Tami95
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Concetti Chiave

  • L'idealismo di Hegel si fonda sull'unificazione di finito e infinito, con la realtà vista come un organismo unitario in cui tutto esiste come manifestazione dell'assoluto.
  • La dialettica hegeliana, composta da tesi, antitesi e sintesi, è centrale nel processo di divenire e nella comprensione delle strutture razionali della realtà.
  • La "Fenomenologia dello spirito" descrive il viaggio della coscienza verso il sapere assoluto, attraverso fasi come coscienza, autocoscienza e ragione.
  • Il sistema hegeliano è diviso in Logica, Natura e Spirito, con un percorso dialettico che culmina nello Spirito Assoluto, articolato in arte, religione e filosofia.
  • Hegel vede la storia come un'opera della ragione, guidata dallo spirito del mondo, e considera lo Stato come la realizzazione dello spirito, in particolare nel contesto dello Stato prussiano.

Indice

  1. L'idealismo di Hegel
  2. La dialettica hegeliana
  3. Fenomenologia dello spirito
  4. La coscienza infelice
  5. Il sistema hegeliano
  6. Filosofia della storia
  7. L'estetica di Hegel

L'idealismo di Hegel

Alla base dell'idealismo di Hegel ci sono la risoluzione del finito nell'infinito, l'identità tra ragione e realtà, la funzione giustificatrice della filosofia. Per Hegel la realtà è un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o manifestazione.

Tale organismo coincide con l'assoluto e con l'infinito, mentre i vari enti del mondo , essendo manifestazioni di questo, coincidono con il finito. Quindi il finito è una manifestazione e un momento necessario dell'infinito. L'hegelismo si configura quindi come una forma di monismo panteistico, cioè come una teoria che vede nel finito la manifestazione dell'infinito cioè nel mondo la manifestazione di Dio. Qui l'hegelismo potrebbe sembrare simile allo spinozismo. Mentre per Spinoza l'assoluto è una sostanza statica, per Hegel si identifica invece con un soggetto spirituale in divenire. Lo spirito infinito che sta alla base della realtà viene chiamato da Hegel idea o ragione. Egli afferma: "Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale." Hegel intende dire che la razionalità è la forma di ciò che esiste e che la realtà non è caotica, ma è una struttura razionale. Quindi afferma la necessaria e totale identità di realtà e ragione: ciò che è risulta anche ciò che razionalmente deve essere.

Questo pensiero sarà in seguito criticato da Marx.

La dialettica hegeliana

Hegel ritiene che la realtà sia formata da una serie di momenti, ciascuno dei quali rappresenta il risultato di quelli precedenti e il presupposto di quelli seguenti. Per Hegel il compito della filosofia consiste nel prendere atto della realtà e nel comprendere le strutture razionali che la costituiscono. La filosofia però arriva sempre troppo tardi poiché sopraggiunge quando la realtà si è già realizzata: così come la nottola di Minerva che inizia il suo volo sul far del crepuscolo, cioè quando il giorno è già bello e finito. La filosofia quindi deve rinunciare alla pretesa di determinare la realtà. Per Hegel è fondamentale il divenire. La legge che regola il divenire è la dialettica. Lo spirito quindi va avanti in maniera dialettica. La dialettica ha una struttura triatica: l'idea in sé e per sé; l'idea fuori di sé; l'idea che ritorna in sé. La prima è l'idea considerata in se stessa, la seconda è la natura, la terza è lo spirito. A ciò corrisponde la logica che è la scienza dell'idea in sé e per sé, la filosofia della natura che è la scienza dell'idea nel suo alienarsi da sé, la filosofia dello spirito che è la scienza dell'idea che ritorna in sé. La dialettica consiste quindi nell'affermazione di un concetto che funge da tesi, nella negazione di questo concetto e nel passaggio ad un concetto opposto che funge da antitesi, nell'unificazione dei precedenti concetti in una sintesi comprensiva di entrambi.

Fenomenologia dello spirito

Fenomenologia dello spirito: Il termine fenomenologia indica la scienza di ciò che appare. Poiché nel sistema hegeliano l'intera realtà e spirito, la fenomenologia consiste nell'apparire dello spirito a sé stesso: la coscienza quindi diviene sapere assoluto. Nella fenomenologia Hegel descrive il progressivo affermarsi e conoscersi dello spirito che avviene attraverso una serie di figure, ovvero tappe ideali che hanno trovato un'esemplificazione nel corso della storia. Le figure possono essere considerate come momenti della progressiva conquista della verità da parte dell'uomo. Descrive il viaggio che il soggetto compie trasformandosi da coscienza ad autocoscienza, d'autocoscienza a ragione, da ragione a spirito. Quindi la coscienza esce dalla sua individualità, raggiunge l'universalità e si riconosce come ragione che è realtà e realtà che è ragione. La fenomenologia si divide in due parti: la prima parte comprende i tre momenti della coscienza, dell'autocoscienza e della ragione. Nella fase della coscienza predomina l'attenzione verso l'oggetto, nella fase dell'autocoscienza verso il soggetto e nella fase della ragione si arriva riconoscere l'unità di soggetto e oggetto. La seconda parte comprende le sezioni dello spirito, della religione e del sapere assoluto. Nell'introduzione Hegel spiega che la filosofia è la scienza dell'assoluto, ma per diventare tale la coscienza deve compiere un cammino. In questa idea di percorso hanno molto influito i romanzi di formazione. Il motore del cammino della coscienza concetto di sviluppo (aufhebung). La fenomenologia è la rappresentazione con cui il sapere appare. Il primo modo con cui il sapere appare è il sapere sensibile: infatti la prima figura della coscienza Hegel la chiama certezza sensibile. La certezza sensibile appare inizialmente come quella più completa, ma in realtà si rivela la più povera. Hegel dice: "È la coscienza del particolare sensibile senza che la coscienza si separi dal suo oggetto". Del critica a tutte le forme di sapere immediato. La coscienza infelice è la più povera perché non c'è riflessione. In questa fase la coscienza capisce il "qui"e "l'ora" degli oggetti, quindi il loro spazio-temporale. La coscienza passa ad uno stato superiore, la percezione. Qui la coscienza è in grado di cogliere in oggetto la sua unità e la molteciplità. Ma la percezione non riesce ad unificare il modo in cui gli oggetti sono per sé e il modo in cui gli oggetti solo per un altro. Quindi la coscienza si eleva ancora diventa intelletto. A questo punto la coscienza è in grado di cogliere gli oggetti non come tali, ma come fenomeni. Essa comprende che non deve fermarsi ed è portata a riflettere su sé stessa diventando al autocoscienza. L'autocoscienza è il riconoscimento di sé nell'altro e dell'altro in sé stesso.

La coscienza infelice

Il sapere di sé stesso non è tautologico come in Fichte, ma è un movimento che ha negato l'essere altro e ha ritrovato sé stesso. La prima forma del rapporto con un'altra autocoscienza è la lotta, il conflitto. Qui la autocoscienza, cercando sé stesso nell'altro, desidera vivere. Sopravvivere vuol dire sopraffare un altro. Questo conflitto si conclude con il subordinarsi dell'una all'altra nel rapporto servo signore. Qui viene quindi rappresentato il mondo antico, dove è presente la servitù. Il Signore è colui che pur di affermare la propria indipendenza, ha messo a repentaglio la propria vita, mentre il servo è colui che ha preferito la perdita della propria indipendenza, cioè la schiavitù, pur di salvarsi la vita. La dinamica del rapporto servo signore è destinata a una paradossale inversione di ruoli, ossia una situazione in cui il Signore diviene servo del servo e il servo signore del Signore. Questa inversione dei ruoli avviene attraverso il lavoro. Il Signore infatti, che all'inizio appariva indipendente, si limita ad godere passivamente del lavoro dei servi e finisce per dipendere da loro. Invece il servo, che inizialmente appariva dipendente, poiché padroneggia le cose da cui il signore riceve il proprio sostentamento e lavorandole imprime su di esse la sua forma, finisce per rendersi indipendente da queste. Questo processo di progressiva acquisizione di indipendenza da parte del servo avviene attraverso i tre momenti della paura della morte, del servizio e del lavoro. Nel servizio la coscienza si autodisciplina e impara a vincere i propri impulsi naturali. Questo procedimento serve ad Hegel anche per dimostrare che la verità è il contrario di ciò che sembra. Infatti dice:"la verità della coscienza servile è la signoria, la verità della coscienza della signoria è servile". Lo spirito a questo punto ha acquisito la libertà e passa allo stoicismo, con il quale si è giunti a contemplare la libertà per la prima volta. La libertà dello storicismo coincide con l'indifferenza, quindi è ancora troppo astratta. Lo spirito trapassa allora nello scetticismo. Lo scetticismo cerca di superare lo storicismo attraverso un disprezzo. Lo scettico si autocontraddice, poiché da un lato dichiara che tutto è vano e non è vero, dall'altro pretende di dire qualcosa di reale e di vero. Si entra allora nella fase della coscienza infelice. Corrisponde ai tempi del medioevo. La coscienza infelice è quella che non sa di essere tutta la realtà, perciò si ritrova scissa in differenze, opposizioni o conflitti dai quale è internamente dilaniata e dai quali esce solo arrivando alla coscienza di essere tutto. La coscienza, divenuta consapevole delle contraddizioni dello scetticismo, riconosce di essere mutevole, accidentale, inessenziale e tende a ricercare qualcosa di immutabile, necessario ed essenziale, caratteristiche che crede di trovare in Dio. Dio quindi è concepito come l'essere perfetto e immutabile, in antitesi con imperfezione la mutevolezza delle cose del mondo. Nell'ebraismo la figura di Dio è vista come Signore assoluto di fronte a cui l'uomo si trova in uno stato di totale dipendenza. Dio è quindi visto come qualcosa di trascendente e lontano dall'uomo. Nel cristianesimo la coscienza si scopre duplice, come se il suo interno ci fossero due diverse autocoscienza che percepisce come opposte ed estranee, quando in realtà si tratta di una sola autocoscienza la cui essenza è l'unità delle due autocoscienze: da un lato c'è una coscienza immutabile, cioè sempre uguale a sé stessa ed essenziale, dall'altro c'è la coscienza mutevole, che muta cioè continuamente i suoi desideri e i suoi pensieri. La figura di Dio, ovvero la coscienza immutabile, è vista come un dio incarnato, come una realtà concreta: la pretesa di cogliere la presenza dell'assoluto in un uomo mortale, quindi in una presenza sensibile, è destinata a fallire. Simbolo di questo fallimento sono le crociate nelle quali la ricerca di Dio si conclude con la scoperta di un sepolcro vuoto. Cristo di fronte alla coscienza rimane diverso e separato sia in quanto Dio trascendente sia in quanto Dio incarnato. Quindi con il cristianesimo, lontano dall'aver trovato la pace, la coscienza continua ad essere infelice poiché Dio continua ad essere un aldilà che sfugge. La coscienza prosegue la ricerca dell'assoluto attraverso la devozione e preghiera, il pio operare e la mortificazione di sé: la devozione è il pensiero a sfondo sentimentale e religioso che non si è ancora elevato al concetto; il pio operare è il momento in cui la coscienza, rinunciando ad un contatto immediato con Dio, cerca di esprimersi nel lavoro da cui porta godimento. Ma la coscienza cristiana avverte il frutto del proprio lavoro come dono di Dio, come anche le proprie forze e le proprie capacità: quindi si umilia riconoscendo che ad agire è sempre e solo Dio. La vicenda si esaspera con la mortificazione di sé, in cui si ha la negazione dell'io, la propria singolarità a favore di Dio. Con l'ascetismo ci troviamo davanti ad una personalità misera ed infelice. Ma il motivo per cui fa ciò, ossia la ricerca di una fusione totale con l'assoluto cui aspira, trasforma questo momento dialetticamente nel punto più alto quando la coscienza si rende conto di essere lei stessa Dio, ovvero l'universale e l'assoluto. Il medioevo quindi prelude al Rinascimento e all'età moderna, con la scoperta della ragione quale certezza d'essere ogni realtà. La certezza della ragione di essere la realtà tutta, per divenire verità, deve giustificarsi: il primo tentativo di giustificarsi è un inquieto cercare, che si rivolge al mondo della natura. Questa è la fase del naturalismo del Rinascimento e dell'empirismo, in cui la coscienza crede di cercare l'essenza delle cose, mentre non cerca che se stessa. L'osservazione della natura si approfondisce con la ricerca della legge con l'esperimento, si trasferisce poi nel dominio del mondo organico, per passare infine all'ambito stesso della coscienza con la psicologia. In tutte queste ricerche, la ragione cerca in realtà se stessa: alla fine rientra in crisi riconoscendosi di nuovo come qualcosa di distinto dal mondo. Quando ci si rende conto che l'unità di io e mondo non è qualcosa di dato, ma qualcosa che deve venire realizzato, si passa alla ragione attiva. Tale progetto è però destinato anch'esso a fallire. Lo spirito passa per la prima figura che Hegel denomina il "piacere e la necessità", ed è quella in cui l'individuo, deluso dalla scienza, si getta nella vita e va alla ricerca del proprio godimento. L'autocoscienza cerca di opporsi al corso ostile del mondo appellandosi alla legge del cuore. Nasce quindi la seconda figura della ragione attiva che Hegel chiama la "legge del cuore e il delirio della presunzione", nella quale l'individuo, dopo aver cercato di battere i responsabili dei mali del mondo, entra in conflitto con altri presunti portatori del vero progetto di miglioramento della realtà. L'individuo contrappone ad essi la virtù, ossia un agire in grado di procedere oltre il sentimento e le inclinazioni soggettive. Nasce così la terza figura della ragione attiva, chiamata "la virtù e il corso del mondo". Il contrasto tra la virtù e la realtà concreta non può però che concludersi con la sconfitta del Cavaliere della virtù. Segue la terza sezione della ragione, denominata l'individualità in sé e per se.

In essa Hegel mostra come l'individualità rimane astratta inadeguata. La prima figura di questa sezione è quella nominata "il regno animale dello spirito e l'inganno". Hegel intende dire che agli sforzi e alle ambizioni della virtù subentra l'atteggiamento dell'onesta dedizione propri compiti particolari. Alla base di questo regno animale dello spirito vi è un inganno, in quanto l'individuo tende a spacciare la propria opera come il dovere morale stesso, mentre essa esprime soltanto il proprio interesse. La seconda figura quella della "ragione legislatrice".Infatti l'autocoscienza cerca in se stessa delle leggi che valgono per tutti. Tali leggi universali si rivelano auto contraddittorie. Tali contraddizioni spingono l'autocoscienza farsi ragione esaminatrice delle leggi, cioè a cercare delle leggi assolutamente validi. Essa è quindi costretta a porsi al di sopra delle leggi. Infatti se ci si pone dal punto di vista dell'individuo, si è inevitabilmente condannati a non raggiungere mai l'universalità che si trova soltanto nella fase dello spirito. Quindi la ragione reale non è quella dell'individuo, ma quella dello spirito o dello Stato. Tutti questi passaggi erano usati dalla ragione per ricondurre l'irreale al reale: per fare ciò diventa quindi spirito. Per spirito Hegel intende l'individuo nei suoi rapporti con la comunità sociale di cui è parte. Il primo momento corrisponde alla fase dell'eticità classica, ossia la πολις greca, caratterizzata da una fusione armonica tra individuo e comunità, in virtù della quale il singolo appare immerso nella vita del proprio popolo. La πολις greca è però insidiata da un conflitto tra Antigone e Creonte, cioè tra la legge della città e la legge del cuore. Il secondo momento corrisponde alla fase della frattura tra l'io e la società, ossia una situazione di scissione e di alienazione, che trova il proprio culmine del mondo moderno. In quest'ultimo troviamo infatti un tipo di cultura corrosiva che con l'Illuminismo tende a criticare a distruggere tutto. Manifestazione di questa vicenda intellettuale è la Rivoluzione francese, che volendo instaurare il regno della libertà, ha invece dato origine alla società del terrore, in cui gli stessi esponenti della rivoluzione finirono per ghigliottinarsi a vicenda. Il terzo momento è quello di una riconquistata eticità e armonia tra individuo e comunità, in cui lo spirito, dopo aver attraversato le figure "dell'immoralità astratta", cioè quella soggettiva di Kant che è astratta perché non riesce a collegare l'individuo con il tutto, "dell'anima bella romantica", cioè quella dell'intellettuale romantico pieno di ideali che non si sporca le mani con la realtà, e "della filosofia della fede", ovvero la scelta di credere che però è insufficiente se non si fa sì che lo spirito si incarni nello Stato, si riconosce la sostanza etica dello Stato. La coscienza alla fine di questo viaggio trova pace all'interno dello Stato riconosce se stessa come sapere assoluto che si riconosce come spirito. Finisce così la fenomenologia dello spirito. I conflitti sono stati superati ma conservati. Alla fine del cammino c'è l'identità di reale e razionale. Il sapere assoluto è storia perché ricordo del cammino percorso, ma anche scienza perché è conoscenza dello spirito di se stesso nella storia.

Il sistema hegeliano

Sistema hegeliano: il sistema si struttura in Logica, ovvero l'intelletto in sé, Natura, ovvero la negazione per se, e Spirito, in sé e per sé. Per sistema si intende una totalità chiusa connessa al suo interno tra le varie parti, compiuta e organica. Si tratta di un pensiero immanentistico perché Dio sta dentro al sistema, quindi non è più Dio. Il dio di Hegel è la filosofia. È un sistema circolare, ma si torna al punto di partenza portandosi dietro il bagaglio del percorso fatto. Le parti del sistema sono connesse tra loro da un legame dialettico (tesi-antitesi-sintesi). La logica rappresenta l'intelletto ed è la tesi, la natura rappresenta il mondo sensibile ed è l'antitesi, la filosofia dello spirito è la sintesi. La logica si articola in logica dell'essere, logica dell'essenza, logica del concetto. La filosofia della natura è composta da meccanica, fisica e organica. La filosofia dello spirito si articola in spirito soggettivo, spirito oggettivo e spirito assoluto. Il testo che si occupa della logica è la "Scienza della logica". Qui Hegel dice che la logica è una scienza dell'essere, è ontologica, perché ciò che è logico è anche reale. È però anche una logica dialettica: parte dalla essere, si nega nell'essenza, si ritrova come concetto. Sul piano ontologico la triade è Essere, Non Essere e Divenire, che rappresenta la sintesi. L'essere sono i concetti logici, nell'essenza i concetti pensano l'essere, sono in grado di comprendere l'essere delle cose. Infine il concetto è il pensiero nel momento in cui determina se stesso, la ragione che comprende se stesso. Nella parte della filosofia della natura Hegel si occupa dell'essere altro dello spirito. È simile al non io di Fichte. L'idea, il concetto, si aliena nella natura. La natura è vista come un tutto organico. Nella filosofia dello spirito, lo spirito ritorna a se stesso dopo essere passato nella alienazione dalla materia. Parla del mondo umano e storico. Si articola in spirito soggettivo, spirito oggettivo e spirito assoluto. Lo spirito soggettivo attraversa tre momenti. Hegel indaga le manifestazioni dello spirito secondo il suo soggetto. La tesi è l'antropologia, l'antitesi è la fenomenologia, la sintesi è la psicologia. L'antropologia si occupa di indagare l'anima. La fenomenologia è lo sviluppo delle forme della coscienza. La psicologia per Hegel è lo studio dello spirito. Nell'antropologia interpreta in maniera dialettica le tre età della vita: nell'infanzia c'è la presentazione al mondo, nella giovinezza c'è una distinzione dal mondo e nella vecchiaia c'è una fase in cui si ha di nuovo bisogno degli altri. Dopo essere passato per questi tre livelli, lo spirito passa allo spirito oggettivo.

Nello spirito oggettivo lo spirito viene alzato nelle sue forme pubbliche e collettive. Nello spirito oggettivo si trovano 3 livelli: diritto, moralità ed eticità. Il diritto, ovvero le regole della vita esteriore degli uomini, si articola in proprietà, contratto e diritto contro il torto. Il diritto riguarda le regole a cui l'individuo deve sottostare nei rapporti con gli altri. L'individuo si realizza con la sua proprietà. Nel contratto c'è un reciproco patto. Il diritto presuppone la violazione d queste regole, quindi è necessario che ci sia un diritto contro il torto. La pena è la riaffermazione del diritto e deve essere ammessa dal colpevole, quindi si passa alla moralità. La moralità è la sfera della volontà soggettiva. Si articolano in proponimento, intenzione, bene e male. Un'azione ha una portata morale solo in quanto nasce da un proponimento. Poiché procede da un essere pensante, il proponimento prende la forma dell'intenzione. Quando l'intenzione si solleva all'universalità, il fine assoluto della volontà diventa bene in sé e per sé. Ma il bene in questo caso è un'idea ancora troppo astratta. Si passa quindi al piano dell'eticità. Qui la separazione tra la soggettività e il bene, tipica della moralità, viene annullata e risolta. Infatti l'eticità è la realizzazione concreta del bene nelle forme istituzionali della famiglia, della società civile e dello Stato. In queste tre dimensioni compare l'idea che il collettivo sia meglio dell'individuale. La famiglia è la prima comunità ed è naturale, lo Stato è il massimo grado della comunità. Grazie alla famiglia l'uomo si eleva dallo stato naturale attraverso l'amore. La famiglia si articola in matrimonio, patrimonio ed educazione dei figli. Una volta cresciuti e divenuti personalità autonome, i figli escono dalla famiglia originaria dando origine a nuove famiglie aventi ognuna interessi propri. Con la formazione di nuovi nuclei familiari il sistema unitario della famiglia si frantuma nel sistema conflittuale della società civile che si identifica con il luogo dello scontro ma anche dell'incontro di interessi particolari i quali si trovano a dover coesistere tra loro. La società civile non si riduce alla sola base economica ma presuppone una serie di meccanismi giuridico amministrativi che fanno parte integrante della vita sociale. La società civile si articola in sistema dei bisogni, amministrazione della giustizia, polizia e corporazioni. Il sistema dei bisogni nasce dal fatto che gli individui, dovendo soddisfare le proprie necessità, danno origine a differenti classi. Le classi che si originano sono la classe sostanziale degli agricoltori, la classe formale degli artigiani e la classe universale dei pubblici funzionari. Lo Stato rappresenta il momento culminante dell'eticità, ovvero la riaffermazione dell'unità della famiglia aldilà della dispersione della società civile.

Nello stato lo spirito si realizza pienamente. Hegel ha un'idea organicistica dello Stato. Nello Stato gli enti privati sono sottoposti a quelle civili. Attacca il liberalismo che, esaltando di interessi individuali, dissolve lo Stato. Per Hegel la guerra riveste un valore morale poiché permette di conservare la salute etica di un popolo superando gli interessi particolari. La guerra ha un valore etico perché chiama tutti ad agire per la patria. L'individuo di fronte allo Stato finisce per non contare nulla. Infine lo spirito assoluto è il momento in cui l'idea aggiunge alla piena coscienza della propria assolutezza. Si articola in arte, religione e filosofia. Nell'arte e nella religione l'assoluto si manifesta con pienezza e può essere colto da vicino. Arte e religione sono due modi per rendere visibile l'assoluto: l'arte coglie l'infinito nel finito, la religione rappresenta l'assoluto ma solo la filosofia è in grado di coglierlo, cioè di comprenderlo. Quindi l'arte contempla l'assoluto, la religione lo rappresenta, la filosofia lo comprende. Nell'arte il bello è ciò che rappresenta l'apparenza sensibile dell'idea. Nella religione l'infinito che nell'arte è rappresentato in forma sensibile viene pensato. La Filosofia è l'idea che pensa se stessa. L'infinito è dentro la filosofia, dentro il sistema il cui scopo è arrivare a se stesso. Quindi l'arte è la conoscenza intuitiva dell'assoluto nella forma sensibile, quindi non è sul piano del concerto. La religione supera la forma sensibile, riconoscendo l'assoluto nella forma della realizzazione. L'assoluto è il rapporto tra finito e infinito.

Filosofia della storia

Filosofia della storia: Hegel ha una visione idealistica per cui la storia è fatta dalla ragione. Si dichiara contrario alla storiografia empirista, in cui non si ritiene che ci sia un disegno che guida la storia, e a quella religiosa che vede la storia guidata dalla provvidenza divina. Per Hegel la storia non è una serie di fatti casuali. Per lui la storia è un'opera della ragione. Pensa che ci sia un significato e un fine da individuare per tutto ciò che accade. Gli attori della storia sono i popoli e gli Stati. Il singolo uomo è soltanto una pedina in mano allo spirito del mondo. Lo spirito del mondo si manifesta nei diversi eventi della storia, si incarna di volta in volta in un popolo. Poiché la storia è un mutamento, lo spirito si incarna, si sviluppa, muore e si manifesta in un'altra città. Pensa che la storia abbia un fine, avvicinandosi alla storiografia religiosa. Questo fine è la realizzazione dello spirito. Per realizzarsi lo spirito utilizza gli individui in due maniere: se incontra individui conservatori, lo spirito conserva il suo stato. Se incontrai cosmico storici, lo spirito fa un passo in avanti. Per Hegel la storia è la storia della libertà che si trova scarsissima nel mondo antico orientale l, poiché ci sono regimi dove uno solo è libero, diventa una libertà per pochi nel mondo greco romano e si realizza nel mondo cristiano, poiché diventa per tutti. La perfetta incarnazione dello spirito del mondo è lo Stato prussiano. Sostiene che le civiltà non europee sono state solo sfiorate dallo spirito, in Africa non è proprio passato. Infatti in Africa non c'è storia, quindi non c'è ragione, c'è solo natura.

L'estetica di Hegel

L'estetica: si occupa della riflessione sul simbolismo, del bello naturale e della teoria della morte dell'arte. L'arte è una delle maggiori espressioni dello spirito. L'arte ha avuto una storia che si articola in arte simbolica, classica e romantica. L'arte antica è quella simbolica, l'arte classica è quella greco romana e la moderna è quella del romanticismo. L'arte simbolica si caratterizza per uno squilibrio del suo contenuto rispetto alla forma. Nell'arte antica contenuto e forma non stanno sullo stesso piano. Nell'arte classica si è raggiunta la perfezione. L'arte classica rappresenta l'assoluto in una forma sensibile. Nell'arte moderna ritorna la scissione tra contenuto e forma, ideale e reale, però ad un livello superiore rispetto all'arte precedente. Infatti l'arte romantica sa di non poter rappresentare l'assoluto poiché è aldilà della forma sensibile. A questa tesi si collega la morte dell'arte. Per lui l'arte all'inizio stata unita alla religione ma nel tempo moderno la religione la cultura negano all'arte ogni diritto di rappresentare l'assoluto, quindi la verità, quindi l'arte non soddisfa più le esigenze più elevate dell'uomo. Hegel afferma che l'arte non è altro che un museo, è qualcosa di passato, poiché non è più capace di rappresentare l'assoluto, visto che questo compito ora spetta alla filosofia. La maniera intuitiva è superata da quella intellettuale. Quindi l'arte è morta. Per Hegel non esiste il bello della natura, l'unico bello esistente è quello artistico. Ammette il bello naturale solo per tutto ciò che richiama il concetto, quindi regolarità e simmetria, come per esempio un diamante.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il concetto centrale dell'idealismo di Hegel?
  2. Alla base dell'idealismo di Hegel c'è la risoluzione del finito nell'infinito, l'identità tra ragione e realtà, e la funzione giustificatrice della filosofia.

  3. Come Hegel descrive il processo dialettico?
  4. Hegel descrive la dialettica come un processo triatico che include tesi, antitesi e sintesi, dove un concetto viene affermato, negato e poi unificato in una sintesi comprensiva.

  5. Qual è il ruolo della fenomenologia nello spirito secondo Hegel?
  6. La fenomenologia è la scienza di ciò che appare, descrivendo il progressivo affermarsi e conoscersi dello spirito attraverso una serie di figure storiche e ideali.

  7. Come Hegel vede il rapporto tra individuo e Stato?
  8. Hegel vede lo Stato come la realizzazione piena dello spirito, dove l'individuo trova la sua identità e libertà attraverso l'eticità e l'armonia con la comunità.

  9. Qual è la visione di Hegel sulla storia?
  10. Hegel ha una visione idealistica della storia, considerandola un'opera della ragione con un significato e un fine, dove lo spirito del mondo si manifesta attraverso i popoli e gli Stati.

Domande e risposte

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