Concetti Chiave
- La nozione giuridica di famiglia varia a seconda del contesto, includendo sia la famiglia nucleare che parentele più estese, con distinzioni tra famiglia legittima e di fatto.
- I principi costituzionali riconoscono la famiglia come società naturale con autonomia, garantendo parità tra i coniugi e diritti per i figli, includendo le famiglie di fatto tra le formazioni sociali.
- Il matrimonio nel codice civile italiano è un atto solenne e personale, regolato da norme obbligatorie, con nullità assoluta in caso di bigamia o parentele proibite.
- Il sistema matrimoniale italiano prevede la comunione dei beni come regime legale, ma permette anche convenzioni matrimoniali per modificare il regime patrimoniale.
- In caso di crisi familiare, la separazione legale riduce i doveri coniugali e può portare al divorzio, che scioglie definitivamente il vincolo matrimoniale e i diritti successori.
Indice
- Definizione di famiglia
- Famiglia legittima e di fatto
- Parentele e affinità
- Matrimonio e sue forme
- Nullità e annullamento del matrimonio
- Diritti e doveri coniugali
- Regime patrimoniale coniugale
- Separazione e divorzio
- Filiazione e riconoscimento
- Adozione e affidamento
- Famiglia di fatto
- Obbligo alimentare
- Successioni e testamento
- Eredità e legittimari
- Testamento e sue forme
- Accettazione e rinuncia dell'eredità
- Devoluzione e comunione ereditaria
- Divisione ereditaria
- Donazione e sue caratteristiche
Definizione di famiglia
Il termine famiglia assume diversi connotati in base al contesto giuridico in cui si trova: negli art.
29,30 Cost. e 143,144 c.c. si intende famiglia nucleare (coniugi e figli). In altri contesti come l’impresa familiare si intende tutti i parenti fino al 3°, o in tema di successioni fino al 6°.Famiglia legittima e di fatto
Si distingue poi la famiglia legittima (fondata sul matrimonio) dalla famiglia di fatto.
I tre articoli fondamentali sulla famiglia sono 29,30 e 31 della Costituzione leggere
La famiglia è riconosciuta come società naturale, nel senso che non è un gruppo creato dal diritto dello Stato, ma una realtà sociale dotata di autonomia della famiglia secondo la quale né il giudice né la pubblica amministrazione possono decidere al posto dei coniugi come indirizzare la vita familiare.
Si riconosce la parità tra i coniugi e il dovere di questi di verso i propri figli, sia all’interno che all’esterno del matrimonio.
Tra le formazioni sociali di cui parla l’art. 2 Cost. possiamo anche includere la famiglia di fatto,
Parentele e affinità
La parola famiglia indica l’insieme di persone che sono legate da vincoli di coniugio (rapporto stabilito con il matrimonio) o parentela (vincolo che unisce persone che discendono dallo stesso stipite). Si distinguono parentele in linea retta (che discendono l’una dall’altra) e in linea collaterale (persone che hanno un ascendente comune, ma non discendono l’una dall’altra).
E’ importante il grado della parentela: in linea retta ci sono tanti gradi quante sono le generazioni (nonni e nipoti: 2° grado). In linea collaterale si contano i gradi risalendo da una persona fino allo stipite comune e poi riscendendo fino all’altro parente (io e mio cugino: 4°. Iomammanonnoziocugino). Il limite legale di rilevanza di parentela è il 6° (77).
Si distinguono parentele legittime (in base ad un matrimonio) e parentele naturali (fuori dal matrimonio).
Con l’adozione di minorenni si stabilisce lo stesso rapporto giuridico esistente tra genitore e figlio e crea un rapporto di parentela con i parenti degli adottanti.
L’affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge: io sono affine di 1° in linea retta di mia suocera, e di 2° in linea trasversale con mio cognato.
L’affinità non dà titolo alla successione ereditaria, ma ha effetti giuridici di ordine personale (impedimento al matrimonio, 87) e di ordine patrimoniale (diritto e obbligo agli alimenti, 433).
Matrimonio e sue forme
Con il termina matrimonio si intende l’atto che costituisce il vincolo coniugale (matrimonio-atto) e il rapporto che lega tra loro i coniugi (matrimonio-rapporto).
Da dopo il 1929 con il matrimonio concordatario si affianca al matrimonio civile il matrimonio religioso con effetti civili. Effetto del matrimonio canonico trascritto è la costituzione di un rapporto di coniugio civile, tale quale si costituisce per effetto di matrimonio civile; tale rapporto è regolato dalle regole dello Stato.
Per i matrimoni acattolici la celebrazione può avvenire ad opera del ministro del culto, che però agisce come delegato del Sindaco e quindi l’atto deve corrispondere ai requisiti stabiliti dalla legge dello Stato (83).
L’istituto del matrimonio è regolato da norme inderogabili.
Il matrimonio è un atto puro che non sopporta quindi condizioni o termini. Eventuali clausole di questo tipo sarebbero nulle (108).
Il matrimonio è un atto libero e quindi non sono valide le promesse di matrimonio e clausole contrattuali che prevedano l’obbligo di sposarsi o non sposarsi.
Il matrimonio è un atto personalissimo che non ammette sostituzione o rappresentanza (né volontaria né legale). In realtà l’art. 111 permette di celebrare il matrimonio per procura quando uno dei coniugi sia al seguito delle forze armate o risieda all’estero e per gravi motivi non può essere presente.
E’ un atto solenne per il quale la legge prescrive requisiti inderogabili di forma; si presenta perciò come un atto pubblico.
La celebrazione del matrimonio può essere provata solo attraverso l’esibizione dell’atto di matrimonio: solo in caso di smarrimento o distruzione dei registri, la prova può essere data con ogni mezzo ordinario.
La capacità di sposarsi si acquista con la maggiore età.
Nullità e annullamento del matrimonio
In tema di matrimonio non si distingue tra annullabilità e nullità, ma si parla in entrambi i casi di impugnazione e si intende comunque matrimonio dichiarato nullo (117 e ss.)
Vi sono casi in cui il matrimonio nullo può essere impugnato da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo e attuale (117), nullità assoluta:
- matrimonio concluso da persona coniugata
- matrimonio tra parenti in linea retta o in linea collaterale fino al 3° grado (zio-nipote) o tra cognati o tra legami connessi all’adozione
- matrimonio tra persone di cui un coniuge è condannato per omicidio sul coniuge dell’altra
Si parla di nullità relativa se l’azione spetta ad uno solo dei coniugi.
In alcuni casi l’invalidità è insanabile (soggetti legati da vincoli di parentela ecc..) in altri è sanabile attraverso la coabitazione dei coniugi per un anno dalla cessazione del vizio (revoca del provvedimento di interdizione, cessazione della violenza, di incapacità naturale ecc..).
Per l’impugnazione per incapacità naturale è sufficiente la prova dell’incapacità di intendere o di volere al momento della celebrazione (120).
Tra i vizi del volere come causa di annullamento del matrimonio sono previsti:
- violenza morale
- errore (sull’identità, come lo scambio di persona, o sulla qualità come l’esistenza di malattie fisiche o psichiche preesistenti)
- timore (per reazioni dell’ambiente, della comunità religiosa ecc..)
Ipotesi di impugnazione è la simulazione, che spesso ha lo scopo di far acquistare la cittadinanza a stranieri, godere di pensioni o trattamenti assistenziali ecc…
L’annullamento del matrimonio ha effetti retroattivi eccetto che determinate situazioni:
- matrimonio putativo, cioè celebrato in buona fede in quanto i coniugi (o almeno uno) ignoravano le cause di invalidità. Gli effetti del matrimonio si producono sui coniugi (o su quello in buona fede) fino alla sentenza di nullità
- riguardo ai figlio nati o concepiti durante il matrimonio i quali conservano lo stato di figli legittimi anche nel caso di malafede di entrambi i coniugi (purchè non siano nati da bigamia o incesto)
- riguardo ai figli nati prima del matrimonio ma riconosciuti dai coniugi, purchè uno dei due fosse in buona fede
Il coniuge in mala fede è responsabile dell’annullamento del matrimonio ed è tenuto a pagare un’indennità che corrisponda al mantenimento per tre anni, anche se non è data prova del danno realmente sofferto dall’altro coniuge.
Diritti e doveri coniugali
Diritti e doveri nascenti dal matrimonio hanno carattere di eguaglianza e reciprocità fra i coniugi. Tra i doveri personali ricordiamo:
- dovere di fedeltà
- dovere di assistenza morale e materiale
- dovere di collaborazione
- dovere di coabitazione
Tra i doveri economici invece ricordiamo il dovere di contribuire ai bisogni della famiglia in proporzione alle capacità di lavoro professionale e casalingo.
Da non dimenticare i doveri del genitore verso i figli (144).
Ogni dovere ha una sua correlata sanzione: per i doveri personali non esiste una pratica coazione, ma la violazione dei diritti coniugali sono il presupposto per ottenere poi la meglio in sede di divorzio. L’inadempimento di doveri patrimoniali autorizza il coniuge leso a chiedere al giudice la condanna del partner al pagamento delle somme necessarie.
Regime patrimoniale coniugale
Il legislatore ha introdotto nel 1975 la comunione dei beni come regime patrimoniale legale (cioè di regola). In realtà è una comunione degli acquisti: gli acquisti compiuti dopo il matrimonio cadono in comunione dei beni, anche se viene acquistato da un coniuge solo, senza la presenza dell’altro.
L’art. 179 elenca però i beni personali del coniuge, che non cadono nella comunione legale:
- beni acquistati prima del matrimonio
- beni acquistati per donazione o successione
- beni di uso strettamente personale
- beni che servono all’esercizio della professione
- beni ottenuti a titolo di risarcimento danni
- beni acquistati con il ricavato dalla cessione di altri beni personali
Quanto al reddito corrente non è considerato bene comune, anche se come già detto i coniugi sono gravati dell’obbligo di contribuzione. I risparmi diventano bene comune solo nel momento in cui si decide di sciogliere la comunione.
Per l’amministrazione straordinaria dei beni comuni è necessaria la partecipazione di entrambi i coniugi. Se un coniuge compie atti senza il consenso dell’altro si verificano due casi:
- se il bene è immobile o mobile registrato l’atto è efficace ma annullabile
- se il bene è mobile l’atto è valido ed efficace, ma il coniuge deve pagare l’equivalente in denaro all’altro coniuge leso
I beni raccolti in comunione formano un complesso unitario, con una loro autonomia patrimoniale nei confronti dei patrimoni personali dei coniugi; infatti per i debiti presi da entrambi i coniugi o da uno solo (ma nell’interesse della famiglia) risponde il patrimonio comune.
La comunione si scioglie per separazione personale, scioglimento del matrimonio per morte o divorzio, annullamento, per accordo tra i coniugi o per provvedimento del giudice su domanda di uno dei coniugi, per fallimento di uno dei coniugi (191,193). La fase successiva è la divisione, di regola in parti uguali.
Il regime patrimoniale legale può essere sostituito o modificato attraverso l’accordo dei coniugi (convenzioni matrimoniali) da:
- separazione dei beni
- comunione convenzionale
- fondo patrimoniale
Le convenzioni devono essere stipulate in forma di atto pubblico e per essere opponibili a terzi devono essere annotate a margine dell’atto di matrimonio.
Con la comunione convenzionale i coniugi possono modificare il regime patrimoniale e comprendere nella comunione dei beni che altrimenti sarebbero esclusi, o viceversa. E’ inderogabile l’esclusione dei beni per uso strettamente personale, dei beni usati per la professione e dei proventi da risarcimenti per danni: non è quindi possibile una comunione totale.
Il fondo patrimoniale si costituisce destinando determinati beni immobili, mobili registrati o titoli di credito ai bisogni della famiglia. E’ un patrimonio autonomo di cui i coniugi sono contitolari.
Separazione e divorzio
Prima di arrivare al divorzio si passa da una fase intermedia, la separazione di fatto, che pur non cambiando lo status giuridico ha delle conseguenze giuridiche:
- se uno dei due coniugi se ne va dalla casa coniugale si sospendono i doveri di assistenza morale e materiale (allontanamento ingiustificato). Se la reazione è conseguenza di violazioni di doveri del matrimonio da parte dell’altro coniuge l’allontanamento è giustificato
- nella successione al contratto di locazione la separazione di fatto è equiparata alla separazione legale
Alla pronuncia di separazione si può arrivare in due modi: separazione consensuale e separazione giudiziale.
La separazione consensuale richiede l’accordo tra i coniugi sia sulla separazione, che sulla situazione patrimoniale, che sull’affidamento dei figli. A questo punto se il giudice accerta che l’interesse dei figli è tutelato può omologare (rendere efficace) l’accordo tra i coniugi, instaurando la separazione.
Se le parti non riescono ad accordarsi, ciascuna può chiedere la separazione giudiziale, che può essere chiesta se si verificano fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole (151).
Con la separazione legale il vincolo matrimoniale non si scioglie, ma il rapporto tra i coniugi viene ridotto ai minimi termini:
- cessa l’obbligo di convivenza e il dovere di assistenza morale e materiale
- si attenua il dovere di fedeltà, nel senso di evitare comportamenti di grave offesa per l’ex
- la moglie separata conserva il cognome del marito, anche se il giudice può autorizzarla a non farne uso
- si scioglie la comunione legale
- il coniuge che non ha mezzi o capacità concrete di lavoro può chiedere all’altro un assegno di mantenimento
Questi effetti si possono modificare in sfavore di quella parte che è responsabile con i suoi comportamenti della separazione.
La potestà sui figli spetta ad entrambi i genitori, ma il suo effettivo esercizio spetta solo al genitore affidatario (anche se le decisioni più importanti devono essere prese da entrambi). Al genitore non affidatario spetta comunque il diritto di vigilanza e di visita (155).
Lo stato di vita separata può cessare per volontà dei coniugi con la riconciliazione, che può essere anche tacita.
Il giudice può disporre il divorzio quando accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l’esistenza di una delle seguenti cause:
- separazione legale durata per tre anni
- diverse cause penali (ergastolo o superiore a 15 anni, o delitti connessi alla prostituzione, o di incesto o contro il coniuge ecc…)
- altre cause civili (non consumazione del matrimonio, annullamento del matrimonio ottenuto all’estero da coniuge straniero, o nuovo matrimonio all’estero ecc…)
Non sarebbe previsto il divorzio consensuale anche se i coniugi possono porre una domanda congiunta di divorzio; nel divorzio, a differenza che nella separazione consensuale, è il giudice a prendere le decisioni riguardanti i rapporti patrimoniali e i figli.
Con il divorzio la donna perde il cognome del marito, anche se può ricevere l’autorizzazione dal giudice ad utilizzarlo; viene meno il diritto successorio anche se il coniuge più debole ha diritto ad un assegno periodico che può essere confermato anche dopo la morte dell’altro, a carico dell’eredità.
Filiazione e riconoscimento
Si distinguono due stati di filiazione (di figlio): filiazione legittima e naturale.
E’ legittimo il figlio generato da padre e madre uniti da un valido matrimonio; è naturale se i genitori non sono sposati.
Quando nasce un bambino chi assiste la partoriente ha l’obligo di fare una attestazione di avvenuta nascita, sulla base della quale deve essere rilasciata in comune la dichiarazione di nascita. In seguito verrà redatto l’atto di nascita, che può contenere o meno il nome dei genitori a seconda delle circostanze. La maternità è accertata, la paternità viene presunta se la donna non è nubile (sposata, divorziata, separata, vedova da non più di 300 giorni ecc…), altrimenti la paternità viene indicata solo con dichiarazione del padre.
Se il figlio nasce nel periodo che va da 180 giorni dopo le nozze a 300 giorni dopo la separazione, il divorzio, l’annullamento, la morte del marito scatta la presunzione legale assoluta che è stato concepito durante il matrimonio (232), e quindi figlio del marito.
L’azione di disconoscimento della paternità serve a far cadere la presunzione di paternità. Se il figlio è stato concepito durante il matrimonio il disconoscimento può avvenire solo in casi tassativi:
- se i genitori non hanno coabitato nel periodo legale del concepimento
- se nello stesso periodo il marito era affetto da impotenza
- se la donna ha tenuta nascosta gravidanza e parto o se si può provare che nel periodo del concepimento ha commesso adulterio
Se il figlio è stato concepito fuori dal matrimonio l’azione è liberamente esperibile dall’attore a cui carico avrà l’onere della prova.
Il marito può agire fino ad un anno dalla nascita o dal momento in cui è venuto a conoscenza dell’adulterio o dell’impotenza.
Con la contestazione di legittimità chiunque vi abbia interesse può provare a far venir meno lo stato di figlio legittimo.
L’azione di reclamo della legittimità serve invece ad accertare l’esistenza dei presupposti dello stato di figlio legittimo e può essere esperita direttamente dall’interessato.
La Costituzione parla di figli nati fuori dal matrimonio (30 Cost). Il pieno rapporto giuridico di filiazione si costituisce in questi casi solo per effetto del riconoscimento del figlio naturale o per dichiarazione giudiziale di paternità/maternità.
Il riconoscimento è un atto unilaterale (ma può essere fatto congiuntamente dai due genitori), è personalissimo (no rappresentanze) e puro (no condizioni o termini); è irrevocabile. Sulla base della dichiarazione si forma l’atto di nascita.
E’ possibile riconoscere figli nati da relazioni adultere, è invece vietato riconoscere figli incestuosi (a meno che non ci fosse ignoranza incolpevole fra i genitori.
Per riconoscere un figlio naturale occorre aver compiuto 16 anni.
Se il figlio da riconoscere ha più di 16 anni è necessario il suo consenso (benché sia un atto unilaterale) oppure se minore di 16 anni c’è bisogno del consenso del genitore che lo ha riconosciuto per primo.
Quanto alla forma il riconoscimento può avvenire nell’atto di nascita o con dichiarazione apposita o con un testamento.
Gli effetti del riconoscimento del figlio naturale possono essere eliminati solo con l’impugnazione.
Dato che mantenere un figlio è anche un dovere esiste la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità che permette di instaurare un rapporto di filiazione anche contro la volontà del genitore naturale che non riconosce il figlio.
Il figlio naturale di persona unita in matrimonio non può essere immesso nella casa familiare se non con autorizzazione del giudice (devono acconsentire i figli legittimi maggiori di 16 anni, il coniuge e l’altro genitore naturale).
Per la potestà dei genitori ci sono varie situazioni:
- se il figlio è stato riconosciuto da entrambe i genitori e con entrambi convive, allora si applica la disciplina simile a quella per i figli legittimi
- se è stato riconosciuto da entrambi ma non convivono, la potestà è esercitata dal genitore che vive con il figlio
- se il figlio è affidato a terzi la potestà è esercitata dal genitore che l’ha riconosciuto per primo
Con la legittimazione, ovvero con il matrimonio, il figlio diventa legittimo. E’ possibile legittimare il figlio anche senza matrimonio, ma solo con un provvedimento del giudice.
Si parla di filiazione civile poiché il rapporto è fondato non sulla procreazione ma su un provvedimento di giurisdizione volontario.
Adozione e affidamento
Adozione dei minorenni. Se si trovano in situazione di abbandono, privi di assistenza morale e materiale, il tribunale li dichiara in stato di adottabilità.
Adottanti possono essere solo due coniugi il cui vincolo sia stabile (uniti in matrimonio da almeno tre anni e non essersi separati negli ultimi tre anni). I coniugi devono essere effettivamente idonei e capaci di educare e mantenere i minori che intendo adottare (anche più di uno).
Differenza di età minima tra adottato e adottante è 18 anni, la massima è 45. Una deroga a questo limite viene fatta nei seguenti casi:
- solo uno dei coniugi ha superato i 45 anni di differenza
- se gli adottanti hanno già figli naturali o adottivi di cui uno sia ancora minorenne
- se l’adozione riguarda un fratello o una sorella minore di un bambino già adottato
Per adottare un bambino con più di 14 anni è necessario il suo consenso.
L’adozione rescinde completamente i legami con la famiglia d’origine, e il minore acquista lo status di figlio legittimo degli adottanti (e quindi fratello degli altri figli, nipote dei nonni ecc..).
Per regolare la situazione del minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo è stata introdotta la disciplina dell’affidamento dei minori. L’istituto può fungere come alternativa all’adozione nei casi in cui quest’ultima risulti difficile.
L’adozione di un maggiorenne ha lo scopo di dare un discendente all’adottante, e non dare una famiglia all’adottato. I legami dell’adottato con la famiglia d’origine non vengono recisi e conserva per cui i suoi diritti oltre ad acquisirne di nuovi verso l’adottante (non verso i parenti dell’adottante).
L’adottato antepone al proprio cognome quello dell’adottante.
In casi particolari è consentita l’adozione anche da un solo adottante (con gli effetti dell’adozione di maggiorenni), ovvero:
- un parente vuole adottare il minore orfano di padre e madre
- minore affetto da handicap
Non è necessario che il minore sia in stato di abbandono.
Il minore deve essere informato della sua condizione adottiva da parte dei genitori; l’identità dei genitori biologici può essere conosciuta dall’adottato solo dopo il 25° anno di età.
Famiglia di fatto
Per famiglia di fatto non si intende un istituto, quanto una questione: se una convivenza di tipo coniugale tra un uomo e una donna non sposati possa far nascere relazioni giuridiche.
Nel caso in cui genitori naturali e figli siano conviventi, il regime della potestà è uguale a quello che abbiamo per una famiglia di coniugi con figli legittimi. Da questo punto di vista la famiglia di fatto viene trattata come una famiglia legittima.
La famiglia di fatto è quindi considerata come fonte di obbligazioni naturali (doveri morali e sociali), e rientra tra le formazioni sociali di cui parla l’art. 2 Cost.
Le conseguenze sono che le erogazioni spontanee tra i conviventi sono irripetibili, oltre al formarsi di legittime aspettative che possono essere tutelate verso i terzi (diritto al risarcimento del danno per la morte del convivente provocata da un terzo).
Obbligo alimentare
Presupposto dell’obbligo e del diritto agli alimenti è lo stato di bisogno, cioè non essere in grado (senza colpa) di provvedere al proprio mantenimento. La misura degli alimenti dipende dalla gravità dello stato di bisogno e dalle condizioni economiche dell’obbligato.
Da non confondere alimenti con mantenimento: alimenti (non inteso come solo vitto) per i bisogni essenziali, mantenimento per i bisogni ordinari. I genitori devono mantenere i figli fino alla maggiore età, dopodichè hanno solo l’obbligo degli alimenti.
Il coniuge separato che non ha mezzi sufficienti può chiedere un assegno di mantenimento; se la separazione è a lui addebitata ha diritto solo agli alimenti (156).
Successioni e testamento
Il diritto delle successioni è retto da due principi fondamentali: libertà testamentaria e trasmissione familiare della ricchezza.
In base al primo principio si riconosce ad ogni persona il potere di stabilire la sorte dei propri beni dopo la sua morte. Il secondo principio riguarda il caso in cui manchi un testamento e quindi ha luogo la successione legittima tra i parenti. In realtà un quota dell’eredità spetta per legge ad alcuni stretti congiunti, detti legittimari (coniuge e figli legittimi/naturali).
Il sistema del diritto successorio è materia di ordine pubblico; gli unici strumenti di autonomia del privato sono il testamento, accettazione o rinunzia di eredità. E’ per questo che vige il divieto dei patti successori ovvero:
- qualsiasi convenzione che disponga della propria successione
- qualsiasi atto che disponga beni futuri
Eredità e legittimari
Oggetto della successione a causa di morte è la totalità dei rapporti trasmissibili, attivi e passivi, di cui una persona è titolare al momento della morte. L’insieme di questi beni forma l’eredità (asse ereditario). La successione nell’eredità è successione a titolo universale (nell’universalità dei rapporti che facevano capo al defunto). Erede colui che succede nella totalità dei rapporti o in una quota matematica.
Una volta acquistata l’eredità questa non si distinguerà più nel patrimonio dell’erede (confusione dei patrimoni). Alcuni beni possono però essere destinati a una successione a titolo particolare e quindi staccati dall’eredità. Ciò avviene nel legato, l’attribuzione di un determinato bene fatta nel testamento.
Con la morte della persona si verifica l’apertura della successione (456). Prima della morte non si può nemmeno parlare di aspettativa dei possibili successori, la situazione successoria è inerte.
La vocazione all’eredità è il titolo degli eredi a succedere. SI distingue:
- vocazione legittima (titolo a succedere è una situazione prevista dalla legge)
- vocazione testamentaria (titolo a succedere è il testamento)
La delazione dell’eredità è la messa a disposizione agli eredi dell’eredità, a seguito dell’apertura della successione, che coincide con l’acquisizione del diritto di accettare. Al titolare di questo diritto viene attribuito il potere temporaneo di vigilare sull’eredità, senza che ci siano implicazioni sulla sua decisione di eventuale accettazione.
I titoli del diritto a succedere sono anche le fonti della successione e quindi:
- successione legittima
- successione testamentaria
La successione legittima è regolata dalla legge e ci si ricorre se manca del tutto o in parte il testamento
La successione testamentaria è regolata dal testamento, cioè quell’atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse (587). Dove il testamento non sia sufficiente si integra con le norme sulla successione legittima.
Il legittimario, come già detto, ha diritto ad una quota del patrimonio. Se non già espressamente citato nel testamento fa valere il suo diritto ad avere i beni, non viene considerato un erede.
L’erede deve essere capace a succedere e quindi:
- aspetti della capacità giuridica: capacità a succedere e capacità di ricevere per testamento
- aspetti della capacità d’agire: capacità d’accettare l’eredità
Sono considerati capaci di succedere i nati o concepiti al momento dell’apertura della successione.
Un chiamato all’eredità che deve ancora nascere acquisterà definitivamente l’eredità al momento della nascita. Nel caso di vocazione testamentaria è valida anche l’istituzione di un erede che deve ancora essere concepito, purchè figlio di una determinata persona.
L’indegnità a succedere colpisce l’erede o il legatario che abbia compiuto azioni particolarmente gravi contro il defunto (come l’attentato alla vita, denuncia calunniosa, raggiri per influenzare la volontà testamentaria) ed è causa di rimozione dalla successione. Solo la persona della cui successione si tratta può, prima della morte e con atto pubblico, riammettere l’indegno alla successione.
I soggetti che hanno titolo a succedere per vocazione legittima sono (565):
- discendenti legittimi e naturali
- coniuge
- ascendenti legittimi
- fratelli e sorelle legittimi
- collaterali dal terzo al sesto grado
- altri parenti (fratelli naturali)
- lo Stato
La posizione dei figli legittimi è parificata rispetto a quella dei figli naturali, anche se i primi hanno il diritto di commutazione, cioè possono soddisfare la quota dei figli naturali con beni immobili o denaro. Se questi si oppongono interviene il giudice.
I figli non riconoscibili sono esclusi dall’eredità, anche se gli viene riconosciuto un assegno vitalizio pari alla rendita che riceverebbe dalla suo eventuale quota di eredità.
In mancanza di figli il coniuge concorre solo con i fratelli e gli ascendenti legittimi del defunto. Al coniuge spetta un terzo dell’eredità (un mezzo se ha un figlio solo), il diritto di abitazione nella casa familiare e di uso dei mobili che la corredano.
Il coniuge separato con addebito ha diritto ad un assegno vitalizio di tipo alimentare, solo se già in precedenza lo percepiva.
Il coniuge divorziato, benché escluso dalla successione, può chiedere per uno stato di bisogno un assegno alimentare a carico dell’eredità, che perde se passa a nuove nozze.
Fratelli e sorelle legittimi concorrono con il coniuge, con i genitori e con gli ascendenti. Fratelli naturali vengono prima solo dello Stato.
I parenti collaterali dal terzo al sesto grado succedono quindi solo in mancanza di figli, genitori o ascendenti, coniuge, fratelli legittimi.
Nel caso di mancanza di successibili l’eredità è dovuta allo Stato, che non ha bisogno di accettazione ed è responsabile dei debiti solo nel limite del valore dei beni acquistati.
Testamento e sue forme
Il testamento è l’atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse (587). E’ un atto a contenuto patrimoniale.
Le disposizioni testamentarie che assolvono la funzione di determinare la sorte del patrimonio del defunto sono:
- istituzione di erede
- legato
- modo o onere
L’istituzione di erede è l’intento di designare una persona (o più di una) come proprio successore, come titolare del patrimonio per intero o per una sua quota.
Il legato è il lascito testamentario di un singolo cespite patrimoniale e abbiamo:
- legato di specie: ha per oggetto la proprietà di una cosa determinata o di un altro diritto esistente nel patrimonio del testatore
- legato di genere: ha per oggetto una somma di denaro o una quantità di cose fungibili
Il legato può essere disposto anche a favore di uno degli eredi, si chiama allora prelegato.
Se gli eredi non hanno accettato l’eredità con beneficio di inventario rispondono dei legati anche oltre il valore dell’eredità.
L’onere o modo è un obbligo imposto al beneficiario di una liberalità, che limita la posizione liberale. Si può trattare di dare una parte del patrimonio in beneficenza, o costruire un monumento funebre ecc… L’inadempimento può avere un effetto risolutivo.
L’istituzione di erede può essere sottoposto a condizione risolutiva o sospensiva, ma non a termine. Si considerano non apposte le condizioni illecite o impossibili.
E’ previsto un contenuto atipico al testamento, che non riguarda interessi patrimoniali. E’ il caso di decisioni sul diritto morale di autore (non pubblicare gli scritti), riconoscimento del figlio naturale ecc…
Il testamento è revocabile: fino all’ultimo il testatore può pentirsi delle sue disposizioni e farle decadere o sostituirle. La revoca può essere espressa (magari in un testamento successivo) o tacita. E’ tacita se ci sono più disposizioni incompatibili tra loro, oppure per la distruzione di un testamento olografo o il ritiro di un testamento segreto.
La successione può essere regolata anche da più testamenti e dalla legge.
Si ha revoca di diritto se dopo il testamento, ma prima della morte, si ha la nascita di un figlio o il riconoscimento di un figlio naturale.
Non è permesso il testamento congiuntivo né il testamento reciproco, poiché è un atto unipersonale.
Sono incapaci legalmente di testare:
- il minore di età
- l’interdetto per infermità di mente
- l’incapace di intendere o di volere (anche momentaneo, al momento del testamento)
Sono invece legalmente capaci:
- inabilitato
- interdetto legale
La forma più semplice è quella dell’olografo (tutto scritto): è un atto scritto di pugno dal testatore, datato e sottoscritto. Solo il testatore ne è a conoscenza, ma si presta ad essere distrutto, contestato ecc..
Con il testamento pubblico si evitano questi rischi. Viene redatto dal notaio sotto indicazione del testatore in presenza di due testimoni.
Il testamento segreto garantisce certezza della data, riservatezza e sicura conservazione. Può essere scritto a mano o a macchina dal testatore, sottoscritto da lui, e consegnato in busta sigillata al notaio, di fronte a due testimoni.
Sono ammesse forme diverse per i testamenti speciali redatti in situazioni particolari come malattie contagiose, calamità pubbliche, viaggio in mare o in aereo, in guerra ecc… I testamenti speciali hanno efficacia temporanea: 3 mesi.
Anche nel testamento abbiamo la distinzione tra nullità e annullabilità, anche se con qualche differenza.
E’ causa di nullità il difetto di forma (mancanza di firma o autografia nell’olografo). Se un testamento segreto è nullo per difetto di forma è possibile una conversione formale dell’atto: se il testamento consegnato al notaio è scritto di pugno dal testatore, datato e sottoscritto, vale allora come testamento olografo.
Un testamento nullo non è come se fosse inesistente: in effetti anche se nullo può essere spontaneamente eseguito e quindi non può essere fatta valere la nullità se il testatore conosceva la causa della nullità.
Il testamento può essere nullo anche per illiceità delle disposizioni testamentarie, come motivo, condizione o onere.
Le cause di annullabilità sono:
- mancanza della data
- incapacità legale o naturale
- errore, violenza e dolo
Nel testamento anche l’errore sui motivi è causa di annullamento poiché risulti chiaramente dal testamento e che sia detto errore ad aver condizionato le scelte del testatore.
Violenza e dolo acquistano un’estensione maggiore rispetto al contratto, ma seguono gli stessi criteri. Il comportamento doloso di chi vuole raggirare e guidare la volontà del testatore è detto captazione.
L’annullabilità è assoluta, può essere esperita da chiunque vi abbia un interesse legittimo.
Il testamento diviene efficace al momento dell’apertura della successione; se è un testamento pubblico diventa anche eseguibile altrimenti, se olografo o segreto, diventa eseguibile solo dopo la pubblicazione da parte di un notaio.
Una quota delle sostanze (da un minimo di 1/3 ad un massimo di ¾) è riservata ai legittimari. Detta quota indisponibile è chiamata legittima.
La quota indisponibile si calcola su una base data dalla somma (556):
- del valore dei beni che il defunto ha lasciato alla sua morte, meno i debiti
- dal valore dei beni donati durante la sua vita
Se c’è stata lesione i legittimari possono agire in riduzione contro le disposizioni che hanno determinato la lesione, e quindi:
- istituzioni d’erede o legati fatti con il testamento
- donazioni
Il risultato può essere la restituzione in natura dei beni acquistati o il diritto del legittimario a conseguirne il valore in denaro.
Le quote di legittima sono così ripartite:
- genitore lascia un solo figlio: metà dell’attivo
- genitore lascia più di un figlio: 2/3 dell’attivo
- il coniuge, se solo, metà del patrimonio
- il coniuge che concorre con gli ascendenti: metà al coniuge, ¼ agli ascendenti
- il coniuge che concorre con 1 figlio: 1/3 ciascuno
- il coniuge che concorre con più figli: la metà ai figli, ¼ al coniuge
- ascendenti, se soli, 1/3 del patrimonio
Il testatore può estromettere i legittimari dall’eredità, rispettandone i diritti: può disporre in loro favore un legato in sostituzione di legittima, cioè un lascito a titolo particolare in sostituzione della legittima. Il legittimario può rifiutare il legato e chiedere la legittima, oppure conseguire il legato e non diventare erede. Nel caso in cui non ci sia per il legittimario la possibilità di scelta, il legato sarà imputato alla quota di legittima, andando a ridurre o ad eliminare la lesione del diritto del legittimario.
Accettazione e rinuncia dell'eredità
La delazione dell’eredità fa nascere nel chiamato il diritto di accettare. Con l’accettazione si consegue l’acquisto dell’eredità, con effetto retroattivo all’apertura della successione. L’accettazione è un atto unilaterale, puro ed irrevocabile.
L’accettazione può essere espressa (con un atto scritto) o tacita (compiere atti incompatibili con la volontà di rinunciare). Il silenzio (3 mesi) vale come accettazione.
La rinunzia all’eredità è un atto solenne (che si fa dal notaio), puro e totale (è nulla la rinunzia parziale) ed è revocabile fino a che un altro chiamato non abbia accettato.
Tra l’apertura della successione e l’accettazione il patrimonio può essere conservato dal chiamato, che è anche legittimato nel possesso. Se il chiamato non è nel possesso dei beni ereditari il giudice può nominare un curatore dell’eredità (situazione di eredità giacente).
Il legato si acquisisce senza bisogno di accettazione, ma si può anche rinunziare.
La successione determina la confusione dei patrimoni. Per evitare il rischio di dover rispondere illimitatamente ai nuovi debiti acquisiti con l’eredità viene concessa l’accettazione con beneficio di inventario. L’effetto non è quello di riservarsi nella decisione, poiché l’accettazione è definitiva, ma quello di tenere distinto il patrimonio dell’erede da quello del defunto. In questo modo l’erede risponde dei debiti ereditari solo con il patrimonio ereditato; i creditori del defunto hanno preferenza sui beni dell’eredità rispetto ai creditori dell’erede.
Se il chiamato è in possesso dei beni ereditari ha un termine di tre mesi per fare l’inventario: se il termine trascorre inutilmente viene considerato erede puro e semplice (come anche nel silenzio). Se procede all’inventario senza aver accettato deve accettare entro 40 giorni.
L’accettazione con beneficio di inventario richiede l’atto pubblico ed è obbligatoria per:
- minore d’età, interdetto o inabilitato, persona giuridica
Nel caso in cui il patrimonio ereditario si confonda con il patrimonio dell’erede che sia in una cattiva situazione patrimoniale, la legge predispone un rimedio per i creditori del defunto e i legatari, la separazione dei beni del defunto da quelli dell’erede. In questo modo i creditori e i legatari separatisti hanno diritto di prelazione sia di fronte ai creditori dell’erede che ai creditori del defunto non separatisti, pur conservando il diritto di agire sui beni personali dell’erede.
I creditori dell’erede non sono invece protetti contro il rischio di un’eredità dannosa. Però nel caso in cui il chiamato rinunzi ad una eredità che potrebbe giovare ai suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare in sua vece. Il chiamato non diventa erede, ma per i suoi creditori è come se lo fosse. E’ una forma di inefficacia relativa della rinunzia.
Può succedere che alcuni bene dell’asse ereditario siano in possesso a soggetti che affermano un titolo d’erede o che ne siano addirittura sprovvisti.
Chi si afferma erede può agire verso questi possessori con la petizione dell’eredità, per ottenere la restituzione dei beni ereditari. L’attore deve provare di aver titolo di erede, quindi riguarda il complesso dell’eredità e non il singolo bene.
Può succedere che un soggetto appaia erede anche senza averne il titolo (erede apparente). Se questi aliena il bene ad un terzo, prevale il principio a protezione dell’affidamento di buona fede (limitatamente agli acquisti a titolo oneroso) che impone al terzo l’onere della prova della buona fede. Anche l’erede apparente potrà far valere le regole sul possesso di buona fede.
Devoluzione e comunione ereditaria
Quando il chiamato all’eredità non può o non vuole accettare, il sistema successorio mette l’eredità a disposizione di un altro successibile. Questa ulteriore delazione si chiama devoluzione dell’eredità.
Nel caso di vocazione testamentaria il primo criterio di devoluzione è la sostituzione volontaria che può essere:
- ordinaria: se il testatore nomina un sostituto nel caso il primo chiamato non possa o non voglia accettare
- fedecommissaria: il primo chiamato riceve l’eredità con l’obbligo di conservarla perché alla sua morte sia acquistata da un secondo chiamato (ammessa solo per assistenza di incapaci: primo chiamato è l’incapace, secondo chiamato è l’ente, la persona o l’associazione che si occupa dell’incapace)
Il secondo sistema di devoluzione è la rappresentazione: se il primo chiamato è figlio, fratello o sorella del defunto, in caso di impossibilità o di non volontà ad accettare, subentrano nel luogo e nel grado del primo chiamato i suoi discendenti legittimi o naturali.
Nel caso in cui il chiamato muoia prima di aver accettato l’eredità, il diritto di accettare, che è parte del suo patrimonio, passa agli eredi (trasmissione del diritto di accettare).
Il quarto sistema di devoluzione è l’accrescimento delle quote: se un coerede rinuncia o non può accettare, la sua quota viene divisa tra gli altri coeredi. I presupposti per l’accrescimento tra coeredi sono:
- che i coeredi siano stati istituiti nello stesso testamento senza la determinazione delle quote
- che non risulti la volontà del testatore di sostituzione volontaria
- che non esistano i presupposti per la rappresentazione e per la trasmissione del diritto di accettare
Se mancano questi presupposti la quota del chiamato che non può o non vuole accettare si devolve agli ulteriori successibili.
Divisione ereditaria
Tra i coeredi che abbiano accettato l’eredità si stabilisce una situazione di comunione destinata a risolversi con la divisione.
L’oggetto della comunione ereditaria non coincide con l’intero asse ereditario. Sono esclusi:
- i beni oggetto di legati di specie
- debiti divisibili (si dividono di diritto tra i coeredi, che sono obbligati parziariamente verso il creditore
Con la collazione i coeredi (solo per discendenti e coniuge) devono aggiungere alla comunione anche i beni ricevuti dal defunto per donazione.
Ogni coerede può alienare la sua quota, sulla quale gli altri coeredi hanno diritto di prelazione.
La divisione della comunione può avvenire per contratto tra i coeredi (divisione convenzionale) oppure, in mancanza di accordo tra i coeredi, si procede alla divisione giudiziale, dove le porzioni formate sono assegnate per estrazione a sorte.
Il testatore può pilotare la divisione. Può designare una persona (che non sia erede o legatario) di fiducia che effettui la divisione oppure può stabilire direttamente le divisioni. Per evitare disguidi può distribuire direttamente tutti i beni fra gli eredi: in questo caso non sorge la comunione. Per gli eventuali beni dimenticati si agisce come per il testamento parziale, si apre un successione legittima.
Ciascun erede ha diritto ad ottenere una parte in natura dei beni mobili e immobili che fanno parte dell’eredità.
La divisione ha efficacia retroattiva: una volta effettuata gli eredi acquistano l’eredità come se la comunione non ci fosse stata. Inoltre è soggetta ad annullamento per violenza o dolo.
Donazione e sue caratteristiche
La donazione è giuridicamente un contratto. Può sembrar strano dato che un bene passa da un soggetto all’altro fuori da un contesto di scambio giuridico. Ma la donazione ha un oggetto patrimoniale e c’è accordo tra le parti.
Il carattere della gratuità non è sufficiente ad identificare una donazione poiché esistono anche donazioni remuneratorie, ovvero donazioni fatte con lo spirito di sdebitarsi.
La donazione può avere ad oggetto qualsiasi diritto disponibile di cui il donante sia titolare, oppure l’assunzione di un obbligazione verso il donatario. E’ vietata e nulla la donazione di beni futuri.
E’ richiesta la forma dell’atto pubblico a pena di nullità. Fa eccezione la donazione di cosa mobile di modico valore (regalo).
Le caratteristiche della donazione sono:
- l’incapacità naturale è causa di annullamento della donazione
- il tutore del donante non può essere il donatario
- può essere impugnata per errore sui motivi
- vale la possibilità di conferma della donazione nulla
- la donazione può essere revocata per l’esistenza non conosciuta al momento della donazione di un figlio o discendente legittimo
- sono ammesse sostituzioni con gli stessi limiti che valgono per il testamento
Domande da interrogazione
- Qual è la nozione giuridica di famiglia secondo il testo?
- Quali sono i principi costituzionali fondamentali riguardanti la famiglia?
- Come viene regolato il matrimonio nel codice civile italiano?
- Quali sono gli effetti del matrimonio secondo il testo?
- Come viene trattata la crisi della famiglia e la separazione personale?
La famiglia è definita in vari modi a seconda del contesto giuridico. Può riferirsi alla famiglia nucleare (coniugi e figli) o includere parenti fino al terzo grado in contesti come l'impresa familiare, e fino al sesto grado in tema di successioni. Si distingue tra famiglia legittima (fondata sul matrimonio) e famiglia di fatto.
Gli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione riconoscono la famiglia come società naturale, garantendo autonomia e parità tra i coniugi, e il dovere verso i figli sia all'interno che all'esterno del matrimonio. La famiglia di fatto è inclusa tra le formazioni sociali dell'art. 2 Cost.
Il matrimonio è un atto regolato da norme inderogabili, è un atto puro e solenne che non ammette condizioni o rappresentanza. La capacità di sposarsi si acquisisce con la maggiore età, e il matrimonio può essere impugnato per nullità assoluta o relativa in determinati casi.
I diritti e doveri derivanti dal matrimonio includono fedeltà, assistenza morale e materiale, collaborazione e coabitazione. Economicamente, i coniugi devono contribuire ai bisogni familiari in proporzione alle loro capacità. La violazione di questi doveri può influenzare le decisioni in caso di divorzio.
La separazione personale è una fase intermedia prima del divorzio, che può essere consensuale o giudiziale. Essa sospende alcuni doveri coniugali e può portare alla cessazione della comunione legale dei beni. La potestà sui figli è condivisa, ma l'esercizio effettivo spetta al genitore affidatario.