Concetti Chiave
- Nella cultura greca classica, l'uomo è definito principalmente attraverso la partecipazione alla vita politica e militare, riservata agli uomini adulti.
- La cittadinanza greca era limitata e variava tra polis oligarchiche e democratiche, ma non includeva mai donne, schiavi o stranieri.
- Aristotele, nella sua "Politica", sostiene la subalternità delle donne basandosi su una presunta inferiorità razionale rispetto agli uomini.
- Le donne, secondo Aristotele, avevano un ruolo limitato alla famiglia, con capacità razionali ridotte e subordinate agli uomini.
- Nella procreazione, Aristotele attribuisce alla donna un ruolo passivo, considerandola materia su cui l'uomo imprime la forma.
Indice
La definizione di Anthropos
Chi è Anthropos?
L'immagine che la cultura greca offre dell'uomo sarebbe incompleta se non ci soffermassimo anche su estensioni e limiti della nozione di dnthropos, affrontando i temi della differenza sessuale e del rapporto tra greci e barbari oltre che tra liberi e schiavi.
La centralità della politica greca
La società greca classica aveva nella dimensione pubblica e politica il suo fondamentale punto di coesione, come ci suggerisce la definizione aristotelica dell'uomo come «animale politico». Alla centralità della politica, corrispose per tutta l'età classica una sostanziale marginalizzazione delle rimanenti sfere della vita collettiva, innanzitutto quelle «private» della famiglia e dell'economia. Uomo a tutti gli effetti era soltanto chi, partecipando effettivamente alla vita politica e avendo un ruolo nella difesa militare della città, aveva pieno accesso alla cittadinanza; questa poteva essere più o meno inclusiva, secondo il carattere oligarchico o democratico della costituzione di ogni singola polis, ma non giunse mai, neppure nella democrazia ateniese, a comprendere altri se non gli abitanti maschi adulti. Viceversa, la non ammissione all'assemblea e al servizio militare si traduceva in una posizione sociale subalterna e comportava anche un giudizio di inferiorità umana riguardante i soggetti esclusi.
La subalternità della donna secondo Aristotele
La teorizzazione più significativa della subalternità della donna è quella elaborata Aristotele nella Politica. La supposta inferiorità femminile trova qui giustificazione in base alla dottrina delle facoltà dell'anima. Dopo aver chiarito che la funzione della donna nella famiglia è quella, imposta dalla differenza sessuale, di cooperare con il maschio ai fini della procreazione e della cura dei figli e della casa, Aristotele osserva che se l'uomo si distingue dagli animali per il possesso della facoltà razionale, la donna si distingue a sua volta dall'uomo maschio perché dotata di una razionalità solo parziale e, per così dire "dimezzata". La ragione e la competenza linguistica della donna sarebbero ristrette e limitate alla capacità di comprendere e obbedire agli ordini del capo famiglia.
Anche nell'ambito della procreazione, alla donna è assegnato da Aristotele un ruolo secondario. Nel concepimento, la madre interviene infatti come materia, cui il padre imprime il suggello della propria forma.
Domande da interrogazione
- Qual è il ruolo dell'uomo nella società greca classica secondo Aristotele?
- Come viene giustificata la subalternità della donna nella teorizzazione aristotelica?
- Qual è il ruolo della donna nella procreazione secondo Aristotele?
Nella società greca classica, l'uomo era considerato un "animale politico" e aveva un ruolo centrale nella vita pubblica e politica. Solo chi partecipava attivamente alla vita politica e alla difesa militare della città aveva pieno accesso alla cittadinanza.
Aristotele giustifica la subalternità della donna basandosi sulla dottrina delle facoltà dell'anima, sostenendo che la donna possiede una razionalità parziale e limitata, destinata a comprendere e obbedire agli ordini del capo famiglia.
Secondo Aristotele, nella procreazione, la donna ha un ruolo secondario, intervenendo come materia su cui il padre imprime la propria forma, sottolineando così la sua posizione subordinata.