnola del ‘600 in Italia (una realtà incontrovertibile), per poter denunciare la situazione di un Paese ancora diviso, schiacciato dal piede austriaco.Il Romanticismo oggettivo si basa su tre canoni: vero per soggetto, perché l'evento storico è realmente accaduto; interessante per mezzo, perché il romanzo deve anche dilettare (infatti, nell’incipit descrive il personaggio di Don Abbondio da narratore onnisciente, cioè già sa e giustifica il carattere fifone del curato divenuto tale per cercare di curarsi dagli oppressori); infine, utile per iscopo (per esempio, critica anche, con la storia della monaca di Monza, il fatto che solo i maschi potessero avere la dote e sposarsi). Il romanzo viene detto anche di formazione perché i protagonisti alla fine si formano, come quando Renzo si trova nel tumulto di Milano e non capisce di dover tacere ma lascia fare all'istinto e viene quasi messo in prigione.
Con l'unità d'Italia si giunge al romanzo sociale con i Malavoglia di Verga: era il periodo in cui gli italiani erano convinti che la situazione sarebbe migliorata, ma non fu così al Sud con il brigantaggio e la questione meridionale - gli autori di questa corrente, infatti, appartengono al Sud, come Grazia Deledda, un sarda che denuncia i soprusi, la fame, la carestia e la disperazione, mentre Verga era siciliano. In questo genere di romanzo è evidente il canone dell'impersonalità, senza intrusione soggettiva (“come un medico che viviseziona un cadavere”); in questo modo Verga racconta la storia dei Malavoglia di Aci Trezza (una famiglia di pescatori), persone che desiderano lavorare (il cognome era “Toscano”, ma in Sicilia c'era l’usanza dell'antifrasi) e che come beni avevano la famosa casa del nespolo (così chiamata per l'albero che si trovava fuori) e una famosa barca detta Provvidenza: in loro è evidente il senso della famiglia patriarcale, governata in questo caso dal vecchio Padron ‘Ntoni - in primis è il figlio a dovergli obbedire. La trama gira intorno all’acquisto di un carico di lupini presso uno tale Zio Crocifisso, che purtroppo si perde in mare e porta il primo figlio Bastianatte con sé: si tratta di una vera e propria tragedia nella tragedia, per questo motivo non parliamo di umili manzioniani ma di vinti di Verga – in loro vive solo la religione della famiglia, con cui si soffre insieme accanto al focolare domestico. Per descrivere la sua filosofia, Verga usa la metafora del fiume in piena – secondo lui, infatti, i vincitori di oggi saranno i vinti di domani.
Introduzione al Satyricon
Satyricon è il genitivo di una parola greca (quindi è sottinteso “libri”), perciò il titolo vero e proprio è “Libri di cose satiriche”: esso è uno dei più grandi capolavori della lingua latina, ma oggi è talmente mutilo che non conosciamo l'intera trama con precisione, anche se riusciamo a costruirne le linee guida. Il romanzo viene esposto in prima persona dal suo protagonista, un filosofo un po' stravagante regolarmente squattrinato di nome Encolpio, che sta viaggiando in compagnia di un certo Ascilto, suo rozzo e volgare rivale in amore con Gitone, un giovane astuto; numerose sono le avventure dei tre vagabondi e fannulloni che vivono di espedienti (infatti viaggiano per varie città costiere del Mediterraneo come Marsiglia e Crotone). Dopo varie peripezie, tra le quali un rito erotico in onore del dio della fertilità Priapo, i tre protagonisti capitano in una greca urbs della Campania (forse Napoli, Cuma o Pompei), nei cui vicoletti malfamati brulicano prostitute e ruffiani.Qui vengono invitati a cena da Trimalchione, un liberto arricchito che si dà arie da gran signore e si circonda spesso di parassiti e pseudo-intellettuali per i quali imbandisce una tavola di pessimo gusto - agli antipodi della società plebea degli emarginati che popolano la città, infatti basta pensare che la domus Trimalchionis consiste in una vera e proprio reggia con 4 sale da pranzo, 20 camere da letto, 2 porticati di marmo, salotti, bagni, piscine, che troneggia sulla città; non a caso egli sfoggia ostentatamente la sua reggia, lo status symbol della sua scala sociale (lui stesso afferma “nunc templum est”, ovvero “Adesso è una reggia”). Insomma, questo cafone arricchito, per dare sfogo a tutti i suoi bisogni corporali, adotta una filosofia molto spicciola basata sulla morale del “tanto hai, tanto vali”, tutta dedita al godimento dell'attimo, a sfruttare le gioie presenti nella consapevolezza che esse sono effimere e primarie (addirittura chiede ad Abinna, uno scultore, di progettargli già il monumento funebre).
La cena di Trimalchione, volgare esibizionista com'è, viene trasformata in un vero e proprio spettacolo al punto che le portate sono suggestive e fantasiose perché devono creare un effetto nei commensali (come, ad esempio, salsicciotti grigliati su prugne della Siria, pavoni da cui escono uova di pasta frolla, un maiale sventrato da cui escono salamini cotti); su tutte queste pietanze, però, aleggia un senso di morte, l'unica realtà che non può essere sconfitta dalla ricchezza: la cena finisce nel caos con il finto funerale di Trimalchione, messo in scena dal padrone ubriaco fradicio.
Dopo un'incredibile abboffata, i tre protagonisti lasciano la casa e al posto di Ascilto, uscito dalla narrazione, subentra Eumolpo, un poetastro conosciuto in una pinacoteca che recita un carme di 65 versi senari sulla famosa presa di Troia (probabilmente scritto da Nerone): i tre poi si imbarcano per Taranto e scoprono di trovarsi in compagnia di Lica e Trifena, loro nemici perché un tempo amanti di Encolpio e Gitone: Eumolpo cerca di fare da pacificatore e racconta la storia (quasi bocaccesca) della matrona di Efeso, ma la nave naufraga e i protagonisti si ritrovano a Crotone, salvi: lì approda anche il cadavere del ricco Lica.
Mentre il terzetto si avvia verso la cittadina, Eumolpo comincia a parlare della poesia epica per poi reclamare personalmente un suo poema sulla guerra civile tra Cesare e Pompeo intitolato Bellum civile (come quello di Lucano). Purtroppo, però, la città di Crotone risulta molto corrotta, abitata da avidi cacciatori di eredità: per questo motivo Eumolpo finge di essere ricco per vivere alle spalle dei crotoniati che, ovviamente, fanno di tutto per ingraziarselo ed ereditarne le ricchezze; quando però cominciano a sospettare l'imbroglio, Eumolpo afferma che darà i suoi beni a colui che mangerà il suo cadavere: così finisce il racconto, senza far sapere come andrà a finire la storia di questo poetastro.
Il Satyricon
Oltre ad alcune poesie comprese nelle raccolta Antologia latina sotto il nome di Petronio, ci è stato tramandato un lunghissimo frammento narrativo in prosa con parti intercalate in versi, mutilo della parte iniziale e finale, che è conosciuto modernamente con il titolo di Satyricon: questo termine è il genitivo plurale di desinenza greca del termine σατυρικά e sottintende il sostantivo “libri”, come il termine virgiliano γεωργικῶν; quindi significa “libri di narrazioni satiriche”.I codici indicano l’autore semplicemente come Petronius Arbiter senza dare alcuna notizia, anzi, fin dagli inizi del III secolo nessuna fonte antica accenna mai a questo scrittore; da questo momento in poi inizia il famoso dibattito che ha condotto a datazione anche assai tarde dell’opera, soprattutto sulla lingua adoperata, perché caratterizzata da parecchi volgarismi tipici del I e del III secolo. Tuttavia, ci sono dei riferimenti interni, sia letterari che storici, che ci portano ad una cronologia più alta collegabile tra i principati di Caligola e Nerone: si fa dunque strada l’idea che possa trattarsi di quel Gaius Petronius di cui parla Tacito negli Annales.
La parte dell’opera a noi giunta comprende la narrazione dei libri 14 e 16, a cui si devono aggiungere una cinquantina di frammenti giuntici per tradizione indiretta; il libro 15, invece, doveva sicuramente coincidere con l’episodio noto come cena Trimalchionis contenuto in un codice ritrovato nel XIX secolo a Traù, cittadina della Dalmazia: per questo motivo inizialmente questa parte fu definita col titolo codex traguriensis. Il tessuto narrativo è sicuramente in prosa con delle parti in versi, perciò si può parlare di prosimetro - le parti in versi corrispondono ai monologhi interiori del protagonista e anche narratore.
I protagonisti del romanzo sono due studenti squattrinati e girovaghi, Ascilto ed Encolpio (voce narrante) che si contendono i favori sessuali di Gitone, un ragazzino dai costumi non irreprensibili che viaggia con loro; dai vari riferimenti si viene a sapere che Encolpio, a causa di una colpa imprecisata, è stato reso impotente dal dio della fertilità Priapo: è ciò che dovrebbe essere narrato nella prima parte dell’opera, ambientata a Marsiglia, mentre la narrazione giuntaci comincia da Napoli o Pozzuoli (una greca urbs) e si sposta poi a Crotone.
E’ difficile inserire quest’opera in un genere letterario preciso, perché la classificazione di “romanzo” può essere comoda ma non corrisponde a ciò che si designa in ambito greco: il Satyricon rappresenta, infatti, una sorta di rovesciamento a carattere parodistico del romanzo greco, dato che in questo i protagonisti sono una coppia di innamorati casti, che qui vengono sostituiti prima da un triangolo omosessuale e poi da terzetto di malandrini che vogliono tentare una truffa ed un raggiro; ci sono però elementi tipici del genere romanzesco, come travestimento, naufragio e tentato suicidio, ripresi da Petronio ma in modo ironico e mai drammatico.
Alcune parti si allacciano alla favola Milesia: il nome deriva dai Milesiaca, “Le vicende di Mileto”, delle novelle dal contenuto comico che ebbero molto successo presso il pubblico e vengono anche riprese dalle Metamorfosi di Apuleio. A questa tradizione appartiene la triste novella raccontata da Eumolpo durante la navigazione: la protagonista è una vedova inconsolabile che trova conforto in un soldato che stava a guardia di alcuni criminali crocifissi e quando questi, distratto, si lascia sottrarre uno dei cadaveri dai parenti del morto, la vedova non esita a disseppellire il corpo del marito e a metterlo sulla croce al posto del condannato. Del genere horror sono i due racconti inseriti all’interno della cena Trimalchionis: il primo racconto è narrato dal liberto Nicerote, uno dei convitati, che vede la trasformazione di un uomo in licantropo, mentre il secondo, riferito dallo stesso Trimalchione, parla di streghe che rapiscono un neonato e lo sostituiscono con un fantoccio di paglia: sono presenti, dunque, motivi più vicini al folklore dei vari popoli che hanno comunque questa funzione di intrattenimento. Inoltre, c’è una mescolanza di prosa e di versi che rimanda alla cosiddetta satira menippea, un originale genere letterario creato da Varrone che mescola il carattere variegato della satira con l’ironia mordace del pensatore cinico Menippo di Gadara.
A livello macro-strutturale, invece, lo schema del Satyricon ripropone quello dei poemi epici, quindi l'Odissea e l'Eneide, dove un eroe protagonista viaggia alla ricerca della patria ed in ciò è contrastato da forze divine avverse che lo sottopongono ad una serie di difficili prove. Nello specifico, l'eroe viaggiatore è alla ricerca la virilità perduta: è perseguitato dal Dio Priapo che assolve alla stessa funzione antagonista di Poseidone nell'Odissea e di Giunone nell'Eneide. Talvolta, però, nel Satyricon si evince che il gioco allusivo è svelato dallo stesso autore - come quando Lica riconosce Encolpio dalle dimensioni del membro e il protagonista narratore commenta in questo modo: "Qualcuno adesso si può anche meravigliare che la nutrice di Ulisse dopo vent’anni lo abbia riconosciuto dal segno di una cicatrice". Altre volte, invece, l'allusione verte semplicemente sull'effetto evocativo di certi nomi, come quando Encolpio cerca con scarso successo di avere un rapporto sessuale con una donna dal significativo nome di Circe, facendosi egli stesso chiamare "Polieno", un appellativo con cui nel XII libro dell'Odissea le sirene si rivolgono ad Ulisse - “Polieno” significa molto celebrato, famoso, ed è la stessa Circe che dice "Non è senza motivo che Polieno ama Circe”; non mancano neanche i riferimenti al poema virgiliano: il protagonista, infatti, quando viene abbandonato da Gitone, vaga armato per la città proprio come faceva Enea la notte della caduta di Troia.
Si può dire dire che la parodia petroniana assume dei contorni dalle forme più forti nelle due lunghe inserzioni poetiche che troviamo nel romanzo: la prima è costituita dai 65 denari giambici della cosiddetta "Presa di Troia", un brano tragico che probabilmente satireggia il lavoro teatrale di Nerone e che viene recitato da Eumolpo, interrotto perché preso a sassate dal pubblico; la seconda è un vero e proprio poemetto costituito da 295 versi che può sembrare una parodia del Bellum civile di Lucano, recitato sempre da Eumolpo: la performance del poetastro dovrebbe rappresentare una specie di esemplificazione dei principi teorici riguardo al poema epico-storico che a suo avviso deve mescolare tutte le res gestae, cioè le imprese in questo caso, con tutte le peripezie e gli interventi della divinità, così da sembrare una specie di profezia e non una narrazione veritiera. Insomma, non sappiamo se si tratta di una satira anti-lucanea, in questo caso fatta da Petronio, oppure se l'autore abbia voluto aggiungere un tratto ulteriore alla caratterizzazione del suo personaggio, convinto di essere un grande poeta. La caratteristica più importante non è solo il dibattito sulla poesia epica che ne fuoriesce, ma piuttosto quello sulla decadenza dell'arte oratoria (che si affronterà successivamente con autori come Quintiliano e Tacito).
La trasmissione di questo romanzo petroniano ha seguito un percorso abbastanza a lungo e travagliato, tant’è vero che solo nel XVII secolo venne pubblicata un'edizione che riunisse le due distinte raccolte di frammenti di epoca medievale, sia quelli che i critici chiamano gli estratti brevi sia i lunghi e sia la famosa cena di Trimalchione (che venne ritrovata dal grande umanista Poggio Bracciolini nel 1423 in un codice manoscritto conservato a Colonia): solo da questo momento in poi il testo del romanzo ha iniziato a circolare riscuotendo un grande successo che ancora oggi non accenna a diminuire; questo punto la maggior parte degli studiosi si chiede quali sono i motivi di un recupero così difficile e soprattutto di questo grande successo che ha trasformato il Satyricon in un vero e proprio modello per molti romanzieri moderni (Honoré de Balzac, Flaubert, Oscar Wilde, Pasolini) e per registi come Fellini: possiamo dire che le ragioni che ostacolarono la sua diffusione e conservazione sono il realismo con cui Petronio riproduce un mondo degradato, il linguaggio crudo di molti personaggi e soprattutto la descrizione particolareggiata delle loro esperienze erotiche (sono infatti queste le caratteristiche che gli hanno impedito di entrare nei circoli scolastici dell'antichità). Ma il Satyricon non è solo questo, se si fa una lettura approfondita: è il ritratto di un mondo disincantato e della società di quell'epoca neroniana che si esprimeva soprattutto nelle città di porto, abitate da un'umanità molto varia, composta da parassiti, matrone mondane, poetastri, da liberti arricchiti - insomma, ritrae quel mondo di corruzione contro il quale Seneca lotta nelle sue opere filosofiche e di cui invece Petronio ci offre un ritratto realistico astenendosi da ogni giudizio morale, anzi, osservando questo mondo attraverso gli occhi della sua cultura (nelle vicende narrate, infatti, ciò che colpisce è l'assenza di qualsiasi traccia di giudizi moralistici).
Il narratore presenta gli eventi con estrema naturalezza, rifiutando le censure dei tradizionalisti ed ispirandosi ad una massima di Epicuro secondo cui il piacere è il principio e la fine della vita beata - nel personaggio di Encolpio, infatti, pronto a sperimentare senza paura e senza remore morali ogni avventura, Petronio probabilmente ha ritratto sé stesso, compresa la propria avversione per qualsiasi forma di cattivo gusto, come quella ignoranza di tutti quei potenti liberti ed ex schiavi arricchiti che hanno in mano il controllo dell'economia imperiale e di cui Trimalchione è la felicissima incarnazione letteraria; insomma, tutti individui che con il denaro possono comprare tutto tranne l'immortalità, infatti la paura della morte è l'unico tormento della loro esistenza. Particolarmente interessanti sono i personaggi femminili presenti nel Satyricon, ovvero le servette svelte di parola e le vecchie megere dedite ad arti magiche, cioè matrone spigliate e disinibite pronte a prendere l'iniziativa in qualunque momento, soprattutto amoroso - tutte le figure femminili sono ben lontane dall'immagine della mulier e della uxor casta e morigerata, della donna dedita alla conduzione della casa e intenta alle opere femminili (totalmente diversa dalla descrizione richiesta dal mos maiorum), perciò è un segno evidente del cambiamento del tempo che ha esteso la corruzione ma che ha donato autonomia ed indipendenza nei confronti del marito, soprattutto alle donne delle classi più elevate, come Agrippina e Poppea, con il ruolo che giocavano a corte e con il loro carattere determinato. Esempi nell’opera sono Quartilla, la cortigiana Trifena o Fortunata (moglie di Trimalchione) che nella cena non ha un ruolo secondario - Petronio pone queste donne, soprattutto Fortunata, insieme a molti altri personaggi che dal nulla hanno fatto fortuna e che cercano di accrescere e aumentare il loro patrimonio. Non dobbiamo dimenticare che da quando Roma era diventata più forte e più ricca, nonostante l'opposizione dei vari "Catoni" di turno, alle donne era stato concesso di indossare gioielli in pubblico, di uscire per strada, di frequentare giochi e teatro, di vestirsi in modo elegante, avendo ottenuto un nuovo status sociale (è vero che il Patriziato romano, con la legge, tentò di limitare la libertà economica e sociale delle donne ma quelle seppero opporsi dicendo che, tralasciando le cariche pubbliche, non doveva essere vietato loro di gestire le proprie proprietà private). Questo fu il mondo delle donne ricche e potenti dell'età repubblicana, libere di amministrare il denaro e gestire la socialità, come poi anche in donne di diversa condizione sociale.
Domande da interrogazione
- Chi era Gaio Petronio Arbitro e quale ruolo ha avuto nella letteratura latina?
- Qual è l'origine e l'evoluzione del termine "romanzo"?
- Quali sono le caratteristiche principali del Satyricon di Petronio?
- Come viene rappresentata la società nel Satyricon?
- Qual è l'importanza del Satyricon nella letteratura moderna?
Gaio Petronio Arbitro è identificato come l'autore del Satyricon, un'opera di straordinaria originalità che si colloca nell'età neroniana. Tacito lo descrive come un personaggio anticonvenzionale e abile, il cui ritratto si adatta perfettamente all'autore del Satyricon. La sua opera rappresenta una fase innovativa della letteratura latina, caratterizzata da forme letterarie nuove e originali elaborazioni ideologiche.
Il termine "romanzo" deriva dal francese "romance", inizialmente usato per indicare narrazioni in lingua volgare, in particolare poemi cavallereschi del ciclo bretone. Nel XVIII e XIX secolo, il termine si è evoluto per indicare il romanzo moderno, una narrazione in prosa, realistica o fantastica. In ambito greco e latino, il romanzo antico si riferisce a testi narrativi che richiamano le caratteristiche delle opere moderne.
Il Satyricon è un'opera frammentaria in prosa con parti in versi, conosciuta per il suo carattere satirico e parodistico. I protagonisti sono due studenti squattrinati, Encolpio e Ascilto, che vivono avventure ironiche e mai drammatiche. L'opera mescola elementi del romanzo greco con la satira menippea e presenta una critica alla società neroniana, senza giudizi morali, attraverso un linguaggio crudo e realistico.
La società nel Satyricon è rappresentata come un mondo degradato e corrotto, popolato da parassiti, matrone mondane, poetastri e liberti arricchiti. Petronio offre un ritratto realistico di questa società, astenendosi da giudizi morali e ispirandosi alla filosofia epicurea. Le figure femminili sono autonome e indipendenti, lontane dall'immagine tradizionale della donna romana, riflettendo un cambiamento sociale dell'epoca.
Il Satyricon ha avuto un grande successo nella letteratura moderna, influenzando autori come Balzac, Flaubert, Wilde e registi come Fellini. La sua importanza risiede nel realismo con cui Petronio descrive un mondo degradato e nella sua critica alla società neroniana. L'opera è considerata un modello per molti romanzieri moderni, grazie alla sua capacità di ritrarre la corruzione e l'umanità varia delle città portuali dell'epoca.