Andrea301AG
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Concetti Chiave

  • I contratti scritti possono generare controversie interpretative basate sul significato delle parole utilizzate.
  • I criteri di interpretazione soggettiva mirano a identificare l'intenzione comune delle parti coinvolte.
  • L'articolo 1362 del Codice Civile suggerisce di non limitarsi al significato letterale, ma di indagare l'intenzione comune.
  • I criteri di interpretazione oggettiva si basano sulla buona fede contrattuale e su elementi oggettivi.
  • La giurisprudenza ha interpretato l'art. 1362 in vari modi, sollevando dubbi sull'importanza del significato letterale rispetto all'intenzione comune.

Criteri di interpretazione soggettiva del contratto

Quando il contratto è redatto per iscritto, il senso delle parole in esso riportate può dare luogo a controversie in base all’interpretazione che se ne dà.
Da ciò scaturisce l’esigenza di fissare criteri predeterminati tramite cui interpretare il contratto. La legge disciplina due tipologie di criteri:
1) criteri di interpretazione soggettiva → si basano sulla ricerca della comune intenzione delle parti.
Tali criteri trovano fondamento nell’art. 1362 C.C.:
Art 1362 → nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti, senza mai limitarsi al senso letterale delle parole;
2) criteri di interpretazione oggettiva → si rifanno al concetto di buona fede contrattuale e ad altri elementi oggettivi non riconducibili all’intenzione dei contraenti.
Le norme sull’interpretazione del contratto sono a loro volta soggette a interpretazione da parte della giurisprudenza: la Cassazione ha interpretato in vari modi l’art. 1362, inducendo i giuristi a chiedersi se bisogna dare primaria importanza al senso letterale delle parole ovvero alla comune intenzione delle parti.
Questione: come scoprire, al di là delle parole, la reale intenzione delle parti?
In primo luogo occorre valutare il comportamento complessivo dei contraenti, anche posteriore alla conclusione del contratto: è il c.d. criterio storico. Si tratta di un criterio sussidiario: il giudice non è tenuto a seguirlo quando è in grado di accertare e ricostruire la comune intenzione delle parti utilizzando il criterio interpretativo logico-letterale.

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