Filologia e nuove istituzioni culturali
Per molti secoli la cultura greca si era impegnata nella conservazione e interpretazione della propria eredità culturale. L’apice del progresso sotto il profilo scientifico e culturale è ravvisabile intorno al III secolo a.C.
Solamente intorno alla costruzione della Biblioteca di Alessandria (e poi di quella di Pergamo e degli altri centri culturali ellenistici) e all’esigenza di raccogliere, classificare e interpretare una massa ingente ed eterogenea di letteratura, che sorge la figura e il mestiere del ”filologo”. Momento focale della sua attività è la costituzione di “edizioni critiche” (διοργώσεις), ossia di esemplari corretti fondati su una comparazione fra il più ampio numero possibile di copie, corredati di una serie di segni diacritici e infine accompagnati sia da volumi di commento (υπομνήματα), intesi ad affrontare i singoli problemi testuali, sia da volumi dedicati a questioni di carattere più specifico (συγγράμματα, trattati). Inoltre si compilano indici, glossari, lessici e altri strumenti di consultazione (un esempio è rappresentato dai Πίνακες di Callimaco).
Il centro culturale per eccellenza delle città ellenistiche fu Alessandria d’Egitto: la cultura vive intorno alla corte e da essa è incentivata con una intensità e una varietà di direttrici del tutto nuove. Il Museo, il cui edificio era ubicato nei pressi del palazzo reale, costituiva il luogo di lavoro in cui operavano scienziati, letterati e filologi sotto la direzione di un presidente-sacerdote nominato dal sovrano. La vita di questi uomini era sottratta alle preoccupazioni pratiche, non certo alle polemiche e ai litigi, come rivela Callimaco nel Giambo I, allorché, per bocca del vecchio Ipponatte reduce dall’aldilà, ammonisce i filologi a non essere gelosi l’uno dell’altro.
Anche la Biblioteca di Alessandria aveva sede nel quartiere reale, forse in uno spazio annesso al Museo. Tolomeo II Filadelfo ne promosse la nascita e volle arricchirla fino al punto da includervi tutta la letteratura greca e anche le letterature orientali. Promosse pertanto l’accumulo di un patrimonio librario che la tradizione dice salita già al tempo dello stesso Filadelfo a 490000 rotoli (oltre ai 42800 conservati nella Biblioteca del Serapeo, aperta a una più vasta cerchia di utenti).
Callimaco fu incaricato del compito gigantesco di compilare un catalogo che rendesse utilizzabili i depositi della biblioteca. Ne risultò quell’opera fondamentale che erano i 120 libri dei suoi Πίνακες, caratterizzati da una serie uniforme di indicatori: genere letterario, nome dell’autore, prime parole del libro e numero di righe. Sembra che Callimaco non sia mai stato direttore della Biblioteca e che la carica fosse assegnata nell’ordine a Zenodoto di
Efeso, Apollonio Rodio, Eratostene di Cirene, Aristofane di Bisanzio, Apollonio
l’Eidografo, Aristarco di Samotracia.
Zenodoto di Efeso
Primo tra i grandi filologi ellenistici fu Zenodoto di Efeso, nato intorno al 330 a.C. a Efeso. Fu come abbiamo già detto il primo direttore della grande Biblioteca di Alessandria intorno al 284. Curò in primo luogo il testo dei poemi omerici, ma non pubblicò un commentario; forse a lui si deve la divisione in 24 libri dell’Iliade e dell’Odissea, contrassegnati dalle lettere rispettivamente maiuscole e minuscole dell’alfabeto. Fu spesso accusato dai suoi successori di correzioni arbitrarie, ma egli deve aver operato basandosi su un singolo manoscritto che giudicava il migliore, e deve averlo corretto, là dove gli sembrasse opportuno.
Zenodoto curò anche un’edizione (ἔκδοσις) della Teogonia di Esiodo e di alcuni poeti lirici e fu autore di un glossario omerico (Γλῶσσαι), che raccoglieva in ordine alfabetico vocaboli oscuri, e di una compilazione di vocaboli ed espressioni di origine straniera che ricorrevano nei testi letterari.
Aristofane di Bisanzio
Un altro protagonista della filologia alessandrina fu Aristofane di Bisanzio, vissuto all’incirca fra il 255 e il 180 a.C. e succeduto nella direzione della Biblioteca ad Eratostene intorno al 195. Curò edizioni di Omero, della Teogonia di Esiodo, dei lirici, di Euripide, dell’Aristofane comico. Fu lui ad introdurre il sistema di segnare gli accenti sulle parole, la divisione in membri ritmici, l’impiego di un sistema di segni critici, e fu lui a ordinare in libri i carmi lirici dei singoli poeti, utilizzando criteri di volta in volta diversi (per generi letterari, per strutture metriche, per tematiche).
Nell’edizione dei testi tragici premise alle singole opere υποθέσεις (argomenta), compendi introduttivi fondati sulle Didascalie di Aristotele e su altre opere di scuola peripatetica. Fra questi argomenta ce ne sono pervenuti sette sicuramente suoi, e altri quindici potrebbero risalire a lui almeno in parte: essi appaiono organizzati secondo uno schema che comprende, dopo un brevissimo sunto della trama, indicazioni relative alla trattazione del mito, alla collocazione della scena, alla composizione del coro, alla data di rappresentazione, all’esito dell’agone drammatico.
Il suo maggior lavoro lessicografico furono le Λέξεις, che dovevano consistere in raccolte di parole rare usate da autori del passato o peculiari di parlate locali.
Aristarco di Samotracia
Grande importanza nella storia della filologia antica, specialmente per la trasmissione di poemi omerici, ebbe Aristarco di Samotracia, vissuto all’incirca tra il 216 e il 144 a.C. Operò ad Alessandria e successe ad Apollonio l’Eidografo come direttore della Biblioteca. Fu autore di un’importantissima edizione di Omero, ma rispetto ai filologi alessandrini suoi predecessori pare abbia coltivato interessi più ampiamente esegetici che strettamente editoriali (la Suda gli attribuisce oltre 800 libri di commentari).
Sembra che Aristarco, quanto agli autori di teatro, abbia commentato diverse commedie di Aristofane (almeno otto), le tragedie di Eschilo, forse di Sofocle. Scrisse opere critico-letterarie: di evidente importanza è quella contro i χωρίζοντες (separatori), che attribuivano la sola Iliade ad Omero. Sulle analisi dei testi omerici praticate da Aristarco siamo discretamente informati in quanto il Codice Veneto Marciano 454 A ci ha conservato un ricco apparato di scoli derivati dai commenti di alcuni poeti eruditi della prima età imperiale.
Le scienze astronomiche e matematiche
La formidabile personalità di Eratostene, scienziato e bibliotecario, filologo e poeta, mostra emblematicamente l’eccezionale fusione di interessi che si poteva realizzare nell’ambito del Museo di Alessandria, dove la compresenza di così eterogenee attività veniva a stimolare l’aspirazione a una unità del sapere che non si rinnoverà fino all’età rinascimentale. Inoltre la disponibilità di risorse fornite dai sovrani e il talento indiscutibile di molti scienziati ellenistici non dette luogo se non occasionalmente a un’utilizzazione tecnologica della scienza. Per questo motivo la scienza non ebbe quegli stimoli alla trasformazione del reale e alla verifica sperimentale che ne avrebbero segnato il rilancio in età moderna. E’ proprio per la mancata applicazione pratica che le conoscenze acquisite in età alessandrina vennero in seguito dimenticate, fino alla loro riscoperta nel nostro Rinascimento.
Eratostene di Cirene
Nato verso il 275 a.C., Eratostene di Cirene, dopo essere vissuto a lungo ad Atene, fu chiamato ad Alessandria da Tolomeo III Emergete, che gli affidò l’educazione del figlio e, nel 246, la direzione della Biblioteca. Si distinse nei più svariati campi, ma il successo più memorabile fu in quello astronomico, con la misurazione della circonferenza terrestre.
Egli prese in considerazione due città: Siene (la moderna Assuan) e Alessandria d’Egitto, che si trovavano, a suo parere, sullo stesso meridiano. Si sbagliava di poco essendo le due città, in realtà, distanti di appena 3° di longitudine l’una dall’altra. Eratostene eseguì i suoi calcoli basandosi su:
- la distanza tra Alessandria e Siene;
- la differente altezza raggiunta dal Sole a mezzogiorno del solstizio d’estate nelle due città: mentre su Siene, prossima al Tropico, il Sole arriva allo zenit (i raggi sono perpendicolari al suolo, formando un angolo di 90°), su Alessandria esso è più basso di circa 7° (altezza di 83° sull’orizzonte).
Egli determinò trigonometricamente tale angolo utilizzando uno scafe (strumento simile a una meridiana) con il quale misurò la grandezza dell’ombra prodotta da uno stilo verticale.
Sapendo che i raggi solari, data la grande distanza dell’astro da noi, arrivano tutti paralleli tra loro in qualsiasi punto della Terra, egli operò una semplice dimostrazione geometrica: l’angolo misurato è uguale all’angolo che sottende l’arco rappresentante la distanza tra Siene e Alessandria, poiché sono angoli corrispondenti tra rette parallele tagliate da una trasversale.
Eratostene conosceva la distanza tra le due città, circa 5000 stadi (1 stadio = 180 m circa), quindi concluse che l’intera circonferenza terrestre (meridiano e antimeridiano) doveva essere 50 volte la distanza tra le due città: circa 250000 stadi (40000km attuali). Eratostene riteneva che la Terra fosse perfettamente sferica, e perciò considerò tale valore identico per l’equatore terrestre, anch’esso una circonferenza massima disegnata sulla sfera terrestre. Per quanto attualmente non si conosca il valore esatto dello “stadio” da lui utilizzato, è comunque certo che il risultato dei suoi calcoli (da 39000 km a 46000 km) si avvicina notevolmente al valore reale della lunghezza dell’equatore terrestre. La relativa imprecisione della sua misurazione dipese da vari fattori: in primo luogo Siene e Alessandria non si trovavano esattamente sullo stesso meridiano, ma spostate di 3° circa in direzione Est-Ovest; inoltre la Terra non è una sfera perfetta e quindi le due circonferenze (quella costituita dal circolo meridiano e quella equatoriale) non sono identiche; vi furono, infine, piccoli errori strumentali di misurazione. Tutte queste circostanze rendono la misura di Eratostene incredibilmente vicina alla lunghezza reale di 40009 km.
Aristarco di Samo
Aristarco di Samo, vissuto all’incirca tra il 310 e il 250 a.C., avrebbe perfezionato il sistema eliocentrico e avrebbe assegnato anche alla terra la natura di pianeta caratterizzato da un movimento sia di rivoluzione intorno al sole che di rotazione intorno al proprio asse.
L’unica sua opera superstite, Sulle grandezze e le distanze del sole e della luna, illustra il metodo di Aristarco per calcolare in primo luogo le distanze relative e poi quelle assolute del Sole, della Terra e della Luna: un metodo che lo portò a risultati assai inesatti per alcuni errori di calcolo ma che successivamente consentì di calcolare la distanza dei tre astri con un’approssimazione insuperata fino al XVII secolo.
Euclide
Anche la matematica raggiunse un alto grado di approfondimento con l’opera superstite di Euclide, attivo dal IV al III secolo a.C. ad Alessandria. La sua figura è legata ai 13 libri di Elementi (Στοικεῖα).
I primi quattro libri sono dedicati alla geometria del piano con lo studio delle linee poligonali e circolari, il libro V tratta delle proporzioni tra grandezze, il VI applica la teoria delle proporzioni alla geometria piana, i libri VII-IX sono dedicati ai numeri interi e alle loro proprietà, il libro X contiene la teoria degli irrazionali trattati geometricamente; i libri XI-XIII sono dedicati alla geometria solida, che si conclude con la costruzione dei poliedri regolari.
Di altre opere euclidee dedicate alla geometria elementare ci sono giunti solo i Dati. Inoltre ci sono pervenute un’opera astronomica, I fenomeni e l’Ottica, che contiene le proposizioni fondamentali dell’ottica geometrica.