Andrea301AG
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Concetti Chiave

  • Durante il regime fascista, si negava il pluralismo politico e si promuoveva un'unità infrangibile dello Stato, sopprimendo le distinzioni politiche.
  • Nell'Assemblea costituente, alcune forze politiche proponevano una camera per rappresentare le autonomie territoriali, rompendo l'accentramento esistente.
  • Altre forze sostenevano un sistema monocamerale, considerando il popolo come unico sovrano, senza divisioni in più organi rappresentativi.
  • Il Senato del Regno fu abolito dopo il referendum del 2 giugno 1946, segnando la fine della monarchia in Italia.
  • Il dibattito sul bicameralismo verteva su diversi modelli di rappresentanza regionale e di interessi, con alcune proposte per un sistema elettorale uninominale.

Assemblea rappresentativa secondo il progetto dei padri costituenti

Il regime fascista rifiutava l’idea stessa che le istituzioni rispecchiassero il pluralismo politico e immaginava di farne il luogo dove, fermo il dogma dell’infrangibile unità dello Stato e soppresse perciò le distinzioni politiche, tutte le categorie sociali ed economiche concorressero alla funzione legislativa.
Quando all’Assemblea costituente si pose la questione di come organizzare il futuro parlamento, alcune forze politiche, convinte della necessità di rifondare lo Stato rompendo l’accentramento politico-amministrativo che aveva caratterizzato l’Unità d’Italia, ritenevano che una delle due camere dovesse diventare la sede di rappresentanza delle nuove autonomie territoriali.

Altre forze, invece, ritenevano che sede della rappresentanza potesse essere una sola camera: se il sovrano è uno (il popolo), non era immaginabile che esso poi si dividesse in più organi in grado di rappresentarlo. Dietro queste impostazioni teoriche c’erano preoccupazioni e aspettative diverse: alcuni non volevano un bicameralismo che fosse di intralcio a incisive trasformazioni del sistema economico-sociale (i comunisti); altri volevano in ogni caso una suddivisione della rappresentanza in due rami diversi capaci di controllarsi l’un l’altro, anche grazie a un processo legislativo più ponderato e, presumibilmente, moderato (i democristiani).
Dunque, una cosa sola era pacifica: il Senato del Regno era scomparso per sempre dopo il referendum del 2 giugno 1946 col quale era stata abolita la monarchia. Per il resto, gli uni volevano un parlamento monocamerale, gli altri un parlamento ancora bicamerale. Questi ultimi, a loro volta, si dividevano su quale bicameralismo introdurre: v’erano quanti proponevano varianti diverse di rappresentanza degli enti regionali, quanti suggerivano di tener conto della rappresentanza di interessi e delle competenze che l’appartenenza a determinate categorie poteva assicurare, quanti – infine – speravano di recuperare in uno almeno dei due rami il sistema elettorale uninominale in vigore fino al 1919, da loro preferito al sistema proporzionale che premiava i partiti di massa.

Domande da interrogazione

  1. Qual era la visione del regime fascista riguardo alle istituzioni e al pluralismo politico?
  2. Il regime fascista rifiutava l'idea che le istituzioni rispecchiassero il pluralismo politico, immaginando un luogo dove tutte le categorie sociali ed economiche concorressero alla funzione legislativa, sopprimendo le distinzioni politiche.

  3. Quali erano le diverse opinioni all'interno dell'Assemblea costituente riguardo all'organizzazione del futuro parlamento?
  4. Alcune forze politiche volevano una camera che rappresentasse le nuove autonomie territoriali, mentre altre sostenevano un'unica camera rappresentativa del popolo. C'erano anche divisioni su un eventuale bicameralismo, con opinioni diverse su come strutturarlo.

  5. Cosa accadde al Senato del Regno dopo il referendum del 2 giugno 1946?
  6. Il Senato del Regno scomparve per sempre dopo il referendum del 2 giugno 1946, che abolì la monarchia.

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