Concetti Chiave
- Ariosto critica duramente il malcostume dei cortigiani, sempre pronti ad adulare il signore per ottenere favori.
- Le Satire di Ariosto, scritte tra il 1517 e il 1525, denunciano i difetti degli uomini di corte e dei signori d'Este.
- La Satira I rivela il complesso rapporto di Ariosto con la corte estense, evidenziando la sua scelta di non seguire il cardinale Ippolito.
- Ariosto utilizza l'ironia per esprimere il disappunto verso la vita di corte e la mancanza di tempo per la poesia.
- Le influenze letterarie delle Satire includono le opere di Orazio e la Divina Commedia di Dante, particolarmente nei toni polemici.
Indice
Una corte di adulatori
Nei versi iniziali della Satira I il poeta esordisce con una dura critica al malcostume dei cortigiani, sempre propensi ad adulare il signore: egli si domanda se c’è qualcuno tra i suoi compagni di un tempo pronto a difenderlo di fronte a Ippolito o se tutti danno ragione a quest’ultimo per ottenerne i favori.
Metrica
Terzine di endecasillabi (schema delle rime ABA, BCB).
Parafrasi
vv. 1-3 Io desidero sapere da voi, fratello Alessandro e mio amico Bagno, se alla corte [di Ippolito] ci si ricorda ancora (è ricordanza più) di me;vv. 4-6 se il signore mi accusa ancora; se qualche amico si fa avanti in mia difesa (per me si lieva) e dichiara la ragione per cui, mentre gli altri partono [per l’Ungheria], io rimango qui [a Ferrara];
vv. 7-9 oppure [se], tutti esperti nell’adulazione (l’arte che più si studia e venera – cole – a corte – tra noi), voi lo aiutate a criticarmi (biasmarme) oltre misura.
vv. 10-12 Pazzo [è ritenuto] colui che vuole contraddire il suo signore, anche se (se ben) egli dicesse che ha visto di giorno [il cielo] pieno di stelle e il sole a mezzanotte.
vv. 13-15 Sia che il signore lodi [qualcuno], sia che lo voglia umiliare (far scorno), immediatamente si sente un coro (un concento) di approvazione da parte di chi gli sta intorno;
vv. 16-18 e chi non osa (ha ardimento), per timidezza, aprir bocca, mostra il suo consenso (applaude) con l’espressione del volto, e sembra che voglia dire: «sono d’accordo anch’io»
Satire
Le Satire sono state scritte da Ariosto tra il 1517 e il 1525, nel periodo difficile in cui egli, dopo aver lasciato il servizio del cardinale Ippolito, si trova alle dipendenze del duca Alfonso d’Este. La loro pubblicazione avviene nel 1534, quindi dopo la morte del poeta. Rivolgendosi a interlocutori fittizi (cioè non reali, pretestuosi), Ariosto denuncia i difetti degli uomini con cui ha avuto a che fare, senza risparmiare i signori d’Este e gli altri cortigiani. Forse è per prudenza, quindi, che non ha dato egli stesso l’opera alle stampe, benché ne abbia corretto con cura lo stile. Il modello classico a cui l’autore si rifà per i contenuti e per lo stile è rappresentato dalle Satire del poeta latino Orazio (65-8 a.C.), sebbene non manchino influssi della Divina Commedia nei passi in cui il tono si fa più aspro e polemico. L’esempio dantesco è seguito anche dal punto di vista metrico, in quanto le Satire, sono scritte in tezine di endecasillabi.
Il difficile rapporto con la corte estense
Dalla Satira I, composta nel 1517, emerge in particolare il suo problematico rapporto con la corte degli Estensi, i signori di Ferrara. In essa, rivolgendosi idealmente al fratello Alessandro e all’amico Ludovico da Bagno, entrambi trasferitisi in Ungheria al seguito del cardinale Ippolito, Ariosto spiega i motivi per cui egli ha invece deciso di non accompagnare il proprio mecenate, pur sapendo di suscitarne l’ira e di dover rinunciare ai vantaggi economici di uomo di corte
La letteratura come vita
Oltre che per la tendenza dei cortigiani a compiacere il signore, la vita di corte risulta opprimente per Ariosto a causa dei continui servizi da rendere al cardinale Ippolito, che lo distolgono dall’attività letteraria. La poesia infatti costituisce per lui un valore irrinunciabile, di cui sente di aver bisogno più del denaro o di qualsiasi altro bene materiale. Il suo disappunto per non essere libero di dedicarsi a essa come vorrebbe non è però espresso con il tono lamentoso di chi si autocommisera: anche qui, come nell’Orlando furioso, è l’ironia lo strumento con cui il poeta descrive le debolezze degli uomini e la difficoltà di stabilire rapporti autentici, basati sulla reciproca comprensione. Perfino quando gli elementi critici della società lo riguardano personalmente, l’ironia gli permette di rielaborarli in poesia osservandoli con distacco.Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale della Satira I di Ariosto?
- Quale metrica utilizza Ariosto nelle sue Satire?
- Perché Ariosto non ha pubblicato personalmente le sue Satire?
- Quali influenze letterarie si riscontrano nelle Satire di Ariosto?
- Come Ariosto esprime il suo disappunto per la vita di corte?
La Satira I di Ariosto critica il malcostume dei cortigiani, sempre pronti ad adulare il signore per ottenere favori, e riflette sul difficile rapporto con la corte estense.
Ariosto utilizza terzine di endecasillabi con schema delle rime ABA, BCB nelle sue Satire.
Ariosto non ha pubblicato personalmente le sue Satire forse per prudenza, nonostante avesse curato con attenzione lo stile, a causa delle critiche rivolte ai signori d’Este e ai cortigiani.
Le Satire di Ariosto sono influenzate dalle Satire del poeta latino Orazio e dalla Divina Commedia di Dante, specialmente nei toni più aspri e polemici.
Ariosto esprime il suo disappunto per la vita di corte attraverso l'ironia, descrivendo le debolezze umane e la difficoltà di stabilire rapporti autentici, senza autocommiserarsi.