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Il genere dell’epigramma

Già prima dell’età Ellenistica era presente tale genere letterario, ma un aspetto importante della sua evoluzione avviene proprio durante l’Ellenismo, ossia, la comparsa di epigrammi di carattere erotico, anche se il tema era già stato trattato dai poeti elegiaci (cfr. Anacreonte). Ciò che contraddistingue l’epigramma è la sua brevità e questa caratteristica esalta le capacità del poeta che doveva condensare in pochi versi stati d’animo e descrizioni. Il linguaggio si rifà alle reminiscenze omeriche e ai poeti elegiaci (VII-VI sec a.C.)e veniva apprezzato da un pubblico colto, in grado di cogliere tali rimandi. Per destare lo stupore nel pubblico e l’ammirazione, il poeta guarniva il finale del componimento con una “punta” (o "fulmen in cauda" = aprosdoketon).

Antologie:
• La più antica raccolta di epigrammi, 70 a.C., si deve a Meleagro di Gadara, che la intitolò Stefanos ("ghirlanda"), perché nel proemio aveva stabilito un’analogia fra ciascun poeta e una pianta. All’interno troviamo epigrammi dello stesso Meleagro e di altri autori.
• Poco posteriore è la raccolta di Filippo di Tessalonica, 40 a.C., che ha lo stesso titolo di quella di Meleagro.
• In età bizantina, 900 d.C., l’arcivescovo Costantino Cefala raccolse gli epigrammi della tradizione antica. Questo codice venne conservato ad Heidelberg, venne scoperto nel 1606 e battezzato Codice Palatino Greco 23. L’intera raccolta ora è conosciuta come "Anthologia Palatina" e contiene circa 3700 epigrammi.
• Intorno al 1299 Massimo Planude rielaborò il materiale raccolto dall’arcivescovo bizantino e raccolse la così detta "Anthologia Planudea", che però è meno estesa, 2400 epigrammi, e comprende testi che in quella Palatina non convergono.

Le varie tipologie di epigrammi

All’interno delle antologie gli epigrammi sono suddivisi in base al contenuto e distinti in: epidittici, funerari, votivi, scommatici, erotici e simposiali. Tale divisione aiuta a capire l’evoluzione di ogni singolo tema. Ma questo criterio non è completamente soddisfacente dal momento che è difficile distinguere l’appartenenza di certi epigrammi ad un tema piuttosto che ad un altro. (p.e. funerario-votivo).
NB. In età classica l’ambiente dedito alla poesia epigrammatica era il simposio, i cui distici elegiaci venivano accompagnati da un flauto; in età alessandrina, invece, probabilmente erano destinati alla lettura, anche se non si può escludere la possibilità che venissero recitati.
• Epigrammi epidittici: il termine epideiktikos significa “dimostrativo”; dunque, il poeta si serviva di questa tipologia di epigramma appunto per descrivere una situazione e “dimostrarne” la sua veridicità, dando anche un assunto morale
• Epigrammi funerari: in questo genere i toni e le forme variano di autore in autore, ma anche a seconda dell’identità del personaggio. Dunque, si hanno toni solenni per i caduti di guerra (cfr. Simonide e i caduti alle Termopili), di pathos tenero per i bambini. Tutte queste varianti sono raccolte nel VII libro dell’Anthologia Palatina.
• Epigrammi votivi: insieme all’epigrafe funebre, rappresenta lo sviluppo letterario delle più antiche forme di comunicazione scritta. Gli epigrammi votivi seguono due tipologie: la descrizione di un oggetto fatta dal poeta o quella dell’ “oggetto parlante”, che si autodescrive. Gli epigrammi votivi sono raccolti nel VI libro dell’Anthologia Palatina.
• Epigrammi erotici, simposiali e scommatici: sebbene siano divisi in diversi libri (nel V quelli erotici e nell’XI quelli simposiali e scommatici), questi epigrammi sono difficili da classificare perché presentano linguaggio e contenuti molto simili (p.e. l’atmosfera simposiale era connessa sia alle diverse tipologie d’amore, eterosessuale e omosessuale, sia al tema del vino, dello scherzo). Da questi epigrammi più leggeri emergono le caratteristiche brillanti di questo tipo di poesia: doppi sensi, fulmen in cauda e battute pungenti.

La scuola dorico-peloponnesiaca

• Anite visse nel III sec a.C. e di lei ci restano solo 21 epigrammi, alcuni dei quali sono degli epitafi sepolcrali, in cui spesso emerge il tema della morte ante diem. Definita anche “Omero al femminile”, Anite era solita utilizzare toni patetici e patriottici. Ciò che però contraddistingue Anite è il sentimento della natura, dei paesaggi bucolici e delle piccole creature. (p.e. epicedio per un gallo, per un grillo e per una ciacala. Cfr. Catullo e l’epicedio del passero).

• Nosside, quasi contemporanea di Anite, probabilmente era legata al culto di Afrodite in un tiaso come quello di Saffo, alla quale amò essere paragonata.

• Leonida di Taranto nacque circa nel 330 a.C. Tutto ciò che sappiamo di lui deriva dall’autoepitafio in cui affermò di aver vissuto una vita povera a Taranto, da cui, dopo la conquista dei Romani, fu costretto a fuggire con Pirro, re dell’Epiro. Di lui ci sono giunti un centinaio di epigrammi di tematiche abbastanza varie e per questo è difficile capire quale fosse il suo filone predominante. L’interesse per l’uomo, piuttosto che i paesaggi bucolici, avvicina Leonida alla scuola ionico-alessandrina, a cui si ricollegano i temi della parodia, dell’autoironia e dell’ironia simposiale. Un altro tema molto frequente in Leonida è la brevità della vita. Inoltre, egli non rifugge da cupe meditazioni sulla morte, accompagnate dal gusto dell’orrido e del macabro (Cfr. “L’uomo e il tempo” - la vita è come un “punto”, rimando a Seneca, e subito dopo l’uomo viene assimilato ad un gruppo d’ossa). Questo carattere della poesia di Leonida viene definito “barocco” perché richiama la poesia seicentesca. Infatti, il poeta si sofferma su situazioni inconsuete e quasi paradossali (cfr. “lo squalo” in cui la “punta” è rappresentata dalle parole dell’uomo, che è sepolto sia in terra che in mare).
Echi di Leonida sono riconducibili in Properzio, Orazio (carpe diem) e Catullo (il carme, in cui scrisse del ritorno dalla Bitinia, era costruito sulle basi di un epigramma di Leonida, che trattava di Priapo, che annunciava ai marinai la possibilità di solcare nuovamente il mare).

La scuola-ionico-alessandrina

Tale scuola si contrappose a quella dorico-peloponnesiaca per l’importanza data al tema dell’amore e all’ambiente simposiale. Le caratteristiche formali rimasero, però, le stesse: “punta”, variatio.

• Asclepiade di Samo, contemporaneo di Callimaco (320-390 a.C. circa), sarebbe assimilato da lui stesso nel proemio degli Aitia a uno dei Telchini, maligni demoni cui Callimaco assimilava i poeti con cui era in polemica. A prima vista entrambi sono autori di epigrammi e il loro genere di scrittura è molto simile; ciò in cui si differenziano era il giudizio sulle opere di altri poeti: per esempio, Asclepiade apprezzava il poema di Antimaco di Colofone, Lyde, invece Callimaco lo trovava di troppo ampio respiro e poco raffinato, giudizio condiviso anche da Catullo che lo aveva definito “tumidus” (pallone gonfiato). L’Anthologia Palatina conta 45 epigrammi di Asclepiade, alcuni di attribuzione incerta, ma sappiamo che scrisse anche carmi lirici. Egli utilizzò due schemi metrici di Alceo (l’asclepiadeo minore e maggiore), poi ripresi da Orazio. Per il suo carattere erotico, Asclepiade fu molto amato da Properzio e dagli altri poeti elegiaci.
I temi predominanti nella poetica di Asclepiade sono quelli del simposio e dell’amore, che il poeta tratta con eleganza formale e poco coinvolgimento sentimentale. Egli associa a questi temi la fugacità della gioventù, il pensiero della morte incombente e il taedium vitae (cfr. Mimnermo). A differenza di altri autori che si soffermano in forme di meditazione più profonde, Asclepiade esorta a vivere istante per istante ogni attimo della vita sia che sia piacevole che doloroso, perché si tratta di un momento passeggero.
Nell’epigramma di Asclepiade si riscontrano echi della poesia di Archiloco, Saffo, Anacreonte; totalmente ellenistico è, invece, il finale brillante.
Gli epigrammi di Asclepiade ci presentano anche una breve galleria di personaggi femminili dominati dalla figura maschile. Le donne sono rappresentate come mero oggetto del piacere, ma lungi da Asclepiade l’intento misogino.

La scuola fenicia

• Meleagro di Gadara nacque nel 130 a.C. e morì nel 60 a.C. forse a Cos, importante centro culturale in cui il poeta si era trasferito, dopo aver vissuto gran parte della sua vita a Tiro. Anche se era nato in una città della Siria, la sua educazione era greca; per questo Meleagro fu un chiaro esempio di cosmopolitismo e della commistione culturale, fattori che contraddistinguono l’Ellenismo. C’è da ricordare che la sua patria diede i natali anche a Menippo, filosofo cinico, di cui Meleagro era simpatizzante fin dalla gioventù. Si trasferì, poi, a Cos e abbandonò la filosofia, impegnandosi, invece, nella stesura di epigrammi, che raccolse in un’antologia: lo Stefanos (“ghirlanda”). Inizialmente Meleagro aveva diviso gli epigrammi in ordine alfabetico, ma, poi, Costantino Cefala (X sec. d.C.) li divise per tema.
Di Meleagro ci sono rimasti 130 epigrammi che si ricollegano alla lirica simposiale del VI sec. a.C. per temi, stile e destinatari. Un altro dettaglio che riconduce il poeta alla tradizione lirica è la presenza di etere come Eliodora e Zenofila, conosciute e frequentate a Tiro. Entrambe lasciarono una traccia indelebile nel cuore del poeta che va oltre l’attrazione fisica come trasparire dai suoi versi. Questa prospettiva anticipa gli autori elegiaci latini, Properzio, Tibullo e Gallo. Meleagro si concentra sulle diverse sfumature dell’amore: per esempio, il sentimento che lega Meleagro a Eliodora, che dura anche dopo la sua morta, sarà come quello di Properzio per Cinzia. L’amore per Zenofila, invece, si tratteggia su toni più maliziosi e brillanti, la passione d’amore è meno totalizzante.
Grazie alla sua inaspettata duttilità espressiva riesce a rielaborare con originalità concetti ormai divenuti topici in questo genere di poesia, facendo largo uso ora del monologo interiore, ora del discorso diretto, apostrofi, esclamazioni. Dunque, la struttura dell’epigramma presenta una varietà inconsueta con ampiezze diverse.

*ovviamente non esistevano scuole, sarà Ratzestein a introdurre questa divisione per comodità.

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