Concetti Chiave
- La questione della lingua italiana ha radici nel "De Vulgari Eloquentia" di Dante, che cercava un volgare illustre come lingua letteraria unificante.
- Dante proponeva un volgare che combinasse diversi dialetti italiani, mentre Manzoni preferiva il fiorentino colto per unificare la lingua.
- Pietro Bembo, nel 1525, sostenne l'uso del toscano come modello letterario, basandosi su Petrarca per la poesia e su Boccaccio per la prosa.
- Bembo escludeva Dante come modello, preferendo la chiarezza di Petrarca, contribuendo alla diffusione del Petrarchismo nel Cinquecento.
- Il Petrarchismo cinquecentesco riproponeva temi di amore ideale e contrasto tra amore terreno e divino, con figure femminili ideali e stilizzate.
Indice
Dante e il volgare illustre
La questione della lingua può risalire al "De Vulgari Eloquentia", trattato in latino di Dante Alighieri, scritto tra il 1303 e il 1305. Il tema centrale dell'opera è l'eloquenza della lingua volgare: Dante metteva al centro la ricerca di un volgare illustre, ovvero che avesse assunto i caratteri di lingua letterario all'interno del vario panorama linguistico italiano. Tra tutti i volgari italiani, l'autore ne cercava uno che fosse illustre, cardinale, regale e curale: illustre perché doveva dare lustro a chi lo parlava, cardinale perché, come il cardine è il punto fisso attorno al quale gira la porta, allo stesso modo la lingua deve essere il fulcro attorno al quale tutti gli altri dialetti possono ruotare, infine, regale e curiale perché deve essere degno di essere parlato nelle corti e nei tribunali. Nonostante alcuni dialetti come il toscano, il siciliano e il bolognese abbiano un'antica tradizione letteraria, egli non riteneva adeguato nessuno di essi e affermava invece che questo volgare illustre dovesse essere un'unione di tutti i dialetti italiani presenti a quell'epoca.
Manzoni e l'unità linguistica
Differentemente lo pensava Manzoni, il quale sosteneva che la lingua dovesse essere il fiorentino colto di alto registro. Inoltre, nella sua relazione del 1868 "Dell'unità della lingua e dei mezzi di diffonderla", Manzoni proponeva l'impiego massiccio di maestri toscani nelle scuole, viaggi in Toscana per gli studenti e la redazione di un vocabolario del dialetto.
Bembo e il modello toscano
Allo stesso modo, ma molti anni prima, più precisamente nel 1525, lo scrittore veneziano Pietro Bembo riprese la questione della lingua, pubblicando "Prose della volgar lingua", trattato in tre libri comprendente i dialoghi (il pensiero Platonico a quei tempi era molto diffuso e venivano utilizzati largamente i dialoghi per far sì che le opere risultassero al lettore più semplici) che si immaginavano tenuti nel 1502 a Venezia, con la partecipazione di Carlo Bembo, Giuliano de' Medici, Ercole Strozzi e Federico Fregoso. Durante questi dialoghi ricchi di opinioni contrastanti, sorge il problema del volgare letterario. Una mescolanza di volgari darebbe luogo ad un linguaggio ibrido, senza alcuna tradizione. Al contrario, assai ricca di tradizione è la lingua toscana e questa dovrebbe usare chi volesse essere letto e inteso da tutti gli italiani, prendendo a modello i grandi trecentisti. Per questo Pietro Bembo attingeva al toscano scritto di Petrarca per la poesia e prediligeva Boccaccio aristocratico rispetto a quello comico come modello per la prosa. Bembo voleva dare un esempio da seguire a tutti gli altri intellettuali, per questo non scelse di rifarsi a Dante, in quanto egli utilizzava il pluringuismo, poco adatto per prefissare un modello stabile ed unico. Al contrario, la lirica di Petrarca aveva in sé tutti i requisiti per essere imitata, presentandosi con l'armonica levigatezza di un sistema chiaro e compiuto.
Petrarchismo e poesia cinquecentesca
Così, soprattutto dopo l'opera di Bembo, si diffuse il Petrarchismo che vide Petrarca assumere un ruolo centrale per il configurarsi della poesia cinquecentesca. Ovviamente, sul piano esistenziale, i canzonieri del Cinquecento ripropongono le tematiche del poeta toscano: da un lato una passione ideale, che anche quando non corrisposta, sia immortale, dall'altro il contrasto fra l'amore terreno e l'amore divino, vissuto come un insanabile travaglio interiore. Anche la donna cantata dai petrarchisti è spesso una figura stilizzata e quasi soprannaturale, che conserva caratteristiche costanti: la bellezza e la virtù, l'incedere insieme maestoso e modesto, lo sguardo che costringe all'amore, fino all'incarnato del volto e al colore dei capelli.
Domande da interrogazione
- Qual è il tema centrale del "De Vulgari Eloquentia" di Dante Alighieri?
- Come differisce la visione di Manzoni sull'unità linguistica rispetto a quella di Dante?
- Qual era l'approccio di Pietro Bembo riguardo alla questione della lingua?
- In che modo il Petrarchismo ha influenzato la poesia cinquecentesca?
- Perché Bembo non scelse Dante come modello linguistico?
Il tema centrale del "De Vulgari Eloquentia" è l'eloquenza della lingua volgare e la ricerca di un volgare illustre che potesse fungere da lingua letteraria unificante per l'Italia.
Manzoni sosteneva che la lingua italiana dovesse essere basata sul fiorentino colto di alto registro, proponendo l'uso di maestri toscani nelle scuole e la creazione di un vocabolario del dialetto, a differenza di Dante che cercava un volgare illustre unificato.
Pietro Bembo promuoveva l'uso della lingua toscana come modello letterario, ispirandosi a Petrarca per la poesia e a Boccaccio per la prosa, rifiutando il pluringuismo di Dante per un modello linguistico stabile.
Il Petrarchismo ha influenzato la poesia cinquecentesca ponendo Petrarca al centro, con temi di passione ideale e contrasto tra amore terreno e divino, e una rappresentazione stilizzata della figura femminile.
Bembo non scelse Dante come modello linguistico perché il suo uso del pluringuismo non era adatto a stabilire un modello linguistico unico e stabile, preferendo invece la chiarezza e la compiutezza della lirica di Petrarca.