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CONCLUSIONI
A conclusione di questo elaborato, occorre dire che è stato necessario per la sua stesura
cominciare descrivendo un bisogno quasi fisiologico, presente sin dai tempi più
antichi, ovvero quello di esprimersi, anzitutto di esprimere le proprie emozioni. Ciò
non rappresenta altro che il fil rouge tra psicologia, arte e cinema.
A primo impatto, infatti, esse sarebbero potute apparire come discipline non collegate
tra loro. Di conseguenza, scoprire le loro analogie è stato utile per comprendere come
la psicologia sia molto più vasta di ciò che di solito siamo portati a credere.
Innanzitutto, lo psicoanalista ha come obiettivo quello di scoprire il significato di
fondo delle opere d’arte, significato che va compreso ripercorrendo il percorso
artistico dell’artista stesso. Sono state, poi, osservate le analogie tra arte e sogno, ed è
contenuto manifesto del sogno è equivalente alla superficie dell’opera
emerso che il
d’arte, mentre il contenuto latente del sogno può essere paragonato ai contenuti
presenti all’interno dell’opera d’arte. L’unico modo per far emergere tali
rimossi,
contenuti è, allo stesso modo del sogno, tramite le libere associazioni. Esistono però
anche delle differenze tra le due, tra cui la quota di deformazione che non è presente
dell’arte è la
in grande quantità cosi come nel sogno, perché il fine ultimo
comunicazione. L’opera d’arte viene in aiuto alla psicoanalisi in vari modi poiché
rappresenta un mezzo efficace di regolazione dell’attività emozionale. Difatti,
l’istanza psichica che regola e canalizza gli impulsi dell’Es e li unisce nell’opera d’arte
è l’Io. Successivamente, sono state descritte alcune prospettive artistiche: quella
freudiana, quella junghiana e, infine, quella postfreudiana.
In primo luogo, Freud credeva che gli artisti fossero coloro che riuscivano a scorgere
i segreti dell’inconscio. La sua teoria è stata, infatti, fondamentale per la psicologia
dell’arte per due motivi principali: il primo è l’utilità di questi mezzi per poter
trasmettere un grande spettro di emozioni, il secondo è che occorre possedere delle
mezzi. È l’arte, che forma l’intelletto
capacità particolari per poter utilizzare tali infatti,
degli artisti, secondo lo psicoanalista, non il contrario. Freud paragona anche il
processo di creazione artistica alla nevrosi poiché in entrambi c’è un conflitto tra
frustrazione interna e frustrazione esterna, ossia tra Io e desideri libidici. Così come
fondamentale l’interpretazione dei “sintomi”, nel caso dell’opera d’arte
nella nevrosi è
del suo significato intrinseco. L’artista possiede,
lo è quella inoltre, una tendenza
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della
maggiore rispetto alla maggioranza all’uso sublimazione. Freud mette anche a
l’elaborazione dell’opera d’arte lavoro del lutto. L’arte permette
confronto con il
infatti all’individuo di riorganizzare il suo sentimento di perdita tramite la "catarsi”.
Ciò, ancora una volta, rimanda alla nevrosi e al processo di abreazione, ossia di scarica,
che comporta una liberazione degli affetti bloccati.
che l’arte appartenesse all’Inconscio collettivo e,
Jung, invece, riteneva per
comprenderne il significato, occorreva lasciarsi plasmare, così come aveva fatto
l’artista. Egli stesso durante le terapie spingeva i suoi pazienti a intrattenere delle
conversazioni con le loro “figure interiori” tramite l’arte. La pittura, in particolar
modo, consente il passaggio dal passivo all’attivo e, per questo motivo, le arti erano
considerate superiori allo scambio dialogico. È a Jung che si deve infatti l’arteterapia.
In seguito, con la Klein si riteneva che ogni creazione artistica avesse a che fare con
dei meccanismi presenti all’interno della posizione depressiva. Più nello specifico, si
aveva a che fare con la ricreazione di un oggetto integro, prima amato, poi distrutto. Il
con l’artista,
fruitore dovrebbe identificarsi sperimentare un lutto riuscito e sentirsi
l’area un’area
infine reintegrato. Winnicott, invece, tratta transizionale, ossia di
L’arte trova qui la sua espressione maggiore,
confine tra realtà interna e realtà esterna.
assieme alla religione, l’immaginazione e la creatività. fare con l’arte,
Successivamente, Bion approfondisce due concetti che hanno a che
ossia l’identificazione proiettiva e il processo di “trasformazione”. Con la prima, egli
intende l’attribuzione di parti di sé ad un oggetto, ossia tutto ciò che ha a che fare con
indica quell’operazione che
le funzioni creative. Mentre il processo di trasformazione
consente di trasferire delle caratteristiche da una dimensione all’altra. Kris, invece,
considerava l’opera d’arte come un’imitazione.
come una creazione nuova e non più
che accade all’interno della psiche umana dinanzi ad un’opera d’arte è
In sintesi, ciò
che l’Io allenta il suo controllo e l’Es diventa il padrone per qualche istante.
Quest’ultimo è esattamente processo inverso a quello della creazione artistica. I
sentimenti, all’interno dell’opera d’arte, non sono più soltanto individuali, ma si
universalizzano e diventano comuni a tutti gli individui. È facile dunque, a questo
punto, comprendere le motivazioni per le quali l’arte rappresenti una delle vie regie
per l’inconscio e per poter accedere anche all’Io degli individui. Si tratta di un mezzo
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di grande potenza che riesce a ristrutturare, esprimere dolore ma anche esaltare i
momenti di gioia e felicità. la psicologia dell’arte, è stato
Concludendo il discorso riguardante poi introdotto il
L’interesse
tema del cinema collegato alla psicologia. rispetto a questo tema è stato
dall’osservare
mosso anche come esso si stia evolvendo in tutte le sue nuove forme.
Cominciando dalle fondamenta, una delle prime evidenze che unisce psicoanalisi e
1895.
cinema è la loro data di nascita, ovvero sono entrambe nate nell’anno Durante
quell’anno, i fratelli Lumière brevettarono il Cinematografo e proiettarono il loro
primo film, La sortie des Usines Lumières a Lyon. Nel frattempo, Freud terminò di
scrivere il suo testo Progetto di una psicologia e pubblicò, assieme a Breuer, Studi
sull’isteria. Inizialmente, Freud liquidò il cinema e lo intese come una moda giovanile,
ma il cinema continuò ha interessato la psicoanalisi fino ad oggi. Cinema e
possono essere considerati come i due “fratellini” del ‘900.
psicoanalisi, infatti,
Gli elementi che hanno in comune sono molteplici, tra i quali la condivisone del
linguaggio dell’inconscio e del processo primario la ricerca dell’appagamento.
o
Anche molti termini che si usano in entrambi i campi sono uguali: il setting, la messa
in scena, il campo e la proiezione.
Perché il cinema è cosi importante per la psicoanalisi? Innanzitutto consente allo
spettatore di analizzare numerose parti del suo mondo interno come i conflitti o le
proprie dinamiche psichiche. Il cinema permette di elaborare e rappresentare,
consentendo anche il processo di catarsi. Ciò che rende cosi potente lo strumento
dell’opera, ma
cinematografico è che lo spettatore può identificarsi con i personaggi
non in modo pericoloso, poiché sono i personaggi dello schermo a compiere le azioni
e non egli stesso. L’attore rappresenta una proiezione dell’Io dello spettatore e lo
spettatore è colui che gli da vita. Lo spettatore arricchisce i personaggi dei film dei
propri elementi psicologici. Identificazione e proiezione agiscono reciprocamente. Il
cinema, seguendo questa logica, può essere considerato come un apparato psichico
sostitutivo. Il suo linguaggio si è avvicinato molto a quello della psicoanalisi,
soprattutto con la creazione del genere investigativo, in cui ci si incentra sulla psiche
dei protagonisti.
Fondamentali sono infatti le emozioni che lo spettatore prova. Memoria ed emozioni
sono importanti perché riescono a coinvolgere tutti i sistemi e apparati fisiologici
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dell’individuo: il sistema nervoso (centrale e periferico), il sistemo cardiovascolare,
e il lobo
quello gastrointestinale, quello oculare e quello cutaneo. Anche l’ipotalamo
limbico giocano un ruolo rilevante per la rilevazione degli stati emozionali. Ogni
emozione produce un pattern fisiologico di risposta distinto.
modo dell’arte, anche il cinema può essere paragonato al sogno. Una prima
Allo stesso
vera differenza è che il cinema possiede una sceneggiatura precisa e ordinata, mentre
il sogno è disordinato, insensato e frammentario. Il cinema può essere definito onirico
l’atmosfera
perché rappresenta un gioco di luci e ombre data buia che si viene a creare
nella sala. Nel cinema sono presenti, inoltre, due meccanismi del sogno, ossia la
condensazione e lo spostamento. Si mette in gioco il trasferimento di una carica
psichica da un oggetto a un altro. Il momento condensatorio consiste nella co-presenza
l’una dall’altra.
di due immagini che diventano indistinguibili Proprio nel cinema, i
accedere all’inconscio. Purtroppo,
sogni rappresentano le porte più usate tramite cui
ad oggi si sta sempre più dando spazio alle nuove risorse digitali e si sta perdendo
l’importanza del cinema. La prima rottura con il cinema tradizionale è avvenuta negli
anni Cinquanta, quando il film non venne visto più nella sala buia, ma in casa, con
l’avvento della televisione.
Quello che il nativo digitale ha perso non è il dispositivo della sala buia, ma la
proiezione in pellicola, una discontinuità e una rottura tra il cinema in pellicola e la
tecnologia digitale. La proliferazione dei dispositivi mobili e la possibilità infinita
della loro ripetizione rischiano di appartenere a quella proliferazione degli oggetti di
godimento che, invece di rilanciare il desiderio, lo annullano, generando angoscia.
è che il cinema, con il suo “grande schermo”,
Ciò che se ne può trarre, in conclusione,
si sta sempre di più facendo ombra, dando spazio ai “piccoli schermi”. Questi ultimi
sono gli schermi dei nuovi smartphone. Il cinema, quindi, non sta scomparendo del
tutto, ma è inserito in un processo di continua trasformazione. Il grande schermo non
è pi&ugr