Andrea301AG
Ominide
1 min. di lettura
Vota

Concetti Chiave

  • La sentenza della Corte d'Appello di Torino del 2019 ha ridefinito i ciclofattorini come collaboratori etero-organizzati, riconoscendo il loro diritto a una retribuzione equa.
  • Il contratto collettivo nazionale del lavoro per la logistica è stato utilizzato come riferimento per stabilire la retribuzione dei riders, in mancanza di parametri ufficiali.
  • Anche se i riders possono rifiutare le chiamate delle piattaforme, le loro prestazioni sono considerate reiterate e non occasionali.
  • Nonostante siano formalmente autonomi, i riders sono trattati come subordinati secondo la disciplina dell'articolo 2094 del codice civile.
  • La sentenza della Corte d'Appello è stata riesaminata dalla Corte di Cassazione con la sentenza 1663 del gennaio 2020.

Riders come collaboratori etero-organizzati

La sentenza della Corte d’Appello di Torino emessa il 4 febbraio del 2019 ha riqualificato l’inquadramento giuridico dei ciclofattorini (riders). Oltre a riconoscere la natura etero-organizzata delle prestazioni da essi svolte, la sentenza ha sancito il loro diritto a ricevere una retribuzione proporzionata alle attività di lavoro effettivamente eseguite.
Non esistendo parametri di riferimento, la Corte d’Appello di Torino ha assunto come linea guida il contratto collettivo nazionale del lavoro per la logistica.

In mancanza di un’iscrizione sindacale da parte della piattaforma, la Corte ha applicato la suddetta fattispecie servendosi dell’articolo 36 Cost. (retribuzione minima inderogabile), proporzionale e sufficiente.

Anche se i riders possono scegliere di non rispondere affermativamente alla chiamata della piattaforma, nella pratica le loro prestazioni sono tutt’altro che occasionali, dunque reiterate. Per questo, il lavoratore digitale resta tecnicamente (in teoria) autonomo, ma nei fatti il rapporto è ricondotto alla disciplina della subordinazione ex art. 2094 c.c.
La decisione della Corte d’appello di Torino è stata oggetto di un’ulteriore disamina da parte della Corte di Cassazione, la quale si è espressa in merito tramite la sentenza 1663 del 24 gennaio 2020.

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community