Concetti Chiave
- Pirandello distingue l'umorismo dal comico, creando una rappresentazione che provoca una reazione tra riso e pietà, esemplificata dalla "vecchia coi capelli ritinti".
- Le "Novelle per un anno" riflettono la multiformità della vita, con ambientazioni siciliane e personaggi inetti che vivono situazioni alienanti e grottesche.
- "Il fu Mattia Pascal" esplora l'illusione della libertà assoluta attraverso un protagonista che vive fuori dalla legge, culminando nella constatazione dell'ineluttabilità della menzogna.
- "I vecchi e i giovani" è un romanzo storico-politico che analizza il tradimento degli ideali giovanili e la disillusione della storia, mostrando tre generazioni con ideali differenti.
- "Uno, nessuno e centomila" esplora il concetto di identità multipla e incomunicabilità, con il protagonista Vitangelo Moscarda che scopre l'illusione della percezione unitaria di sé.
Si compone di una prima parte più accademica, d’impianto storico-critico, in cui discute la vasta ma debole e confusa bibliografia sull’argomento, e una seconda più militante in cui espone la sua concezione e addita alcuni capolavori della letteratura umoristica. L’umorismo non è una visione del mondo generica, ha infatti un suo preciso campo di applicazione, costituito dall’uomo, nell’opera questa visione dell’uomo si traduce in una particolare rappresentazione del personaggio: affinché scatti la visione umoristica, si richiede una condizione preliminare indispensabile. Pirandello tiene inoltre a distinguere l’umorismo dal comico, mentre il fine unico di quest’ultimo è far ridere, la rappresentazione umoristica di un personaggio suscita nel lettore una reazione più complessa, indecisa tra il riso e il pianto, lo scrittore porta l’esempio della vecchia coi capelli ritinti, “goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili”, con il desiderio di apparire più giovane diventa la caricatura di se stessa. Il riso nasce da “l’avvertimento del contrario”, se davanti a questa donna ci mettiamo a ridere è perché avvertiamo che lei è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere, ha commesso l’incauta leggerezza di indossare una maschera, a esporre il ridicolo è l’insulsa pretesa di nascondere la propria vera realtà. Nel comico dunque non si va oltre la semplice contestazione di fatto, il riso è l’effetto spontaneo dell’avvertimento del contrario, a questo punto può intervenire nell’osservatore una seconda attitudine, che ne modifica il disimpegno iniziale: la riflessione, una comprensione più profonda del fatto. Nel momento in cui si arriva a capire che ella sta tentando disperatamente di trattenere a sé l’amore del marito più giovane di lei allora non si può ridere come prima, si continua a ridere ma si comincia a provare un po’ di pietà arrivando ad un piano superiore: “sentimento del contrario” [riso amaro]. L’umorismo comporta uno sdoppiamento nell’atto della concezione, una disposizione d’animo che affianca al sentimento la riflessione.
Indice
La produzione poetica e novellistica
La produzione poetica costituisce un aspetto marginale dell’opera letteraria di Pirandello, eppure egli esordì proprio come un poeta, poco più che ventenne, nel 1889 con “Mal Giocondo”, la mancata riuscita di questa produzione dipende da due circostanze concomitanti: da un lato il ritardo delle scelte formali di Pirandello, dall’altro la sua indole scarsamente lirica, più incline alla meditazione filosofica e al racconto. Dal 1894 al 1919, pubblicò ben 15 libri di novelle, nella prospettiva di scriverne ancora, concepì il disegno ambizioso di arrivare fino a quota 365, in modo da offrire idealmente ai propri lettori una novella al giorno per un anno intero, il titolo si collocava nel solco della più prestigiosa tradizione novellistica che andava dal Decameron alle Mille e una notte, tutti presentavano infatti una soluzione elegante per alludere a una sorta di rito affabulatorio, in cui l’atto del raccontare diventa una consuetudine ripetuta un certo numero di volte, si suggeriva così la durata della situazione comunicativa. Pirandello aveva previsto di ripartire 365 novelle in 24 volumi, poi distratto dai sempre più pressanti impegni teatrali, non riuscì che in parte dell’intento: alla fine comparvero solo 15 libri e le novelle furono 225, che però non erano semplici ristampe delle raccolte pubblicate in precedenza, si divertì infatti a mescolare le carte, smembrando vecchi libri, assegnando titoli diversi. Da buon umorista che si compiace di buttare all’aria tutte le teoria inventate dall’uomo per dare un senso unitario all’infinita molteplicità della vita, scompone la realtà mostrandocela nel suo disordine multiforme, le novelle risultano così senza collegamenti, sono lo specchio del caos. Come in parte per le poesie, allo stesso modo un numero piuttosto cospicuo di novelle fornì la materia prima per personaggi o episodi romanzeschi e soprattutto per interi copioni teatrali [Piacere dell’onestà, pensaci Giacomino!] e anche queste riprese rimandano alla filosofia della vita come flusso incessante. Si possono isolare alcune caratteristiche dominanti:
- Ambientazione geografica, ossia la Sicilia, luogo dove ha vissuto a lungo, isola arida e infuocata e anche Roma vista senza monumenti, grigia e angusta;
- Tema degli effetti dovuti a ruoli pubblicamente sanciti, trappole che mortificano ogni intima aspirazione e le dimensioni entro cui si consuma questo calvario sono quella domestica e quella lavorativa: la famiglia appare un istituto completamente sconvolto, luogo privato della finzione. Il lavoro è quanto di più alienato e deprimente di possa immaginare, ripetitivo fino alla nausea e mal pagato;
- Personaggi inetti, subiscono la propria situazione stagnante senza possibilità di modificarla, quindi non resta che piegarvisi o cercare qualche valvola di sfogo, o creare un mondo proprio, quando nessuno di questi ripieghi riesce, si apre l’abisso della pazzia, scoppia improvvisa non appena l’esasperazione del personaggio oltrepassa il limite dell’umanamente sopportabile, e la causa non è mai un fatto grave, basta un nulla per far esplodere la tensione accumulata. Questo nulla ha potere epifanico, svela al personaggio l’alienazione del suo stato che fa affiorare una pulsione distruttiva e un’anarchia che deforma l’uomo fino al grottesco, in folli caricature;
I primi romanzi e il superamento del verismo
I primi romanzi di Pirandello sono “L’esclusa” e “Il turno”, queste due opere romanzesche servirono per emanciparsi dal verismo, se si considerano infatti le date di stesura, le origini siciliane e l’influenza di Capuana era scontato che proponesse questo stile, il primo ne risente infatti vistosamente nella ricostruzione dell’ambiente e della chiusa mentalità provinciale dei personaggi che ruotano intorno alla protagonista femminile Marta Ajala. Il superamento di questa poetica si coglie però nella trama che sovverte clamorosamente il principio deterministico di casualità, introducendo un elemento di paradossalità del sentore già umoristico, in un primo momento infatti la protagonista, accusata di adulterio ingiustamente, viene cacciata di casa dal marito, mentre in seguito, dopo aver consumato davvero il tradimento, confessa e viene accolta di nuovo. Se non i personaggi, è la situazione ad essere umoristica, le convenzioni e le leggi non scritte della società hanno acquistato un ruolo preponderante di condizionamento e di alienazione dell’individuo. Una situazione umoristica macchia anche “Il turno”, in cui il protagonista Pepè che diventa marito di Stellina solo in terza battuta [come se ci fosse la coda e si dovesse aspettare il proprio turno], dopo l’annullamento legale del primo matrimonio della ragazza con un ricchissimo nobiluomo di nome don Diego Alcozèr, e la morte prematura dell’aitante avvocato Ciro Coppa. All’inizio del romanzo il padre di Stellina impone alla figlia il primo marito, più che settantenne con la sicurezza che sarebbe morto da lì a poco lasciandola padrona di una fortuna, ma lei non risulta felice neanche con il secondo marito, troppo geloso. Qui il caso si diverte a scombinare tutti i piani, dimostrando che la vita è sempre imprevedibile.
Il capolavoro narrativo di Pirandello
Pubblicato nel 1904, è considerato il capolavoro narrativo di Pirandello, a differenza dei romanzi precedenti abbandona completamente il verismo e affida il racconto allo stesso protagonista, come se fosse un libro di memorie scritto al passato in forma autobiografica. Contrariamente da quanto asserito da Quintiliano, secondo cui la storia debba essere fatta per raccontare e non provare, agli occhi di Mattia Pascal, i fatti in sé sono irrilevanti considerata l’infinita piccolezza del genere umano e perciò vale più la pena cercare di far luce su questa condizione senza diffondersi su particolari oziosi. È un romanzo a tesi, la morale della favola viene enunciata da don Eligio Pellegrinotto, il sacerdote che ha assunto le funzioni di bibliotecario al posto di Mattia dopo che questi è scomparso: “fuori della legge non è possibile vivere”, quando il protagonista, allontanandosi da Miragno e venuto in possesso di una ricchezza invidiabile, legge per caso, su un quotidiano locale di essere stato riconosciuto nel suicida morto nella gora del mulino della Stia, assapora l’ebrezza della libertà. Ben presto però dovrà affrontare le conseguenze della cancellazione della sua vita precedente: la necessità di trovare un nome, di inventarsi un passato per rispondere alla curiosità altrui, l’impossibilità di denunciare un furto, di acquistare casa e di coltivare amicizie o l’amore per Adriana Paleari. Se alla fine decide di simulare il suicidio di questa personalità fittizia e ritornare è perché ha verificaro che quello della libertà assoluta è solo un miraggio, ormai la menzogna era diventata fondamento della sua pseudoesistenza, è quindi costretto a recitare incessantemente un parte, non si sente una persona viva, ma l’ombra di un morto. La vicenda parve ai critici tanto straordinaria che per difendersi dall’accusa di inverosimiglianza accompagnò l’edizione del 1921 con “Avvertenza sugli scrupoli della fantasia” in cui riporta un articolo di cronaca del Corriere della Sera che citava un caso verificatosi pochi anni prima a Milano, supportando la tesi dell’imprevedibilità della vita. Il caso l’unico è quindi il motore della storia che procede al di fuori di qualsiasi logica, a cominciare dalle ripetute vincite del protagonista alla roulette, il casinò diventa quindi la grande metafora della vita in balia del caso.
Vecchi e giovani: un romanzo storico
Composto a partire dal 1906 ma pubblicato nel 1913 presso Treves, intorno ai membri di una nobile famiglia di cognome i Laurentano, Pirandello riprende alcuni episodi della più recente storia d’Italia, in particolare le lotte dei fasci siciliani e lo scandalo della Banca Romana, nella prospettiva lunga di un bilancio del Risorgimento. Due caratteristiche rendono questo romanzo un unicum all’interno della sua produzione narrativa: la struttura ottocentesca da romanzo storico e il tema politico, e per questo considerato come il meno pirandelliano dei suoi romanzi, anche se qui confluiscono molti ricordi di famiglia e vari personaggi sono la proiezione letteraria di parenti di Pirandello. La spiegazione che dà del tradimento degli ideali giovanili di cui con lo zio Rocco, molti altri ex garibaldini si erano macchiati, a cominciare dallo stesso Crispi, don Cosmo è invece portatore della filosofia dell’autore che, capito il giuoco, ha imparato anche a guardare la vita con grande distacco, tanto da non poter più coltivare alcuna illusione. La lucidità del suo disincanto lo allontana in partenza dall’azione, se tutti gli sforzi di tradurre in realtà sogni sono vani non si ha motivo di lottare mettendo a repentaglio la vita per una causa che si rivela fatalmente un inganno. La storia viene sospinta in avanti da ideali che non hanno potuto né mai potranno avere compiuta realizzazione, non c’è verso di farla approdare a qualcosa: “la storia non conclude”, tuttavia benché illusori gli ideali sono il motore della storia. Nel romanzo sono presenti tre generazioni che hanno vissuto la propria giovinezza in corrispondenza di altrettanti frangenti cruciali della storia d’Italia: il Quarantotto, la spedizione dei Mille, i Fasci italiani, ciascuna ha coltivato un proprio ideale politico: la libertà contro il regime borbonico di don Gerlando Laurentano, l’unificazione nazionale con Roberto Auriti e la giustizia sociale di Lando Lauretano. Pirandello intende sottolineare le forti analogie psicologiche che ne hanno caratterizzato il comportamento, tutti i giovani in ogni epoca si infervorano per qualche ideale, e una volta che quella stagione di aspirazioni confuse si vedono due possibili sbocchi: o si scivola nel grigiore di una vita priva di ideali, oppure si rimane fedeli agli ideali della giovinezza ma a prezzo di smarrire il senso della storia. Ai vecchi dunque è riservata una di queste sorti, o la lenta degradazione o la cristallizzazione fuori del tempo e questo secondo esito si manifesta come una sindrome da fissazione con figure più umoristiche di tutto il romanzo.
Suo marito e Quaderni di Serafino Gubbio
Dopo aver fatto i conti con la storia recente di “Vecchi e giovani”, nei due romanzi successivi affrontò il problema della creazione artistica in rapporto alle richieste del mercato e dell’industria dell’intrattenimento, in “Suo marito” l’argomento riguarda nello specifico una vocazione letteraria mentre nel secondo “Quaderni di Serafino Gubbio operatore” l’attenzione viene portata sul terreno del cinema. Il primo si ispira probabilmente alla vicenda biografica di Grazia Deledda, scrittrice sarda premio Nobel per la letteratura, il testo offre un quadro acremente sarcastico degli ambienti letterari romani rappresentati al limite della caricatura. Si focalizza sulla coppia della scrittrice Silvia Roncella e Giustino Boggiolo, suo marito tanto privo di sensibilità artistica quanto abile amministratore del talento creativo della moglie cui fa da agente librario. Nel titolo si annida la visione umoristica di Pirandello, allude infatti all’inferiorità di Giustino nei confronti della moglie, ma la sua cultura maschilista gli rende intollerabile questo ruolo subalterno e quindi trova il modo di riaffermare il proprio primato curandone l’immagine pubblica e gli interessi economici. Nel titolo viene messa in evidenza la funzione ancillare ricoperta da Giustino, provvedendo all’aggettivo possessivo “suo” a indicare quasi un’appartenenza del marito alla moglie, è anche significativa la scelta di attribuire ad una donna il dono dell’ispirazione creativa, Pirandello si proietta infatti in lei restandole le proprie idee in fatto di arte e persino la trama di alcune sue opere [anticipazione di “Nuova colonia”]. Con i “Quaderni di Serafino Gubbio” veniamo introdotti negli studi della Kosmograph, una casa che produce film, protagonista è un operatore cinematografico che, dietro la sua macchina da presa, seguendo le istruzioni del regista, filma le scene recitate sul set. Con quest’opera torna alla scrittura in prima persona, salvo adottare la forma diaristica invece che quella autobiografica, Serafino è portavoce della filosofia dell’autore, si definisce spesso una mano che gira una manovella, quindi il suo lavoro si risolve in un atto meccanico. La sua è un’attività strumentale, una sorta di prolungamento meccanico della cinepresa, il suo compito è quello di sopperire provvisoriamente ai limiti funzionali della macchina, il cinema è infatti una delle tante invenzioni tecnologiche che segnano l’ingresso della storia umana nel regno delle macchine. Si sono trasformate nei nuovi idoli, tiranniche e dominatrici fino a sottomettere l’uomo stesso, perciò spesso descritte con metafore mostruose [ragni giganti, pachidermi] e per questo sono anche accusate di uccidere l’arte. Rispetto al teatro, del cinema si sottolinea la banalità dei soggetti considerandoli scadenti e stupidi e l’alienazione dell’attore che non recita fisicamente davanti ad una platea reattiva, nella pellicola gli attori si sentono come in esilio perché quella che viene proiettata è solo la loro immagine.
L'ultimo romanzo di Pirandello
Ultimo romanzo di Pirandello, che lo terminò solo nel 1926, dopo 17 anni, la sua struttura narrativa è simile a quella di Mattia Pascal, anche qui infatti il protagonista Vitangelo Moscarda, rievoca in prima persona la sequenza di casi dopo che una mattina la moglie gli fece notare un dettaglio di cui non si era mai accorto, ossia la pendenza del suo naso. I primi tre degli otto capitoli sono interamente tessuti di considerazioni e ragionamenti al alta voce, nel senso che l’io narrante si rivolge ai destinatari del proprio scritto, assunti come interlocutori, qui notiamo la mancata corrispondenza tra l’immagine che la moglie si era fatta di lui e quella che egli si era fatto di se stesso. Mettendo insieme osservazioni e riflessioni perviene alla conclusione che ciascun individuo possiede non una sola, ma un numero potenzialmente illimitato di identità, essa allora è soggettiva e relativa, inoltre se ciascuno di noi attribuisce a persone e a oggetti un significato particolare a partire dalle circostanze in cui è venuto in contatto con le une e con gli altri non esiste possibilità di intendersi: siamo condannati all’incomunicabilità. I rapporti umani sono quindi improntati al pregiudizio, il protagonista tanta l’impossibile per eliminarlo perché genera aspettative e costringe a comportarsi in un certo modo, ma ogni sforzo di liberarsi da questa prigione della forma risulta vano. Proprio perché le improvvise stranezze del protagonista si discostano nettamente dal suo profilo e quindi si ha l’impressione che sia uscito di senno, più che pazzo lui è un filosofo pervenuto alla coscienza della pazzia, tipico personaggio pirandelliano che ha capito il giuoco.
Domande da interrogazione
- Qual è la distinzione tra umorismo e comico secondo Pirandello?
- Quali sono le caratteristiche principali delle novelle di Pirandello?
- Come Pirandello supera il verismo nei suoi primi romanzi?
- Qual è il tema centrale del capolavoro narrativo di Pirandello pubblicato nel 1904?
- Quali sono le tematiche affrontate nei romanzi "Suo marito" e "Quaderni di Serafino Gubbio"?
Pirandello distingue l'umorismo dal comico affermando che mentre il comico mira unicamente a far ridere, l'umorismo suscita una reazione più complessa, indecisa tra il riso e il pianto, come illustrato con l'esempio della vecchia coi capelli ritinti.
Le novelle di Pirandello sono caratterizzate da un'ambientazione geografica siciliana, il tema degli effetti dei ruoli pubblicamente sanciti, e personaggi inetti che subiscono la loro situazione stagnante, spesso sfociando nella pazzia.
Nei suoi primi romanzi, come "L'esclusa" e "Il turno", Pirandello supera il verismo introducendo elementi di paradossalità e umorismo, sovvertendo il principio deterministico di casualità.
Il tema centrale del capolavoro narrativo di Pirandello, pubblicato nel 1904, è l'imprevedibilità della vita e l'illusione della libertà assoluta, come illustrato attraverso la storia di Mattia Pascal.
Nei romanzi "Suo marito" e "Quaderni di Serafino Gubbio", Pirandello affronta il problema della creazione artistica in rapporto alle richieste del mercato e dell'industria dell'intrattenimento, criticando la banalità e l'alienazione causate dalle macchine e dal cinema.