Concetti Chiave
- La legge non può conferire efficacia erga omnes ai contratti sindacali per evitare squilibri negoziali.
- Interventi legislativi possono aumentare l'efficacia dei contratti collettivi, ma senza monopolizzare la rappresentanza sindacale.
- Riconoscimenti limitati ai contratti collettivi sono consentiti, purché derivino dalla legge e integrino i suoi contenuti.
- I sindacati maggiormente rappresentativi non sono più riconosciuti dopo l'abrogazione dell'art. 19 nel referendum del 1995.
- Nel settore pubblico, l'evoluzione contrattuale è passata dalla legge alla piena contrattualizzazione, nota come "privatizzazione del pubblico impiego".
Indice
Efficacia erga omnes e contratti sindacali
Alla legge è vietato conferire efficacia erga omnes a contratti stipulati dalle associazioni sindacali. Infatti, dopo aver legittimato «in via provvisoria» la legge 741 del 1959 – che aveva conferito tale efficacia a diversi contratti collettivi – con la sent. 106/1962 la Corte dichiarò incostituzionale la legge 1027 del 1960 che voleva prorogarla (v. poi sentt. 70/1963, 88/1965, 105/1969). La legge può (anzi deve) tutelare le posizioni deboli, ma non può comunque intervenire squilibrando l’attività negoziale a favore di una parte.
Interventi legislativi e contratti collettivi
La Costituzione, tuttavia, non si oppone a qualsiasi intervento legislativo che assegni ai contratti collettivi una efficacia superiore a quella normale dei contratti inter partes, ma non consente che attraverso l’efficacia erga omnes si attribuisca il monopolio della rappresentanza ad alcuni sindacati rispetto ad altri
Riconoscimenti limitati e sindacati rappresentativi
Sono consentiti alla legge limitati «riconoscimenti» ai contratti collettivi, purché l’efficacia delle clausole richiamate derivi dalla legge stessa ed esse siano volte solo a integrarne i contenuti (ad esempio, per la rimodulazione degli orari di lavoro, per le prestazioni di lavoro straordinario, per le assunzioni o il licenziamento di manodopera senza rispettare determinati obblighi ecc.). Tali contratti potevano essere riconosciuti se stipulati dai sindacati maggiormente rappresentativi: ma questa nozione, prevista dall’art. 19 dello statuto dei lavoratori (l. 300/1970) e valorizzata dalla Corte costituzionale, è stata abrogata da un referendum nel 1995.
Contratti collettivi come fonti extra ordinem
L’insieme di questi elementi porta una parte della dottrina a considerare gli attuali contratti collettivi come fonti extra ordinem , diverse dalle fonti previste nel secondo comma dell’art. 39.
Non coincidenti sono le conclusioni cui si può giungere per i contratti relativi al lavoro nelle pubbliche amministrazioni. Nella disciplina del rapporto di lavoro pubblico è possibile individuare tre fasi: la fase del dominio della legge; la fase del «condominio» fra la contrattazione e la fonte normativa secondaria (appositi regolamenti); la fase della contrattualizzazione piena (sommariamente chiamata «privatizzazione del pubblico impiego»).
Domande da interrogazione
- Qual è la posizione della Costituzione riguardo all'efficacia erga omnes dei contratti collettivi?
- Quali sono le condizioni per il riconoscimento legale dei contratti collettivi?
- Come si è evoluta la disciplina del rapporto di lavoro nelle pubbliche amministrazioni?
La Costituzione non si oppone a interventi legislativi che assegnano ai contratti collettivi un'efficacia superiore a quella normale, ma non consente che l'efficacia erga omnes attribuisca il monopolio della rappresentanza ad alcuni sindacati rispetto ad altri.
I contratti collettivi possono essere riconosciuti legalmente se le clausole richiamate derivano dalla legge stessa e sono volte a integrarne i contenuti, come per la rimodulazione degli orari di lavoro o le prestazioni di lavoro straordinario.
La disciplina del rapporto di lavoro pubblico ha attraversato tre fasi: il dominio della legge, il «condominio» tra contrattazione e fonte normativa secondaria, e la contrattualizzazione piena, nota come «privatizzazione del pubblico impiego».