Menandro e la commedia
Menandro nacque ad Atene nel 343 a.C. dove morì circa 50 anni più tardi, dopo aver condotto un’esistenza legata a cortigiane famose. Fedro ci ha tramandato l’episodio del suo incontro con il governatore Demetrio Falerio che, nel vederlo così effemminato, lo scambiò per un giovanetto dedito alla prostituzione maschile.Un tempo, egli era conosciuto soltanto attraverso le relazioni degli antichi, un piccolo numero di frammenti e grazie alle imitazioni da parte dei maggiori scrittori di commedie latine come Plauto e soprattutto Terenzio.
Oggi, invece, di Menandro abbiamo circa 900 frammenti delle sue cento commedie, a volte talmente lunghi che essi ci mettono in grado di ricostruire l’intera commedia. Alcune commedie rivelano un carattere ben preciso come La volubile, Il bugiardo, L’adulatore, Il superstizioso, Il diffidente, altre fanno sfilare davanti ai nostri occhi i protagonisti della vita ateniese: L’auriga, La sacerdotessa, La prefica, Il cartaginese, Il suonatore di cetra, ecc.Tramite queste commedie, Menandro rappresenta la vera vita borghese dell’epoca, in cui la moralità era scarsamente presente. Nei personaggi, prevalentemente ridicoli, manca la presenza di una fanciulla e in genere della donna pura e casta. Nelle sue trame è sempre presente un intreccio amoroso, in cui l’amore, però, non era inteso come nei tempi moderni. Il matrimonio era considerato soltanto un contratto tra uno scapolo che fino ad allora aveva condotto una vita del tutto sregolata e che si proponeva di continuarla anche per il futuro e il padre di una fanciulla che andava in sposa solo per garantire una discendenza, consapevole che sarebbe stata relegata in un gineceo. Pertanto, Menandro può essere considerato non il poeta dell’amore, ma il poeta degli amori, cioè delle avventure corse da un giovanotto a seconda dei suoi capricci sensuali.
Gli intrighi si assomigliano tutti e sono piuttosto macchinosi e complicati: conseguenza di un oltraggio fatto da un giovanotto a una ragazza onesta durante una festa, nascite clandestine di bambini, spesso gemelli, affidati segretamente a qualcuno che li allevi, relazioni fra giovani e cortigiane a cui tengono mano parassiti, mezzane, mercanti di schiavi, riconoscimento finale della vera identità e spesso matrimoni visti più come condanna che come lieto fine come invece avviene nei drammi borghesi dell’epoca moderna.
Gli antefatti vengono resi noti tramite dichiarazioni fatte direttamente al pubblico; si fa un grande uso di confidenti, di soprese, di colpi di scena e di riconoscimenti. All’interno di questi intrighi, Menandro inserisce i tipi derivati dalle farse popolari, la cui comicità ha tuttavia perso il genuino carattere originario. Si tratta di due vecchi di cui uno è sordido e avaro mentre l’altro ha un carattere buono, ma debole; si hanno i servitori factotum e quelli stupidi oppure il soldato millantatore e vigliacco. A ciò si aggiungono delle macchiette meno importanti come il ciarlatano o l’adulatore. All’interno di questo modo spesso troppo convenzionale, si hanno, tuttavia, delle innovazioni, come il carattere del dialogo. Il tono del dialogo è semplice e dimesso, molto vicino a quello della comune conversazione. Un’altra innovazione è data dalla rappresentazione dei caratteri e dal modo con cui l’autore si pone davanti a ognuno di essi e che nasconde un’etica diversa da quella degli altri scrittori e che si basa sull’accettazione della vita come essa è, senza tanta satira morale. A Menandro si sono ispirati tanti autori nel corso dei secoli. Plauto, Terenzio e molti commediografi rinascimentali.