Andrea301AG
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Concetti Chiave

  • L'articolo 11 delle preleggi del Codice civile italiano sancisce il divieto di retroattività normativa, con alcune eccezioni nel tempo.
  • La Corte costituzionale impone limiti alla retroattività, tra cui il rispetto di principi di ragionevolezza, eguaglianza e tutela dell'affidamento.
  • La retroattività è accettabile solo se giustificata dalla tutela di principi, diritti e beni di rilievo costituzionale.
  • Le disposizioni retroattive devono rispettare la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e non contrastare con la giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
  • La Corte di Strasburgo sottolinea che la retroattività deve rispettare il principio di prevalenza del diritto e l'equo processo, salvo ragioni imperative di interesse generale.

Indice

  1. Principio di non retroattività
  2. Convenzione europea dei diritti

Principio di non retroattività

L’articolo 11 delle preleggi del Codice civile italiano del 1942 stabilisce che la legge dispone solo per l’avvenire e impone il divieto di retroattività normativa. Nel corso del tempo, però, il nostro ordinamento ha ammesso delle eccezioni a questo ferreo principio.
La Corte costituzionale ha ritenuto di porre alcuni limiti alla possibilità per il legislatore di disporre retroattivamente. Fra questi: il rispetto del principio di ragionevolezza e del principio di eguaglianza, la tutela dell’affidamento nelle situazioni giuridiche legittimamente sorto nei soggetti, la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico, l’integrità delle attribuzioni costituzionali dell’autorità giudiziaria. Secondo la Corte, la retroattività è ammessa purché «trovi adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale» (v. sentt. 78/2012 e 170/2013).

Convenzione europea dei diritti

Al tempo stesso le disposizioni retroattive non possono porsi in contrasto con le disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in particolare l’art. 6 Cedu, come interpretate dalla Corte di Strasburgo.

Quest’ultima ha più volte affermato che «se, in linea di principio, il legislatore può regolamentare in materia civile, mediante nuove disposizioni retroattive, i diritti derivanti da leggi già vigenti, il principio di prevalenza del diritto e la nozione di equo processo sancito dall’articolo 6 ostano, salvo che per ragioni imperative d’interesse generale, all’ingerenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia allo scopo di influenzare la risoluzione di una controversia. L’esigenza della parità delle armi comporta l’obbligo di offrire a ogni parte una ragionevole possibilità di presentare il suo caso, in condizioni che non comportino un sostanziale svantaggio rispetto alla controparte» (sentenza Agrati c. Italia del 7 giugno 2011).

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