Concetti Chiave
- Antiche culture greche e romane consideravano il lavoro manuale indecoroso per le classi elevate, riservando queste attività alle classi inferiori.
- Il Cristianesimo iniziale condannava il lavoro manuale come distrazione dalle aspirazioni spirituali, sebbene regole monastiche come "ora et labora" valorizzassero il lavoro come vocazione.
- Dal Rinascimento, il lavoro è esaltato come espressione del genio artistico e produttivo, influenzando il pensiero illuminista e scientifico.
- Hegel attribuiva al lavoro manuale un ruolo essenziale per l'emancipazione umana, mentre Marx critico il lavoro alienante del capitalismo industriale.
- Il concetto di alienazione del lavoro, sviluppato da Marx, ha prevalso nel XX secolo, evidenziando gli effetti negativi del lavoro ripetitivo e finalizzato al profitto.
Lavoro nel corso dei secoli – Opinioni negative e positive
Il lavoro, che sia materiale o intellettuale poco importa, è la possibilità che l’uomo ha da solo o in società con altri di modificare la natura per migliorare la propria vita e quella della comunità in cui esso è inserito. La cultura antica e quella cristiana dei primi tempi ebbero un’opinione negativa del lavoro anche se con motivazioni diverse; infatti i Greci e i Romani pensavano che il lavoro manuale fosse indecoroso per le classi sociali più elevate e Platone, nell’ opera Repubblica, nel descrivere la popolazione della città ideale, ci parla della classe dei lavoratori con l’unico compito di provvedere ai propri bisogni e a quelli delle altre due classi (gli aristocratici e i guerrieri), accettandone di buon grado tutte le decisioni.
Anche la filosofia del Cristianesimo condannava il lavoro, soprattutto manuale perché esso era visto come un’attività terrena che rischiava di allontanare gli uomini dall’innalzamento dell’animo verso Dio. Eppure la regola monastica dei benedettini “ora et labora”, la valutazione positiva di Sant’Agostino e di San Tommaso e il concetto di Beruf, cioè di vocazione professionali dei luterani, sembrerebbe andare in senso opposto. Ma non è così:il lavoro costituisce un elemento di purificazione religiosa oppure come semplice adeguamento al piano che Dio ha elaborato per gli uomini (= predestinazione). A partire dal Rinascimento, l’opinione sul lavoro cambia radicalmente. Infatti, nel Quattrocento si inizia ad esaltare il genio produttivo dell’artista, un concetto ripreso dall’Illuminismo e soprattutto dalla rivoluzione scientifica che critica violentemente l’impostazione teorica della scienza antica. Con la nascita dell’economia politica, e soprattutto con Hegel, il lavoro acquista un’ulteriore importanza. Per Hegel, l’attività manuale è una delle principali facoltà dell’uomo perché è ciò che lo distingue dagli altri esseri viventi e che gli permette di emanciparsi dalla “schiavitù” della materia. Sulla stessa linea di pensiero si colloca anche Marx: il lavoro sociale è quello che più si adatta all’uomo; tuttavia la società capitalistica ha trasformato il lavoro libero e creativo in un lavoro ripetitivo e alienante, come succede con la catena di montaggio il cui scopo unicamente il profitto. Questo concetto di alienazione ha dominato tutto il XX secolo, soprattutto dopo l’applicazione pratica del taylorismo nei grossi complessi industriali.Domande da interrogazione
- Qual era l'opinione delle culture antiche e cristiane sul lavoro?
- Come è cambiata la percezione del lavoro a partire dal Rinascimento?
- Qual è la critica di Marx alla società capitalistica riguardo al lavoro?
Le culture antiche e cristiane avevano un'opinione negativa del lavoro; i Greci e i Romani lo consideravano indecoroso per le classi elevate, mentre il Cristianesimo lo vedeva come un'attività terrena che poteva allontanare da Dio.
A partire dal Rinascimento, il lavoro ha iniziato a essere esaltato, soprattutto il genio produttivo dell'artista, e con l'economia politica e Hegel, il lavoro ha acquisito ulteriore importanza come elemento distintivo dell'uomo.
Marx critica la società capitalistica per aver trasformato il lavoro libero e creativo in un lavoro ripetitivo e alienante, come avviene con la catena di montaggio, dominato dal concetto di alienazione nel XX secolo.