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Concetti Chiave

  • Il principio d'identità nel pensiero tedesco dell'800 sottolinea che la vita è volontà di vita, dove ogni contenuto è un inganno e il significato risiede solo nella volontà stessa.
  • Schopenhauer e Nietzsche vedono la vita come un esercizio di volontà che si auto-afferma, rendendo irrilevanti i contenuti e i fini, che sono solo pretesti.
  • Hegel riconosce la lotta tra identico e diverso, ma alla fine trionfa l'identico, con la ragione che coincide con se stessa.
  • Il pensiero tedesco è dominato dal monismo, un'ossessione per l'identità che non valorizza la diversità e la pluralità.
  • Il pessimismo di Schopenhauer si fonde con un relativismo assoluto, dove le forme e i contenuti sono travestimenti ingannevoli della volontà eterna.

Indice

  1. La volontà di vita
  2. Il pensiero tedesco dell'800
  3. Il monismo metafisico

La volontà di vita

Dire che la vita è volontà di vita significa asserire un’apparente tautologia, a tutta prima potrebbe non comunicarci alcunché; in realtà essa ha un significato molto preciso: vuol dire che la vita deve cercare solo in se stessa il fine, ma cercare solo in se stessa, come volontà di vita, come vita che vuole la vita, significa che ogni scopo della vita è semplicemente un inganno. Ogni contenuto della vita è inganno, ogni fine o oggetto, tutto sarebbe inganno. Per Schopenhauer la vita trova solo nella più radicale immanenza il suo fine: ogni fine della vita sarebbe semplicemente un pretesto mediante cui si afferma la volontà della vita; sicché i contenuti sono indifferenti e ciò che conta è solo la forma: la vita che vuole solo la vita è un puro formalismo. È come se i contenuti, i fini e gli ideali che guidano la vita di un uomo non contassero nulla; la vita che vuole se stessa è il trionfo del principio d’identità.

Il pensiero tedesco dell'800

L’idealismo tedesco, il pensiero di Schopenhauer e di Nietzsche, non escono dalla logica del principio d’identità, cioè da A=A: il principio sancito da Fichte ritorna in tutto il pensiero tedesco dell’800. È come se ciò che differente non fosse importante: o è inganno, o è simulacro, pretesto, occasione, insomma non si riesce a prendere sul serio la differenza, la realtà altra, l’ideale diverso da me, il valore diverso da me; è come se contasse soltanto questo “serpente che si morde la coda, che si attorciglia in un circolo senza fine”, per cui i contenuti sono solo le occasioni con cui il fondamento (la vita, la volontà) esercita se stesso. Il perenne esercizio della vita, o della volontà, si serve dei contenuti solo per rafforzare e confermare se stessa: alla fine non esiste il diverso, ma esiste solo l’identico, cioè la volontà che vuole solo se stessa. Da Schopenhauer a Nietzsche, da Fichte a Hegel (che ammette la diversità, in quanto tutta la fenomenologia presuppone la lotta tra l’identico e il diverso, però alla fine trionfa l’identico, la ragione che vuole se stessa, che coincide con se stessa: tutto il resto, Dio, il mondo, gli altri, sono soltanto le tappe di passaggio con cui la ragione realizza l’identità con se stessa).

Il monismo metafisico

Il pensiero tedesco dell’800 è ossessionato dal pensiero dell’identità: persino Simmel, che è relativista, sostiene che la vita produce le forme e nega le forme per affermare se stessa; la vita vuole se stessa, magari anche attraverso le forme, i contenuti, gli oggetti, gli ideali, ma alla fine vuole la vita. Il principio di distinzione, di differenza, non riesce ad essere valorizzato: il pensiero tedesco tra ‘800 e ‘900 è monistico e non riesce a dar ragione della pluralità, è spinoziano ed è inevitabilmente formalistico, in quanto ciò che conta è la forma della vita, mentre i suoi contenuti sono irrilevanti sono i «travestimenti» della volontà, le maschere che essa indossa. Siamo come di fronte ad un eterno carnevale: non c’è nulla di serio e nessuno può prendere sul serio le forme, gli ideali, i contenuti, perché sono solo i travestimenti dell’unica volontà. Il pessimismo di Schopenhauer presuppone il suo idealismo gnostico, per il quale nulla c’è che valga la pena, nulla vale la pena per l’impegno. Questo monismo metafisico della vita come volontà si sposa con un relativismo assoluto: le forme sono semplicemente gli idoli ingannevoli dell’eterna volontà.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il significato del principio d'identità secondo Schopenhauer?
  2. Il principio d'identità, per Schopenhauer, implica che la vita cerca il suo fine solo in se stessa, rendendo ogni scopo un inganno. La vita è volontà di vita, e i contenuti sono indifferenti, servendo solo a confermare la volontà stessa.

  3. Come viene interpretato il concetto di diversità nel pensiero tedesco dell'800?
  4. Nel pensiero tedesco dell'800, la diversità è vista come irrilevante o ingannevole. L'identico trionfa sempre, e la diversità è solo un pretesto per l'affermazione della volontà o della ragione che vuole se stessa.

  5. In che modo il pensiero di Nietzsche si collega al principio d'identità?
  6. Nietzsche, come Schopenhauer, non esce dalla logica del principio d'identità. La vita è vista come un esercizio per affermare se stessa, e i contenuti sono solo occasioni per la volontà di confermare la propria identità.

  7. Qual è la visione di Simmel riguardo alla vita e alle forme?
  8. Simmel, pur essendo relativista, sostiene che la vita produce e nega le forme per affermare se stessa. Le forme, i contenuti e gli ideali sono travestimenti della volontà, che alla fine vuole solo la vita.

  9. Come si manifesta il pessimismo di Schopenhauer nel contesto del monismo metafisico?
  10. Il pessimismo di Schopenhauer si manifesta nel suo idealismo gnostico, dove nulla vale la pena di impegno. Il monismo metafisico della vita come volontà si accompagna a un relativismo assoluto, con le forme viste come idoli ingannevoli della volontà eterna.

Domande e risposte

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