Concetti Chiave
- La demografia analizza la crescita e la distribuzione della popolazione, influenzata da fattori naturali e sociali come natalità, mortalità e flussi migratori.
- I modelli demografici si suddividono in tre fasi: preindustriale con tassi alti di natalità e mortalità, transizione con calo della mortalità, e postindustriale con crescita zero o decremento.
- La distribuzione della popolazione è irregolare, influenzata da fattori come clima, morfologia del territorio e risorse disponibili; alcune aree restano meno popolate a causa di condizioni sfavorevoli.
- La storia del popolamento umano è segnata da fasi di crescita lenta, rivoluzioni agricole e industriali, e migrazioni, con impatti demografici e territoriali significativi.
- I moderni flussi migratori sono motivati da fattori economici e sociali, con l'emigrazione che contribuisce a riequilibrare popolazioni, ma anche a creare tensioni sociali nei paesi di accoglienza.
La popolazione
La demografia studia la crescita della popolazione; l’evoluzione quantitativa è determinata da vari indicatori(natalità, mortalità, speranza di vita,..) mentre la distribuzione degli abitanti sul territorio dipende da fattori naturali(clima) e sociali(flussi migratori)
Le tre fasi del modello teorico : studia gli stadi dell’evoluzione demografica
Prima fase: caratterizzata da una società preindustriale, primitiva, basata sull’agricoltura contraddistinta da un regime demografico tradizionale (tassi di natalità e mortalità elevati -> popolazione stabile poiché cresce lentamente e in modo irregolare)
Seconda fase (transazione demografica): ha caratterizzato la dinamica demografica nel corso del processo di industrializzazione, si divide in 2 tappe:
1) il tasso di natalità rimane elevato, quello di mortalità cala notevolmente grazie al miglioramento del tenore di vita e delle condizioni igienico-sanitarie per cui la popolazione aumenta considerevolmente e si allunga la durata media della vita ;
2) calano sensibilmente le nascite per cui la popolazione cresce ma in modo lento.
terza fase: caratterizza le società postindustriali (economicamente avanzate) e ha un REGIME demografico moderno (tasso di natalità diminuisce fino ad eguagliare quello di mortalità-> crescita 0 o decremento della popolazione)
I Paesi in regime di transizione : La maggior parte dei paesi africani è uscita da un regime demografico tradizionale e mostra caratteristiche della 1 tappa di transizione; Nell’Asia meridionale e sud-orientale e in alcuni paesi dell’America Latina la transizione è iniziata da tempo; La Cina sta entrando in un regime demografico moderno.
I Paesi a regime demografico moderno : Quasi tutti i paesi europei oltre a Stati Uniti, Canada, Argentina, Giappone, Australia e Nuova Zelanda si trovano nella terza fase; L’Italia si avvia verso la crescita 0.
La distribuzione della popolazione
Ecumene,
Anecumene,
Subecumene
Periecumene
Una distribuzione irregolare: Gli abitanti della Terra si distribuiscono sulla superficie in modo disomogeneo->le diverse aree dell’ecumene non sono mai state popolate con la stessa intensità.
Le differenze di densità : I valori della densità demografica variano sia da un paese all’altro dello stesso continente, che all’interno di uno stesso Stato da regione a regione.
I fattori climatici e ambientali che influenzano il popolamento:
Condizioni climatiche favorevoli sia alla vita umana che a quella dei vegetali per rendere più produttiva l’agricoltura
Morfologia del territorio (spazio sufficiente per consentire grandi concentrazioni di popolazione)
Vicinanza al mare(rende più mite il clima, favorisce i commerci e i contatti)
Fertilità del suolo
Presenza di risorse da poter sfruttare
Gli ambienti meno ospitali : Caratterizzati da condizioni climatiche e ambientali sfavorevoli come freddo eccessivo, aridità o caldo umido.
Essi sono:1) Zone di alta montagna e regioni polari: l’insediamento umano varia con la latitudine. L’Antartide è disabitato e nelle regioni artiche e sub-artiche di Canada e Groenlandia vivono piccole comunità di lapponi e eschimesi.
2) Deserti caldi e freddi poiché le precipitazioni sono scarse e la siccità rende impraticabile agricoltura e allevamento se non in prossimità delle oasi (Africa-> Sarah, Namibia; Asia centrale->Gobi)
3) Foreste pluviali, tropicali ed equatoriali poiché il clima rende i suoli poveri e vi è troppa vegetazione spontanea (Amazzonia)
I fattori storico-culturali : A partire dal XVIII secolo il più importante fattore di formazione di insediamenti a elevata concentrazione è stato lo sviluppo delle aree urbano-industriali (meno legate alle caratteristiche fisico-ambientali del territorio).
Le aree a più alta densità : sono le aree più sviluppate con efficienti sistemi politici, economici, sociali.
Il 60% dell’umanità vive in tre grandi regioni:
1) Europa (la popolazione vive prevalentemente nelle aree urbane; la zona con maggior densità è l’Europa Centrale; vi è un urbanizzazione continua e i piccoli paesi sono aumentati di dimensione e si sono uniti alle grandi città)
2) Nord-est dell’America Settentrionale (si è verificato uno sviluppo demografico a partire dall’arrivo dei coloni europei; è una realtà urbana economicamente altamente sviluppata e la costa atlantica è particolarmente abitata)
3) Estremo Oriente e il sub-continente indiano (si estende da Giappone e Corea fino a Giava e Sri Lanka comprendendo India e Cina; India e Cina sono i paesi più popolati al mondo con oltre un terzo della popolazione mondiale; la densità di popolazione è alta sia nell’ambiente urbano che rurale)
La storia del popolamento
L’umanità è presente sulla Terra da circa 3-4 milioni di anni e in questo tempo si è imparato a usare il
territorio e l’ambiente naturale modificandoli sempre più profondamente; questa umanizzazione è andata di pari passo con la lenta crescita demografica.
La rivoluzione neolitica : prima l’uomo si dedica all’allevamento (popolazione Nomadi) poi all’ agricoltura (popolazione Sedentarie). Tra il X e il V secolo a.c. con la diffusione dell’agricoltura e dell’allevamento aumentò la disponibilità alimentare; ciò aumentò ulteriormente con l’invenzione di nuovi attrezzi agricoli. L’agricoltura stabile segnò l’affermazione della città.
Una lenta progressione : dal Neolitico fino alla metà del XVIII secolo la crescita della popolazione ha coinciso con l’aumento delle risorse disponibili; gli incrementi demografici venivano fermati poiché non si riusciva a soddisfare le esigenze alimentari di tutta la popolazione e quindi aumenta il tasso di mortalità
Il ruolo della Rivoluzione industriale : L’aumento di popolazione avvenne grazie soprattutto alla Rivoluzione industriale che consentì un ritmo di crescita della produzione maggiore di quello della popolazione, il livello di vita è così via via migliorato grazie a diversi fattori (maggiore disponibilità di risorse alimentari, progressi della medicina, diffusione di corrette pratiche igienico-sanitarie)
Gli squilibri demografici e i flussi migratori : L’enorme aumento della popolazione europea determinò una forte pressione demografica e quindi una conseguente difficoltà a recuperare le risorse necessarie per soddisfare la popolazione e squilibri territoriali:
le campagne erano sovrappopolate
la manodopera non trovava lavoro stabile nelle fabbriche.
Perciò tra il 1850 e il 1914 iniziarono le migrazioni oltreoceano per cercare di “far fortuna”. Le principali mete erano America Settentrionale (Stati Uniti, Canada), America Meridionale (Argentina, Brasile) e Australia; ciò fu facilitato dallo sviluppo dei trasporti marittimi, veloci ed economici.
Il flusso non fu regolare:
in occasione di eventi catastrofici (es. carestia irlandese) l’emigrazione era un esodo di massa
durante la Prima Guerra Mondiale la corrente migratoria si interruppe
dopo il conflitto la portata del flusso migratorio si ridusse a causa delle leggi restrittive degli Stati Uniti
L’evoluzione demografica nei continenti extra-europei : Le vicende più importanti partono dalle colonizzazioni fatte dagli europei i quali colonizzarono quasi ogni angolo dell’ecumene con imponenti flussi migratori.
Le conseguenze della conquista europea : In America, Africa e Australia la conquista europea determinò:
popolamento di aree disabitate o quasi
sterminio o deportazione delle popolazioni indigene per farli lavorare come schiavi.
Il bilancio demografico registrò a lungo una ridottissima crescita se non un calo.
Nell’America Settentrionale (XVII) le popolazioni indigene vennero decimate dalle guerre, dalle malattie importate dai conquistatori (nei confronti delle quali non avevano sufficienti difese immunitarie), dalla schiavitù. La stessa spettò ai nativi australiani (Aborigeni) e della Nuova Zelanda (Maori).
In Africa(tra il XVII e XVIII) la tratta degli schiavi comportò che 15 milioni di persone vennero vendute come schiavi e trasportate nelle Americhe per essere impiegate come manodopera in sostituzione agli indigeni.
Le dinamiche demografiche attuali
Una realtà disomogenea : La crescita demografica è avvenuta in modo differente a seconda dei continenti o delle aree riflettendo così una realtà poco omogenea:
Nei paesi altamente sviluppati la popolazione è aumentata di pochissimo e, in alcuni casi, è in via di diminuzione; i tassi di natalità sono crollati, fino a raggiungere anche valori negativi;
Nei paesi a sviluppo intermedio e in quelli meno avanzati si è avuta una vera e propria esplosione demografica. A una forte diminuzione della mortalità, si sono associati tassi di fecondità e di natalità elevatissimi.
Sempre più anziani nei paesi altamente sviluppati : Il fenomeno che i paesi industrializzati stanno vivendo viene definito invecchiamento demografico (elevato indice di vecchiaia). Le cause principali sono 2:
denatalità che, riducendo il numero dei giovani, rischia di non garantire più il rinnovo delle generazioni;
l’aumento della durata media di vita, particolarmente elevata se confrontata con quella di altre regioni del mondo.
L’invecchiamento demografico, tuttavia, non proseguirà in definitivamente: per esempio, si calcola che già nel 2030-2040 in molti paesi dell’UE (anche senza considerare il peso che in futuro avranno gli immigrati) verrà raggiunto un nuovo equilibrio in cui le fasce di età saranno più bilanciate.
L’invecchiamento della popolazione crea diversi problemi di ordine sociale ed economico: gli anziani hanno maggior bisogno di assistenza, mentre le famiglie ristrette sono sempre meno in grado di provvedere ai parenti non autosufficienti; i sistemi previdenziali sono sottoposti a una forte pressione, aumentando il numero di pensioni da pagare, diventa necessario aumentare la pressione tributaria.
Alcuni paesi europei vicino alla crescita zero, hanno adottato strategie per favorire la ripresa delle nascite, prevedendo aiuti finanziari, sgravi fiscali e sussidi per le famiglie numerose o per le coppie che decidono di avere un figlio.
Famiglia e denatalità nei paesi sviluppati : La diminuzione della natalità è il risultato di un insieme di trasformazioni economiche e sociali avvenute nel tempo dall’urbanesimo. Queste hanno modificato anche la mentalità e le abitudini, circa il 70% delle donne fa ricorso a metodi contraccettivi.
Tutto ciò ha profondamente cambiato la struttura della famiglia: dalla famiglia allargata che poteva badare gli anziani in casa, si è passati alla famiglia ristretta, composta solo da genitori e pochi figli.
È anche aumentato il numero di famiglie mononucleari, cioè formate da un solo componente.
La forte natalità nei paesi meno avanzati : Nei paesi avanzati la popolazione aumenta ogni anno. A una sensibile diminuzione della mortalità si affiancano tassi di fecondità ancora molto elevati. La crescita della popolazione, nelle aree del mondo meno avanzate, non è stata sostenuta da un adeguato sviluppo economico e spesso i modesti progressi realizzati sono stati assorbiti dal vorticoso aumento demografico. Per molti di questi paesi, la crescita demografica rischia dunque di trasformarsi in ristagno economico.
Gli squilibri demografici : Nei paesi meno avanzati si verifica una situazione opposta a quella nella aree sviluppate. In questi paesi a partire dagli anni 70 del XX secolo, i governi hanno promosso politiche demografiche finalizzate alla limitazione delle nascite con la diffusione di metodi contraccettivi e di pianificazione familiare, anche cercando di aumentare l’età del matrimonio e queste politiche hanno ridotto il tasso di fecondità.
I flussi migratori moderni
Motivi delle migrazioni :
Diversi tipi di migrazioni :
Le migrazioni interne di ieri e di oggi : In Italia, nel corso degli anni 50-60 vi sono state migrazioni interne dal sud al nord e spostamenti, in tutte le regioni, dalle aree rurali a quelle urbane e da quelle di montagna a quelle di pianura.
Oggi nei paesi industrializzati gli spostamenti dalle campagne alle città sono poco rilevanti e spesso compensati da movimenti opposti. Nei paesi a sviluppo intermedio e in quelli meno avanzati le migrazioni sono dovute a condizioni peggiori dei paesi sviluppati e spesso si ritrovano in condizioni peggiori di quelle da cui sono scappati.
Le migrazioni internazionali : Negli ultimi decenni le principali aree di attrazione sono l’America del Nord e alcuni paesi dell’Europa occidentale (emigranti provenivano da Africa, Sud America e Asia).
Tra il 1990 e il 2000, USA e Canada hanno accolto oltre 11 milioni di emigranti e i paesi dell’UE 12 milioni di persone. Altre mete di immigrazione sono stati Israele, Penisola Arabica e Hong Kong.
Le aree di fuga : Le aree di fuga coinvolgono quasi tutti i paesi meno avanzati e quelli dell’Europa orientale, nei quali la corrente migratoria ha ripreso vigore dopo la caduta dei regimi comunisti. I paesi di emigrazione sono: in America il Messico, in Asia le Filippine, tutta l’Africa, in Europa la Polonia, la Romania e i paesi balcanici.
Vantaggi e problemi dell’emigrazione : L’emigrazione ha vantaggi e svantaggi, sia nei paesi di arrivo, sia in quelli di partenza.
Le conseguenze per i paesi di accoglienza : Per i paesi industrializzati, i vantaggi dell’immigrazione straniera sono numerosi: gli immigrati contrastano il calo della popolazione e la tendenza all’invecchiamento; gli immigrati forniscono manodopera a basso costo e si adattano a fare mestieri faticosi e pericolosi, spesso rifiutati dai lavoratori locali; vi sono casi in cui hanno portato competenze e capacità non reperibili in loco. Le nuove migrazioni creano anche diversi problemi, in primo luogo quello dell’integrazione con la popolazione residente, infatti esiste una grande distanza culturale tra paesi di origine e paesi di accoglienza che porta, insieme all’immigrazione clandestina che ha stretti legami con le attività illegali, a generare tensioni sociali, insofferenza e ostilità verso gli stranieri.
Le conseguenze per i paesi di partenza : Nei paesi di partenza l’emigrazione consente di ridurre la pressione demografica e di contenere la disoccupazione. Anche gli invii delle rimesse costituisce una voce importante nel bilancio di questi stati. Il risvolto negativo è un impoverimento complessivo della società, poiché ad andarsene sono giovani in età da lavoro, spesso diplomati o laureati, vittime della disoccupazione intellettuale. In certi casi, però, il ritorno in patria di questo tipo di emigranti rappresenta un forte fattore di crescita (India).
I rifugiati nel mondo (p.109) : Nel 2003 il numero di rifugiati nel mondo era di 18 milioni con una diminuzione del 20% rispetto al 2001. Il motivo di questa diminuzione va attribuito all’impegno della comunità internazionale nell’elaborare interventi che hanno migliorato in maniera duratura la situazione presente nei luoghi di origine dei profughi; in tal modo milioni di individui poterono fare ritorno ai paesi d’origine. Si cerca di fare rimpatriare volontariamente queste persone, quando ciò non è possibile, si cerca di favorire l’integrazione dei rifugiati nel paese di primo asilo o il loro re insediamento in un altro paese.
Le tre fasi delle migrazioni internazionali (p.112-113)
- prima fase: nel secondo dopoguerra fino al 67 le migrazioni hanno risposto a una forte domanda di lavoro nelle aree di attrazione, in particolare i paesi industrializzati dell’Europa centro-nord, in fase di ricostruzione economica dopo la guerra (Piano Marshall). In questi anni le principali aree di emigrazione furono soprattutto: i paesi dell’Europa meridionale con destinazione Francia, Belgio, Germania e Svizzera; Algeria, Turchia, Irlanda e i paesi del Commonwealth. In questo periodo le migrazioni erano temporanee, talvolta definitive. Quasi sempre era il capofamiglia che rischiava il licenziamento in caso di recessione economica.
- seconda fase: dal 67 al 75, le migrazioni internazionali risentirono dei contraccolpi della crisi economica che si delineò a partire dal 67 perlopiù dopo il 73-74 le migrazioni furono contrastate dei paesi di attrazione. Ciò era dato da una grave disoccupazione che cominciava a colpire anche la popolazione residente. Tale disoccupazione era provocata da 2 fenomeni: lo sviluppo di tecnologie avanzate e lo spostamento di molte attività (delocalizzazione). Ciò nonostante le correnti migratorie non si arrestarono, ma aumentarono i clandestini collocandosi in settori lavorativi come l’edilizia, la distribuzione o il lavoro domestico. Ciò portava a soddisfare le domande di lavoro spesso rifiutate dalla popolazione residente o entrando in concorrenza con i residenti, accettando minori garanzie sociali e minori salari.
- terza fase: dal 75 a oggi, le migrazioni internazionali sono aumentate a un ritmo accelerato coinvolgendo un numero sempre maggiore di paesi di partenza e di arrivo.
In tale fase assistiamo a un sovrapporsi di fattori di fuga e fattori di attrazione:
-i fattori di fuga hanno sicuramente un ruolo dominante, dato il progressivo peggioramento delle condizioni di vita in alcuni paesi. La mancanza di prospettive economiche costituisce infatti la molla che spinge i giovani dei paesi poveri a una fuga di massa; anche le guerre e i disastri ecologici sono tra le cause di migrazione;
-tra i fattori di attrazione c’è la domanda di manodopera a basso costo dei paesi industrializzati;
-i radicali mutamenti nel sistema politico internazionale hanno permesso il formarsi di nuovi flussi migratori.
Ci sono anche migrazioni da paesi industrializzati ad altri sempre industrializzati (fuga dei cervelli).
Il fenomeno dell’urbanizzazione (p.120-121-122)
Una crescita urbana differenziata : Negli ultimi decenni la crescita della popolazione urbana si è differenziata a seconda delle aree geografiche e dei livelli di sviluppo economico:
-nei stati industrializzati la percentuale della popolazione urbana è superiore del 65% e il tasso si crescita si è assestato al di sotto dello 0,8%;
-nei paesi europei di più antica industrializzazione i tassi si urbanizzazione sono superiori all’85% e l’inurbamento è cessato da decenni;
-nei paesi a sviluppo intermedio e in quelli meno avanzati l’urbanizzazione ha avuto inizio dopo la seconda guerra mondiale e la loro popolazione urbana oggi cresce 3 volte più velocemente di quella dei paesi avanzati anche se gli stati con la popolazione urbana più bassa sono proprio quelli poveri.
La crisi della città nei paesi sviluppati : L’eccessiva concentrazione di attività e di persone provoca un progressivo aumento della congestione, con l’annullamento dei vantaggi derivanti dalla prossimità e la forte riduzione della mobilità. Gli svantaggi del vivere in città sono sempre più evidenti e incoraggiano l’abbandono dei centri più congestionati. Gli svantaggi sono: traffico eccessivo, inquinamento atmosferico, acustico e luminoso. La crisi urbana appare molto drammatica nelle grandi città e porta a una crescente difficoltà delle Pubbliche amministrazioni di far fronte alla domanda di infrastrutture tecnologicamente avanzate e costose.
Spesso le municipalità metropolitane non possiedono gli strumenti amministrativi per gestire la complessità di sistemi urbani ormai integrati con i territori circostanti, molto vasti e che sfuggono al loro potere di controllo.
L’esplosione urbana negli altri Paesi : L’esplosione urbana nei paesi a sviluppo intermedio e meno avanzati è molto diversa rispetto a quella avvenuta nell’Europa del XIX secolo: nei paesi meno avanzati nelle città abbiamo un ritmo di crescita elevato, un incremento naturale della popolazione e una migrazione dalle campagne.
Nelle campagne dei paesi meno avanzati non sono avvenute le stesse trasformazioni produttive e l’eccesso di manodopera è determinato soprattutto dall’incremento demografico, dalla crisi ambientale e dalla sottrazione di suoli utili all’agricoltura tradizionale. Alla crescita impetuosa della metropoli, corrisponde un mercato del lavoro incapace di assicurare l’integrazione degli immigrati e un precario sistema di infrastrutture urbano (finiscono nelle bidonville dove non hanno acqua, fognature, mezzi pubblici, istruzione e ospedali, dove il lavoro è difficile da trovare e dove ci sono montagne di rifiuti).
Tutto ciò potrebbe essere limitato attraverso il rallentamento dei ritmi di inurbamento, riducendo gli investimenti governativi nelle grandi città e migliorando i redditi agricoli.
La città sostenibile (p.123) : in molte città del mondo le veloci trasformazioni del territorio, soprattutto nelle periferie, sfuggono al controllo e alla pianificazione: il risultato è che i grandi agglomerati urbani crescono senza strada, acquedotti, reti fognarie, trasporti pubblici, scuole ed ospedali. I governi e le amministrazioni locali fino pochi decenni fa non sono stati in grado di assicurare le infrastrutture necessarie alle società urbane. Con l’acutizzarsi dei problemi legati all’esplosione urbana(crisi urbana) sono stati lentamente accettati e discussi i principali problemi di queste metropoli: sovrappopolamento, povertà, disoccupazione, degrado sociale e ambientale. A tale scopo, dal 1992, le Nazioni Unite hanno promosso numerose conferenze per valutare i problemi delle città ed in particolare con il programma Agenda 21(1992 a Rio), l’ONU ha elaborato un piano di azione di lungo termine nella direzione della sostenibilità ambientale.
Città e funzioni (p.124-125-126-128-129)
Il peso demografico delle città : A seconda del numero di abitanti, è possibile distinguere: le città plurimilionarie o milionarie(pop. > di 1milione); le grandi città(pop. tra 1milione e 500000) ; le città medio - grandi(pop. tra 500000 e 100000); le piccole città(pop. tra 100000 e 20/30000). La metropoli ha più di 10 milioni di abitanti.
Le funzioni delle città : In base alle funzioni prevalenti che le città svolgono e alle attività principali dei loro abitanti è possibile distinguerle in : città industriali ; commerciali ; politico – amministrative ; d’arte e di cultura ; turistiche. Spesso però una città svolge più di una funzione e presenta quindi un carattere multifunzionale.
Il raggio di influenza delle città : il raggio di influenza delle varie funzioni è proporzionale all’importanza della città:
- la popolazione che vive fuori dei confini urbani, a una distanza accessibile, è attratta dai servizi che la città è in grado di offrire: scuole superiori, negozi specializzati, cinema e teatri;
- buona parte di coloro che risiedono nei piccoli insediamenti fuori città raggiungono quotidianamente il centro urbano per lavorarvi;
- sui mercati generali, ubicati nei centri maggiori, confluiscono le merci prodotte entro i confini della loro area di gravitazione per essere commercializzate all’esterno;
- nelle città più importanti, le sedi direttive dell’amministrazione pubblica e delle imprese decidono l’assetto territoriale di una regione più o meno ampia che ricade sotto la loro sfera di influenza.
Le principali città sono le capitali politiche ed economiche che possono avere un influenza anche sovranazionale.
La segmentazione dello spazio urbano : La caratteristica essenziale dello spazio nelle città contemporanee è l’estrema diversificazione: un porto, un impianto industriale, un complesso, un centro commerciale sono solo alcuni dei molti ambienti che compongono il paesaggio urbano del mondo odierno. Nelle moderne metropoli lo spazio è stato segmentato in quartieri distinti a seconda della funzione prevalente: residenziale, commerciale, ind.le, amministrativa. I quartieri residenziali, a loro volta, si differenziano in base alla condizione economica e sociale della popolazione:
- i ceti più agiati occupano i quartieri più prestigiosi dove la qualità della vita è maggiormente elevata;
- le categorie sociali meno abbienti occupano le zone più degradate, sprovviste di servizi in cui attività artigianali e ind.li coesistono con le funzioni residenziali. Nelle grandi metropoli la segregazione etnica e sociale porta alla formazione dei ghetti.
Il centro : Ogni città possiede un centro, i cui confini sono spesso di difficile definizione. Nel centro abbiamo un’esclusiva presenza di uffici, ma il centro è anche un luogo di consumo dove la gente si reca per fare acquisti nei grandi magazzini o nelle boutique specializzate. Brulicante e intasato dal traffico durante il giorno, il centro si svuota la notte, fatta salva qualche strada dove si concentrano i cinema, i teatri e i caffè alla moda. L’abbandono del centro da parte degli abitanti a vantaggio degli impiegati è un processo in atto da almeno un secolo nelle maggiori metropoli come Londra, Berlino, Parigi.
Il policentrismo nelle grandi metropoli : A Parigi, per esempio, il centro politico, quello degli affari e quello culturale sono distinti pur essendo contigui: le funzioni politiche sono localizzate a cavallo della Senna ; il centro degli affari si colloca sulla riva e si spinge lungo gli Champs-Elysées ; un nuovo centro amministrativo, culturale e scientifico (la Défense) è sorto per ospitare le sedi delle numerose società internazionali ; il “quartiere latino” invece è ancora il cuore culturale della metropoli parigina con la prestigiosa università della Sorbonne.
Le periferie : le periferie si differenziano dai centri per una minore compattezza dell’edificato e per la destinazione residenziale, commerciale e ind.le Le attività sono in genere poco diversificate e spesso le periferie assumono la connotazione di “quartieri dormitorio”.
Paesaggi diversi : le periferie, cresciute a discapito dello spazio rurale grazie alla rivoluzione dei trasporti, hanno assunto nella loro espansione forme differenti: alcune sono cresciute in modo omogeneo in tutte le direzioni ; altre si sono sviluppate lungo gli assi viari, acquisendo forme tentacolari, stellari o assiali.
L’anello periferico più antico delle città occidentali si è costituito in occasione delle prime fasi dell’industrializzazione, sviluppandosi in maniera disordinata con fabbriche e residenze operaie.
Le aree suburbane : col dilatarsi dei confini urbani, si sono costituite aree intermedie tra le città e la campagna. Qui tende a concentrarsi quasi per intero lo sviluppo industriale e residenziale.
Il ruolo dei trasporti : l’evoluzione tecnologica dei trasporti, provocando l’abbassamento dei costi a parità di spazio percorso, rende accessibili dai vecchi centri urbani spazi sempre più vasti, nei quali sono possibili un tipo di sviluppo policentrico e una struttura dei collegamenti più flessibile. Un fenomeno sempre più rilevante è quello del pendolarismo quotidiano tra sobborghi, città – satellite e quartieri centrali.
Le baraccopoli (p.127) : la maggior parte del flusso demografico che raggiunge la città va a incrementare la fascia degli insediamenti abusivi che circondano l’area edificata. Si tratta di costruzioni temporanee sprovviste dalle infrastrutture di base e dei servizi elementari. Soddisfare le esigenze basilari della vita quotidiana risulta in genere molto difficoltoso, un esempio è quello dell’acqua: siccità e scarsa disponibilità, difficoltà finanziarie, organizzative e infrastrutturali. Le altre problematiche sono costituite dai trasporti e dai rifiuti.
Agglomerazioni e conurbazioni (p.131) : area metropolitana: è costituita da una città di grandi dimensioni(metropoli) e da piccoli comuni che la circondano; metropoli : città di grandi dimensioni in cui si concentrano persone, attività produttive, servizi e che esercita una notevole influenza economica e culturale sul territorio circostante.
A partire dalla seconda metà dell’ 800 son comparse nuove strutture urbane:
-agglomerazione: espansione territoriale di un sol nucleo urbano principale che ingloba piccoli nuclei preesistenti
-conurbazione: congiunzione di centri che si ingrandiscono e si uniscono mantenendo la loro identità e autonomia; ha una configurazione e un’organizzazione territoriale più complessa della città.
Le città nel territorio (p.132-133-134)
Le città ricoprono il ruolo di centri erogatori di servizi diventando importanti nodi nella rete urbana; Con le trasformazioni intervenute nell’organizzazione delle reti urbane sono emerse nuove entità territoriali:
Le regioni città : (popolata da alcuni milioni di abitanti) sono organizzate intorno ad un sistema di città che garantisce servizi. Al livello più elevato della gerarchia urbana vi è la metropoli che funge da centro di direzione, animazione economica, coordinamento.
Le megalopoli : insieme di metropoli, aree metropolitane, agglomerazioni e conurbazioni che si estendono su vasti territori collegati insieme da una fitta rete di relazioni terziarie e quaternarie.
La megalopoli degli Stati Uniti : (50 milioni di abitanti, 300 abitanti per km/quadrato) La più importante si affaccia sulla costa nord-atlantica per 600km lungo l’asse Washington - Boston; tutte le città si diramano in più direzioni attorno al nucleo originario. I principali punti di riferimento sono nelle aree metropolitane di New York, Boston, Filadelfia..esse sono collegate da stretti e rapidi rapporti di scambio e comunicazioni e ospitano multinazionali mondiali e università prestigiose> si dipartono reti di controllo dell’attività economica e flussi di innovazione diretti in tutti gli Stati Uniti.
Quella sulla costa pacifica si estende per 800km. La sua crescita è legata alla scoperta delle risorse della zona (oro,petrolio,agricoltura,turismo). Qui inoltre grazie a un processo di “terziarizzazione e industrializzazione” sono inglobati centri famosi per l’informatica e l’alta formazione
Quella nella regione dei Grandi Laghi centrali ha connessioni con le grandi aree urbane canadesi.
La megalopoli giapponese : La megalopoli del Tokaido si estende per 300km sul fronte marittimo orientale dell’arcipelago; ospita più della metà degli abitanti del Paese e le aree metropolitane delle città più importanti ( Tokyo, Yokohama, Nagoya,Kyoto,Osaka,Kobe).
La megalopoli cinese : Copre una superficie di 50.000 km/quadrati nella provincia sud-orientale de Guandong comprendendo città come Hong Kong, Shenzhen, Canton, Macao, Zhunhai. Questa megalopoli funziona come una singola unità che si mantiene in contatto con le aree rurali, grazie a una fitta e potente rete di comunicazioni. Alla base della formazione di questa megalopoli vi sono due processi: apertura della Cina all’economia globale e la strategia competitiva delle aziende di Hong Kong (manodopera a basso costo, decentralizzazione della produzione industriale nel delta del Fiume delle Perle.
Città del Messico, l’antimegalopoli (p.135) : Occupa una vastissima superficie ma la crescita non è stata di tipo policentrico come nelle altre megalopoli.. la crescita è stata di tipo monocentrico con un’immensa agglomerazione con oltre 20milioni di abitanti. E’ diventata il centro economico, finanziario e culturale del paese ma operando migliaia di imprese,circolando milioni di autoveicoli ecc.. sono stati registrati tassi elevatissimi di inquinamento.
Giacarta, metropoli di un Paese in via di sviluppo (p.136) : Giacarta, capitale dell’ Indonesia è tra i paesi a sviluppo intermedio più popolosi (11 milioni di abitanti). Al suo interno si trovano floride attività ma anche disoccupazione e povertà.
L’incremento urbano è dovuto agli insediamenti abusivi e dalle baracche che circondano la zona centrale estendendosi su varie aree periferiche. La rete idrica è inadeguata mentre quella fognaria è inesistente.
Los Angeles, metropoli di un Paese altamente sviluppato (p.137)
Dopo New York è la seconda metropoli degli Stati Uniti; è caratterizzata da un enorme espansione dell’area urbana. L’intera area urbana ospita 12 milioni di abitanti.
E’ troppo estesa e non possiede alcuna forma riconoscibile. La densità dei veicoli circolanti è elevatissima ma il traffico in genere non è congestionato (ad esclusione delle ore di punta) grazie ad un efficiente rete viaria. Qui l’autostrada è fondamentale ed è diventata una forma di trasporto di massa che sostituisce la metropolitana delle altre città. La cosa negativa è l’enorme produzione di inquinamento dell’aria. A volte si inducono gli smog alert in cui per anziani e bambini non è consigliabile uscire.
Domande da interrogazione
- Quali sono le tre fasi del modello teorico dell'evoluzione demografica?
- Quali fattori influenzano la distribuzione della popolazione sulla Terra?
- Come ha influenzato la Rivoluzione industriale la crescita demografica?
- Quali sono le conseguenze dell'invecchiamento demografico nei paesi sviluppati?
- Quali sono le principali aree di attrazione per le migrazioni internazionali moderne?
Le tre fasi sono: la prima fase caratterizzata da una società preindustriale con tassi di natalità e mortalità elevati; la seconda fase di transizione demografica durante l'industrializzazione con un calo della mortalità e successivamente delle nascite; la terza fase postindustriale con tassi di natalità e mortalità simili, portando a crescita zero o decremento della popolazione.
La distribuzione della popolazione è influenzata da fattori naturali come il clima e la morfologia del territorio, e da fattori sociali come i flussi migratori. Le aree più densamente popolate sono quelle con condizioni climatiche favorevoli, vicinanza al mare e risorse naturali.
La Rivoluzione industriale ha permesso un aumento della popolazione grazie a un ritmo di crescita della produzione superiore a quello della popolazione, migliorando il livello di vita attraverso una maggiore disponibilità di risorse alimentari e progressi nella medicina e nelle pratiche igienico-sanitarie.
L'invecchiamento demografico nei paesi sviluppati porta a problemi sociali ed economici, come la necessità di maggiore assistenza per gli anziani, pressione sui sistemi previdenziali e la necessità di strategie per favorire la ripresa delle nascite.
Le principali aree di attrazione per le migrazioni internazionali moderne sono l'America del Nord e alcuni paesi dell'Europa occidentale, che accolgono emigranti provenienti da Africa, Sud America e Asia.