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ACCAGNINO
Data quindi la portata degli effetti della depressione nella persona che ne soffre e a coloro che
ne sono a stretto contatto, che effetto può avere uno stato depressivo della neomamma sullo
sviluppo di un neonato appena venuto al mondo? E che conseguenze possono svilupparsi
all’interno della relazione con il partner, lui stesso coinvolto in un cambiamento radicale che lo
introduce ai compiti della genitorialità? È evidente, dunque, che l’importanza del benessere
materno nel periodo successivo alla gravidanza risulta un criterio non sottovalutabile e non
isolabile nell’incidenza al benessere familiare.
È innanzitutto importante non confondere la DPP con altri quadri clinici come il maternity
blues, la psicosi puerperale e il disturbo post-traumatico da stress post partum, in modo tale da
differenziare le tecniche di cura e di prevenzione adeguandosi alla specifica condizione.
Nella depressione post partum ci troviamo di fronte ad una condizione di forte instabilità
emotiva che predispone la madre ad una sintomatologia che nel DSM-5 appare sovrapponibile
a quella del disturbo depressivo maggiore, con esordio nel periodo perinatale (G. P et
ALUMBO
al., 2006). Sintomi comuni che possono comparire nella fase successiva al parto sono umore
irritabile, stanchezza, disturbi del sonno, psicosomatizzazioni, disturbi dell’alimentazione,
sentimenti di inadeguatezza, pensieri di tipo ossessivo, tristezza e pianto incontrollato e diverse
altre. La sintomatologia in questione ha effetti importanti sul funzionamento del ruolo materno
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e incide sullo sviluppo del benessere del bambino rendendo necessario lo sviluppo di strumenti
volti alla prevenzione e alla cura della situazione in questione. Diversi studi hanno dunque
indagato la prevalenza del disturbo e tra gli strumenti più utilizzati troviamo la Edinburgh
Postnatal Depression Scale (EPDS) auto-compilata. La somministrazione della EPDS ha messo
in luce due fattori culturali che sembrano avere un impatto importante nello sviluppo della DPP,
ovvero il continente di appartenenza e alcuni fattori psicologici/sociali.
Nei Paesi industrializzati la prevalenza di DPP rilevata con lo strumento EPDS risulta inferiore
rispetto ai paesi in via di sviluppo. Alla quarta settimana dal parto nei paesi industrializzati lo
sviluppo di depressione post partum varia tra il 5,5% al 34,4% a differenza dei paesi in via di
sviluppo dove la prevalenza a quattro settimane dal parto va dal 12,9% al 50,7% (G. P ALUMBO
et al., 2006). Inoltre, in uno studio sullo sviluppo di DPP con EPDS sono state messe a confronto
neo-madri europee e americane ed è emersa una maggiore comparsa del disturbo in America,
probabilmente correlata alle politiche locali sul luogo di lavoro, come la difficoltà di richiesta
del congedo per maternità e di accesso al sistema sanitario nazionale (M. Z , 2019).
ACCAGNINO
Tra i fattori psicologici che influenzano la risposta della donna al parto hanno un ruolo
determinante le malattie psichiatriche pregresse, la presenza di depressione o ansia durante il
parto, bassi livelli di istruzione della neo-madre e relazioni problematiche o assenti con il
partner. A questi vi contribuiscono alcuni aspetti ostetrici come precedenti perdite di figli, bassi
livelli di emoglobina durante il parto o la nascita di bambini affetti da malattie (G. P et
ALUMBO
al., 2006). Questi fattori, uniti alla mancanza di sostegno sociale, possono essere determinanti
nello sviluppo di anedonia, che rende il ruolo di madre un impegno senza piacere.
Differentemente dalla depressione post partum è possibile definire il maternity blues o baby
blues come un disturbo fisiologico lieve e transitorio che generalmente si risolve in modo
autonomo. Intorno al quarto/quinto giorno possono infatti comparire sintomi contrastanti che
possono oscillare da tristezza, pianto, irritabilità, diminuzione del sonno, scarsa lucidità a
sentimenti di euforia e felicità, sintomi destinati a scomparire entro le due settimane dalla
comparsa.
Diverso ancora è il caso della psicosi puerperale. Parliamo in questo caso di un disturbo raro
con una lieve incidenza, (0.1-0.2%) ma che a causa dei suoi sintomi, comprensivi del rischio
suicidario e dell’infanticidio, la rendono una vera e propria emergenza psichiatrica. La psicosi
puerperale è un disturbo atipico costituito da sintomi di irrequietezza, deliri, allucinazioni e
rapidi cambiamenti del tono dell’umore. La gravità della sintomatologia richiede il ricovero
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ospedaliero che, attraverso trattamenti con farmaci antipsicotici, benzodiazepine e terapia
elettroconvulsiva, consente un buon margine di miglioramento dei sintomi, anche se non si
possono escludere possibili ricadute (M. Z , 2019).
ACCAGNINO
Nei paragrafi 1.1 e 1.2 è stato trattato il DSPT, un disturbo che si verifica in soggetti esposti ad
eventi traumatici che possono aver rappresentato una minaccia per la loro vita e per la loro
integrità. Anche il parto, seppur avvolto dallo stereotipo dell’evento unico, felice e gioioso di
una donna, può in alcuni casi rappresentare un vero e proprio evento traumatico. Il parto può
essere sperimentato dalla donna in modo traumatico per diverse ragioni, che comprendono sia
motivi medici ma anche la mancanza di sostegno da parte del partner, dalla famiglia e dallo
stesso personale ospedaliero, oltre a situazioni di pregressa instabilità psicologica della donna.
Queste condizioni possono contribuire a rendere un momento di per sé stressante, un potenziale
innesco di altre problematiche, tra cui il DSPT post partum. L’incidenza del disturbo non è
trascurabile, infatti entro i sei mesi dal parto dall’1% al 30% delle donne sviluppano i sintomi
che, se non trattati, possono aggravarsi (R. G & M. W. O’H , 2014).
REKIN ARA
Diversi possono essere gli stressor che aumentano la probabilità di sviluppare DSPT nel post
partum e uno studio li ha suddivisi in due categorie principali. La prima categoria fa coincidere
il travaglio e il parto con lo stressor in cui «le donne spesso hanno avuto interventi imprevisti
durante il travaglio e il parto, come cesarei d'emergenza o parti vaginali assistiti con ventosa.
In altri casi, le donne possono aver avuto una sensazione di perdita di controllo, aver avuto la
percezione di non essere state completamente informate sul processo del parto o possono aver
2
sperimentato un dolore estremo e successivamente etichettato il parto come traumatico » (R.
G & M. W. O’H , 2014, p. 390). La seconda categoria considera come stressor gli
REKIN ARA
eventi e le esperienze traumatiche antecedenti al parto, che vengono riattualizzate durante un
momento di forte stress e debolezza.
Il travaglio e il parto vanno osservati alla luce di molteplici punti di vista, in quanto anche un
parto che può essere definito normale e senza complicazioni può essere stato vissuto dalla
neomamma come traumatico e conseguentemente essere accompagnato dai sintomi connessi al
DSPT, come flashback, riattualizzazione dell’evento traumatico, pensieri intrusivi,
ipersensibilità e vigilanza, stato confusionario e annesse difficoltà di memoria e di attenzione.
Tra le diverse cause e fattori di rischio che possono portare allo sviluppo del DSPT post partum
sono state menzionate in alcune ricerche (E. O et al., 2006, pp.1-16), anche l’ansia di tratto,
LDE
2 libera traduzione personale. 19
la percezione materna della mancanza di controllo e l’intenso disagio emotivo, oltre ad
interventi ostetrici d’emergenza o non previsti. La diffusa attenzione nell’identificazione degli
stressor all’interno di diverse ricerche scientifiche supera il semplice bisogno di
approfondimento della condizione di sviluppo del DSPT; i risultati mostrano infatti che vi è una
profonda connessione tra il tipo di sintomi sviluppati e la portata dell’evento traumatico. La
rinomata distinzione tra eventi traumatici con la “T” maiuscola ed eventi traumatici minori e
ripetuti (M. Z , 2019, p. 8) ha evidenziato alcune differenze nei sintomi e nel
ACCAGNINO
percorso terapeutico da adottare. Alla luce di questo è anche possibile identificare precocemente
situazioni di rischio e adottare degli interventi di prevenzione. Le conseguenze di questo
fenomeno sono molteplici e non si esclude la possibilità che esso possa svilupparsi in
comorbilità con la depressione post partum ed altri disturbi come agorafobia, disturbo d’ansia
generalizzato e uso di sostanze.
Tutti i disturbi che possono insorgere dopo il parto, in modo particolare la depressione post
partum e il disturbo post traumatico da stress, invadono la vita famigliare influenzando tutti i
membri, nonché eventuali gravidanze successive della madre. Il bambino, che si trova in uno
stato di dipendenza totale dalla madre e che richiede costanti attenzioni e soddisfazione dei
propri bisogni, sarà colui che verrà influenzato in modo più gravoso. Alla nascita, infatti, il
bambino attiva il suo sistema di attaccamento per aumentare la vicinanza con la madre. La
madre e il padre avranno il compito di rispondere con il sistema di accudimento, che permette
di soddisfare e colmare i bisogni fisici ed emotivi del figlio. La funzione genitoriale ha in questa
fase dello sviluppo dell’infante il ruolo di contribuire allo sviluppo dei MOI, ovvero
rappresentazioni interne, cognitive e affettive, che permettono al bambino di prevedere e
interpretare il comportamento altrui e di regolare le aspettative nei confronti del mondo. Allo
stesso modo il genitore, già dai primi mesi di gravidanza, inizierà a formarsi un’immagine del
bambino, la quale verrà integrata con l’immagine reale dopo la sua nascita (M. Z ,
ACCAGNINO
2019). Di conseguenza, una neomamma che sperimenta disturbi post-natali come la DPP
oppure il DSPT post partum, potrà mancare nella responsività ai bisogni del figlio, avere un
distacco emotivo da esso e percepire come estremamente faticoso il ruolo genitoriale. L’insieme
delle caratteristiche di una madre psicologicamente e fisicamente assente sono da considerarsi
un aspetto fondamentale che interferisce nella formazione di un legame di attaccamento sicuro
e che portano alla costruzione nel bambino di MOI di sé come bambino indesiderato e
incompetente e degli altri come inaffidabili. È ampiamente dimostrato quindi che i disturbi
materni e in particolare la depressione materna influiscono negativamente sull’interazione della
diade ed in particolare uno studio ha dimostrato che «una depressione cronica potrebbe
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facilitare l’instaurarsi di un legame d’attaccamento di tipo insicuro col piccolo: secondo le
stime, solo il 26% delle mamme cronicamente depresse è apparso capace di instaurare una
relazione sicura col suo bambino» (Z M., 2019, p. 45). Nel caso