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Concetti Chiave

  • Gabriele D'Annunzio, nato nel 1863 a Pescara, è stato un poeta e intellettuale italiano famoso per la sua vita mondana, i rapporti amorosi tumultuosi e la sua influenza sulla cultura e politica italiana dell'epoca.
  • Il romanzo "Il piacere" di D'Annunzio è considerato un esempio di estetismo nella letteratura italiana, confrontabile con "Il ritratto di Dorian Gray" di Oscar Wilde, e racconta la storia di Andrea Sperelli, un decadente amante delle arti e della bellezza.
  • Le "Laudi" di D'Annunzio sono una raccolta di poesie che celebrano la fusione tra uomo e natura, il concetto di superuomo e l'esaltazione di grandi personaggi storici, scritte tra il 1903 e il 1920.
  • Il pensiero dannunziano è influenzato da estetismo e decadentismo, con temi come il culto del bello e la trasfigurazione dell'uomo nella natura, visibili nelle sue opere poetiche e narrative.
  • "La pioggia nel pineto" e "La sera fiesolana" sono poesie che incarnano il panismo dannunziano, esprimendo la fusione tra uomo e natura attraverso una struttura musicale e immagini evocative.

Indice

  1. Infanzia e prime opere
  2. Vita mondana e amori
  3. Contributi culturali e pubblicitari
  4. Relazioni e romanzi rosa
  5. Patriottismo e imprese belliche
  6. Il piacere e l'estetismo
  7. Le Laudi e il superuomo
  8. Stile e influenze poetiche
  9. Decadentismo e estetismo
  10. Produzione letteraria e influenze
  11. La sera fiesolana

Infanzia e prime opere

Nacque a Pescara nel 1863 da una famiglia agiata. Studiò in collegio e fin da ragazzo si dimostrò allievo modello con grandi doti di intelligenza; fu un poeta precocissimo: infatti, già all’età di 16 anni, raccolse le prime poesie in un libro pubblicato a spese di suo padre col titolo Primo Vere. Il volume ebbe grande successo.

Vita mondana e amori

Ebbe una vita molto mondana; fu grande amante dei viaggi; ebbe una passione per il lusso e per le donne. Si trasferì prima a Roma, dove pubblicò alcuni articoli di critica letteraria ed artistica, e poi a Napoli. Iniziò al lavorare con alcuni giornali e riviste, frequentando la vita mondana e i salotti letterari della città.

Si sposò due volte con due nobildonne che ben presto lo lasciarono, perché scoprirono i suoi difetti di libertino e di uomo poco fedele nelle relazioni amorose. Il più grande amore della sua vita fu Eleonora Duse, celebre attrice teatrale, più vecchia di lui, con la quale intrecciò una lunga relazione che durò circa un decennio. Ancora oggi in Italia vi sono numerosi teatri dedicati al nome di Eleonora Duse. Anche nel centro di Genova esiste un famoso teatro, chiamato Il Duse, in cui ancora oggi vengono rappresentate opere teatrali e spettacoli più leggeri di cabaret e musical. La coppia D’Annunzio-Duse fu una coppia molto in vista e molto chiacchierata; i due si trasferirono vicino a Firenze in una villa chiamata la Capponcina, che il poeta trasformò in una bellissima dimora di stile decadente.

Grazie al suo rapporto con la Duse, D’Annunzio si dedicò anche al teatro e scrisse molte opere teatrali, pubblicando vari drammi in prosa rivolti ad un pubblico di massa al quale si rivolgeva per suscitare interesse e coinvolgere le emozioni.

Contributi culturali e pubblicitari

Scrisse anche numerose poesie e romanzi; fu pubblicista; inventò slogan pubblicitari; fu proprio lui a dare il nome alla Rinascente, un grande magazzino di lusso aperto a livello nazionale ed ancora presente in molte città d’Italia. Fu anche lui a dare il nome femminile alla parola automobile, cioè quell’oggetto che si sposta con le ruote ed un motore, aggraziato e svelto come una ragazza, da cui deriva la scelta del femminile e non del maschile.

Relazioni e romanzi rosa

Dopo la rottura con la Duse, si legò, tra le tante donne, una scrittrice di romanzi rosa di grande successo, alla quale consigliò di darsi un nome d’arte e la chiamò Liala, per intendere le ali dell’amore. Liala è uno pseudonimo di Amalia Liana Negretti Odescalchi. Questi romanzi ebbero molto successo e divennero una specie di romanzo-di-appendice diffondendosi tra il pubblico femminile. Il genere romanzo-di-appendice era un tipo di romanzo che usciva su un quotidiano o su una rivista, a episodi di poche pagine pubblicati in genere la domenica.

D’Annunzio fu anche un sostenitore della lingua italiana e difese le parole italiane o italianizzate, contro le parole straniere (es. ananasso al posto di ananas; autorimessa al posto di garage).

Patriottismo e imprese belliche

Si ritirò anche per un periodo a Parigi, dove rimase fino allo scoppio della prima guerra mondiale (1914). Fu un grande interventista e nel 1915 tornò in Italia per sostenere la necessità della guerra. Fu considerato così il poeta vate (= profeta), difensore della patria per l’Italia, profeta che sostiene l’idea nazionalistica ed imperialistica di un’Italia destinata ad essere la guida delle nazioni.

Dopo l’entrata in guerra (24 maggio 1915), nonostante avesse ormai 52 anni, volle arruolarsi e partecipò ad alcune azioni di guerra che gli procurarono fama, onore e decorazioni.

Nel 1918 e nel 1919 fu protagonista di tre celebri episodi:

1. 1918. La beffa di Buccari, cioè una azione di presa in giro e di derisione contro gli austriaci nella baia di Buccari, un’incursione con i famosi M.A.S. (Motoscafi Anti Sommergibili), una specie di imbarcazione corazzata motosilurante nel golfo del Quarnàro sulla costa della Dalmazia (sulla costa adriatica di fronte all’Italia a nord dell’Albania);

2. 1918. Volo su Vienna, durante il quale il poeta, per dimostrare il coraggio e la superiorità del popolo italiano, fece cadere su Vienna, la capitale austriaca, una pioggia di volantini di propaganda a difesa dell’Italia contro l’Austria;

3. 1919. La celebre impresa di Fiume. D’Annunzio si mise a capo di un’altra grande impresa destinata a diventare famosa: i trattati di pace avevano assegnato la Dalmazia con la città di Fiume alla Iugoslavia; D’Annunzio si fece portavoce del malcontento popolare e condannò questo fatto come “vittoria mutilata”, accusando il governo italiano di non aver sfruttato a suo favore la vittoria e di aver rinunciato a questi territori, nonostante l’Italia avesse vinto la guerra. Per questo egli progettò e guidò l’occupazione di Fiume, città che riuscì a tenere per solo un anno fino al dicembre 1920, anno in cui il governo italiano lo costrinse a ritirarsi per non violare i trattati internazionali.

Questa imprese fu ricordata nella storia perché avvicinò D’Annunzio al Partito fascista, del quale egli diventò inizialmente grande sostenitore, tanto che Mussolini, per timore che il poeta potesse minacciare il suo potere personale, lo emarginò dalla vita politica italiana. Per questo D’Annunzio trascorse gli ultimi anni della sua vita sul Lago di Garda a Gardone con la sua ultima amante. Qui abitò in una vera e propria casa-museo che volle poi donare al popolo italiano, ancora oggi visitabile e le diede il nome di Vittoriale degli Italiani.

Morì di malattia il 1° marzo del 1938.

Il piacere e l'estetismo

Il piacere è il romanzo estetizzante per eccellenza e forse l’unico della letteratura italiana.

D’Annunzio si rifà soprattutto al romanziere inglese Oscar Wilde nel suo romanzo “Il ritratto di Dorian Gray” e all’estetismo simbolista di Karl Huysmans, che ha scritto il romanzo “A ritroso”.

La trama è ambientata nella Roma di fine Ottocento primi del Novecento, una città molto bella e lussuosa, che mantiene ancora lo splendore di prima della Prima Guerra Mondiale, il fascino della storia romana antica e dell’ultima Belle époque.

Il protagonista è Andrea Sperelli, discendente di una antica e nobile famiglia, che vive esclusivamente per godersi la vita, per l’amore per l’arte e per la cultura. Ha gusti ed abbigliamento raffinati; è una persona molto sensibile, amante delle belle case, delle belle donne e di una vita estetizzante. Ha un’amante di nome Elena Muti con cui ha una relazione molto complicata. Ad un certo punto lei lo abbandona; lui cerca di dimenticarla con altre donne, finchè si scontra in un duello d’amore con un marito tradito di una di queste, che lo ferisce in un duello d’onore. Agli inizi del Novecento il duello d’onore era già vietato; così il giovane si rifugia nella villa di campagna di una sua cugina per farsi curare. Qui ripensa alla sua vita passata, ai suoi errori e decide di ritornare a Roma dove vorrebbe cambiare vita, ma ricasca negli stessi errori. Incontra nuovamente Elena; però, infine si innamora di una donna sposata di nome Maria, bella e sensibile, amante anche lei dell’arte e della cultura. Durante una notte d’amore, Andrea si tradisce: infatti l’uomo, nel suo inconscio, pronuncia il nome di Elena e Maria inorridita fugge, abbandonandolo nella solitudine e nella disperazione totale.

Il romanzo appartiene ad un genere doppio:

1. realistico, perché presenta situazioni reali ed ambienti tipici della Roma di quell’epoca;

2. estetizzante, perché esalta il culto dell’arte, del bello e della cultura, il gusto della parola perfetta, dell’eleganza dello stile e l’idea della vita aristocratica, l’eleganza, la bellezza ed il piacere, nella convinzione che la vita deve essere modellata come un’opera d’arte.

A differenza di Dorian Gray, che alla fine si suicida, Andrea Sperelli, in cui D’Annunzio si rappresenta, è un eroe decadente, raffinato e gelido; è un personaggio il cui estetismo lo ha condotto alla solitudine e al fallimento dei suoi ideali.

Le Laudi e il superuomo

Le Laudi sono una raccolta di poesie scritte da D’Annunzio tra il 1903 e il 1920. Il termine “laudi” deriva dal latino “laude” e significa “componimento poetico per rendere omaggio a qualcuno”.

Il titolo originale è in realtà “Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi”. Secondo il progetto originale di D’Annunzio doveva essere una raccolta in 7 libri che dovevano chiamarsi come le stelle della costellazione delle Pleiadi, da cui prendono il nome. Il progetto iniziale non fu mai realizzato ed il poeta riuscì a comporre soltanto quattro libri che si intitolano Maia, Elettra, Alcyone, Merope.

1. Maia: è il primo libro delle Laudi. E’ incentrato sugli eroi antichi, in cui D’Annunzio riprende l’idea del superuomo. Infatti, gli eroi antichi, come per esempio Ulisse, sono considerati come dei semi-dei, uomini superdotati, con qualità eccezionali che si elevano al di sopra degli altri. In questi stessi eroi si identifica il poeta stesso;

2. Elettra: è il secondo libro delle Laudi. Qui il poeta celebra gli eroi della cultura e della storia, da Dante a Garibaldi, da Verdi a Vittorio Emanuele III, tutti esempi di uomini eccezionali;

3. Alcyone: è il terzo libro delle Laudi ed è anche il più famoso ed il meglio risuscito. La migliore ispirazione viene al poeta dalla sua compagna, Eleonora Duse. In questo libro sono contenute “La sera fiesolana” e “ La pioggia nel pineto”, che rappresentano anche la migliore produzione del concetto di panismo dannunziano. Il panismo è un tema molto caro al poeta ed indica, come abbiamo già detto nei file precedenti, la fusione dell’uomo con la natura, in cui l’uomo stesso assume caratteristiche vegetali o animali e la natura viene descritta con caratteristiche umane, come se fosse una persona. In questo senso soltanto il superuomo, dice D’Annunzio, con le sue doti eccezionali e la sua mente superiore ha il privilegio di superare la sua condizione umana ed immedesimarsi nella natura;

4. Merope: è il quarto libro delle Laudi. E’ ispirato alla guerra di Libia; contiene 10 canzoni (= poesie) legate a diverse battaglie che l’Italia affrontò per conquistare la Libia tra il 1911 e il 1912.

Stile e influenze poetiche

I temi delle Laudi e lo stile

1. superuomo e panismo; esaltazione degli eroi come superuomini ed esaltazione dei grandi personaggi della cultura e della storia;

2. come dice anche il titolo, le Laudi riprendono i temi del “Cantico delle Creature” di San Francesco d’Assisi con l’esaltazione del Creato, però non dal punto di vista religioso e spirituale, ma dal punto di vista fisico e terreno;

3. lo stile di D’Annunzio:

a. raffinatezza, finezza della parola poetica e musicalità dei versi (= le parole richiamano suoni presenti anche in natura; es. onomatopee, metafore, allitterazioni, ripetizioni o anafore),

b. uso del verso libero senza uno schema fisso.

Bisogna ricordare che lo stile di D’Annunzio è molto originale e molto diverso da quello usato dai poeti a lui contemporanei (Crepuscolari e Futuristi), perché D’Annunzio è l’unico davvero in grado di tentare e di trovare nuove strade non ancora percorse da nessuno. La sua è una poesia completamente diversa che fino a quel momento nessuno era mai riuscito a realizzare. Infatti, siamo nel periodo detto Decadentismo, alla fine della Belle Époque; è un periodo pieno di incertezze perché

a. cambia l’organizzazione della società e si trasformano le classi sociali,

b. l’economia diventa da agricola a industriale;

c. molti abbandonano le campagne e vanno a lavorare nelle industrie;

d. cambia il ruolo dell’intellettuale che non è più colui che si occupa esclusivamente di cultura e di poesia, ma è un uomo più completo, come D’Annunzio, che sa sfruttare tutte le occasioni con intelligenza ed è in grado di occuparsi di tanti aspetti della società come la politica, il giornalismo, l’arte, il progresso e le nuove occasioni che la società stessa, in profondo cambiamento, può offrire.

Decadentismo e estetismo

D’Annunzio è il massimo esponente della corrente chiamata decadentismo ed in particolare è uno dei più importanti intellettuali dell’estetismo; il termine estetismo fa riferimento all’opera di un letterato (o di uno scrittore o di un poeta) che considera la vita stessa come opera d’arte, ricerca e culto del bello e come creazione artistica dell’individuo.

D’Annunzio è un intellettuale che ha tante passioni e capacità: oltre che romanziere e poeta, egli fu anche autore di opere teatrali; fu giornalista, novelliere, uomo politico, aviatore, volontario nella prima guerra mondiale ed anche molto bravo nel riprendere i testi e le opere degli autori per lui più significativi (come per esempio Carducci e Verga) e rielaborarli in modo del tutto personale e con grande capacità stilistica.

Produzione letteraria e influenze

Opere di D’Annunzio

La produzione letteraria di D’Annunzio può essere suddivisa in alcune fasi:

1. Le prime opere sono raccolte poetiche ispirate al gusto decadente. Tra le più importanti ricordiamo Primo Vere. Si tratta di una raccolta di poesie scritta quando ancora frequentava il liceo a sedici anni. Si ispira alla poesia di Carducci ed ha uno stile molto elaborato e ricercato. In gioventù D’Annunzio risentì anche di due modelli poetici: Carducci, per quanto riguarda la poesia e Verga, per quanto riguarda le novelle e la prosa;

2. la produzione verista. In prosa scrisse una raccolta di novelle, Novelle della Pescara, che si rifanno al verismo e al Verga, in cui D’Annunzio descrisse quadretti della vita di campagna abruzzese con personaggi caratterizzati dalle forti passioni e da forti sentimenti istintivi;

3. la produzione russa. D’Annunzio ammirò molto due scrittori russi Tolstoj e Dostoevskij, romanzieri famosi che lo affascinarono molto nella descrizione dell’indagine psicologica dei personaggi e nella descrizione dei loro stati d’animo e dei conflitti interiori. Da questi modelli russi nacquero alcune opere, per esempio la raccolta poetica Poema paradisiaco, che è in poesia, ma è simile ad un romanzo perché è scritto con un verso molto lungo;

4. la produzione del “superomismo” o dei romanzi del “superuomo”. D’Annunzio fu molto influenzato da un filosofo tedesco Nietzsche (uno dei massimi filosofi tedeschi e mondiali), che aveva elaborato la teoria del superuomo, cioè di un uomo nuovo, superiore, libero dai condizionamenti della morale e della società, capace di vivere esperienze eccezionali ed una vita straordinaria. Il superuomo, secondo Nietzsche, è il filosofo dotato di caratteristiche superiori al di sopra degli altri uomini. Da parte di alcuni studiosi di Nietzsche si dice che abbia ispirato il nazismo, proprio per le sue teorie sul superuomo. Probabilmente si tratta di una interpretazione poco corretta; si è ritenuto invece che fosse stata la sorella del filosofo, anche lei un’intellettuale filosofa, che, risistemando le opere e gli scritti del fratello dopo la sua morte, li avesse modificati di sua iniziativa. Infatti, era lei che aveva sempre avuto simpatia per il nazismo.

D’Annunzio interpretò la teoria del superuomo e la applicò a se stesso, ritenendosi “poeta vate”, amante del bello e in grado di poter guidare le masse con una visione politica aggressiva, nazionalistica ed imperialistica. Questa sua teoria intende elevare il superuomo al di sopra della cultura borghese e moralista e al di sopra dell’uomo perbenista (si dice “perbenista” una persona che, spesso con una buona dose di ipocrisia, non ama andare contro-corrente, ma si uniforma al pensiero e ai comportamenti della maggioranza).

L’idea del superuomo suggerì a D’Annunzio la stesura di alcuni romanzi, tra i più importanti del ‘900, tra i quali ricordiamo Il piacere, Il fuoco e Le vergini delle rocce, centrato su idee nazionalistiche e su una concezione dello Stato inteso come patria dei migliori;

5. la produzione del periodo francese. Dal 1910 al 1915 D’Annunzio si trasferì in Francia per sfuggire ai suoi creditori in quanto in Italia aveva contratto numerosi debiti. Lì rimase fino allo scoppio della prima guerra mondiale. A Parigi scrisse drammi e testi in prosa;

6. la produzione del periodo notturno. Tornato in Italia nel 1916, iniziò per D’Annunzio il periodo notturno. Scrisse infatti Il notturno mentre era convalescente in seguito ad un incidente aereo e costretto a stare a letto con un occhio bendato per evitare di rimanere cieco completamente a causa di un proiettile che gli aveva colpito l’occhio destro durante un bombardamento. Il notturno è un diario autobiografico ed intimo ed il titolo si riferisce appunto a quella condizione di buio e di penombra in cui il poeta per due anni fu costretto a vivere. In quel periodo egli si sentì tagliato fuori e solo; per questo motivo, i temi da lui affrontati in quest’opera sono quelli della memoria, dei ricordi della madre morta e dei compagni caduti in guerra e sensazioni ed immagini più introspettive dovute proprio a quel particolare momento della sua vita;

7. la produzione teatrale. Il dramma teatrale più importante è La figlia di Jorio, che scrisse durante la sua relazione con Eleonora Duse, in omaggio proprio alla sua amante, famosa attrice dell’epoca, molto ammirata ed apprezzata. In questa opera teatrale D’Annunzio riprende il Verga e descrive l’ambiente pastorale delle campagne abruzzesi.

Il pensiero e la poetica di D’Annunzio sono influenzati da:

1. decadentismo europeo, che considerava la bellezza il bene supremo al di sopra della morale borghese; l’eroe decadente era il tipico uomo amante del bello, raffinato, aristocratico, distaccato dalla mediocrità della massa ed esaltato dall’idea di vivere una vita eroica e grandiosa. Il modello preferito da D’Annunzio fu Oscar Wilde nel famoso romanzo Il ritratto di Dorian Gray, in cui è presente la vita intesa come opera d’arte e ricerca del piacere e dei sensi. Le stesse idee sono riprese da D’Annunzio nel suo romanzo Il piacere;

2. estetismo, che è una corrente letteraria che continua il decadentismo. Proprio Il piacere è l’unico esempio di romanzo italiano di gusto estetizzante;

3. dionisismo (il termine deriva dal dio greco Dioniso, che i romani chiamavano Bacco, dio del vino. Questa divinità esprimeva il desiderio del disordine, della irrazionalità e della volontà dell’uomo di lasciarsi andare ai piaceri dei sensi). Il dionisismo è un aspetto materiale ed una esaltazione di ciò che i sensi dell’uomo possono mostrare. E’ importante in D’Annunzio il rapporto che l’uomo ha con la natura e la capacità dell’individuo di fondersi e trasformarsi nella natura stessa, dallo stato umano a quello vegetale e viceversa. Per questo, la Natura viene spesso personificata, cioè diventa una divinità e si confonde con l’uomo stesso, come per esempio nella poesia Alcyone, in cui l’uomo si trasforma in elementi naturali;

4. panismo (derivato dal dio Pan – in greco l’aggettivo pan significa “tutto”. Pan è essere semi-divino della mitologia greca che incarna le forze della vita e della natura). D’Annunzio trasfigura l’uomo e lo fonde con la natura come fosse una pianta. Questa caratteristica della sua poetica si nota nella raccolta Le laudi e soprattutto nella famosissima poesia La pioggia nel pineto.

Gabriele D’Annunzio – La pioggia nel pineto

Taci. Entrando nel bosco non sento alcun suono prodotto da uomini, ma ascolto i suoni più nuovi, quelli della natura, delle foglie e delle gocce della pioggia. Ascolta, o Ermione. Piove dalle nuvole sparse. Piove sulle tamerici impregnate di salsedine e arse dal sole, sui pini dalle cortecce ruvide, con le foglie aghiformi, sui mirti divini, sulle ginestre che risplendono con i loro fiori gialli raccolti e sui ginepri pieni di bacche profumatissime. Piove sui nostri volti che ormai sono un tutt’uno con il bosco, sulle nostre mani nude e sui vestiti estivi. Piove anche sui pensieri più profondi appena nati dall’anima innamorata, sui sogni e sulle illusioni che fanno parte della nostra vita.

Senti? La pioggia che cade sulle foglie degli alberi della pineta deserta produce un rumore che varia a seconda di quanto è folto il fogliame. Ascolta. Alla pioggia si aggiunge il canto delle cicale: né la pioggia né il cielo cupo lo possono spaventare o fermare in alcun modo. Il pino, il mirto, il ginepro. Ogni pianta ha un suo suono; sono come strumenti diversi sotto dita infinite. E ci siamo anche noi, che siamo parte della foresta, non più esseri umani ma vivi d’una vita vegetale. E il tuo viso felice, Ermione, creatura terrestre senza nome, è bagnato di pioggia come una foglia e i tuoi capelli profumano come le ginestre.

Ascolta, ascolta. Il canto delle cicale in alto sugli alberi si affievolisce sotto lo scroscio d’acqua, ma vi si mescola un altro canto, più rauco, che proviene dall’umida ombra lontana e che si fa sempre più sordo, più debole, rallentando fino a spegnersi. Solo una nota continua a farsi sentire flebilmente, poi tace, suona nuovamente, trema, tace. Non si sente alcun suono arrivare dal mare. Ora riprende lo scroscio dell’acqua che lava, il suono della pioggia cambia a seconda di quali foglie colpiscono le gocce. Ascolta. Ora la cicala non canta più, mentre la rana, nell’acqua chissà dove, gracida forte. E piove sui tuoi occhi, Ermione.

Piove sulle tua ciglia nere, sui tuoi occhi e sembra che tu stia piangendo di piacere e quasi trasformata anche tu in una creatura della foresta, tutta verdeggiante e non più con la pelle bianca, che sembri uscire dalla corteccia di un albero, viva. E tutta la nostra linfa vitale è fresca e profumata e il cuore in petto come una pesca intatta, gli occhi tra le palpebre come due pozzanghere d’acqua nell’erba e i denti come mandorle acerbe. E camminiamo fra le macchie e gli arbusti, nel verde, prima insieme e poi separati, con l’erba che ci arriva alle gambe, fino alle ginocchia. E piove sui nostri volti che ormai sono un tutt’uno con il bosco, sulle nostre mani nude e sui vestiti estivi e leggeri. Piove anche sui pensieri più profondi appena nati dall’anima innamorata, sui sogni e le illusioni che fanno parte della nostra vita, o Ermione.

La pioggia nel pineto è forse la poesia più famosa del poeta Gabriele D’Annunzio. Si tratta di una lirica che descrive la natura, composta nel 1902 e che appartiene alla raccolta di poesie Alcyone insieme a La sera fiesolana. Le due poesie sono dedicate all’estate e rappresentano il manifesto del panismo dannunziano, cioè l’idea del poeta che tutto sia natura e che l’uomo si trasfigura nella natura stessa: uomo e natura, per D’Annunzio, sono una cosa sola.

In tutto la lirica si compone di  4 lunghe strofe. I versi sono liberi e sciolti, non rispettano dunque un numero preordinato di sillabe e non seguono uno schema fisso di rime. Si tratta di una poesia molto musicale, in cui i suoni delle parole sono fondamentali al ritmo.

Il poeta si rivolge alla donna amata, Eleonora Duse, che viene chiamata Ermione. Essi sono all’inizio di un bosco, stanno passeggiando e sta piovendo. La poesia inizia con un imperativo “taci”. Il poeta invita la sua donna a stare in silenzio, perché i due possano ascoltare insieme i suoni della natura, quelli che lui chiama “parole non umane”. C’è poi un altro imperativo al v. 8 “ascolta”, che spiega meglio le intenzioni del poeta: infatti, dal silenzio segue l’ascolto della pioggia che scende e che bagna le tamerici (= piante sempreverdi che crescono in riva al mare; sono le myricae del Pascoli), i pini, i mirti, le ginestre, i ginepri, che hanno bacche profumate (“aulenti”).

Si nota la descrizione del bosco bagnato dalla pioggia che rigenera la natura e la ristora. Piove sui volti del poeta e della sua donna che cominciano a sentirsi creature del bosco (v. 20 “volti silvani”) ed entrano a contatto profondo con la natura.

E’ l’inizio della trasformazione o metamorfosi del panismo dannunziano, che continua al v. 53 in cui il poeta dice di essere, insieme alla sua donna, ormai immerso completamente nello spirito del bosco e di partecipare alla stessa vita della vegetazione in sintonia con la natura.

La poesia poi continua affermando che il viso della donna amata è bagnato di pioggia (“molle di pioggia come le foglie”): anche qui la metamorfosi o trasfigurazione del poeta e della sua donna in creature del bosco è sempre più marcata. I capelli della donna sono profumati come le ginestre (v. 60 “le tue chiome auliscono”).

Nella seconda strofa il poeta introduce al v. 41 il canto delle cicale che si unisce a quello degli alberi, che sono come strumenti diversi suonati dalle gocce di pioggia cadute dal cielo e paragonati alle dita di un musicista.

Ai vv. 78-79 è da notare la figura retorica del climax discendente nei verbi “trema”, “si spegne”, “risorge”, “si spegne”, cioè il verso delle cicale e delle rane pian piano si fa sempre meno intenso, poi sembra riprendersi per spegnersi infine del tutto e lasciar spazio ad un improvviso silenzio, interrotto solo dallo scrosciare della pioggia che si fa ancora più intenso.

Da notare ai vv. 95-96: il poeta si rivolge ad Ermione “e piove sulle tue ciglia”, ma questo è un pianto di piacere e di gioia; infatti, la donna ormai è come una pianta e ha preso il colore verdeggiante (“virente”) della natura.

Da notare il v. 98 con la figura retorica dell’òssimoro (“par che tu pianga, ma di piacere”). L’òssimoro è una figura retorica che esprime due concetti opposti: in questo caso il pianto si contraddice con al gioia ed il piacere, perchè normalmente si piange di dolore.

Dal v. 104 in poi si nota la fine della trasformazione (“il cuore nel petto è come una pesca intatta”), non ancora raccolta; le palpebre tra gli occhi sembrano sorgenti d’acqua (“polle tra l’erbe”); i denti di Ermione, attaccati alle gengive (“alveoli”), sono paragonati alle mandorle acerbe, che si presentano di colore bianco.

Nell’ultima parte dal v. 126 fino alla fine notiamo una ripetizione dei concetti espressi nella prima strofa.

La poesia fu scritta e pubblicata sulla rivista Nuova Antologia nel 1899; apre la raccolta di poesie di D’Annunzio intitolata Alcyone (1903).

Il paesaggio descritto è quello della campagna fiesolana, a Fiesole vicino a Firenze. Il poeta si trovava nella sua villa chiamata “La Capponcina”

Il poeta si trova insieme alla donna amata (Eleonora Duse) e aspetta che scenda la sera, in una giornata di giugno dopo la pioggia. I due amanti sono in secondo piano rispetto alla natura, che risulta centrale.

Si tratta di tre strofe di 14 versi di varia lunghezza alternate da tre “laudi” di tre strofe ciascuna.

La sera fiesolana

Durante questa sera le mie parole ti diano freschezza

come il fruscio che fanno le foglie

del gelso nella mano di chi le coglie

in silenzio e nonostante l’ora tarda continua lentamente il suo lavoro

sull’alta scala che diventa scura

appoggiata al fusto dell’albero che diventa color argento

con i suoi rami spogli,

mentre la luna è prossima a spuntare nel cielo

azzurro e sembra che stenda davanti a sé un chiarore

dove il nostro sogno d’amore si abbandona

e sembra che la campagna si senta già

invasa dal gelo notturno sotto la sua luce

e grazie a lei trovi il riposo sperato

anche senza vederla.

O Sera, sii tu lodata per il tuo viso

color perla, e per i tuoi grandi occhi umidi nei quali si raccoglie in silenzio

l’acqua caduta dal cielo!

Durante questa sera le mie parole

ti siano dolci come il rumore leggero della pioggia

tiepida e rapida,

commosso saluto della primavera,

sui gelsi, sugli olmi, sulle viti

e sui pini con i nuovi germogli rosati

che giocano con il vento che passa e svanisce,

e sul grano che ancora non è maturo

ma nemmeno più verde,

e sul fieno che è stato tagliato dalla falce

e sta mutando colore,

e sugli olivi, sui fratelli olivi

che rendono le colline pallide come i santi

e sorridenti.

O Sera, sii tu lodata per le tue vesti profumate

e per la cintura che ti stringe come il ramo del salice

stringe il fieno profumato!

Io ti dirò verso quali regni

d’amore ci inviti il fiume (= Arno), le cui sorgenti

eterne gorgogliano all’ombra

degli alberi secolari nel silenzio sacro dei monti;

e ti dirò per quale segreto

le colline s’incurvino contro i limpidi orizzonti

come labbra che un divieto impedisca

di dischiudersi e perché la volontà di rivelare il loro segreto

le renda belle

oltre ogni desiderio umano

e le colline siano sempre capaci di consolare l’anima,

al punto che sembra

che ogni sera l’anima le possa amare

di un amore sempre più forte.

O Sera, sii tu lodata per il tuo semplice svanire,

e per l’attesa del buio che fa brillare in te

le prime stelle!

Il poeta si rivolge alla donna amata, Eleonora Duse, mentre, al termine di una giornata, insieme a lei sta osservando, dopo la pioggia, la luna che sta per sorgere ed un dolce paesaggio collinare. La presenza della donna amata è percepibile attraverso pochi elementi:

- il “ti” che dal v. 2 si ripete in ogni strofa;

- “nostro sogno” v. 10;

- “ci chiami” v. 36.

La natura, in particolare la sera, è personificata nella figura di una donna; questo si vede

- nel v. 15: “pel tuo viso di perla”;

- nel v. 16: “pe’ tuoi grandi umidi occhi”;

- nel v. 32: “per le tue vesti aulenti”.

I due amanti sono avvolti dai rumori e dagli elementi della natura:

- il “fruscio che fan le foglie del gelso» (vv. 2-3) colte dalla mano silenziosa del contadino che è un’altra presenza umana del testo oltre ai due amanti,

- il chiarore della luna che sta sorgendo,

- la freschezza notturna.

L’effetto della sera sulla natura è rasserenante e ricco di immagini di pace e di armonia, che il poeta sa rendere con un linguaggio musicale.

La sera, inoltre, ha un effetto positivo sul poeta, perché porta quiete ed egli è partecipe della bellezza e dei segreti della natura, secondo l’idea di “panismo” tipica di D’Annunzio (= l’uomo partecipa delle bellezze della natura ed il poeta, come il superuomo, ha la capacità di fondersi nella natura stessa e coglierne i segreti. Per D’annunzio è importante produrre effetti ed emozioni con la parola poetica che dà voce al silenzio).

Alla fine della poesia (vv. 49-51) il poeta introduce il tema della morte, personificandola nella sera, che lascia spazio alla notte e alle stelle.

Le tre “laudi”, inserite nella poesia, si alternano alle altrettante strofe, rimandano al modello del Cantico delle creature di s. Francesco, come dimostra l’espressione “Laudata sii” ripresa proprio da s. Francesco.

Il riferimento a s. Francesco si trova anche nella strofa 2 ai vv 29-31 in cui ricorrono i concetti di fratellanza (“fratelli olivi”), santità e gioia (“sorridenti”).

Nella poesia La sera fiesolana si ha un potente intreccio tra la presenza umana e la natura, un’anticipazione di quel panismo che in alcune poesie di Alcyone diventa centrale ed essenziale.

Gli elementi della natura vengono qui umanizzati:

- la Sera che nelle tre “laudi” viene personificata,

- la campagna che sembra sentire il gelo notturno e sperare nella pace serale,

- la primavera che rivolge il suo saluto,

- i germogli degli alberi che sono paragonati a «rosei diti» (v. 23), che giocano con la brezza,

- il fieno che ha patito il passaggio della falce,

- gli olivi, «fratelli» (v. 29),

- le colline che sorridono.

Varie sono le figure retoriche presenti ne La sera fiesolana.

- ai vv. 1-2 (Fresche le mie parole ne la sera / ti sien come il fruscio che fan le foglie) si può notare l’allitterazione di /f/ e /r/ riproduce il suono delle foglie nella mano del contadino, rendendo l’espressione onomatopeica. Tutto il componimento è comunque pervaso da allitterazioni;

- sono presenti varie similitudini (v. 2, come il fruscio; v. 19, come la pioggia; v. 33, come il salce; v. 41, come labbra;

- anche le metafore sono ricorrenti (vv. 8-9, soglie / cerule; v. 13, beva la sperata pace; v. 16-17, grandi umidi occhi ove si tace / l’acqua del ciel); v. 23, rosei diti; v. 32, vesti aulenti; v. 33, cinto che ti cinge);

- notevole è il ricorso alla figura retorica della personificazione (v. 8, Luna; v. 16, 33, 50, Sera; v. 23, pini dai novelli rosei diti; v. 29, fratelli olivi; vv. 30-31, pallidi i clivi / e sorridenti);

- è presente anche la figura dell’anafora (vv. 16, 33, 50; O Sera), che ricorre anche ai vv. 15, 32, 49 (Laudata sii), ai vv. 2 e 19 (ti sien come); ai vv. 23, 25, 27, 29 (e su);

- numerosi gli enjambement (vv. 2-3, 8-9, 16-17, 19-20, 35-36, 36-37, 41-42, 45-46).

Domande da interrogazione

  1. Quali sono stati i primi successi letterari di D'Annunzio?
  2. D'Annunzio ha avuto un successo precoce con la pubblicazione del suo primo libro di poesie, "Primo Vere", a soli 16 anni, che fu ben accolto.

  3. Come ha influenzato la vita personale di D'Annunzio la sua relazione con Eleonora Duse?
  4. La relazione con Eleonora Duse ha portato D'Annunzio a dedicarsi al teatro, scrivendo opere teatrali e vivendo una vita mondana e chiacchierata.

  5. Quali contributi culturali e pubblicitari ha dato D'Annunzio?
  6. D'Annunzio ha contribuito alla cultura e alla pubblicità inventando slogan e nomi, come quello per il grande magazzino "La Rinascente" e il termine "automobile".

  7. In che modo D'Annunzio ha partecipato alla Prima Guerra Mondiale?
  8. D'Annunzio è stato un fervente interventista, partecipando attivamente alla guerra e diventando famoso per episodi come il volo su Vienna e l'impresa di Fiume.

  9. Qual è il significato del "panismo" nella poetica di D'Annunzio?
  10. Il "panismo" in D'Annunzio rappresenta la fusione dell'uomo con la natura, dove l'uomo assume caratteristiche naturali e la natura viene umanizzata, come illustrato nella poesia "La pioggia nel pineto".

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