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Habilis
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Concetti Chiave

  • Socrate discute con Teeteto sulla definizione di conoscenza, collegandola alla dottrina di Protagora secondo cui "l'uomo è misura di tutte le cose".
  • La dottrina di Protagora suggerisce che la conoscenza deriva dalla sensazione, rendendo tutte le percezioni infallibili e vere, sebbene possa esistere contraddizione nel linguaggio.
  • Protagora è associato al relativismo e al divenire di Eraclito, esponendo la complessità della verità solo ai suoi discepoli, mentre al pubblico la presentava in modo enigmatico.
  • Platone interpreta Protagora collegandolo a Eraclito, sebbene ci siano legami evidenti con l'eleatismo di Parmenide, che enfatizza l'essere come oggetto di conoscenza.
  • La dottrina di Protagora, come spiegata da Platone, esclude la possibilità di assegnare nomi precisi a cose o qualità, poiché tutto è in costante cambiamento.

Teeteto (r. 1), un insigne matematico contemporaneo di Platone, è invitato da Socrate a definire la conoscenza. Teeteto risponde che la conoscenza coincide con la sensazione (rr. 4-6) e Socrate riconduce questa definizione a Protagora (r. 12), anche se Protagora la espresse in maniera un po’ diversa (rr. 12-13), cioè attraverso la famosa dottrina secondo cui “l’uomo è misura di tutte le cose” (r. 13).Il problema più complesso di questa affermazione riguarda però la natura della cosa di cui l’uomo è misura.

Il libro (r. 14) in cui è contenuto il principio dell’uomo-misura secondo Platone è intitolato La verità (Teeteto, 161c); secondo Sesto Empirico, invece, Discorsi sovvertitori (DK 80 B 1).

Indice

  1. Percezione e verità secondo Protagora
  2. Relativismo e divenire

Percezione e verità secondo Protagora

Continua la serie delle deduzioni legate al vento: “apparire” ha lo stesso significato di “essere percepito” (r. 31); quindi “apparenza” è uguale a “sensazione” (rr. 32-33); e quindi la sensazione, in quanto conoscenza di ciò che è, è senza errore (r. 34); in altre parole, le percezioni in quanto tali sono infallibili. Ma se tutte le percezioni sono vere, non ne esistono allora di false. Ora, questa conclusione di Protagora come si concilia con un’altra sua celebre affermazione, secondo la quale «intorno ad ogni oggetto ci sono due ragionamenti contrapposti» (DK 80 B 6)? La difficoltà si risolve tenendo presente che le due tesi si situano a livelli diversi: la prima al livello delle cose, dell’essere; la seconda al livello delle parole. Sul piano dell’essere l’errore, non è possibile: ogni percezione è vera perché è innegabile la realtà dell’essere, ovvero di ciò che è oggetto di sensazione: r. 34). (Sono qui evidenti gli influssi del pensiero di Parmenide, anche se nella seconda parte del testo Protagora viene associato a Eraclito e ai sostenitori del divenire). Sul piano delle parole, invece, la contraddizione è possibile e sono quindi possibili le antilogie.

Relativismo e divenire

Socrate collega il relativismo di Protagora con la dottrina del divenire di Eraclito. Proiettando su Protagora un comportamento che fu piuttosto il proprio, Platone nota come il sofista abbia esposto al «pubblico grosso» (r. 37) questi problemi in modo enigmatico, riservando la verità solo ai suoi discepoli (rr. 37-38). Le Càriti (r. 36) sono le Grazie; ad Atene ne venivano onorate due: Auxo (aumento) ed Egemona (potere). Consisterebbe dunque in questo la «rinomata» (r. 40) dottrina di Protagora, quella che egli esponeva in segreto ai suoi discepoli: non si può dare un nome preciso a una cosa o ad una sua qualità (r. 41), perché niente può essere una sola cosa, una sostanza o una qualità, in quanto tutto cambia, tutto diviene (rr. 43-46). Su questo, continua Socrate, tutti i filosofi sono d’accordo, tranne Parmenide (rr. 46-47). La spiegazione di Protagora in termini eraclitei e contro Parmenide è, secondo Stelio Zeppi, piuttosto discutibile. Platone, probabilmente, interpreta qui Protagora in modo personale, accomunandone il pensiero a quello di Eraclito e facendo di quest’ultimo il presupposto di quello. Sono invece innegabili i legami di Protagora con l’eleatismo: Parmenide, infatti, sosteneva che la via che porta alla verità è la via del pensiero e che l’oggetto di questa conoscenza è sempre l’essere, mai il non essere; Protagora afferma la stessa cosa, anche se riferita alla conoscenza sensibile, come ammette lo stesso testo di Platone che stiamo esaminando (r. 34).

Domande da interrogazione

  1. Qual è la definizione di conoscenza secondo Teeteto?
  2. Teeteto definisce la conoscenza come coincidente con la sensazione, un concetto che Socrate riconduce a Protagora.

  3. Cosa implica la dottrina di Protagora "l’uomo è misura di tutte le cose"?
  4. Implica che la percezione umana è infallibile e che ogni percezione è vera, poiché la realtà dell'essere è innegabile.

  5. Come si concilia la dottrina di Protagora con l'affermazione che esistono due ragionamenti contrapposti su ogni oggetto?
  6. La difficoltà si risolve considerando che le due tesi si situano a livelli diversi: la percezione è vera sul piano dell'essere, mentre le contraddizioni sono possibili sul piano delle parole.

  7. Qual è il legame tra Protagora e la dottrina del divenire di Eraclito secondo Socrate?
  8. Socrate collega il relativismo di Protagora con la dottrina del divenire di Eraclito, suggerendo che Protagora espose i suoi insegnamenti in modo enigmatico, riservando la verità ai suoi discepoli.

  9. Come interpreta Platone il pensiero di Protagora in relazione a Parmenide ed Eraclito?
  10. Platone interpreta Protagora in modo personale, associandolo a Eraclito e al divenire, pur riconoscendo i legami con l'eleatismo di Parmenide, che afferma la verità come oggetto del pensiero.

Domande e risposte

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