Concetti Chiave
- Il processo di laicizzazione della cultura greca del V secolo a.C. ha portato a un crescente interesse per l'uomo, riducendo l'influenza delle concezioni religiose tradizionali.
- Il teatro tragico greco rifletteva l'evoluzione della cultura verso l'umanizzazione, con una critica crescente alla religione e ai miti, visibile nel passaggio da Eschilo a Euripide.
- La filosofia del V secolo a.C. continuava la critica all'antropomorfismo religioso, con pensatori come Democrito che consideravano gli dèi creazioni dell'immaginazione umana.
- Protagora, con la sua celebre affermazione «l'uomo è misura di tutte le cose», ha posto l'uomo al centro della conoscenza e della moralità, sfidando il ruolo tradizionale degli dèi.
- La trasformazione culturale e politica della polis ha contribuito a un maggiore riconoscimento dell'uomo come artefice delle proprie scelte e del proprio destino.
Indice
La centralità dell'uomo nella Grecia classica
La riflessione sull'uomo ha una posizione centrale nella Grecia dell'età classica. Ma quali fattori contribuiscono all'elaborazione di un alto concetto dell'uomo, che ha nel detto di Protagora «l'uomo è misura di tutte le cose» la sua più efficace espressione?
1.
Laicizzazione e nuove forme di sapere
Laicizzazione della cultura e interesse per l'uomo. L'interesse dei filosofi per mo è anche conseguenza di un costante processo di laicizzazione della cultura particolarmente intenso dalla metà del V secolo a.C. ln questo periodo, infatti, almeno tra i ceti colti, si indebolisce l'influenza delle concezioni religiose tradizionali e delle grandi narrazioni mitologiche, che spiegavano la realtà umana e naturale come conseguenza dell'azione delle divinità, Tra i fattori di crisi della religione tradizionale vi è certo l'evoluzione della polis in senso democratico e assembleare: l'esperienza politica chiarì infatti che è l'uomo, come individuo e come collettività, il soggetto delle grandi scelte che determinano la sua vita e che dunque non è necessario rivolgersi agli dèi per comprendere il senso degli eventi. Nella medesima direzione agì anche l'avvento di nuovi saperi e di nuove forme di comunicazione, quali la filosofia, la medicina, la storiografia, la retorica dei sofisti: discipline accomunate dall'intento di conoscere il mondo e di risolvere i problemi con strumenti esclusivamente umani.
2.
Critica alla religione nel teatro
La critica alla religione nel teatro tragico. Il teatro tragico, che è la forma di cultura popolare per eccellenza, riflette nella sua evoluzione la generale umanizzazione della cultura greca antica. Se infatti le vicende di dèi ed eroi costituiscono la materia di tutti i grandi tragici, nel passaggio da Eschilo (525-455 ca. a.C.), attivo nella prima metà del V secolo a.C., a Sofocle (forse 497-406 a.C.) e poi a Euripide (480-406 a.C.), diviene sempre più chiara la funzione puramente allegorica dei miti. Eschilo inserisce nel quadro delle credenze comunemente accettate le norme e gli istituti della nascente polis democratica, legittimandone i costumi alla luce della tradizione religiosa, in cui il tragediografo riconosce un decisivo fattore di coesione sociale e politica. I personaggi eroici e divini che Euripide mette in scena nella seconda metà del V secolo a.C., invece, hanno perduto, rispetto al modello eschileo, ogni aura di sacralità e vengono raffigurati alla stregua di comuni mortali. Proprio nelle tragedie euripidee si manifesta il dubbio intorno all'esistenza degli dèi e alla verità dei miti.
3.
Protagora e la centralità dell'uomo
«L'uomo è misura di tutte le cose». La laicizzazione della cultura greca si evidenzia anche nelle dottrine dei filosofi del V secolo a.C., che riprendono la confutazione della religione tradizionale e dell'antropomorfismo religioso, già in precedenza condotta da Senofane. Secondo Democrito, per esempio, gli dèi furono un parto dell'immaginazione degli uomini' alla ricerca di rassicurazioni di fronte a fenomeni spaventosi e razionalmente inspiegabili. La dissoluzione critica delle credenze tradizionali giunge alle sue estreme conseguenze in crizia per il quale la religione non è altro che uno strumento di potere. La più forte affermazione della conquistata centralità dell'uomo nell'universo culturale greco è quella del sofista Protagora, il quale dice che «l'uomo è misura di tutte le cose». In altre parole l'uomo è per Protagora il criterio ultimo per stabilire ciò che è vero e ciò che è buono: sia che si intenda l'affermazione come riferita al singolo, per cui ciascuno sarebbe arbitro della verità e della moralità, sia che la si intenda come detta della collettività cittadina, sia infine che "l'uomo stia a indicare tutto il genere umano, è certo che l'uomo è collocato da Protagora in una posizione ne di assoluto privilegio, analoga a quella che la cultura tradizionale attribuiva agli dèi.
Domande da interrogazione
- Quali fattori hanno contribuito all'elaborazione di un alto concetto dell'uomo nella Grecia classica?
- Come ha influenzato il teatro tragico la percezione della religione nella Grecia antica?
- Qual è il significato dell'affermazione di Protagora «l'uomo è misura di tutte le cose»?
- In che modo la critica alla religione tradizionale si manifesta nelle dottrine dei filosofi del V secolo a.C.?
- Qual è il ruolo della polis democratica nella crisi della religione tradizionale?
La laicizzazione della cultura e l'interesse per l'uomo, insieme all'evoluzione della polis in senso democratico e all'avvento di nuovi saperi come la filosofia e la medicina, hanno contribuito a questo concetto.
Il teatro tragico ha riflettuto l'umanizzazione della cultura greca, con i miti che diventano allegorie e i personaggi divini che perdono la loro sacralità, come evidenziato nelle opere di Euripide.
L'affermazione di Protagora sottolinea la centralità dell'uomo come criterio ultimo per stabilire la verità e la moralità, ponendolo in una posizione di privilegio simile a quella degli dèi nella cultura tradizionale.
I filosofi del V secolo a.C., come Democrito e Crizia, criticano la religione tradizionale vedendola come un prodotto dell'immaginazione umana o uno strumento di potere.
La polis democratica ha chiarito che l'uomo è il soggetto delle grandi scelte della vita, riducendo la necessità di rivolgersi agli dèi per comprendere gli eventi, contribuendo così alla crisi della religione tradizionale.