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Indice

  1. Vita di Semonide
  2. Opere e temi
  3. Fonte: Stobeo, Antologia, IV,, 22, 193

Vita di Semonide

Su Semonide possediamo poche notizie, molto scarse e incerte. Secondo i pochi indizi biografici nacque a Samo, poco dopo la metà del settimo secolo a.C., quindi fu contemporaneo o di poco successivo ad Archiloco. Secondo il Lessico della Suda condusse una spedizione di coloni sami nell’isola di Amorgo, dove fondò tre città. Infatti la tradizione gli attribuisce un’ “Archeologia dei Sami”, poema di carattere storico-etnografico, anche se delle opere più estese rimangono solo 200 versi, in cui lo stile prediletto è quello del giambo, senza tratti originali, attingendo anche all’epica in forma più riadattata. La sua produzione comprende elegie e giambi (dimetri giambici molto usati nella tragedia).

Opere e temi

All’interno delle sue opere vi è come elemento topico la rassegna di caratteri umani, elencati secondo vari livelli di catalogazione: nel frammento più celebre, lo “Psogos Gynaikon” (Biasimo delle donne) presenta la classificazione delle indole femminili in associazione a figure animali (donna cavalla, donna volpe), non di carattere invettivo, tanto quanto frutto di una tradizione misogina, un retaggio popolare che canonizza e raffina, mentre nel frammento 1 è possibile notare una perlustrazione delle individualità umane dinnanzi alla morte (chi muore di malattia, chi in battaglia..)
Il modello proposto da Semonide è puramente emulativo e pedissequo, segue la tradizione dell’Iliade (quando nel “Catalogo delle navi” sono passati in rasseg a i contingenti militari giunti a Troia in nave, specificandone provenienza, nomi, età dei comandanti) o si ispira a Esiodo (con il suo “Catalogo delle donne”).
Nel suo frammento più noto l’elenco presenta 10 tipi di donne create da Zeus esaminate e descritte una ad una:
  • Donna scrofa, sporca e pigra, incapace di occuparsi della casa.
  • Donna volpe, infida e furba, abile a gestire le cose per profitto personale.
  • Donna cagna, curiosa e chiacchierona.
  • Donna terra, inerte e capace di mangiare e basta.
  • Donna mare, volubile, può essere dolce ma anche intrattabile.
  • Donna asina, costretta a lavorare, infedele.
  • Donna donnola, ninfomane, sgraziata, ladra.
  • Donna cavalla, sfaticata anche nel sesso.
  • Donna scimmia, brutta e ridicola.
  • Donna ape, l’unica da scegliere, affettuosa, ottima madre e domestica.
Semonide conclude manifestando l’apice del suo disprezzo con una considerazione: la donna è l’essere più infimo e maledetto generato da Zeus e causa solo rovina e morte agli uomini. Tuttavia è grazie a lei che prosegue la discendenza e non c’è niente da fare.

Fonte: Stobeo, Antologia, IV,, 22, 193

L’indole della donna Dio la fece
diversa. Una deriva dalla scrofa
setosa; la sua casa è una lordura,
un caos, la roba rotola per terra.
Lei non si lava; veste i panni zozzi
e stravaccata nel letame ingrassa.
n’altra Dio la fece dalla volpe
matricolata: è quella che sa tutto;
non c’è male né bene che le sfugga.
Dice, sì, bene al bene e male al male,
ma s’adegua agli eventi e si trasmuta.
Come sua madre è quella che deriva
dalla cagna: curiosa di sentire
e di sapere, vagola, perlustra;
anche se non c’è un’anima, si sgola,
e non la calmi né con le minacce,
né se t’arrabbi e le fracassi i denti
con un sasso, né a furia di blandizie,
neppure stando in casa d’altri: insiste
quell’eterno latrato senza scopo.
Una gli dèi la fecero di terra
e la diedero all’uomo: minorata,
non ha idea né di bene né di male.
Una cosa la sa: mangiare. E basta.
Se Dio manda un dannato inverno, bubbola,
ma lo sgabello al fuoco non l’accosta.
Viene dal mare un’altra, e ha due nature
opposte: un giorno ride, tutta allegra,
sì che a vederla in casa uno l’ammira
(“non c’è al mondo una donna più simpatica,
non c’è donna migliore”). Un altro giorno
non la sopporti neppure a vederla
o ad andarle vicino: fa la pazza,
e che s’accosta, guai! Pare la cagna
coi cuccioli, implacabile: scoraggia
nemici e amici alla stessa maniera.
Come il mare che sta sovente calmo,
non fa danno e rallegra i marinai
nell’estate, e sovente in un fragore
di cavalloni s’agita e s’infuria.
Tale l’umore di una donna simile:
anche il mare ha carattere cangiante.
Una viene dall’asina, paziente
alle botte. Costretta e strapazzata,
il lavoro lo tollera. Se no
mangia, rincantucciata, accanto al fuoco;
avanti notte, avanti giorno, mangia.
Così come si prende per amante
chiunque venga per fare l’amore.
Genìa funesta quella della gatta:
non ha nulla di bello o di piacevole,
non ha nessuna grazia, nessun fascino.
Ninfomane furiosa, sta con uno
e finisce col dargli il voltastomaco.
E rubacchia ai vicini, e spesso ingoia
le offerte prima di sacrificarle.
Nasce dalla cavalla raffinata,
tutta criniera, un’altra. Ed ecco, schiva
i lavori servili e la fatica,
la macina, lo straccio, l’immondizia
e la cucina (teme la fuliggine).
Anche all’amore si piega per obbligo.
Si lava tutto il giorno la sporcizia,
due, tre volte, si trucca, si profuma.
Sempre pettinatissima la chioma
fonda, fluente, ombreggiata di fiori.
Una simile donna è uno spettacolo
bello per gli altri: per lo sposo un guaio.
A meno che non sia principe o re,
che di simili cose si compiaccia.
La prole della scimmia: è questo il guaio
più grave che da Dio fu dato agli uomini.
Bruttezza oscena: va per la città
una tal donna e fa ridere tutti.
E’ senza collo, si muove a fatica,
niente natiche, tutta rinsecchita.
Povero chi l’abbraccia, un mostro simile.
Ma la sa lunga, ha i modi della scimmia.
La gente la deride? Se ne infischia.
Certo, bene non fa: non mira ad altro
né pensa ad altro tutta la giornata
che a far del male, e a farne più che può.
Una viene dall’ape: fortunato
chi se la prende. E’ immune da censure
lei sola; è fonte di prosperità;
invecchia col marito in un amore
mutuo; è madre di figli illustri e belli.
E si distingue fra tutte le donne,
circonfusa di un fascino divino.
Non le piace di stare con le amiche
se l’argomento dei discorsi è il sesso.
Fra le donne che Dio largisce agli uomini ecco qui le più sagge, le migliori.

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