Concetti Chiave
- La normativa sul finanziamento dei partiti politici ha subito riforme significative per ridurre il finanziamento pubblico diretto.
- I fondi pubblici, un tempo proporzionali ai voti, sono stati gradualmente ridotti e aboliti dal 2017.
- Le contribuzioni volontarie fiscalmente agevolate consentono detrazioni fiscali fino al 26%, con un limite annuale di 100.000 euro per donatore.
- I cittadini possono destinare il 2 per mille della loro imposta sul reddito a un partito, con un massimo di 25,1 milioni di euro annui complessivi.
- La normativa ha introdotto restrizioni più rigorose nel corso del tempo per garantire trasparenza e ridurre la frammentazione politica.
Evoluzione della normativa sui finanziamenti
Sin dalla sua creazione, la normativa relativa al finanziamento dei partiti politici era caratterizzata inoltre dalla larghezza con la quale si riconosceva il diritto al rimborso, sicché essa finì per costituire anche uno dei maggiori fattori di frammentazione del sistema politico.
Alcune inchieste giudiziarie sulla gestione fraudolenta dei rimborsi elettorali hanno portato a una complessiva riforma nel senso del superamento del finanziamento pubblico diretto. I fondi che venivano corrisposti ai partiti in proporzione ai voti ottenuti nelle elezioni della Camera, del Senato, dei consigli regionali e del Parlamento europeo sono stati prima dimezzati (da 182 milioni di euro a 91 milioni) con la l. 6 luglio 2012, n. 96 e poi ulteriormente ridotti con il d.l. 28 dicembre 2013, n. 149 (convertito dalla l. 13/2014), fino ad abolirli del tutto dal 2017.
Nuove modalità di finanziamento
In base al d.l. 149/2013, i partiti si finanziano:
- attraverso contribuzioni volontarie fiscalmente agevolate, cioè erogazioni liberali di privati che danno diritto a detrazioni fiscali (la detrazione, pari al 26% per importi compresi tra 30 e 30 mila euro, è generosa, ma lo stesso è previsto per le donazioni alle Onlus); esiste però un limite al finanziamento privato dei partiti: nessuno può corrispondere a un partito più di 100 mila euro l’anno; sono considerati detraibili anche i versamenti, effettuati in forza di norme interne dei partiti, di quote delle indennità degli eletti alle cariche pubbliche;
- attraverso contribuzioni indirette sulla base delle scelte espresse dai cittadini, che hanno la facoltà di destinare il 2 per mille della propria imposta sul reddito a favore di un partito rappresentato in Parlamento; è previsto però un tetto alle risorse destinate ai partiti, e perciò sottratte all’erario (25,1 milioni all’anno).
In definitiva, è possibile affermare che nel corso del tempo la normativa relativa al finanziamento dei partiti politici è stata soggetta a previsioni sempre più stringenti.
Domande da interrogazione
- Quali sono stati i principali cambiamenti nella normativa sul finanziamento dei partiti politici in Italia?
- Come si finanziano attualmente i partiti politici in Italia?
- Quali limiti sono stati imposti al finanziamento privato dei partiti?
La normativa ha subito una riforma significativa che ha portato al superamento del finanziamento pubblico diretto, con una riduzione progressiva dei fondi fino alla loro abolizione nel 2017.
I partiti si finanziano attraverso contribuzioni volontarie fiscalmente agevolate e contribuzioni indirette, come la destinazione del 2 per mille dell'imposta sul reddito da parte dei cittadini.
Nessuno può corrispondere a un partito più di 100 mila euro l’anno, e le donazioni sono detraibili fiscalmente fino a un certo importo.