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Concetti Chiave

  • Durante il periodo in cui Machiavelli scriveva Il Principe, l'umanesimo europeo produceva opere fondamentali come L'Elogio della pazzia di Erasmo e l'Utopia di Tommaso Moro.
  • Le opere di Machiavelli, Erasmo e Moro, pur diverse, sono legate da temi centrali della cultura umanistica e hanno influenzato il pensiero moderno.
  • L'utopia si riferisce a un governo ideale basato sul concetto di "luogo della felicità", ispirato alla Repubblica di Platone.
  • Utopia può anche significare un "luogo che non esiste in alcun luogo", un concetto reso celebre dal lavoro di Tommaso Moro.
  • Dal XVII-XVIII secolo, l'utopia è spesso vista come un progetto impossibile e irrealizzabile, specialmente in ambito politico.

Indice

  1. Il contesto storico e culturale
  2. Significato e interpretazioni di Utopia

Il contesto storico e culturale

Nell’arco del decennio in cui Machiavelli porta a termine Il principe (completato probabilmente nel 1514, ma pubblicato solo nel 1532) e i Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio (1519-20) il pensiero umanistico europeo produce alcuni dei suoi testi fondamentali: l’Elogio della pazzia di Erasmo da Rotterdam (1511) e l'Utopia di Tommaso Moro (1516). Assai diverse per impostazione e contenuti, sono opere correlate per gli interessi e per la presenza di alcuni temi centrali della cultura umanistica. Tutte hanno avuto un ruolo decisivo nello sviluppo del pensiero moderno, a cominciare dal romanzo filosofico di Tommaso Moro (1478-1535), destinato a diventare un vero modello di pensiero nella storia dell’utopia.

Significato e interpretazioni di Utopia

Il termine utopia investe una pluralità di significati che ha favorito, nel corso del tempo, diverse interpretazioni:

1) come “luogo della felicità”(dal greco eutopos), in cui si profila il disegno di un governo ideale, sul modello della Repubblica del filosofo Platone;

2) come “luogo che non esiste in alcun luogo” (dal greco ou tópos), paese immaginario come quello descritto nell’utopia dell’umanista inglese Tommaso Moro; 3) come disegno impossibile, irrealizzabile, secondo un’accezione del termine corrente, soprattutto in ambito politico, a partire dal xvii-xviii secolo.

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