Ipponatte (VI a. C. Efeso, in esilio a Clazomene) Giambo
Ipponatte nasce ad Efeso tra la metà e la fine del VI secolo da famiglia aristocratica. Fu esiliato quando la città fini sotto la tirannide di Atenagora e Coma. Si rifugiò a Clazomene, altra città della Ionia, per cui fu anche detto ‘Clazomeno’. La biografia di Ipponatte però è ricca di particolari fittizi: era opinione ampiamente diffusa che il poeta giambico fosse deforme nell’aspetto fisico e che fosse vissuto miseramente e morto per fame. In molti frammenti si presenta come un poveretto appartenente ai ceti più bassi della società (vedi vari frammenti come fr. 32 W. Fr. 39 W.); questo ha portato a pensare che fosse un poeta ‘pitocco’ (ossia che cantava per i poveri), ma questa ipotesi è assolutamente da scartare poiché già il suo nome, che significa "signore dei cavalli" suggerisce un’origine nobile; si aggiunga la notizia dell’esilio volontario (da Efeso a Clazomene) e infine il livello della sua poesia, impensabile all’interno di un uditorio per poveri e da collocare piuttosto all’interno di un simposio aristocratico. Ipponatte inventa una maschera e recita una poesia di ruoli: ha voluto essere un povero e ha voluto mettersi la maschera di quella classe sociale per avere la possibilità di attaccare i suoi rivali.
I suoi due più grandi nemici furono Bupalo e Atenide, due scultori che lo avevano rappresentato con fattezze ripugnanti e che in seguito, secondo la tradizione (come succede anche in Archiloco), si suicidarono per l’aggressività dei giambi del poeta. Proprio per questo Ipponatte merita il titolo di poeta integralmente ‘giambico’ (dove con giambo si intende ‘aggressivo’). I mezzi di questa aggressione o per meglio chiamarla ‘invettiva’ sono molteplici: la minaccia fisica (“voglio colpire Bupalo all’occhio[...]’’fr. 120-121 W.), gli insulti personali (“giace con la madre’’ fr 12,70 W.), lo scherno delle abitudini e anche l’augurio di sventure. A questo augurio di sventure si ricollega la figura del “φαρμακoς”, termine che significa "capro espiatorio", una vittima sacrificale che veniva simbolicamente caricata di tutti i mali della città e che veniva scacciata tra percosse e insulti e infine uccisa per la purificazione della città stessa. È proprio ai suoi nemici che Ipponatte augura di patire lo stesso destino del “φαρμακος” (fr. 6 W.). Tutte queste apostrofi dirette sono apostrofi in absentia, poiché ovviamente il nemico non doveva essere presente al simposio, anche se la sua identità doveva essere comunque intuibile.
Altra caratteristica importante sono le invocazioni agli Dei. Tramite parodie di preghiere Ipponatte, sempre dietro la maschera del povero, chiede agli Dei indumenti (Fr 32 W. ), denaro ( fr 36 W.) e cibo (fr. 39 W.). Queste invocazioni rispettano tutte le regole rituali tradizionali, ma, dietro la forma solenne, traspare il riso beffardo di Ipponatte.
Diversi frammenti mostrano interesse per la tematica gastronomica, ma anche questo si rivela un mezzo per attaccare nemici ghiottoni che non sanno tenere un buon comportamento al simposio. Ad esempio, i nemici non bevono dalla coppa come impone l’etichetta, ma addirittura da un secchio. Egli ha vivissimo il gusto della parodia (parodia gastronomica, religiosa, etc), della quale alcuni studiosi antichi ritennero che fosse l’inventore. Si parla addirittura di una probabile parodia dell’Odissea, di cui ci restano soltanto pochi frammenti di non facile interpretazione.
LINGUA
Ipponatte usa, e da qui emerge la sua maestria, espressioni auliche accanto a parole volgari, motti scurrili ed espressioni oscene. È molto viva la presenza di hapax, ossia parole attestate una sola volta in tutta la letteratura greca. La sua è una lingua "artificiosa", che ora attinge alla parlata del popolo, ora pratica invenzioni sbalorditive, tutto nel contesto dello ionico letterario e in uno sperimentalismo tutt’altro che popolare. I metri che ci restano sono trimetri giambici (puri, ma soprattutto scazonti o coliambi, ovvero trimetri che alla fine del verso invece di un giambo hanno uno spondeo) esametri, tetrametri trocaici e composizioni epodiche.