federicoza
Ominide
4 min. di lettura
Vota

Indice

  1. Lettura del proemio delle “Opere e giorni”
  2. Versi 1-8
  3. Versi 9-10

Lettura del proemio delle “Opere e giorni”

Versi 1-8

Il proemio delle Opere e giorni è particolarmente breve (10 versi). Esso presente alcuni elementi di novità maggiormente evidenti rispetto ai proemi tradizionali.
Elemento tradizionale: invocazione delle Muse, a cui viene richiesto di innalzare un inno (umneiusai) a Zeus. Poesia innologico: poesia costituita da inni che vengono cantanti per una specifica divinità, diffusa in età arcaica e tramandataci dagli Inni omerici.

Ci viene immediatamente posto come tema la celebrazione di Zeus (il suo nome è nominato), a cui fa seguito una sezione specifica degli inni, chiamata aretologia (parola derivante da aretè), che viene ad indicare le competenze specifiche di una divinità, quindi gli ambiti in cui essa interviene e manifesta il proprio potere.
Ciò effettivamente accade dal verso 3 al verso 8, che sono dedicati a celebrare la potenza di Zeus e l’ambito in cui egli interviene: in questi versi viene messa in risalto una sola delle sue aretai, ovvero il rapporto che viene a crearsi tra Zeus e l’uomo. Zeus viene presentato come artefice del destino dell’uomo: è colui che fa sì che l’uomo possa godere di fama, di celebrità, d’una condizione di forza, o viceversa, quindi che venga ridimensionato, punito e corretto, operando seconda giustizia.
L’azione di Zeus, che è arbitro del destino dell’uomo, si colloca dunque nell’ambito etico: il suo intervento è sempre proporzionato al comportamento etico dell’uomo stesso.
Questi versi costituiscono un legame con la Teogonia, perché Zeus rimane arbitro del mondo con cui si confronta (qui uomini, lì dei): la sua potenza è riconosciuta e celebrata e in entrambi i casi Zeus è garante della dike (giustizia).
Quella che si avverte nel proemio delle Opere e giorni è una grande distanza fra il mondo divino e il mondo umano, a differenza dell’Iliade e dell’Odissea (dove gli dei provano gli stessi sentimenti degli uomini).

Versi 9-10

Nei versi immediatamente successivi si trova una grande distanza con i proemi degli altri poemi epici, e la conferma dell’innovazione che Esiodo opera si trova negli ultimi due versi (9-10). Il proemio, tradizionalmente, ha una struttura ad anello che qui manca: essa serve per confermare il tema dell’opera, e questo manca. Nei versi conclusivi Esiodo chiede a Zeus di ascoltarlo e di diventare garante della verità del suo canto. Esiodo attribuisce sacralità (poesia rivelata, perché il suo canto si pone sotto l’egida di Zeus) e verità alla sua opera. Nella Teogonia erano le Muse ad essere garanti della poesia esiodea. Vi è l’elemento autobiografico, ovvero il nome del destinatario dell’opera, il fratello Perse, che innesta l’opera: ha un valore paradigmatico (modello).
Zeus viene qui invocato non solo perché dia ascolto al poeta, ma anche perché sia garante di giustizia.
Mondo divino e mondo umano vengono posti in parallelo, accanto a Zeus si pone il poeta stesso: il pronome ego e tune sottolineano questa vicinanza. Esiodo è garante della giustizia di Zeus.
Il tono biblico risalta in questo passo: un tono profetico, religioso, ispirato nell’innalzare questo canto alla potenza di Zeus. Da un lato ci porta a riflettere sul forte senso religioso che anima la poesia esiodea, e dall’altro perché ci narra la distanza che intercorre in quest’opera e i poemi omerici. Le Opere e giorni si inseriscono nella letteratura sapienziale (letteratura di carattere etico, paideutico e parainetico), che aveva ai tempi di Esiodo grande diffusione in tutta la letteratura del vicino Oriente (Mesopotamia ed Egitto), da cui derivano i Salmi biblici. Nell’Iliade vi è la dichiarazione dell’argomento e anche nell’Odissea: nella Teogonia stessa vi è la dichiarazione, mentre le Opere e giorni mancano di carattere narrativo, quindi non possono avere una propositio narrationis.

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community