Concetti Chiave
- Plauto, originario dell'Umbria, è noto per le sue commedie ambientate in Grecia, che riflettono le relazioni tra la cultura romana e greca, mantenendo una forte fiducia nella tradizione romana.
- Le commedie di Plauto sono caratterizzate da situazioni comiche ricorrenti, come il contrasto tra il giovane innamorato e il vecchio avaro, con inganni orchestrati spesso dal servo astuto.
- Plauto utilizza il metateatro per riflettere sul teatro stesso, con personaggi che interrompono l'azione per interagire con il pubblico, mostrando una forte autocoscienza artistica.
- La drammaturgia di Plauto è influenzata dalla Commedia Nuova ellenistica e dalla farsa italica, mescolando elementi greci e latini per creare una comicità vivace e immediata.
- Il linguaggio di Plauto è caratterizzato da una sperimentazione metrica e musicale, con una forte presenza di elementi colloquiali e una ricca varietà di stili e registri linguistici.
Era di famiglia libera, nacque a Sarsina, in Umbria, e morì a Roma nel 184 a.C. La data di nascita è solo congetturale, ma si fa risalire attorno al 251-250 a.C. La vita di Plauto si svolse nel periodo drammatico delle guerre puniche e del primo allargamento di Roma nel mondo mediterraneo. La tradizione biografica colloca Plauto fra gli artifices scaenici, ovvero fra i teatranti. Anche il nomen dello scrittore, Maccius da "maccus" (maschera del tonto nell'atellana) lo riconnette al mondo del teatro, come del resto il suo cognomen, Plautus ("piedipiatti") che corrispondeva alla denominazione dell'attore del mimo.
Almeno in una prima fase della sua carriera Plauto fu dunque attore. Una leggenda sostiene che dal mestiere di attore Plauto ricavò una certa ricchezza, ma imprudenti investimenti nel commercio lo costrinsero in povertà. Sarebbero così nate due commedie, il Saturio ("Il panciapiena") e l'Addictus ("Lo schiavo per debiti").

Tutte ambientate in Grecia, le palliatae di Plauto rispecchiano i crescenti rapporti fra vita romana e vita greca, ed una persistente fiducia verso la tradizione di Roma. Nel tempo in cui si avverte la riscossa dell'opinione tradizionalista, si colgono anche in Plauto tracce del fermento nazionalistico che sarà raccolto dalla fazione aristocratica capitanata da Catone il Censore. Sembra possibile che la fortuna di Plauto presso i magistrati preposti ai ludi scaenici dipendesse anche da questa sua consonanza con la fazione popolare, interprete dei sentimenti più schiettamente italici e tradizionalisti.
Alle facili battute contro i "Graeculi" residenti nell'Urbe, si aggiungono soprattutto nelle commedie "moraleggianti" come i captivi e il trinummus, gli spunti satirici contro il lusso sfrenato, il rimpianto dell'antica frugalità, riflessioni pessimistiche sulla natura dell'amore. Plauto non amava le disquisizioni filosofiche, cioè le tesi generali. In ogni caso non indulge mai alla gioia pura del vizio; nel suo teatro il male è un elemento essenziale per la costruzione comica, ma non è mai fine a se stesso.
Plauto colloca la scena in Grecia, spesso ad Atene, ma si tratta solo di uno sfondo su cui stagliare usi e costumi tipici della società romana contemporanea.
Le 21 commedie "varroniane" si possono riferire all'ultima fase della produzione di Plauto. Diventa però difficile ripartirle in momenti più precisi. Abbiamo solo due didascalie da cui ricaviamo altrettante date certe, dello Stichus (200 a.C.) e dello Pseudolus (191 a.C.) I Menaechmi sono la commedia più antica del corpus. Nel Miles gloriosus si accenna alla prigionia di Nevio. La Cistellaria sembra anteriore alla fine della 2 guerra punica. La Casina è collocabile dopo il 186 a.C. Ancora più problematico è rintracciare i segni di un'evoluzione artistica all'interno della drammaturgia plautina: per esempio lo sviluppo delle parti cantate sembra dipendere, più che da una reale volontà del poeta, da un'esigenza di carattere pratico (disponibilità dei cantanti).
Plauto non insiste sulla psicologia dei propri personaggi e nemmeno ricorre ad una vasta gamma di tematiche: le trame ripropongono infatti una serie ricorrente di casi (già fissati dalla Nea greca) che rispondevano alle attese del pubblico romano. Tali situazioni possono ridursi ad uno schema drammaturgico di fondo: contrasto fra due personaggi, l'uno dei quali cerca di sottrarre all'altro un qualche bene. Tale schema però può dar luogo ad una serie di varianti anche articolate e complesse: appunto nell'intrecciarle si accende la fantasiosa inventività plautina. Spesso vediamo dunque in scena un giovane innamorato (adulescens); la ragazza che ama è di modesta estrazione, spesso una prostituta. Per ottenerla in sposa il giovane deve vincere le resistenza del vecchio e avaro padre o del lenone. L'espediente adottato è l'inganno, frequentemente ordito dal servus callidus, per conto del padrone. Non di rado quasi l'intero peso della trama finisce per ricadere sulle spalle del servo. Dopo una serie di difficoltà (prontamente superate dal servo) si giunge al lieto fine. In questo percorso è molto importante il ruolo della tyche, il caso o fortuna, che in certi casi appare come dominio assoluto dell'imponderabile sul mondo umano, in altri invece cm una variabile per lo più governabile. Quanto all'inganno ordito dal servo, esso costituisce un elemento di forte originalità nell'opera plautina e ne costituisce la vera lusis dell'azione comica.
Lo scontro, nelle commedie plautine, avviene perlopiù tra due personaggi maschili, uno dei quali giovane e l'altro vecchio. Di solito adulescens VS pater/lenone. Il lenone è una figura molto più ripugnante del padre arcigno: lo sfruttatore esercita infatti la propria auctoritas non per salvaguardare la morale ma solo in vista del profitto economico. In un caso l'orditrice di inganni è una donna, la cortigiana Fronesio del Truculentus. Si tratta di un'eccezione perché Plauto utilizza le donne solo come aiutanti. Nell'Asinaria tocca invece ad una donna impersonare il ruolo paterno. L'esito del contrasto conduce regolarmente al trionfo della libido e alla sconfitta delle figure d'autorità. Tuttavia, in una società come quella romana il conflitto va in qualche modo reso più accettabile: Plauto svuota quindi di prestigio ogni concreta figura di "padre" esposta sulla scena poiché bersagli tanto degradati rafforzano ovviamente la vis comica.
Il punto di partenza di Plauto era indubbiamente la Nea, la Commedia Nuova ellenistica. Lo arguiamo dalle indicazioni fornite da Plauto stesso nei prologhi. No però facciamo fatica a stabilire l'effettivo peso dei modelli greci nel teatro plautino e il grado della sua dipendenza da essi. In ogni caso siamo oggi sicuri che Plauto intervenne con spregiudicata liberà sui modelli di Menandro.
Il motivo della beffa ai danni di qualcuno ci conduce ad un'altra delle dimensioni tipiche di Plauto, il metateatro [Scena posta a cavallo dell'atto I e II. Pseudolo, dopo aver promesso al padroncino Calidoro di aiutarlo nell'impresa di sottrarre l'amata Fenicia al lenone Ballione, ha appena compiuto un gesto ancor più temerario: alla presenza di Simone, padre di Calidoro, ha annunciato senza ritegno le proprie intenzioni! A questo punto rompendo l'illusione scenica Pseudolo si rivolge al pubblico con aria di sfida.]. È stato il critico Marino Barchiesi ad evidenziare come una delle dimensioni più vive nelle sue opere sia appunto il teatro che si autorappresenta, che riflette su se stesso e sul suo "farsi". La commedia arresta per qualche istante il flusso del racconto per parlarci dell'attività creativa del poeta e di quella dell'allestitore (è ovviamente il servus callidus ad interrompere la finzione comica per ragionare sul racconto. È l'unico personaggio dotato di una provvista di ego sufficiente per avanzare sul proscenio a dire "io" come se fosse un doppio dell'autore.). La presenza del metateatro è un segnale rivelatore dell'autocoscienza artistica di Plauto. Il critico Gioachino Chiarini sostiene che allestire e rappresentare una beffa nei modi spregiudicati del teatro farsesco costituisca una sorta di rivendicazione, da parte di Plauto, dei valori del teatro italico di fronte a quello greco.
La commedia del servo sa splendere anche di luce propria anche al di fuori del metateatro, come nella Mostellaria. La beffa, l'inganno, paiono nella loro cruda realtà più raffinati se per mandarli a buon fine bisogna superare molte peripezie. A questo tipo di comicità appartengono il Mercator, lo Stichus, il Trinummus, la Mostellaria. Nella Rudens abbiamo invece una vivace pittura d'ambiente. Il comico plautino ama poi in modo particolare l'avventuroso scatenato dai simillimi, cioè da due personaggi uguali e interscambiabili. È questo il meccanismo che regge i Menaechmi, le Bacchides e anche l'Amphitruo (unica commedia plautina di argomento mitologico). Si ipotizza una sua derivazione dalle ilarotragedie serio-comiche di Rintone di Taranto. Tragicomoedia viene infatti definita l'opera, nel prologo. È un lavoro in cui Plauto mette in scena una moderna "sindrome da perdita di identità". La parodia mitologica dell'Amphitruo non fa mai degenerare l'azione in farsa e sempre sottolinea il lato umano).
Alcune commedie (Captivi, Cistellaria, Trinummus, Poenulus) appaiono meno riuscite delle altre: sono quelle in cui Plauto non sa o non vuole svincolarsi del tutto dal modello greco. Ma proprio per questo ricevono più forza i temi morali. Alle spalle dell'Aulularia vi è invece il tema aristofanesco della mania, reinterpretato da Plauto che al motivo dell'Avaro [L'Aulularia si apre chiamando sin dall'inizio in scena i protagonisti: si tratta di Euclione, il vecchio avido e spilorcio, e della serva Stafila, costretta a sopportare le angherie del padrone: questi ha trovato in casa una pentola piena d'oro ed ora vive nell'ansia che si venga a sapere della scoperta.] sovrappone e intreccia quello erotico.
Domande da interrogazione
- Chi era Plauto e quale fu il contesto storico della sua vita?
- Quali sono le caratteristiche principali delle commedie di Plauto?
- Quali temi ricorrono frequentemente nelle opere di Plauto?
- Come Plauto utilizzava la lingua e lo stile nei suoi lavori?
- Qual è l'importanza del metateatro nelle commedie di Plauto?
Plauto era un commediografo romano nato a Sarsina, in Umbria, e vissuto durante il periodo delle guerre puniche. La sua vita si svolse in un'epoca di trasformazione per Roma, con un allargamento nel mondo mediterraneo.
Le commedie di Plauto, ambientate in Grecia, riflettono i rapporti tra la vita romana e greca e sono caratterizzate da una comicità vivace e ritmi scenici incalzanti. Utilizzava la contaminatio, intrecciando trame greche per vivacizzare l'effetto comico.
I temi ricorrenti nelle opere di Plauto includono il contrasto tra giovani innamorati e figure autoritarie, l'inganno orchestrato dal servus callidus, e riflessioni satiriche contro il lusso e la perdita di valori tradizionali.
Plauto era un innovatore in ambito metrico-musicale, abolendo gli intermezzi corali e utilizzando i cantica per far avanzare l'intreccio. Il suo dialogo era fluido e colloquiale, ricco di esclamazioni e avverbi, riflettendo la lingua parlata a Roma.
Il metateatro è una dimensione vivace nelle opere di Plauto, dove il teatro riflette su se stesso. Questo elemento è spesso introdotto dal servus callidus, che interrompe la finzione comica per ragionare sul racconto, mostrando l'autocoscienza artistica di Plauto.