Concetti Chiave
- Eugenio Montale, nato a Genova nel 1896, è noto per il suo impegno antifascista e per aver vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1975.
- "Ossi di seppia" è un'opera che riflette sulla condizione umana utilizzando simboli naturali come il mare e la terra, rappresentando il male di vivere attraverso oggetti quotidiani.
- La poetica di Montale si caratterizza per l'uso di un linguaggio vario e prosaico, con intrusioni di termini aulici, e per l'impiego del correlativo oggettivo.
- Le raccolte "Le Occasioni" e "La bufera e altro" esplorano temi di memoria, amore, e le conseguenze della Seconda guerra mondiale, con simboli come Clizia che rappresentano speranza e sacrificio.
- La poesia di Montale esprime un classicismo paradossale, combinando forme tradizionali con contenuti che esprimono disarmonia e una visione pessimistica dell'esistenza.
Indice
Infanzia e carriera di Montale
Nasce a Genova nel 1896. Si diploma come ragioniere. Partecipa alla guerra e quando finisce conosce a Monterosso Anna degli Uberti.
Nel 1925 firma il manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Croce e pubblica la sua prima raccolta poetica, Ossi di seppia. Nel 1975 vince il premio Nobel per la letteratura. Muore nel 1981.Ossi di seppia e simbolismo
Sono ripresi e interpretati in modo originale sistemi e motivi della tradizione e in particolare delle poetiche dannunziana, pascoliana, crepuscolare e vociana. D'altronde il libro esce nel 1925 un momento di svolta politica e culturale: sta morendo la stagione delle avanguardie e si sta affermando un ritorno all’ordine. È naturale che esso, dunque, si regga su un baricentro precario, sottoposto a spinte contrastanti. L'edizione del 1925 si chiama Gobetti, mentre la seconda del 1928 si chiama Ribet, è contiene 6 nuove poesie. Il titolo rinvia all’immagine marina degli ossi di seppia. Essi possono galleggiare felicemente nel mare (simbolo della felicità naturale) oppure essere sbattuti sulla spiaggia come inutili relitti. La seconda ipotesi sempre quella più probabile: quindi come l’osso di seppia gettato sulla terra, il poeta è esiliato dal mare, escluso dalla natura e dalla felicità. I due simboli predominanti sono quelli del mare e della terra. Il primo è il luogo dell’indifferenziato, di una beatitudine panica e naturale, come quella perseguita da D’Annunzio nell’Alcyone. La seconda è la sede della privazione e dell’esilio, ma anche del rapporto sociale. Il libro di Montale viene considerato anche un romanzo, in particolare un romanzo di formazione, perché al distacco dal mare corrisponde l’accettazione stoica della terra e della scelta morale. Se la terra è il luogo-emblema dei limiti della condizione umana, tuttavia anche su di essa sembrerebbe possibile una sorta di miracolo laico, che può concretizzarsi in incontri rivelatori o epifanie: come quelli concessi dall’odore dei limoni intravisti in un cortile.
La poetica degli oggetti
L'osso di seppia è un'immagine arida, è così la poesia di montale non attinge al sublime e a ornamenti, è essenziale. La poetica di montale è una poetica degli oggetti, al centro di tutto ci sono gli oggetti della vita quotidiana. Questi oggetti comunicano il senso del male dell’esistenza, il male di vivere (ll senso di angoscia dell’uomo moderno che si sente abbandonato in un mondo ormai privo di significato e valore). Si parla quindi di correlativo oggettivo. Questo era un concetto poetico elaborato da Eliot e si tratta del fatto che alcuni oggetti della realtà rimandano a concetti astratti o a emozioni personali. Il poeta racconta il dolore della vita umana attraverso gli oggetti che vede. Il poeta non è in grado di spiegare il senso della vita attraverso le parole, come diceva Ungaretti. Quindi, la poetica di Montale è molto pessimistica: c’è la consapevolezza di dovere affrontare la sofferenza di tutto il cosmo, in modo eroico e stoico. Per questo motivo è simile a Leopardi. Per montale la realtà appare priva di senso, travagliata da una dolorosa inquietudine. La poesia si limita ad esprimere l’arida condizione esistenziale dell’uomo.
Il linguaggio di Montale
Il linguaggio che utilizza Montale è vario: aulico, usuale e tecnico. Il lessico è asciutto e prosaico, con intrusioni di termine aulici in funzione straniante. I versi e i componimenti sono piuttosto ampi che riprendono le forme tradizionali
Ossi di seppia si divide in quattro sezioni.
Non chiederci la parola
Non chiederci la parola: è una sorta di dichiarazione di poetica rivolta al lettore che accomuna Montale ai poeti della sua generazione, infatti usa il noi. Il poeta non ha alcun messaggio positivo da rivolgere agli uomini: la sua anima divisa e informe può comunicare solo messaggi negativi, di denuncia al male di vivere e dell’insignificanza del mondo. Montale ci dice di non chiedere al poeta parole di certezza o delle verità, all’interno di questa vita senza colori e arida. Nella seconda strofa ha un atteggiamento ambivalente verso l’uomo comune, di colui che non si chiede nulla, che non si cura della sua ombra (non interrogarsi sulla realtà e sulla propria identità). Da una parte lo disprezza e prova pietà perchè vive in una condizione di falsità e di illusioni, ma dall’altra parte prova invidia perchè è felice e sicuro di sè e degli altri. Nella terza strofa il poeta ci dice di non chiedere al poeta una formula per capire il senso della vita, perchè neanche lui ce l’ha. Il poeta può solo dirci se c’è disarmonia tra uomo e natura. Il poeta non può dirci esattamente chi siamo, ma può solo indagare di questa identità non definita. La poesia può dirti perchè sei tormentato, ma non può trovare la soluzione. L'unica certezza è che non abbiamo certezze. Il poeta non può darci soluzioni, ma può essere testimone dell’aridità della vita.
Si parla di classicismo paradossale, perchè nella forma vuole essere ordinato e armonica ma il contenuto è espressione di disarmonia.
Meriggiare pallido e assorto
Meriggiare pallido e assorto: è un caldo pomeriggio estivo: il poeta ascolta i pochi rumori della campagna, osserva le formiche sul terreno, spia il mare lontano, cammina lungo un muro disseminato di vetri aguzzi. Queste immagini di attonimento, di disagio, di distanza esprimono attraverso immagini oggettive il travaglio della vita. In montale c’è spesso l’immagine del muro, della muraglia, per simboleggiare la resistenza che l’uomo deve esercitare contro il male di vivere. Il muro rappresenta anche la prigionia dell’io nella dimensione materiale. Gli oggetti sono concreti e umili, orti, muri, cicale. Il meriggio è il mezzogiorno, l’ora in cui il sole è più alto nel cielo; quindi, il moneto in cui la luce è troppa e crea caos e disorientamento, è il simbolo della mancanza di senso. In d’annunzio invece rappresenta il momento di massima estasi panica, il momento in cui il superuomo si identifica completamente con la natura e diventa divinità. Il messaggio finale della poesia è comunque un messaggio di resistenza. Montale non è un nichilista, lui crede in una ricerca continua benché sia comunque pessimista.
Spesso il male di vivere
Spesso il male di vivere ho incontrato: a tre emblemi del male di vivere, il rivo strozzato, la foglia riarsa, il cavallo stramazzato, ne vengono contrapposti altrettanti di indifferenza, la statua, la nuvola, il falco, vista come unica soluzione esistenziale. L'indifferenza è l’unico bene concesso dagli dei agli uomini. Se il male è connaturato alla vita stessa, il bene è individuabile solo nella distanza, nella imperturbabilità. Le prime tre immagini sono immagini di aridità, di morte.
Forse un mattino andando
Forse un mattino andando: il poeta immagina di scoprire un mattino, voltandosi improvvisamente indietro, che il mondo non c’è e di cogliere, come una rivelazione, l’assurdo dell’esistere. Si tratta dell’esperienza di un istante, la percezione improvvisa e traumatica del vuoto, del nulla che si cela dietro l’apparenza ingannevole delle cose. L'epifania si verifica in un’asciutta mattinata invernale. L'aridità della natura è sempre il corrispettivo della condizione esistenziale. La reazione del poeta è di vertigine, di terrore dopo aver perso i consueti punti di riferimento, come l’ubriaco che perde l’equilibrio. È la folgorazione di un attimo: poi tornano a profilarsi gli oggetti consueti della realtà, come alberi case e colli. Ma ora che ha avuto la rivelazione del nulla, il poeta sa che quelle cose sono un inganno, sono ombre proiettate su uno schermo. Quell'attimo è bastato per impedire al poeta di tornare alla condizione abituale, a credere nella consistenza di quelle parvenze ingannevoli. Il segreto che egli porta con sè non vuole rivelarlo agli uomini che non si girano, che sono incapaci di porsi domande. Questa consapevolezza è il privilegio dell’intellettuale ma anche la sua condanna, perché lo obbliga alla solitudine e al silenzio.
Gioia del disteso mezzogiorno
Gioia del disteso mezzogiorno: il paesaggio è quello arido e accecante delle ore più calde dell’estate. Il sole non è forza vivificatrice ma prosciuga la vita, però proprio la vita ridotta al limite estremo sembra suggerire la tenace fiducia nella possibilità di un riscatto, lasciando aperta la strada della speranza: l’attesa dell’ora più bella, la buona pioggia; ma la vera gioia non sta nell’appagamento del desiderio, ma nell’attesa di esso.
Clizia e la memoria
Episodi casuali che mettono in moto la memoria involontaria. La donna angelo Clizia assume la funzione di una salvifica Beatrice dantesca, in assenza della quale il soggetto poetico appare frantumato e sconfitto. Lo stile si innalza e si purifica. La donna fa intravedere un varco verso il trascendente, come Beatrice con dante. La memoria è centrale.
È un'allusione allegorica alla Seconda guerra mondiale e alle esperienze successive del poeta. I temi sono quelli della catastrofe della guerra e sempre del personaggio femminile di Clizia che si offre come vittima sacrificale nella speranza di una salvezza collettiva.
La primavera hitleriana
La primavera hitleriana: montale propone una complessa rappresentazione allegorica di un tragico evento: la visita di Hitler a Firenze nel 1938, intorno alla quale si addensano presagi funesti. La lirica inizia con la descrizione di una nevicata di farfalle bianche sull'Arno in primavera. Queste turbinano intorno ai fanali, quasi ad annunciare lo sconvolgimento della guerra. Una primavera insolitamente fredda, una nuvola si farfalle bianche impazzite, simbolo della follia omicida nazifascista, ma anche della follia delle masse che garantiscono il proprio consenso al nazifascismo. La natura si stava comportando in maniera anomala. La seconda strofa racconta dell’arrivo di Hitler in città, accolto dal grido con cui le milizie fasciste rendevano omaggio al duce. La città ha accolto il messo infernale con un’atmosfera di festa, chiudendo i negozi. Tuttavia, non sanno che la festa è una preparazione all’immenso sacrifico umano che sta per compiersi. Questo sacrificio è annunciato dalla simbologia dei cannoni e giocatoli di guerra. Oltre alle armi finte vi erano i capretti uccisi, simbolo della Shoa. Nell'ultima strofa viene abbandonata la cronaca storica per lasciare spazio all’immagine di una speranza, impersonata dalla figura femminile di Clizia, il cui compito sacrificale è volto alla salvezza non solo del poeta, ma di tutta l’umanità. La poesia si chiude con l’immagine pacifica di un’alba bianca che lascia presagire una liberazione.
Domande da interrogazione
- Quali sono i principali simboli presenti in "Ossi di seppia" di Montale?
- Come viene descritta la poetica degli oggetti di Montale?
- Qual è il messaggio centrale della poesia "Non chiederci la parola"?
- In che modo Montale rappresenta il male di vivere nella poesia "Spesso il male di vivere"?
- Qual è il significato allegorico della "Primavera hitleriana"?
I simboli predominanti in "Ossi di seppia" sono il mare e la terra. Il mare rappresenta l'indifferenziato e la beatitudine naturale, mentre la terra simboleggia la privazione, l'esilio e il rapporto sociale.
La poetica degli oggetti di Montale si concentra sugli oggetti della vita quotidiana per comunicare il male di vivere. Questi oggetti fungono da correlativi oggettivi, rimandando a concetti astratti o emozioni personali.
Il messaggio centrale di "Non chiederci la parola" è che il poeta non può offrire certezze o verità, ma solo testimoniare l'aridità e l'insignificanza della vita, esprimendo la disarmonia tra uomo e natura.
Montale rappresenta il male di vivere attraverso immagini di aridità e morte, come il rivo strozzato e la foglia riarsa, contrapposte a simboli di indifferenza come la statua e la nuvola, suggerendo che l'indifferenza è l'unico bene concesso agli uomini.
"La primavera hitleriana" rappresenta allegoricamente la visita di Hitler a Firenze nel 1938, con presagi di guerra e distruzione. La poesia utilizza simboli come le farfalle bianche e i capretti uccisi per evocare la follia nazifascista e la Shoa, con una speranza di salvezza rappresentata dalla figura di Clizia.