Concetti Chiave
- Giovanni Verga, nato a Catania nel 1840, iniziò la sua carriera letteraria con romanzi storici e patriottici, influenzato dall'ideologia patriottica del suo precettore.
- Nel 1864, Verga cambiò genere letterario dedicandosi ai romanzi sentimentali, trasferendosi prima a Firenze e poi a Milano, senza ottenere inizialmente il successo sperato.
- Con l'influenza di Capuana, Verga adottò il verismo nel 1874, scrivendo opere che riflettono la realtà sociale del sud Italia, come "I Malavoglia" e "Mastro Don Gesualdo".
- Il verismo di Verga si caratterizza per l'impersonalità, la regressione e l'idioletto, una lingua che mescola italiano e dialetto siciliano per rendere autentici i dialoghi.
- Nel "Ciclo dei Vinti", Verga esplora il fallimento dei tentativi di miglioramento sociale, illustrando il contrasto tra vecchi valori familiari e il nuovo interesse economico borghese.
Indice
- Giovanni Verga: Gli inizi e la carriera
- Il passaggio al Verismo
- Il successo tardivo e la causa vinta
- Le opere storiche e sentimentali
- La novella "Nedda" e il cambiamento
- Caratteristiche del Verismo di Verga
- La raccolta "Vita nei Campi"
- Il progetto "Il Ciclo dei Vinti"
- Trama e temi de "I Malavoglia"
- Mentalità e valori nei "Malavoglia"
- Critica e visione del popolo
- Le "Novelle Rusticane" e i temi sociali
- Mastro Don Gesualdo: ambizione e solitudine
- Teatro Verista e tematiche politiche
Giovanni Verga: Gli inizi e la carriera
Giovanni Verga nasce a Catania nel settembre 1840 da una famiglia benestante. Verga ebbe un insegnante privato, un prete, Don Antonio Abate, che gli insegnò tutte le materie e gli fece conoscere l’ideologia patriottica. Verga, molto giovane, cominciò a scrivere Romanzi storici di argomento patriottico, come ad esempio Amore e Patria a 17 anni, Sulle Lagune e infine I Carbonari delle Montagne. Quando ci fu l’impresa dei mille, Verga si arruolò nella Guardia Civica .
Il passaggio al Verismo
Dal 1864 cambiò genere letterario, cominciando a scrivere Romanzi Sentimentali, che sono 5: Una peccatrice, Storia di una Capinera, Eva, Eos, Tigre Regale. I primi li scrive in Sicilia, poi decide di trasferisce a Firenze nel periodo in cui era capitale d’Italia e perché c’erano diverse case editrici (1867). Non riesce ad avere successo a Firenze e si trasferì a Milano perché era la capitale culturale d’Italia. Anche a Milano non riesce ad avere un grande successo e conosce Capuana. Capuana gli fa cambiare stile e nel 1874 comincia a scrivere opere veriste. Da allora scrive due raccolte di novelle e due romanzi (Malavoglia e Mastro Don Gesualdo). In realtà anche il verismo fu una scelta pratica, alcuni parlano di conversione al verismo e motivano questo passaggio su aspetti ideologici. Alcuni critici affermano che Verga sarebbe stato insoddisfatto dell’ambiente aristocratico che descriveva nei romanzi sentimentali e quindi sarebbe passato a descrivere un mondo più semplice ed autentico, quello delle campagne del sud. Questo non è vero, in realtà il vero motivo è molto più concreto: in quel periodo, in Italia del nord, si stava scoprendo con curiosità il sud. Ma il verismo gli sembrava un movimento che gli potesse dare successo.
Il successo tardivo e la causa vinta
All’inizio, Verga non ebbe un gran successo. Solo successivamente fu rivalutato dalla critica e cominciò ad essere conosciuto. Verga però fece soldi con la novella Cavalleria Rusticana, un musicista livornese, Pietro Mascagni, prese la novella e la musicò. Mascagni venne denunciato per i diritti d’autore e Verga vinse la causa.
All’inizio del 1900 scrisse opere teatrali e nel 1904 scrisse il suo ultimo romanzo, e decise poi di ritornare in Sicilia e di vivere di rendita. Passò i suoi ultimi anni di vita nella sua isola, prese posizione a favore del movimento fascista e nel 1922 morì.
Le opere storiche e sentimentali
Verga scrive opere molto diverse:
• Romanzi storici: Amore e Patria, Sulle Lagune e I carbonari delle Montagne. Si parla molto dell’ideologia patriottica e Si rifanno molto alle opere di Manzoni, c’è un narratore esterno giudicante. Non sono ambientati in Sicilia, ma per esempio nelle paludi di Comacchio. Sono opere poco riuscite.
• Romanzi sentimentali: Una Peccatrice, Storia di una Capinera, Eva, Eros e Tigre Reale. Li scrisse fra la Sicilia, Firenze e Milano. In generale l’argomento è L’Amore. Sono ambientati in città e in ambienti nobili, soprattutto, le protagoniste sono nobildonne. Quasi sempre gli amori sono infelici. Fra i protagonisti maschili, a volte c’è un giovane artista che è una figura in parte autobiografica, questo artista è alla ricerca del successo e dell’amore. Un po’ diversa dalle altre è storia di una Capinera, che è un romanzo epistolare, cioè di lettere, la protagonista è una giovane donna che viene costretta a farsi suora contro la sua volontà e per questo soffre come una capinera in gabbia.
La novella "Nedda" e il cambiamento
• Nel 1874 Verga scrisse una novella intitolata Nedda, in questa novella si ha un passaggio, perché la protagonista non è più una nobildonna, ma una donna del popolo siciliana, povera, che di mestiere fa la raccoglitrice di olive. Si innamora di un giovane povero che lavora in campagna. I due si amano e lei rimane incinta. L’uomo per trovare un mestiere più sicuro si trasferisce e si ammala di malaria, morendo. La ragazza mette al mondo una bambina ma non ha i mezzi per mantenerla e muore di stenti.
Si ha un cambiamento di tematica, non è verista perché si ha un narratore onnisciente nascosto ma sempre giudicante. È verista come argomento ma non come tecnica.
Caratteristiche del Verismo di Verga
• Opere veriste (dal 1875 in poi): nel 1875 scrisse una novella che ha in sé tutti gli aspetti del verismo, Rosso Malpelo. Altre opere veriste di Verga sono: Vita dei Campi (novella), Malavoglia (Romanzo), Novelle Rusticane (Novelle) e Mastro Don Gesualdo (Romanzo). Verga era ben consapevole del suo verismo, che ha tre caratteristiche:
1. Impersonalità, narratore oggettivo, nascosto che non dà giudizi.
2. Artificio nella regressione, cioè si vede benissimo nell’inizio di Rosso Malpelo . Significa che il narratore non solo è impersonale, ma abbandona anche il proprio metodo di giudizio e assume un metodo di giudizio interno alla vicenda. Assume dei giudizi che sono del mondo che descrive. La mentalità presentata nell’opera non è del narratore, ma è dell’ambiente che descrive, per esempio il pregiudizio “Capelli rossi””Ragazzo cattivo” non è un giudizio dato dal narratore ma delle persone, personaggi della novella. È una mentalità regredita, dell’ambiente povero che descrive.
3. Idioletto, Verga non poteva scrivere in dialetto perché nessuno lo avrebbe letto. Cercò quindi di creare una nuova lingua che i critici hanno chiamato Idioletto, una via di mezzo fra l’idioma e il dialetto. Non è né dialetto né lingua letteraria, ma una sorta di compromesso, per cui Verga scrive in italiano, ma prendendo alla lettera i modi di dire, i proverbi, tipici del siciliano ed in qualche maniera traducendoli. Alcuni nomi che non danno noia nella narrazione sono in siciliano come ‘Ntoni o Maruzza (Annamaria) o Bastianazzo (Sebastiano). Verga utilizza anche il discorso indiretto libero, cioè perlopiù toglie i verbi tipo “dire, affermare” levando anche i due punti e le virgolette, perché sono interventi dell’autore stesso.
La raccolta "Vita nei Campi"
La Raccolta di Novelle “Vita nei Campi”
“Fantasticheria” È una novella un po’ diversa rispetto alle altre perché è in forma di lettera che l’autore stesso invia ad una nobildonna del nord. Questa donna ha visitato la Sicilia ed il Catanese. All’inizio è rimasta colpita dal paesaggio, dal mare, ma anche dalla gentilezza della gente, poi però si è annoiata e se ne è tornata al nord. Verga allora cerca di farle capire la mentalità positiva che c’è in questi luoghi, cioè il background culturale che si ha in questi luoghi, basata sull’Ideale dell’Ostrica: le famiglie di questo luogo hanno degli ideali positivi e dei valori (onestà, gentilezza…) come la perla che sta nell’ostrica. Però questi valori rimangono finché sono all’interno dell’ostrica, quando poi escono fuori, si corrompono e si perdono. Fa un paragone grazie al quale la famiglia supera qualsiasi difficoltà: è come un formicaio, quando viene calpestato, sembra distrutto, poi però rinasce e ricresce. Fantasticheria è un’anticipazione, per molti aspetti, dei Malavoglia, sia per l’ideale della famiglia, sia perché vengono citati dei personaggi che sono anche nei Malavoglia.
“Il Ciclo dei Vinti”
Il progetto "Il Ciclo dei Vinti"
Intorno agli anni ’80, Verga cominciò a pensare ad un progetto ambizioso, cioè scrivere un ciclo di romanzi, 5 romanzi, ciò si vede in una lettera che lui scrive ad un amico, Paolo Verdura, questo ciclo si doveva intitolare La Marea, poi però Verga cambiò il titolo e lo chiamò Il Ciclo dei Vinti. Era composto da 5 romanzi: I Malavoglia, Mastro Don Gesualdo, La Duchessa di Leyra, L’Onorevole Scipioni e L’Uomo di Lusso. Si chiama Ciclo dei Vinti perché in ognuno di questi romanzi c’è un tentativo di cambiamento in senso migliore, con l’intento di migliorare la propria posizione, ma questo tentativo fallisce. I Malavoglia, cercano di arricchirsi, Mastro Don Gesualdo cerca di diventare nobile, si trovano anche l’ambizione politica e l’ambizione artistica. In realtà Verga scrisse solo I Malavoglia e Mastro Don Gesualdo, iniziò La Duchessa di Leyra e non scrisse gli altri due.
Trama e temi de "I Malavoglia"
“I Malavoglia” Malavoglia è il soprannome di una famiglia, è negativo, il cognome vero è Toscano. Vive nel paesino di Acitrezza nelle vicinanze di Catania. È una famiglia di pescatori abbastanza numerosa, il capofamiglia si chiama Padron ‘Ntoni, che ha un figlio, Bastianazzo, che ha una moglie che si chiama Maruzza, donna piccola che viene soprannominata La Longa. Hanno diversi figli, il primo ‘Ntoni, poi Luca, Mena (Filomena), Alessi e Lia (Rosalia). È ambientato in un periodo che viene capito dai fatti, infatti si capisce che siamo nel 1863 perché il giovane ‘Ntoni parte per la prima leva militare, senza dover far intervenire il narratore. Altre date sono conosciute sempre attraverso i fatti, poiché la storia va in ordine cronologico. Il 1866 si conosce perché si ha la battaglia di Lissa, della Terza Guerra di Indipendenza e il 1867 a causa di una epidemia di colera.
Il giovane ‘Ntoni viene mandato nel 1863 a fare la leva militare. Viene mandato a Napoli. I Malavoglia decidono di fare un investimento per migliorare la loro condizione economica : prendono a credito una partita di lupini, per poi rivenderla e farci un guadagno. Quest’affare è sbagliato fin dalla partenza, perché una parte dei lupini è avariata, ma soprattutto perché quando la trasportano in mare c’è una tempesta, la barca va a fondo e Bastianazzo muore. Questo mette in difficoltà la famiglia perché avevano ipotecato la casa e perdono il lavoro e rischiano di perdere anche la casa. Intanto ‘Ntoni torna dal militare e parte Luca, che era il più lavoratore della famiglia, ‘Ntoni è cambiato, non ha più voglia di lavorare e viene moderato dalle sue inquietudini dalla madre. Per recuperare il debito, tutti lavorano non più in proprio ma per altri e sembra migliorare la situazione quando Mena viene promessa in sposa con un notabile del paese. Però Luca muore nella battaglia di Lissa e questo pregiudica, in qualche maniera, la sicurezza della famiglia, per cui il fidanzamento viene rotto. Nel 1867 c’è una epidemia di colera e Maruzza muore, allora ‘Ntoni comincia attività illegali e intraprende il contrabbando del sale, essendo monopolio dello stato. C’è uno scontro con i finanzieri e ‘Ntoni uccide un finanziere, venendo arrestato. Al processo l’avvocato Scipioni riesce a far passare la linea del “delitto d’onore ” perché il finanziere corteggiava Lia e quindi lui ha soltanto provveduto a difendere l’onore. Lia allora decide di andarsene e se ne va in città, perdendosi. Di fronte a tutti questi fatti, padre ‘Ntoni si sente umiliato, viene colpito da un ictus, viene portato nello ospizio dove muore. Rimangono solo Alessi e Mena, l’ultima è innamorata di un carrettiere, ma decide di rinunciare all’amore per dedicarsi alla famiglia, avendo anche perso nel frattempo la casa. Alessi invece si sposa e crea una nuova famiglia riuscendo a riscattare la casa del nespolo e a recuperare l’onorabilità della famiglia. ‘Ntoni viene liberato, torna a casa ma ormai è estraneo alla famiglia, non si sente più in armonia e se ne va. Così finisce il romanzo.
Mentalità e valori nei "Malavoglia"
Nei Malavoglia, Verga, adotta tutti e tre i suoi principi veristi, Impersonalità, la Regressione e l’Idioletto. Dal punto di vista della mentalità, ci sono due modi di ragionare diversi:
1. Il primo è quello dei Malavoglia, che seguono l’ideale dell’ostrica, all’interno della famiglia allargata ci sono molti valori positivi, come ad esempio il senso dell’onestà, il mantenere la parola data… se si rimane all’interno della famiglia, si mantiene la purezza. Questo è un esempio di una mentalità che appartiene ad un mondo antico, preindustriale, preborghese, in cui si conservano dei valori umani. Però chi tradisce questi valori, chi prende altre strade, non può più far parte della famiglia, in qualche maniera si corrompe, una sorta di tradimento, come fanno ‘Ntoni e Lia, loro stessi infatti se ne vanno perché capiscono di essere diversi e di non accettare più la logica della famiglia.
2. Il secondo è quello del coro del paese, come dicono i critici. Una mentalità totalmente diversa, perché per i paesani l’unico ideale è l’interesse, l’aspetto economico, per cui non hanno valori, se non l’utile. Si ha uno scontro fra le due mentalità, questa seconda mentalità è tipica del mondo moderno che avanza e distrugge i valori. Perlomeno nei Malavoglia la famiglia resiste con difficoltà e riesce ad opporsi a questo nuovo che avanza. In realtà poi si vedrà che il mondo vecchio è destinato a scomparire e quella dei Malavoglia è una resistenza vana.
Critica e visione del popolo
Per Verga, l’uomo non può cambiare il destino, per esempio, l’ingiustizia è sempre esistita e sempre esisterà, quindi è una mentalità reazionaria, cioè una mentalità in contrasto con Zola. Verga quindi descrive il popolo, però non è un populista, cioè non crede che il popolo possa cambiare il mondo, migliorarlo, al contrario di Manzoni. Un critico importante, Asor Rosa, scrisse “Scrittori e Popolo” nel quale esamina tutti gli autori più vari e sostiene che Verga non è un populista, non ha nessun amore per il popolo, però proprio per questa freddezza, è lo scrittore che lo descrive in maniera più fedele.
Le "Novelle Rusticane" e i temi sociali
“Novelle Rusticane”
È la raccolta di novelle successiva ai Malavoglia, tra cui due novelle che si intitolano:
1. “Libertà” che è ambientata in Sicilia, in un ambiente di campagna. Fa riferimento ad un fatto storico, dell’impresa dei Mille ed in particolare all’impresa di Bronte. Nella prima parte, Verga descrive la rivolta dei contadini, in una maniera fortissima, è una rivolta di una violenza molto accentuata, i contadini fanno fuori i Cappelli, i notai. Quando poi li hanno uccisi tutti, finisce la furia omicida e viene una sorta di inerzia generale, non sanno cosa fare, gli manca anche la messa, cioè sono stati capaci di uccidere ma non riescono a costruire un futuro diverso. Quando arriva l’esercito, non si ribellano, alcuni vengono fucilati, altri arrestati e condannati ma non riescono nemmeno a capire il perché della loro condanna. I contadini non sanno nemmeno il senso della parola libertà.
2. “La Roba” che ha un protagonista, che si chiama Mazzarò. Mazzarò è un uomo partito da umili origini, povero, al servizio in campagna di un nobile che, grazie alle sue capacità riesce piano piano ad arricchirsi, anche perché è un uomo laborioso e disposto a fare sacrifici. Piano piano toglie tutte le proprietà al padrone e le acquista, diventando un grande proprietario. La novella inizia con un viaggiatore che chiede di chi sono le terre e gli viene risposto che “sono tutte di Mazzarò”. Però nonostante la ricchezza, Mazzarò non cambia stile di vita, per esempio continua a dedicarsi solo al lavoro e si alimenta ancora in maniera molto semplice. L’importante per Mazzarò è accumulare i beni che devono essere molto concreti (terre, vigne, grano…), ma non prova sentimenti, non ha legami affettivi, è un uomo che si è fatto da sé. Il problema si vede quando comincia ad invecchiare e comincia a sentirsi sempre più vicino alla morte; nel giungere alla morte e gli dissero che era tempo di lasciare la roba, il pensiero della morte e il sentirsi vicino ad essa, fanno quasi impazzire Mazzarò, da uomo razionale diventa invece quasi folle, comincia ad uccidere il proprio bestiame perché vorrebbe portare con sé la roba. Mazzarò è il protagonista della novella, questo lo differenzia dai Malavoglia e si vede una sorta di evoluzione del pensiero di Verga, nel senso che il mondo nuovo basato sull’interesse, ha ormai vinto e ha soppiantato il mondo dei vecchi valori rappresentati dai Malavoglia, quindi ormai il mondo non sente più le doti positive e affettive legate alla vecchia tradizione familiare. Non è più la classe popolare ad essere descritta ma quella borghese e abbandona l’idioletto.
Mastro Don Gesualdo: ambizione e solitudine
Mazzarò ricorda un altro personaggio successivo: “Mastro Don Gesualdo”
È il secondo romanzo del Ciclo dei Vinti. Il titolo è indicativo della storia, ma il termine Mastro un lavoro manuale, Don invece è un titolo che veniva dato ai nobili.
Gesualdo da lavoratore manuale, da muratore, vuol diventare nobile, dopo aver conquistato la ricchezza. Gesualdo Motta, nasce povero, ma grazie alle sue capacità riesce ad arricchirsi. Non ha moglie, ha una amante, una contadina che gli ha dato dei figli che lui non riconosce ma che mantiene. Ha sfruttato anche la politica per accrescere la sua ricchezza, però non è soddisfatto e vorrebbe acquistare la nobiltà. L’occasione per diventare nobile gli capita quando una giovane nobile si fa mettere incinta da un cugino e quindi è necessario un matrimonio riparatore. Gesualdo si fa avanti come se fosse un investimento, un affare: accetta il matrimonio riparatore con Bianca Trao ed in cambio diventa nobile. Questo affare è sbagliato, perché la moglie lo disprezza e non gli si concede mai. Nasce una figlia che lui riconosce ma la figlia stessa non lo considera suo padre, quindi la vita di Gesualdo è difficile perché è temuto ma anche disprezzato da tutti. Muore la moglie e lui rimane solo con la figlia che cresce e si fa mettere incinta, si fa accenno alla Race, infatti la figlia si fa mettere incinta come la mamma a suo tempo. Anche in questo caso è necessario un matrimonio riparatore, per cui Gesualdo fa sposare alla figlia un vecchio nobile senza soldi che vive in città, per cui Gesualdo rimane da solo, si ammala gravemente e quando la malattia si aggrava, viene portato dalla figlia che non gli dimostra nessun affetto per cui lui muore da solo preso in giro anche dalla servitù.
Dal punto di vista delle concezioni, in Mastro Don Gesualdo, dal punto di vista ideologico non c’è più un doppio modo di ragionare, non si ha più lo scontro fra il vecchio mondo con dei valori e il nuovo mondo che sta avanzando, cioè la società borghese che pensa all’utile e questa prevale. Di conseguenza, tutto va avanti in base a criteri economici, compreso l’aspetto familiare. La famiglia di Mastro Don Gesualdo è un affare. La visione del mondo in Mastro Don Gesualdo è ancora più pessimista proprio perché non esistono più valori, ma tutto è basato sull’interesse. Dal punto di vista stilistico, viene descritta la Borghesia, che è una classe più alta rispetto al popolo ed ha un linguaggio più alto, per cui non è più necessario il ricorso all’idioletto.
Teatro Verista e tematiche politiche
Teatro Verista
Oltre alle opere in prosa veriste, Verga creò anche il teatro Verista, riprendendo alcune novelle e trasformandole in opere teatrali, un esempio è “Dal Tuo al Mio”. In questa novella si ha una tematica politica, il protagonista è Luciano, che è un giovane lavoratore delle miniere che è anche sindacalista. Poi conosce la figlia del proprietario delle solfatare e la sposa. Migliora così la sua condizione, diventando comproprietario della miniera, al quel punto Luciano non difende più i lavoratori ma si schiera contro di essi.
In pratica anche qui Verga vuol dire che le idee politiche dipendono da motivi economici: se sei povero difendi gli interessi dei poveri, quando diventi ricco, cambi totalmente.
Domande da interrogazione
- Quali sono stati i primi passi nella carriera di Giovanni Verga?
- Come e perché Giovanni Verga passò al Verismo?
- Quali sono le caratteristiche principali del Verismo di Verga?
- Qual è la trama principale de "I Malavoglia"?
- Qual è la visione del popolo secondo Verga?
Giovanni Verga iniziò la sua carriera scrivendo romanzi storici di argomento patriottico, influenzato dall'ideologia patriottica trasmessagli dal suo insegnante privato, Don Antonio Abate.
Verga passò al Verismo nel 1874, influenzato da Capuana e dalla curiosità del nord Italia verso il sud. Questo cambiamento fu motivato da ragioni pratiche piuttosto che ideologiche.
Le caratteristiche principali del Verismo di Verga includono l'impersonalità del narratore, l'artificio nella regressione e l'uso dell'idioletto, una lingua che combina italiano e modi di dire siciliani.
"I Malavoglia" narra la storia della famiglia Toscano, soprannominata Malavoglia, che affronta difficoltà economiche e personali nel tentativo di migliorare la propria condizione, ma finisce per essere divisa e sconfitta.
Verga non è populista e non crede che il popolo possa cambiare il mondo. Descrive il popolo con freddezza, ritenendo che l'ingiustizia sia una costante immutabile della società.