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Concetti Chiave

  • Le aree vulcaniche, sebbene pericolose, sono densamente popolate grazie alla fertilità del suolo arricchito da elementi chimici come potassio e magnesio.
  • La valutazione del rischio vulcanico si basa su studi vulcanologici e socio-economici, considerando morfologia, attività eruttiva e frequenza storica delle eruzioni.
  • Il Vesuvio rappresenta il maggiore pericolo vulcanico in Italia a causa delle sue eruzioni esplosive e dell'elevata urbanizzazione della regione circostante.
  • La gestione del rischio varia in base al tipo di attività vulcanica: è possibile deviare colate laviche, mentre per attività esplosive è fondamentale una rapida evacuazione.
  • Sistemi di monitoraggio avanzati, inclusi satelliti e sensori sismici, aiutano a prevedere eruzioni ma non permettono di stabilire l'esatto momento dell'esplosione.

Pericolo e rischio vulcanico

Tra le aree ad alto pericolo geologico, quelle vulcaniche sono spesso le più popolate grazie alla fertilità dei suoli, legata alla presenza di elementi chimici, come il potassio, il calcio, il magnesio, il ferro ecc. Per sfruttare i terreni, l’uomo deve impiantare i propri insediamenti abitativi sulle pendici dei vulcani, e quindi esporsi al rischio di nuove eruzioni. Poiché e impossibile impedire che avvenga un’eruzione, per garantire la sicurezza delle popolazioni che vivono in prossimità di un vulcano, e fondamentale saper valutare correttamente il pericolo e il rischio vulcanico e mettere in atto strategie opportune da attuare in caso di una ripresa o di una recrudescenza dell’attività vulcanica. La stima della pericolosità e del rischio vulcanico e la pianificazione degli interventi devono essere basate sui risultati di studi sia vulcanologici sia socio-economici.
La pericolosità di un vulcano e la probabilità che in una data regione si verifichi un’eruzione potenzialmente distruttiva; viene valutata considerando in particolare la morfologia e il tipo di attività eruttiva del vulcano, attraverso lo studio delle manifestazioni precedenti. Da questo punto di vista, e evidente, per esempio, che le colate laviche sono meno pericolose rispetto alle nubi ardenti o alle colate di fango, che si muovono con velocita ed energia nettamente superiori. Bisogna anche considerare la periodicità e la frequenza con cui si verifica l’attività. In base alle stime effettuate, tenendo conto di tutti i parametri indicati, e possibile costruire mappe di pericolosità di un vulcano, nelle quali si considerano le aree che potrebbero essere interessate da un’eventuale eruzione, valutando il rischio cui potrebbero andare incontro.

Pericolo e rischio vulcanico articolo

Il vulcano italiano che presenta il maggiore pericolo vulcanico e il Vesuvio, sia per le sue eruzioni esplosive, sia per l’elevata urbanizzazione della regione.
Si può calcolare quale sia la probabilità che una certa area sia invasa da una colata di lava oppure da una colata di fango.
L’Etna, per esempio, e un vulcano con un’attività pressoché continua, che si intensifica in particolari momenti, senza tuttavia presentare comportamenti imprevisti. Anche Stromboli presenta un’attività persistente; l’ultima eruzione ha avuto inizio il 27 febbraio 2007, effusione di lava durata alcune ore e seguita dall’apertura di due nuove bocche nella Sciara del Fuoco, e si e conclusa il 2 aprile 2007. La Sciara e una depressione a forma di anfiteatro, delimitata da pareti verticali alte centinaia di metri al’interno della quale si riversano prodotti dell’attività attuale. La depressione rappresenta la nicchia lasciata da una grande frana avvenuta circa 5000 anni fa, che ha fatto scivolare in mare il versante nord. Per questo l’attuale attività del vulcano non rappresenta un pericolo per gli insediamenti
Dell’isola. Il Vesuvio ha sempre alternato lunghi periodi di quiescenza a eruzioni improvvise, caratterizzate da evoluzioni imprevedibili.
Può essere utile anche valutare la morfologia dell’edificio vulcanico: la presenza di caldere o di rilievi potrebbe condizionare i movimenti dei materiali emessi durante l’eruzione. Nel caso del Vesuvio, per esempio, la presenza del Monte Somma, sul versante settentrionale del cratere principale, potrebbe impedire un movimento verso nord delle colate laviche che così si riverserebbero sui versanti meridionali del cono, mentre sul versante occidentale potrebbe verificarsi una pioggia di ceneri che, in caso di piogge prolungate, potrebbe a sua volta generare una colata di fango.
Le strategie di intervento sono ovviamente diverse a seconda del tipo di attività del vulcano. Con i vulcani ad attività effusiva si può convivere più facilmente (dal momento che le colate laviche si muovono lentamente, un improvviso intensificarsi dell’attività non comporta rischi immediati) e soprattutto e possibile ideare di volta in volta nuove tecniche per provare a deviare il flusso della lava e incanalarlo nelle direzioni volute. Un intervento attivo e, invece, impossibile nel caso di vulcani ad attività esplosiva. Non esiste, infatti, né un metodo per prevedere quando l’eruzione si verificherà, né un metodo per impedirne modificarne lo svolgimento. Molti vulcani (non solo ad attività esplosiva) sono stati e sono tuttora attentamente monitorati; strumenti sensibilissimi registrano e misurano ogni piccola attività sismica (poiché le eruzioni si verificano spesso dopo una serie di terremoti, il primo dei quali avviene in profondità); mentre termometri che possono misurare temperature molto elevate (sopra i 1000 °C) registrano ogni variazione della temperatura della zona indiziata, e soprattutto, delle pozze di lava in ebollizione.
Oggi esistono anche satelliti artificiali con strumenti in grado di rilevare flussi di calore sotto la superficie terrestre (che sono un indizio della risalita di magma), mentre particolari livelle al suolo registrano ogni rigonfiamento della superficie terrestre nelle vicinanze dei vulcani. Questi rigonfiamenti sono, in genere, provocati da un aumento della pressione interna della crosta terrestre e possono essere preludio di un’eruzione. Tutti questi segnali premonitori consentono di capire se si sta avvicinando il momento di un’eruzione, ma non di stabilire il momento esatto in cui avverrà, perché i segni premonitori possono durare settimane o mesi. Non e possibile neanche prevedere la violenza dell’esplosione o l’evoluzione nel tempo dell’eruzione. Per questo l’unica prevenzione, nel caso di un’eruzione esplosiva, resta una rapida evacuazione.
Il rischio vulcanico dipende sia dalla pericolosità del vulcano, sia dai danni che il vulcano potrebbe provocare nel contesto in cui e inserito, tenendo conto della tipologia delle costruzioni, della densità di popolazione, dell’estensione delle aree urbane e del terreno agricolo ecc.

Domande da interrogazione

  1. Quali sono i fattori che rendono le aree vulcaniche densamente popolate?
  2. Le aree vulcaniche sono densamente popolate grazie alla fertilità dei suoli, dovuta alla presenza di elementi chimici come potassio, calcio, magnesio e ferro.

  3. Come si valuta la pericolosità di un vulcano?
  4. La pericolosità di un vulcano si valuta considerando la morfologia, il tipo di attività eruttiva e la periodicità delle eruzioni, basandosi su studi vulcanologici e socio-economici.

  5. Qual è il vulcano italiano con il maggiore pericolo vulcanico e perché?
  6. Il Vesuvio è il vulcano italiano con il maggiore pericolo vulcanico a causa delle sue eruzioni esplosive e dell'elevata urbanizzazione della regione circostante.

  7. Quali sono le differenze tra vulcani ad attività effusiva ed esplosiva in termini di gestione del rischio?
  8. I vulcani ad attività effusiva permettono una gestione più facile del rischio, con possibilità di deviare le colate laviche, mentre i vulcani ad attività esplosiva richiedono evacuazioni rapide poiché non esistono metodi per prevedere o modificare le eruzioni.

  9. Quali strumenti vengono utilizzati per monitorare i vulcani e prevedere le eruzioni?
  10. Si utilizzano strumenti sensibili per registrare attività sismica, termometri per misurare variazioni di temperatura, satelliti per rilevare flussi di calore e livelle al suolo per monitorare rigonfiamenti della superficie terrestre.

Domande e risposte