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Concetti Chiave

  • La lettera esprime un profondo amore per la patria, paragonato all'affetto fraterno e alla passione amorosa per Teresa.
  • Foscolo esprime il dolore per il tradimento politico, come la vendita della Repubblica di Venezia, e la rassegnazione alla ragione di stato.
  • Descrive la società italiana come una plebe, dominata dai proprietari terrieri, e sottolinea la necessità di trasformare i popolani in cittadini abbienti.
  • Critica il sistema di potere basato sulla tirannia, che considera instabile poiché fondato sui cadaveri delle vittime della libertà.
  • Foscolo invoca un cambiamento pacifico e senza violenza, evitando divisioni di terre e riforme radicali.

"17 Marzo

Indice

  1. Il Desiderio di Patria
  2. L'Amore e la Sopravvivenza
  3. La Ragione di Stato
  4. La Plebe e la Ricchezza

Il Desiderio di Patria

Da due mesi non ti do segno di vita, e tu ti se’ sgomentato; e temi ch’io sia vinto oggimai dall’amore da dimenticarmi di te e della patria. Fratel mio Lorenzo, tu conosci pur poco me e il cuore umano ed il tuo, se presumi che il desiderio di patria possa temperarsi mai, non che spegnersi; se credi che ceda ad altre passioni – ben irrita le altre passioni, e n’è più irritato; ed è pur vero, e in questo hai detto pur bene!

L'Amore e la Sopravvivenza

L’amore in un’anima esulcerata, e dove le altre passioni sono disperate, riesce onnipotente – e io lo provo; ma che riesca funesto, t’inganni: senza Teresa, io sarei forse oggi sotterra. La Natura crea di propria autorità tali ingegni da non poter essere se non generosi; venti anni addietro sì fatti ingegni si rimanevano inerti ed assiderati nel sopore universale d’Italia: ma i tempi d’oggi hanno ridestato in essi le virili e natie loro passioni; ed hanno acquistato tal tempra, che spezzarli puoi, piegarli non mai. E non è sentenza metafisica questa: la è verità che splende nella vita di molti antichi mortali gloriosamente infelici: verità di cui mi sono accertato convivendo fra molti nostri concittadini: e li compiango insieme e gli ammiro; da che, se Dio non ha pietà dell’Italia, dovranno chiudere nel loro secreto il desiderio di patria – funestissimo! perché o strugge, o addolora tutta la vita; e nondimeno anziché abbandonarlo, avranno cari i pericoli, e quell’angoscia, e la morte. Ed io mi sono uno di questi; e tu, mio Lorenzo. Ma s’io scrivessi intorno a quello ch’io vidi, e so delle cose nostre, farei cosa superflua e crudele ridestando in voi tutti il furore che vorrei pur sopire dentro di me: piango, credimi, la patria – la piango secretamente, e desidero.

La Ragione di Stato

(…) Non accuso la ragione di stato che vende come branchi di pecore le nazioni: così fu sempre, e così sarà: piango la patria mia,

Che mi fu tolta, e il modo ancor m’offende.

Nasce italiano, e soccorrerà un giorno alla patria: – altri sel creda; io risposi, e risponderò sempre: La Natura lo ha creato tiranno: e il tiranno non guarda a patria; e non l’ha. Alcuni altri de’ nostri, veggendo le piaghe d’Italia, vanno pur predicando doversi sanarle co’ rimedi estremi necessari alla libertà. Ben è vero, l’Italia ha preti e frati; non già sacerdoti: perché dove la religione non è inviscerata nelle leggi e ne’ costumi d’un popolo, l’amministrazione del culto è bottega. L’Italia ha de’ titolati quanti ne vuoi; ma non ha propriamente patrizj: da che i patrizj difendono con una mano la repubblica in guerra, e con l’altra la governano in pace; e in Italia sommo fasto de’ nobili è il non fare e il non sapere mai nulla. Finalmente abbiamo plebe; non già cittadini; o pochissimi. I medici, gli avvocati, i professori d’università, i letterati, i ricchi mercatanti, l’innumerabile schiera degl’impiegati fanno arti gentili essi dicono, e cittadinesche; non però hanno nerbo e diritto cittadinesco. Chiunque si guadagna sia pane, sia gemme con l’industria sua personale, e non è padrone di terre, non è se non parte di plebe; meno misera, non già meno serva. Terra senza abitatori può stare; popolo senza terra, non mai: quindi i pochi signori delle terre in Italia, saranno pur sempre dominatori invisibili ed arbitri della nazione. Or di preti e frati facciamo de’ sacerdoti; convertiamo i titolati in patrizj; i popolani tutti, o molti almeno, in cittadini abbienti, e possessori di terre – ma badiamo! senza carnificine; senza riforme sacrileghe di religione; senza fazioni; senza proscrizioni né esilii; senza ajuto e sangue e depredazioni d’armi straniere; senza divisione di terre; né leggi agrarie; né rapine di proprietà famigliari – da che se mai (a quanto intesi ed intendo) se mai questi rimedi necessitassero a liberarne dal nostro infame perpetuo servaggio, io per me non so cosa mi piglierei – né infamia, né servitù: ma neppur essere esecutore di sì crudeli e spesso inefficaci rimedi – se non che all’individuo restano molte vie di salute; non fosse altro il sepolcro: – ma una nazione non si può sotterrar tuttaquanta. E però, se scrivessi, esorterei l’Italia a pigliarsi in pace il suo stato presente, e a lasciare alla Francia la obbrobriosa sciagura di avere svenato tante vittime umane alla Libertà – su le quali la tirannide de’ Cinque, o de’ Cinquecento, o di Un solo – torna tutt’uno – hanno piantato e pianteranno i lor troni; e vacillanti di minuto in minuto, come tutti i troni che hanno per fondamenta i cadaveri. (…)"

Lettera del 17 marzo 1798, Le ultime lettere di Jacopo Ortis articolo

Tema centrale di questa lettera di Foscolo è la patria; l’amore per la patria, infatti, viene messo sullo stesso piano di quello per il fratello, tanto che la prima crede riflette i timori del fratello che Ugo si sia dimenticato «di te e della patria». Affianco all’amore da patriota, però, Foscolo ne prova un altro, quello per Teresa: un amore «onnipotente» che ha permesso alla sua «anima esulcerata» di sopravvivere. Infatti è difficile, per un amante della patria, restare indifferenti di fronte alle questioni politiche che stanno sconvolgendo l’Italia, in particolare di fronte al tradimento di Napoleone, che ha “venduto” la Repubblica di Venezia: molti, come Foscolo, piangono il destino della patria, ma se «Dio non ha pietà dell’Italia», dovranno condannarsi al silenzio per avere salva la loro vita. Foscolo sembra quasi rassegnarsi alla ragione di stato, perché «non accuso la ragione di stato che vende come branchi di pecore le nazioni: così fu sempre, e così sarà: piango la patria mia, Che mi fu tolta, e il modo ancor m’offende.»

La Plebe e la Ricchezza

La seconda parte della lettera descrive come il popolo sia diventato una grande «plebe», forse una categoria superiore ai servi della gleba e meno misera, ma «non già meno serva», perché la vera ricchezza risiede ancora nel possesso della terra, «quindi i pochi signori delle terre in Italia, saranno pur sempre dominatori invisibili ed arbitri della nazione.» L’unica via di uscita dalla servitù perenne della miseria sarebbe convertire tutta la plebe in cittadini abbienti proprietari di terra, «senza ajuto e sangue e depredazioni d’armi straniere», perché d’altronde ogni altro regime basato sulla privazione della libertà (come la monarchia) sarà sempre vacillante, perché avrà come fondamenta «i cadaveri».

per approfondimenti vedi anche:

Le ultime lettere di Jacopo Ortis - Ugo Foscolo

Foscolo, Ugo - Le ultime lettere di Jacopo Ortis

Riassunto de Le Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo

Foscolo, Ugo - Ultime lettere a Jacopo Ortis e Odi

Foscolo, Ugo - Le ultime lettere di Jacopo Ortis

Domande da interrogazione

  1. Qual è il tema centrale della lettera di Foscolo?
  2. Il tema centrale della lettera di Foscolo è l'amore per la patria, che viene messo sullo stesso piano dell'amore per il fratello.

  3. Come Foscolo descrive l'amore per Teresa?
  4. Foscolo descrive l'amore per Teresa come "onnipotente", un sentimento che ha permesso alla sua "anima esulcerata" di sopravvivere.

  5. Qual è la posizione di Foscolo riguardo alla ragione di stato?
  6. Foscolo sembra rassegnarsi alla ragione di stato, accettando che le nazioni siano vendute come "branchi di pecore", ma piange la sua patria che gli è stata tolta.

  7. Come viene descritta la condizione del popolo nella lettera?
  8. Il popolo viene descritto come una grande "plebe", meno misera dei servi della gleba ma "non già meno serva", poiché la vera ricchezza risiede nel possesso della terra.

  9. Qual è la soluzione proposta da Foscolo per uscire dalla servitù della miseria?
  10. Foscolo propone di convertire tutta la plebe in cittadini abbienti proprietari di terra, senza ricorrere a "ajuto e sangue e depredazioni d’armi straniere".

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