Concetti Chiave
- La condotta antisindacale colpisce sia gli interessi individuali del lavoratore sia quelli collettivi del sindacato, rendendo l'azione legale ex art. 28 autonoma e indipendente rispetto ad altri ricorsi.
- Un singolo evento, come un licenziamento, può essere giudicato diversamente in sede antisindacale rispetto a una causa individuale, poiché le sentenze si basano su interessi differenti.
- La violazione delle clausole normative del contratto collettivo è considerata antisindacale solo se reiterata e sistematica, non limitandosi alle prerogative sindacali.
- Non esiste un obbligo generale per i datori di lavoro di contrattare con i sindacati, salvo per materie specifiche come licenziamenti o trasferimenti d’azienda.
- Il rifiuto immotivato di trattare con le RSU è visto come antisindacale, poiché può violare i principi di buona fede e correttezza industriale.
Indice
Plurioffensività della condotta antisindacale
Condotta antisindacale e conseguenze legali
Il fatto che la condotta antisindacale danneggi sia gli interessi individuali del singolo, sia quelli collettivi del sindacato, ha importanti conseguenze sul piano processuale: l’azione ex art. 28 è autonoma e indipendente rispetto a eventuali ricorsi avviati dal lavoratore. In questo modo può avvenire che lo stesso fatto, ad esempio un licenziamento, dia luogo a due pronunce diverse: il ricorso per condotta antisindacale potrebbe essere respinto e, viceversa, nella causa intentata dal lavoratore il licenziamento potrebbe figurare come illegittimo o persino discriminatorio. Ciò è dovuto al fatto che le sentenze riguardano la lesione di interessi molto diversi tra loro: il primo collettivo, il secondo individuale.
Violazione delle norme contrattuali
La condotta antisindacale può anche riguardare la violazione delle norme contenute nel contratto collettivo. Quest’ipotesi ricorre quando la violazione non interessa le prerogative sindacali (ad esempio diritto di informazione o di aspettativa), bensì le clausole normative del CCNL (trattamenti retributivi). In questo caso, la condotta è antisindacale solo se la lesione è reiterata e sistematica.
Contrattazione e obblighi del datore
La giurisprudenza si è chiesta se fra le condotte antisindacali rientri anche l’ipotesi in cui il datore si rifiuta di contrattare con l’associazione sindacale dei suoi dipendenti. Non esiste un obbligo generale in tal senso: esso riguarda solo materie particolarmente rilevanti (licenziamento per riduzione del personale, trasferimenti d’azienda, ricorso alla cassa integrazione, ecc.). In tutte le altre ipotesi egli resta libero di contrattare o meno con le associazioni sindacali dei lavoratori, ovviamente tranne nel caso in cui la preferenza accordata a un’organizazione sindacale non persegua le finalità vietate dall’art. 17 dello Statuto dei lavoratori. Tuttavia, la giurisprudenza considera antisindacale il rifiuto immotivato di trattare con le RSU, perché tale comportamento può essere giudicato contrario ai principi di buona fede e correttezza industriale.
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