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La commedia "antica"

Premessa: i primordi della commedia
In Atene la tragedia e la commedia avvengono in ambito di feste dionisiache, e in esse acquisiscono i loro tratti caratteristici: a causa delle regole delle feste sacre, la commedia e la tragedia devono, per esempio, essere in rapporto di continuità, da cui risale il parallelismo fra i termini. Ma questo non vuol dire che le due rappresentazioni siano nate contemporaneamente, anzi sono indipendenti l'una dall'altra.

La tragedia assunse dignità e proprietà artistica solo nel teatro ateniese, mentre la commedia era già una forma d'arte; mentre la produzione tragica vive ad altissimi livelli per almeno un secolo e si mantiene sempre omogenea, ma poi subisce un tragico (già che siamo in tema) tracollo, la commedia sopravvive per oltre un secolo più della tragedia, anche nel periodo della crisi politica, sociale e culturale, e tutto ciò grazie alle numerose trasformazioni a cui era andata incontro, che l'avevano resa resistente a qualunque situazione. il genere della commedia fino ad AristofanePer la lunga storia della commedia se ne rende necessaria una periodizzazione in "antica", "di mezzo" e "nuova".
L'origine della commedia non è sicura, ma i primi concorsi comici si ebbero sicuramente nel V secolo e il primo vincitore fu Chionide.
Aristotele ci propone due ipotesi riguardo all'origine della commedia:
- ipotesi dionisiaca: dice che probabilmente la commedia ebbe origine dall'improvvisazione dei canti fallici, eseguiti nelle falloforie (dal fallo, simbolo della fertilità), processioni in cui si propiziava la fecondità. Veniva eseguito in esse un canto in onore di Dioniso, quindi i partecipanti procedevano beffeggiando tutti quelli che gli capitavano a tiro. Infatti l'origine del nome "commedia" è riferito a komos, ossia il corteo festoso dei seguaci ubriachi di Dioniso, occasione di canti corali e scherzosi. Così ecco le principali caratteristiche della commedia: il canto corale, il rapporto con Dioniso, l'irrisione e il riferimento alla sfera sessuale.
- ipotesi dorica: il termine "commedia" deriverebbe da kome, che vuol dire in dorico "villaggio". I primi attori comici sarebbero andati in giro per le campagne a presentare i loro primi spettacoli, perché erano respinti nelle città. Gli abitanti di Megara sostenevano che la commedia era nata presso di loro, perché erano famose le rappresentazioni di quel tipo a Megara, con attori che rappresentavano scenette realistiche. Anche qui le principali caratteristiche della commedia: una trama e degli attori, la tematica realistica e l'influsso della politica. Si tratta comunque di una ipotesi considerata inattendibile.

Inizialmente la protocommedia si trovava in una fase fluida, da cui acquistò pian piano autonomia e consapevolezza della propria natura teatrale, distinguendosi dai rituali e adattando una dimensione più drammatica. Per giungere alla vera realizzazione della commedia occorreva farla incontrare con la letteratura. La commedia prese spunto dal dramma siceliota e dalla tragedia: da uno prese la vicenda coerente e compiuta, dall'altra la struttura scenica, che era già in vigore da 50 anni. La tragedia ha dato molto alla commedia: l'alternanza delle sezioni parlate e cantate, l'alternanza della lingua, nel coro dorica, nel resto attica, la metrica, il ricorso al prologo e alla pàrodo.
La poesia giambica ha dato lo stimolo all'utilizzo degli argomenti derisori e osceni, oltre che del realismo (che è più evidente nella commedia nuova, mentre in quella antica le situazioni sono un po' assurda. Comunque vengono sempre utilizzati dei personaggi comuni, non degli eroi).
Dovrebbe aver influito sulla commedia anche l'oratoria, per la suggestione dei discorsi e per gli elementi tipici della contesa politica e giudiziaria.

La struttura della commedia "antica"
La commedia ha struttura dinamica, per cui non sempre le varie opere seguono la stessa andatura.
La nostra conoscenza della commedia "antica" può essere riassunta nel nome di Aristofane, per cui noi ipotizziamo che anche gli altri drammaturghi abbiano utilizzato le sue stesse tecniche.
La commedia antica si apre con un prologo molto ampio, recitato dai personaggi, in cui si narra sia la situazione iniziale sia il piano che il protagonista si propone per modificarla. Segue l'entrata dal coro, il pàrodo, e poi si sviluppa l'azione del protagonista, il contrasto con i personaggi o con il coro, il confronto delle opinioni nell'agone.
L'aspetto più caratteristico di questa commedia è la parabasi: la scena ad un tratto era apriva di attori, mentre il coro si spogliava del travestimento e sfilava davanti agli spettatori, finché non si fermava e cantava o recitava di fronte ad esso un ampio brano. In questo genere di commedia antica, il coro si esprimeva in prima persona e discuteva di svariati argomenti riferendosi all'attualità.
La parabasi può precedere o seguire l'agone, in cui l'eroe riporta il successo e il nuovo ordine. Il proseguimento della commedia ne rappresenterà le conseguenze, in genere di carattere buffonesco e narrate ad episodi. Infine veniva l'esodo, una gioiosa processione in cui era celebrato il definitivo trionfo del protagonista.
Le maschere degli attori rappresentavano una deformazione della fisionomia umana ma, se i personaggi che esistevano davvero, la maschera li riproduceva realisticamente. Il coro poteva rappresentare persone come anche animali o fenomeni naturali, come segni allegorici della nostalgia per la perduta simbiosi con le forze del cosmo e della natura ( e tale è il significato profondo della commedia).

Epicarmo e il teatro in Sicilia e Magna Grecia
Il teatro locale si sviluppa seguendo un tipo di spettacolo caricaturale e popolaresco, ricco di mimica, incline alla demitizzazione e alla rappresentazione della quotidianità. Si astiene dal riferimento personale e politico per considerare invece un riferimento più generale e una riflessione su grandi temi etici, religiosi o politici riportati sulla scena comune.
Aristotele considera precursore della commedia attica Epicarmo, che visse dalla seconda metà del VI secolo a.C. alla prima del successivo. Essendo in stretto contatto con l'alta cultura della madrepatria egli riuscì a maturare una forte consapevolezza poetica che dona eleganza e padronanza tecnica alla sua opera.
Di Epicarmo ci restano alcuni frammenti molto brevi e altri provenienti dai papiri, di maggiore estensione ma assai malridotti. Si occupò di tre settori tematici principali:

- la parodia mitologica ed epica: dei ed eroi erano raffigurati in situazioni grottesche, pavidi o irresponsabili. Protagonisti prediletti di questo genere sono Odisseo ed Eracle.
- il portare sulla scena figure o episodi della vita quotidiana, in cui va annoverata l'opera più famosa di Epicarmo, Speranza o ricchezza: un parassita che, dopo aver perlato delle gioie della propria vita e della sua astuzia, si ritrova nella notte solo e insonne sul giaciglio della propria casa. Quest'opera ha una forte valenza psicologica, in cui si condanna la vanteria che porta a miseria materiale e morale.
l'invenzione di pura fantasia.

Le opere di Epicarmo sono denominate "drammi". Sono composte in dialetto dorico e in metri vari, forse venivano interpretate da tre attori, la presenza del coro è incerta e il tipo di scena è ignoto.
Motivo caro a Epicarmo è il compiacimento gastronomico, ma ancora più tipico è l'atteggiamento filosofico o etico, attraverso il quale riesce a guardare con sottile ironia la condizione umana. Sembra essere il primo ad aver capito che la deformazione comica può coincidere con il realismo, e anche per questo può essere considerato il progenitore della commedia.
Anche il mimo nasce con Epicarmo, ma il primo a celebrarne la fioritura è Sofrone, in Sicilia. Egli costituì una lettura prediletta da Platone, che da lui prese la tecnica di raffigurazione psicologica dei personaggi. I suoi mimi erano maschili e femminili, a seconda del sesso, ma non si sa se fossero in forma di monologo o rappresentati con una dimensione scenica. La prosa era ritmica, i brani brevi e si riferivano alla vita comune.
Alla sfera popolare appartiene una forma di teatro comico che si diffuse soprattutto in Magna Grecia: è la farsa filiacica o ilarotragedia, introdotta da Rintone, che parodizza le grandi tragedie. Gli attori avevano un costume caratterizzato da un grosso fallo e da imbottiture esagerate, e salivano su un palcoscenico formato più che altro da una piattaforma movibile a cui si accedeva con una scaletta, tipico di attori girovaghi.

I poeti della commedia "antica"
Secondo Aristotele i primi comici ateniesi furono Chionide e Magnete, delle cui opere ci resta ben poco. Comunque sappiamo che consistevano probabilmente in prevalenza di parti corali inframmezzate da scene legate da un sottile filo conduttore.
Cratete fu il primo a costruire una commedia con un vero filo conduttore. Conosciamo, fra le altre, una sua commedia intitolata Bestie, in cui veniva descritta la vita semplice vista come un'utopia in cui l'uomo riceveva dalla natura tutto ciò di cui aveva bisogno, gli attrezzi lavoravano da soli e i pesci si cucinavano da soli, mentre un coro di animali celebrava la cucina vegetariana.
Ma il pubblico ateniese, alla semplicità di Cratete preferiva la polemica e i temi attuali di Ferecrate, della generazione successiva a Cratete. Il tema di fondo è sempre la comicità d'evasione e di fantasia, ma è posta in un ambiente diverso, si parla di civiltà, di regge... Comunque Ferecrate è famoso soprattutto per la purezza della lingua.
Colui che condusse alla pienezza la commedia attica fu Cratino (e non Cretino), la cui attività inizia con la seconda generazione dei comici (contemporaneo di Ferecrate). Abbiamo vari frammenti ma di un papiro riusciamo a ricostruire la storia. Si tratta di Dionisalessandro: Dioniso, travestito da Alessandro (Paride), giudica il concorso di bellezza tra le tre dee facendo vincere Afrodite. Rapisce Elena ma, sorpreso, la camuffa da oca e la nasconde in una cesta, trasformandosi a sua volta in un montone, ma veniva ugualmente scoperto da Paride. La commedia è attualissima, perché dietro le figure di Dioniso e Elena si nascondono Pericle e Aspasia, poiché Pericle era stato accusato di aver scatenato la guerra del Peloponneso per i suoi amori. Pericle viene spesso preso in giro da Cratino che lo beffeggia una volta per la testa a forma di cipolla.
Ma Cratino non ci parla solo di Pericle. Il suo capolavoro si intitola la Bottiglia: nei Cavalieri Aristofane, rivale ma anche ammiratore di Cratino (poiché da lui riprende molti temi), celebra il vigore giovanile del rivale che abbatteva con impeto ogni avversario, mentre ora si era ridotto ad essere un vecchio ubriacone passato di moda. Cratino risponde con grande fantasia, fingendo di essere stato chiamato in giudizio da sua moglie Commedia che lo accusava di averla abbandonata per Bottiglia: ma Cratino risponde con una lunga orazione in cui dice di non aver mai trascurato Commedia, mentre Bottiglia è un dono offertogli dal dio della commedia per sostentare la sua creazione, perché "il bevitore d'acqua non crea mai cose belle". Dopo la sua morte, Cratino verrà denominato da Aristofane "sbranatore del toro", un epiteto di Dioniso, attraverso il quale viene celebrata la sua divinizzazione e il furore della sua poesia.
Contemporaneo di Aristofane e suo maggior rivale fu Eupoli, appartenente alla terza generazione di comici. Composte 14 commedie e per la metà vinse un premio. Dapprima era amico di Aristofane, ma poi si accusarono a vicenda di plagio e litigarono. Con Eupoli la commedia esalta il suo carattere battagliero contro la prevaricazione del potere politico r la degenerazione in cui la città era trascinata dai demagoghi: nei Battezzatori si accusava Alcibiade di aver partecipato al culto orgiastico della dea Cotitto; nella Città si denunciava lo sfruttamento da parte di Atene delle città alleate. La più importante opera sono i Demi, densa di amarezza patriottica ma anche di speranza. La salvezza si trova solo nell'oltretomba e il buon governo è vivo solo nel ricordo.

Alcune commedie di Aristofane
- Acarnesi: il contadino Diceopoli vorrebbe che in assemblea si discutesse della pace e non si facessero buoni affari con la guerra. Poiché nessuno lo ascolta decide di stipulare un accordo di pace personale di 30 anni con Sparta, azione vista come un tradimento. Ma Diceopoli riesce a convincere coloro che lo accusano alla causa della pace e apre un mercato libero al quale accorrono tutti i venditori della Grecia. Rimpilzatosi di leccornie, Diceopoli si reca ad un banchetto di una festa, mentre il guerrafondaio Lamaco parte per la guerra: nella scena finale sono contrapposte le immagini di Lamaco ferito e sorretto dai compagni e quella di Diceopoli ubriaco sorretto da due ragazze.
- Cavalieri: è un attacco contro Cleone, uomo politico odiatissimo da Aristofane, rappresentato sotto le spoglie dello schiavo Paflagone, che con varie astuzie si è assicurato il favore del padrone (cioè il popolo). Altri due servi (tra cui anche uno che raffigura Demostene) ricorrono ad un Salsicciaio, ignorante e privo di freni morali, che si impone su Paflagone e ottiene al suo posto il favore del padrone. Nell'ultima scena viene esaltato Demos, che ora appare ringiovanito.
- Nuvole: il contadino Strepsiade ha sposato una donna di alto rango e ne ha avuto un figlio, che però non ha freno nello spendere. Ossessionato dai debitori, Strepsiade vorrebbe imparare da Socrate e dai suoi discepoli assistiti dalle Nuvole (il coro) l'arte di truffare, ma non impara nulla. Per cui manda suo figlio Fidippide a imparare, ma questi è talmente bravo che in una lite con il padre finisce per bastonarlo e lo convince che i figli hanno il diritto di bastonare i genitori. Accortosi dell'errore che ha fatto, Strepsiade corre ad incendiare il Pensatoio di Socrate.
- Vespe: le vespe, interpretate dal coro, rappresentano l'irascibilità dei politici e la litigiosità del popolo ateniese. Il vecchio Filocleone (cioè ammiratore di Cleone) è ossessionato dai processi e li vuole vedere tutti quanti. Per farlo restare un po' a casa, suo figlio Bdelicleone (cioè odiatore di Cleone) lo rinchiude in casa, mostrandogli l'assurdità del suo comportamento. Per calmare il vecchio che vuole fuggire in tribunale, Bdelicleone può solo improvvisare una causa contro un cane, dopodiché incita il padre a frequentare gente diversa. Ma in un banchetto il vecchio si comporta orribilmente, portandosi via una flautista e provocando zuffe e disastri.
- Pace: il vignaiolo Trigeo sale all'Olimpo per chiedere a Zeus quando ristabilirà la pace per i Greci. Ma al suo posto trova Ermes, che dice che Zeus e tutti gli dei se ne sono andati disgustati dal comportamento dei greci, ed è rimasto solo Polemos, dio della guerra, che ha imprigionato Eirene, la dea della pace e vuole mettere tutte le città della Grecia in un mortaio e ridurle in poltiglia. In un momento di distrazione di Polemos, Trigeo chiama tutti i Greci (il coro) per liberare la dea: ci riescono ed Eirene, accompagnata dalla dea dell'abbondanza e da quella della festa, porta la pace e la felicità ai Greci.
- Uccelli: due vecchi Ateniesi, Pisetero e Evelpide, disgustati dal comportamento dei cittadini, chiedono consiglio ad Upupa, che un tempo era stato il re Tereo. Insoddisfatto dei consigli dell'uccello, Pisetero decide di fondare nel cielo un regno degli uccelli riducendo così alla fame gli dei e Zeus, costringendolo a cedergli il suo potere. Il coro, formato dagli Uccelli, è d'accordo. Gli uomini perdono fiducia negli dei tradizionali che, alla fame, vengono ai patti: Pisetero, signore degli Uccelli, ha il diritto di succedere a Zeus.
- Tesmoforiazuse: Euripide viene a sapere che le donne, da lui spesso calunniate nelle tragedie, hanno deciso di vendicarsi in occasione delle Tesmoforie, una festa femminile. Per questo decide di mandare una spia da loro: vorrebbe mandare un suo amico effemminato, ma questo non si lascia convincere costringendo Euripide a ripiegare sul suo amico Mnesiloco, che però prende a calunniare i vizi delle donne proprio davanti a loro ed è scoperto. Nella seconda parte dell'opera vengono descritti vari tentativi di Euripide di liberare il suo amico, finché non riesce a sedurre la guardia grazie ad una prostituta, aiutato dal coro a cui aveva promesso di non calunniare più le donne.
- Lisistrata: l'ateniese Lisistrata, stanca della guerra, convince tutte le donne di Atene a non fare più l'amore con i mariti finché non sarà tornata la pace, e per di più nasconde il tesoro dello Stato necessario per la guerra. Forte è la contrapposizione tra i due cori (donne e vecchi di Atene) e fra Lisistrata e il funzionario che deve ritirare i soldi. Alla fine torna la pace e si festeggia.
- Rane: Dioniso ha deciso di scendere nell'Ade per riportare sulla terra Euripide, che ha lasciato vuota la scena della tragedia. Travestitosi da Eracle compie il viaggio, infastidito dal rumore delle Rane (il secondo coro). Il travestimento gli crea non pochi problemi. Giunto a destinazione si trova di fronte ad una disputa di cui diventa giudice fra Eschilo ed Euripide, che vogliono entrambi ottenere il titolo di poeta massimo dell'Ade. Dopo molte incertezze, Dioniso sceglie Eschilo per l'impegno politico e civile.
- Ecclesiazuse: le donne, insoddisfatte del governo maschile, si introducono travestite all'assemblea, guidate da Prassagora, per far passare proposte rivoluzionarie, tra cui quella di mettere tutti i beni in comune. Nella scena successiva vengono descritti gli esiti di questa proposta: alcuni tengono fede all'impegno, altri invece no. Buffa è la proposta che un giovane non possa fare l'amore con una ragazza se prima non ha soddisfatto una vecchia, per cui nella scena finale si vedono tre megere che si contendono i favori di un bel ragazzo.
- Pluto: il vecchio Cremilo è andato a consultare l'oracolo di Apollo a Delfi, e gli è stato ordinato di ospitare in casa la prima persona incontrata davanti al tempio: è Plauto, il dio della ricchezza, la cui cecità crea le ingiustizie a riguardo sulla terra. Portato in un tempio, Plauto guarisce e la ricchezza viene distribuita equamente. Lo stesso Zeus è costernato perché gli uomini non offrono più sacrifici agli dei. Cremilo, visti gli inconvenienti, decide di insediare il dio nel tempio di Atena.

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