Bisogna saper mitigare la fortuna con la virtù
Più volte nel PrincipeMachiavelli ha toccato il tema della fortuna; lo approfondisce qui, nella parte finale dell’opera, quella dedicata alla triste situazione italiana. Il capitolo XXIV ha esaminato le colpe dei principi italiani; il XXVI auspicherà che un principe «virtuoso» liberi la penisola dal «barbaro dominio». Tra questi due capitoli, tenendo ben presente la situazione di un’Italia allo sbando, viene esaminato il tema della fortuna in rapporto alla virtù dell’uomo politico. Il caso sfavorevole è sempre in agguato e può rovinare tutto: Machiavelli lo sa, ma non vuole arrendersi. Almeno in parte, gli uomini sono padroni della propria sorte; dunque è meglio agire che rimanere inattivi. L’esortazione è implicitamente rivolta agli inetti principi italiani.Temi
● L’incidenza della sorte, buona o cattiva, nelle vicende umane● La virtù come difesa contro i colpi della fortuna
● Il successo politico determinato dal sapersi adeguare al contesto in cui si vive
● L’importanza di agire con energia senza attendere passivamente gli eventi
Il testo si può suddividere in quattro momenti.
1. La premessa (rr. 1-11): viene citata l’opinione di «molti», secondo i quali gli uomini non sono in grado, neppure volendo, di opporsi allo strapotere della fortuna. Tale opinione appare rafforzata dal rapido mutare degli eventi storici avvenuto «ne’ nostri tempi», dice l’autore.
2. Lo sviluppo del ragionamento (rr. 12-30): è esposta l’opinione dell’autore, secondo il quale la fortuna è arbitra solo di metà delle azioni degli uomini, mentre l’altra metà resta comunque nelle loro mani. Dunque è possibile opporre «argini» al fiume della fortuna, che minaccia di travolgere ogni cosa; è questa una delle maggiori prove di virtù. Le sventure recenti dell’Italia dipendono dalla mancanza di virtù dei suoi principi.
3. Una domanda e una risposta (rr. 31-58): Come si spiega il fatto che, talvolta, azioni differenti conducano allo stesso risultato oppure, al contrario, che comportamenti simili producano esiti opposti? La risposta è che le cose umane mutano senza posa: vince chi sa accordare il proprio agire alle necessità dei tempi. Segue, per illustrare quest’ultimo punto, l’esempio storico (omesso nel testo) di papa Giulio II.
4. La conclusione (rr. 59-65): viene riassunto il ragionamento finora condotto (la fortuna varia e anche gli uomini, per essere «felici», devono accordarsi con essa). L’autore conclude affermando che è comunque «meglio essere impetuoso che respettivo», perché «la fortuna è donna» e va quindi dominata con l’energia tipica dei giovani.
I punti chiave dell’argomentazione
In questo capitolo Machiavelli si sforza di tenere insieme realtà difficilmente conciliabili tra loro:• la storia e la politica dipendono dall’agire e dal volere degli uomini (in particolare dei principi);
• l’agire umano deve accordarsi con le circostanze esterne, le quali possono richiedere ora cautela, ora aggressività;
• ma è sempre in agguato una forza esterna, la fortuna, che può rovinare in ogni momento l’opera compiuta; occorre quindi difendersi da essa con l’azione avveduta e con l’impeto audace della virtù.
Quest’ultima considerazione, a ben guardare, non è motivata: fino a questo punto l’autore ha sostenuto che sia l’impeto sia la prudenza possono sortire esiti buoni o cattivi; ora però Machiavelli fa prevalere, sulla fredda analisi razionale, l’energia della volontà. Perciò fa l’esempio del giovane amante che sottomette l’amata, per affermare che l’uomo deve darsi da fare, se vuole dominare la fortuna o, almeno, illudersi di poterlo fare.